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2. AVERE PROFITTO TRAMITE MARGINE
Avere profitto tramite margine vuol dire che il mio guadagno si basa non sulla quantità venduta, ma
sulla differenza tra costi e ricavi.
Ciò significa che ho lo stesso ricavo del concorrente, ma rispetto a lui ho più profitto.
RICAVI
La strategia che punta all'aumento dei ricavi è la differenziazione.
Essa consiste nel dare al cliente qualcosa in più rispetto a ciò che gli danno i competitors.
Un'impresa può differenziare il suo prodotto tramite servizi offerti, qualità del prodotto, design,
pubblicità sul prodotto, prestigio del marchio, sicurezza, affidabilità ecc.
La differenziazione dovrebbe portare ad aumentare i ricavi, ma nel breve periodo.
La differenziazione agisce sula percezione. Il cliente paga di più per la migliore qualità del bene o
del servizio.
In conclusione, differenziazione vuol dire dare al mio prodotto una caratteristica che, agli occhi del
cliente, lo rende unico. Tale che il cliente paga il mio prodotto di più rispetto a quello dei
competitors proprio per ottenere quella particolare caratteristica.
PARAMETRI UTILI A CAPIRE L'INTENSITA' DELLE 5
FORZE DI PORTER
Il modello di Porter serve ad effettuare l'analisi del settore finalizzata a capire se un settore è o non è
attrattivo.
Un settore si dice attrattivo quando consente margini di profitto potenziale. Un'impresa che entra
in quel settore sa che (potenzialmente) dall'investimento che effettua per entrare in quel settore ne
otterrà un profitto, che andrà poi successivamente confrontato con il profitto effettivo.
Profitto Potenziale: il profitto a cui un'impresa può mirare entrando in un settore. Il profitto
potenziale viene misurato prima dell'ingresso in un settore e si ottiene applicando il modello delle 5
forze competitive di Porter.
Profitto Effettivo: il profitto che un'impresa effettivamente ottiene. E infatti la differenza
fondamentale con quello potenziale è che il profitto effettivo viene misurato dopo l'ingresso in un
settore.
Il primo dipende dal modello di Porter.
Il secondo dalla strategia competitiva dell'impresa.
Se io, dato un settore, applico il modello di Porter, e il risultato del profitto potenziale è pari al 3%,
questa informazione che tipo di suggerimento mi da? Conviene o no, entrare in quel settore?
(Premesso che, profitto potenziale del 3% vuol dire che se io oggi investo 100, alla fine del periodo
di riferimento ho 103 e così via)
Il profitto potenziale si calcola mediante un indicatore di bilancio detto ROI (Return on
investment).
Il ROI si ottiene mediante il rapporto tra Reddito operativo (che sta nel conto economico) e Capitale
investito (stato patrimoniale).
Per calcolare il reddito operativo parto dal valore della produzione (cioè i ricavi di vendita) e da
esso sottraggo il costo della produzione, che è rappresentato dal costo delle materie prime e dagli
ammortamenti dei costi fissi. Quello che ottengo (oltre che reddito operativo) è il risultato della
gestione caratteristica dell'impresa.
Il numeratore lo trovo nel conto economico come differenza tra valore e costo della produzione.
Il denominatore lo trovo nello stato patrimoniale ed è definito dal totale dell'attivo (che rappresenta
gli investimenti) meno gli investimenti non operativi.
Se il ROI prospettico è uguale al 3% (tornando a prima), che informazione ho???
Il ROI deve essere confrontato con un profitto sosia. L'indicazione che ci da Porter da sola non
basta, ma il profitto che risulta dall'applicazione del suo modello deve essere necessariamente
confrontato con un altro reddito proveniente da investimenti alternativi.
“Voglio ipoteticamente investire sulla Vialetti che mi da un profitto del 3%. Quando vedo però che i
titoli di stato (per esempio) mi danno un profitto potenziale del 4%, è inutile tenere viva ancora la
prima idea. Sfanculo la Vialetti e investo su uno o più titoli di stato.”
- tratto da “Il vangelo secondo Tony” -
Ovviamente se sono un'impresa che ha la possibilità di investire su più settori, andrò ad investire in
quello che ha il profitto/reddito potenziale più elevato.
Entriamo ora nel modello di Porter.
FORNITORI
Sono considerati come dei concorrenti perché abbassano il profitto dell'impresa in forza del loro
potere contrattuale.
Ora, da cosa dipende questo potere contrattuale?
Dipende dal tipo di bene che un fornitore fornisce.
Tipo di bene vuole anche dire la rarità di quel bene (più è la rarità più è il potere contrattuale).
Dipende anche dall'utilizzo che l'acquirente deve fare di quel bene. Utilizzo che a sua volta è
precursore del fatto che il bene è o non è standardizzato (beni che non cambiano al cambiare del
produttore, l'oro per esempio perché indipendentemente da chi lo produce sempre oro è).
I beni standardizzati vanno nei mercati B2B (imprese che vendono a altre imprese) che sono diversi
dai B2C (imprese che vendono ai consumatori).
Si può trovare nei mercati B2C un bene standardizzato?
Negli anni precedenti si poteva individuare un bene standardizzato nel sale e nello zucchero. Poi
però con il tempo si sono inventati il sale iodato e lo zucchero altamente solubile per differenziare
il prodotto. Hai visto mai che qualcuno si sloghi il polso per girare il caffè.
- tratto da “Il Vangelo secondo Tony” -
Le imprese cercano sempre di differenziare il prodotto perché nel caso dei beni standardizzati il
potere contrattuale sta in mano a chi compra. Io consumatore andrò a comprare un bene
standardizzato in questione dall'impresa che lo fa a prezzo più basso.
E' quindi nell'interesse delle imprese cercare di differenziare il prodotto in modo da far passare il
potere contrattuale in mani loro.
Tornando all'utilizzo, bisogna capire se il bene che l'acquirente compra è per lui fondamentale o no.
“Fiat ha bisogno di comprare gli impianti frenanti per le loro auto, ed ha anche bisogno di
comprare le penne da dare ai suoi dipendenti degli uffici.
Ora, le penne sono un bene differenziato, ma dobbiamo sempre renderci conto del loro utilizzo.
Siccome le penne non sono fondamentali in questo business, il signor fiat andrà a comprare le
penne più economiche.
Discorso inverso per gli impianti frenanti, che sono un bene differenziato, ma soprattutto
fondamentale per il business della fiat. Quindi stavolta il signor fiat acquisterà il bene in questione
più differenziato al prezzo qualitativamente migliore.”
- da “Il vangelo secondo Tony” -
INFINE
Quando parliamo di tipo di bene per misurare il potere contrattuale del fornitore dobbiamo
verificare
1. rarità (più o meno raro)
2. tipo (standardizzato o no)
3. utilizzo (più o meno importante)
+ il bene è raro + potere contrattuale al fornitore
• + differenziato + potere contrattuale in mano al fornitore
• + il bene è importante per chi lo compra + potere contrattuale in mano al fornitore
•
Altri parametri per misurare il potere contrattuale in mano ai fornitori possono essere:
Il numero di fornitori.
•
All'aumentare del numero dei fornitori, diminuisce il potere contrattuale dei fornitori.
Se in un settore ci sono 10 fornitori i quali ognuno di questi ha il 10% del mercato, e in un altro
settore ci sono sempre 10 fornitori ma uno di loro gestisce il 90% del mercato, non è più valido il
discorso di prima.
Quota di mercato del singolo fornitore.
•
Ancora prima del numero vi è la quota di mercato del singolo fornitore.
La relazione è ovviamente di tipo diretto: all'aumentare della quota di mercato del singolo fornitore
aumenta il suo potere contrattuale.
Un fornitore che ha un'elevata quota di mercato vuol dire che ha tanti clienti, e non perde tempo a
contrattare il prezzo con ognuno dei clienti ma si pone delle regole e dice “il mio prodotto lo vendo
semplicemente a questa cifra. Si, No. Fine”. Quindi ha elevato potere contrattuale.
Trasparenza del mercato
•
Altro elemento che incide sul potere contrattuale dei fornitori è la trasparenza del mercato.
Un mercato si dice trasparente quando c'è perfetta informazione tra venditore e acquirente.
Perché ci sia trasparenza in un mercato il venditore e l'acquirente devono avere lo stesso livello di
informazione. Proprio per questo sono molto rari i mercati trasparenti. Il venditore conoscerà
sempre di più rispetto all'acquirente il prodotto che gli vende, anche perché può decidere cosa far
sapere e cosa non far sapere del prodotto all'acquirente. Perciò:
Più il mercato è trasparente, minore è il potere contrattuale del fornitore.
Non esistono mercati completamente trasparenti, l'unico che si avvicina alla trasparenza è il
mercato azionario.
“Se io volessi acquistare un'azione della google non avrei bisogno di andare a rompere le palle a
Page e Brin (gli inventori) per dirgli ma a quanto me la vendi un'azione ecc. ecc.
Il prezzo deriva da un incrocio di domanda e di offerta che chiunque di noi può andare a trovare
collegandosi al sito della posta di New York. Però non è mai un mercato completamente
trasparente perché il prezzo delle azioni riflette le aspettative che il mercato stesso ha sul titolo in
questione. Quindi non si ha mai una completa trasparenza.”
- da “Il Vangelo secondo Tony” -
Switching Costs
•
Un altro importantissimo elemento che determina il potere contrattuale dei fornitori sono gli
switching costs: costi di cambiamento.
Sono quei costi che un cliente deve sostenere nel momento in cui cambia fornitore.
I costi che sostiene un cliente quando cambia fornitore.
Essi possono essere di natura esplicita o fittizia, ossia possono comportare o meno dei costi in
denaro.
“Se io faccio un contratto di lungo termine con un fornitore, magari ci litigo perché è un idiota o
semplicemente perché non si è comportato bene con me come cliente (l'animaccia sua), o il suo
prodotto non mi serve più, e voglio cambiare, devo pagare una penale. Quella penale che pago per
il termine prematuro del contratto rappresenta uno switching cost di natura esplicita.”
tratto da “Il Vangelo secondo Tony”
Gli switching costs fittizi (o impliciti) sono quelli legati al tempo che si perde per cercare un nuovo
fornitore.
“Se io abitualmente faccio colazione nello stesso bar, non devo neanche ordinare, perché il barista
mi conosce e appena mi vede entrare già sa cosa preparare. Lo