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PARTE PRIMA: DEL VIAGGIO E DEI VIAGGIATORI

1.Il viaggio fra motivazioni storiche ed ideali

Secondo Bruce Chatwin, la voglia di viaggiare, di spostarsi di luogo in luogo è connaturata alla

condizione umana. Non fu casuale il suo studio attento sul nomadismo, dovuto ad una

irrequietezza che ha origine nel periodo della Preistoria, quando l’uomo, in frenetico movimento, ha

attraversato il mondo in condizioni disagiate e senza fissa dimora. Da quel momento, il

nomadismo, come una dannazione, si sarebbe inscritto nei nostri cromosomi. La smania che porta

gli uomini a rifiutare la loro vita sedentaria e a volere viaggiare deriva dunque dall’esaurimento di

quella esperienza primitiva.

L’idea di viaggio è carica di diversi significati (mitico, etico, avventuroso, sentimentale) e il Grand

Tour, dunque ne rappresenta solo una sfaccettatura. Dopo le grandi scoperte geografiche, il clima

culturale in cui agiscono le diverse coscienze cambia, diventa vivo e attivo grazie al nascente

spirito umanistico. Già nel ‘400 comincia ad affacciarsi la voglia di conoscere altri paesi e dialogare

con altri popoli e i nuovi interessi di tipo commerciale incrementano gli scambi fra paesi e culture e

danno vita al nuovo ceto dei mercanti. Si aggiunga che in questo periodo va affermandosi una

nuova concezione filosofica che esprime una marcata preferenza per l’esperienza diretta. Il ‘500,

dunque, si apre davanti ad uno scenario dove irrompono nuove realtà geografiche, sociali e

culturali: è un continuo correre da un luogo all’altro e le menti si allenano alla comprensione del

nuovo mondo e della sua complessa ricchezza. Dopo la pace con la Spagna (1604), in Europa si

inaugura un clima di stabilità politica che invoglia a mettersi in viaggio. L’Italia e la Spagna, fino a

questo momento precluse ai viaggiatori anglosassoni a causa della diversità di religione, diventano

mete appetibili.

Il centro principale dei nuovi interessi è senza dubbio Roma in virtù del suo prestigio, ma

cominciano ad attirare interesse anche le città universitarie che nel corso del XVI secolo ospitano

studenti provenienti da tutto il continente. Padova, Modena, Bologna, Firenze, Siena si

trasformano in centri di irradiazione culturale dove insegnano e si confrontano i migliori spiriti del

tempo. Lo studio delle arti umanistiche, che l’Italia coltiva in modo eccellente, è il nuovo campo di

studio per l’aristocrazia europea che vede nell’esperienza in Italia il coronamento di un’educazione

esemplare. Presto il piccolo flusso si trasforma in un vero fiume.

Un precursore del Grand Tour puo’ essere considerato M. de Montaigne con il viaggio che compie

nel ‘500. Il pretesto del suo viaggio è una missione diplomatica a Roma, ma egli coglie l’occasione

per visitare altre città: Bolzano, Trento, Venezia, Firenze, Napoli che vengono descritte con rigore e

originalità. Caratteristico il metodo usato da Montesquieu, in seguito, che va in cerca del luogo più

alto della città per avere inizialmente una visione d’insieme per poi osservare la città nelle sue

parti. Parte dal tutto per arrivare alle parti del tutto.

Questo modo di viaggiare e scrutare la realtà prende il nome di Grand Tour. Il termine viene usato

per la prima volta per il viaggio in Francia di Lord Granborne nel 1636.

Nel Settecento si verificano i due eventi che segnano la storia moderna: la rivoluzione francese e

quella industriale. La Francia aveva abolito, dopo accesi dibattiti, tutti gli ordinamenti feudali che si

erano stratificati nel corso di quasi un millennio, ridisegnando il territorio in nuove forme

amministrative. Ancora più importante fu l’idea di connettere stato, nazione e territorio, dando a

questa connessione un nuovo nome: patria. I rivoluzionari francesi impregnarono questo termine di

un forte simbolismo volto ad esprimere una rottura con il passato e il passaggio del potere dal

sovrano al popolo. Le idee della rivoluzione francese ben presto contagiarono gli spiriti liberali

dell’Ottocento costituendo l’ideologia che stava alla base delle lunghe e sofferte aspirazioni alla

libertà nazionale e indipendenza. La Francia, dunque, fu al centro di nuove attenzioni politiche e

culturali e si guardava a questo paese con rispetto e fascino. Questo primato così prestigioso

collocava la Francia al centro dell’Europa, contribuendo ad attribuire ai viaggiatori francesi un

grande protagonismo e una grande considerazione.

2.Il contesto urbano italiano fra ‘700 e ‘800

I viaggiatori francesi che approdano in Italia tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800 sono spettatori di

un cambiamento epocale: la rivoluzione industriale e, connessa ad essa, la rivoluzione urbana. La

forte industrializzazione ridistribuisce la popolazione sul territorio, concentrandola soprattutto nelle

città che subiscono una vera e propria esplosione urbana. La popolazione si sposta dalla

campagna alla città, spinta anche dalla voglia di potere vivere vicina ai centri del potere politico e

culturale, godere di migliori servizi e dalla speranza di una promozione sociale.

Le città erano organizzate e suddivise in una maniera pressappoco standardizzata, secondo una

logica di divisione del lavoro: al centro c’erano i quartieri degli affari formati da magazzini e uffici ed

erano serviti da arterie dove si concentravano botteghe e negozi; lungo i fiumi c’erano le fabbriche

e, infine, intorno, a corona i sobborghi-dormitorio degli operai, in posizione periferica (così come

era periferica, ovvero subordinata, la loro collocazione sociale). Questi quartieri popolari si

somigliavano tutti nel mondo occidentale e prendono nomi diversi: bassi a Napoli, slum a Londra,

impasses a Bruxelles. Al di là di questi spazi, dove regnava indigenza e sporcizia, si trovavano le

residenze medio-borghesi e, oltre queste, le ville della ricca borghesia imprenditoriale. Secondo

alcuni economisti (Enghels, Marx) la città di questo tipo non rappresenta un ambiente solidale

perché gli individui e le classi non desiderano affatto integrarsi in un ambiente comune. La nuova

città rifletteva morfologicamente la divisione della ricchezza posseduta dai suoi abitanti.

Lo sviluppo delle città si appoggiò in parte a una trama di centri già esistenti: molte città furono

adeguate e rafforzate. Il decollo economico si situò in alcuni nodi fondamentali come Genova,

Torino, Milano. Altro tipo di città ottocentesca è quello delle città aziendali, formatesi dal nulla

attorno alla presenza dominante di uno stabilimento industriale, dove le condizioni furono

favorevoli allo sviluppo, anche se la posizione era periferica. Nuove realtà del panorama urbano

furono anche le città di cura e soggiorno, localizzate in aree remote, lontane dai maggiori centri,

vicine alle Alpi e al litorale mediterraneo. La clamorosa crescita dei flussi commerciali e l’apertura

di rotte transoceaniche contribuirono alla crescita, infine, delle città-porto come Genova e Trieste.

Lo sviluppo delle città e il loro adeguamento resero necessari rimodellamenti nella struttura

generale del tessuto urbano mettendo in luce, per esempio, come fosse obsoleto il sistema delle

fortificazioni. La cinta muraria venne abbattuta in modo da creare collegamenti tra la città vecchia e

la città nuova e gli spazi ottenuti dalle demolizioni furono convertiti in nuove zone abitative.

3. Il Grand Tour e la sua caratterizzazione nei secoli

Il Grand Tour inaugura un nuovo modello di viaggio. I giovani aristocratici e i figli della ricca

borghesia concentrano inizialmente la propria attenzione sul mondo classico, visitando luoghi dove

si trovano testimonianze archeologiche, letterarie ed artistiche. Questi ricchi giovani, a partire dal

XVII secolo, perfezionano l’educazione con un viaggio che segna la loro vita, potendo durare da

pochi mesi a otto anni.

Questo modello di viaggio vantava illustri precedenti: il viaggio cavalleresco, la peregrinatio

accademica e il pellegrinaggio religioso. Solo che adesso si arricchiva di alcune novità che lo

rendevano più libero, meno timoroso. Il viaggiatore del Grand Tour è un passenger, figura meno

religiosa e più legata al desiderio di fare nuove esperienze, mossa da curiosità di conoscere e

sperimentare.

Nato come viaggio continentale, il Grand Tour si trasforma in viaggio europeo-mediterraneo con

una particolare predilezione per l’Italia. Saranno soprattutto i viaggi di J. W. Goethe a sancire la

transizione dal viaggio continentale verso quello in Italia, con le sue ricchezze naturali ed artistiche.

Già la Francia del ‘500 conta numerosi pionieri del viaggio in Italia, dato che molti dei migliori artisti

la scelgono come luogo di elezione per i loro studi. Il fenomeno si radicalizzerà nel secolo

successivo, cambiando però fisionomia: da iniziativa privata a programma di Stato, come dimostra

la fondazione dell’Accademia di Francia a Roma nel 1666, che consacra l’Italia come punto di

aggregazione per gli artisti di tutta Europa.

Perseguito inizialmente come un lusso, appannaggio solo di pochi ricchi e capricciosi aristocratici,

il Grand Tour diviene presto un fiume in piena, una vera e propria istituzione nell’educazione dei

giovani rampolli di tutta Europa. Il viaggio è evento culturale ma anche esistenziale in quanto

arricchisce la vita interiore ed intellettuale del giovane che lo intraprende.

Nell’ultimo ‘600 e nel primo ‘700 il Grand Tour si muove decisamente verso l’Italia che diventa

meta obbligata per pittori e architetti, oltre che per giovani aristocratici e borghesi, tanto che

l’espressione “viaggio in Italia” si identifica con il Grand Tour in genere.

Ma di vero e proprio boom si puo’ parlare nel corso di tutto il Settecento, definito infatti “il secolo

d’oro” del viaggio. Le città italiane vengono prese d’assalto da curiosi alla ricerca di opere d’arte, di

tradizioni culturali, topografie urbane e assetti istituzionali. Nella storia italiana del viaggio, sono in

particolare importanti gli anni ’40 del XVIII secolo, quando il grande pubblico conosce le grandi

scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei. Vengono superate vecchie paure e riserve e, a

partire dal secondo ‘700 il viaggio si spinge fino alla Sicilia. Goethe affermerà che non si è

conosciuta l’Italia se non s’è vista la Sicilia.

Come già detto, il viaggio del grandtourist è svincolato da interesse o finalità specifici, ma è mosso

da un’ambizione molto alta: vedere tutto e dissertare su tutto. Il motore che muove questa

migrazione puo’ riassumersi nel termine “curiosità”. Questa curiosità non esclude nessun campo di

indagine: il richiamo della cultura classica, l&rsquo

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Claralessio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia umana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Famoso Nunzio.