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IL PAESAGGIO E L’ICONA ­ Una prova è il nome del Somìa. Il contadino che abitava ai suoi piedi non ne conosceva il nome perché quella montagna faceva parte del suo luogo,

dell’ambito che costituiva tutto il suo mondo. Non essendovi per lui un’altra montagna, non avendo perciò necessità di distinguere tra un monte e l’altro, per lui il Somìa era l’unica

montagna possibile. Come tale, essa non necessitava di nessuna ulteriore specificazione. Al contrario, per il topografo il cui unico problema è costruire la carta geografica e perciò

distinguere tra un monte e l’altro, il nome che viene stabilito esprime la sua condizione di partenza, legata alla sua propria ignoranza, e non dice nulla circa la montagna stessa. Denis

Cosgrove ha distinto tra la figura dell’insider e quella dell’outsider. La prima corrisponde, nel nostro linguaggio, a quella dell’abitante di un luogo; la seconda è quella di chi arriva

dall’esterno. Cosgrove introduce questa distinzione a proposito del paesaggio, a proposito quindi di una particolare maniera di percepire. Egli fa notare che per l’insider il paesaggio non

esiste, perché chi abita un luogo e non conosce altro non può avere coscienza di nessuna diversità, nemmeno di quella che riguarda la maniera di considerare la superficie della terra o

una sua parte. A differenza del luogo, il paesaggio non si compone di cose ma è soltanto una maniera di vedere e rappresentare le cose del mondo. Perché un paesaggio esista sono

necessarie almeno tre cose: un soggetto che guarda, qualcosa da guardare, ma anche il massimo orizzonte possibile. Solo all’inizio dell’800, con l’Erdkunde di Ritter, la descrizione

geografica del mondo ha incluso quella delle forme del rilievo, fino a tutto il 600 completamente ignorate. E prima della seconda metà del 700, prima cioè che i barometri a pressione

divenissero strumenti affidabili, pochi pensavano di misurare l’altezza di una montagna. Perciò il paesaggio presuppone anche la domesticazione dei monti, la loro inclusione

nell’ecumene, che appunto solo tra 700 e 800 avviene. Il soggetto del paesaggio, l’uomo che guarda dall’alto il panorama sottostante, è perciò un soggetto storicamente determinato. In

geografia esso coincide con la nascita della società civile, dell’opinione pubblica che si oppone in Germania al mondo aristocratico­feudale.

IL DONO DI HUMBOLDT: IL CONCETTO DI PAESAGGIO – Il concetto di paesaggio entra a far parte dell’analisi geografica per merito di Humboldt, l’altro grande rappresentante,

insieme a Ritter, dell’Erdkunde. Nel secondo volume della sua principale opera, Cosmos, apparso a Berlino nel 1847, egli traccia la storia dei modelli che hanno governato, dalle origini,

la visione del mondo da parte dell’umanità. E tutta la ricostruzione ruota intorno al valore rivestito dal modello del paesaggio. Al riguardo, Humboldt distingue tre stadi della conoscenza,

tre tappe della relazione conoscitiva tra l’uomo e il suo ambiente, valide non soltanto sotto il profilo della filogenesi, cioè della storia della stirpe umana nel suo complesso, ma anche

sotto quello dell’ontogenesi, della storia del singolo individuo. Il primo stadio è quello della suggestione (Eindruck) che sorge nell’animo umano come sentimento originario al cospetto

della grandiosità e della bellezza della natura. La sua forma conoscitiva è appunto quella del paesaggio, che corrisponde al mondo inteso come un’armonica totalità con cui ogni analisi

razionale è ancora estranea, e che dunque riguarda solo la facoltà psichica dl soggetto. Eindruck è una parola composta: Druck significa impressione: per Humboldt essa investe la

sensibilità del soggetto che guarda; il prefisso Ein ha una duplice funzione: per un verso si riferisce all’individualità del soggetto che guarda, e guardando avvia il processo della

conoscenza; allo stesso tempo, esso segnala l’attitudine del soggetto a ridurre a unità il cumulo delle impressioni. Sarà compito dello stadio successivo, quello dell’Einsicht, cioè

dell’esame, disarticolare la totalità sentimentale e avviarne la traduzione in termini scientifici. Nel vocabolo Einsicht, il prefisso Ein significa il contrario di quello che esprime nell’Eindruck.

Sicht vuol dire vista, sguardo connesso all’elaborazione riflessiva. E l’unicità espressa nel prefisso riguarda non il soggetto ma l’oggetto, si riferisce alla concentrazione del pensiero su

un unico elemento tra quelli presenti. In questo stadio intermedio di analisi scientifica, non c’è più né paesaggio, né totalità, ma solo lo studio razionale delle singole componenti. La

totalità viene però ristabilita nel terzo stadio, quello che Humboldt identifica col concetto di Zusammenhang, cioè totalità costituita dallo stare insieme in un rapporto di mutua

interdipendenza di tutti gli elementi in precedenza analizzati. Si tratta della sintesi, del termine del processo conoscitivo. La totalità viene trasformata e ripristinata, non più solo sul piano

estetico dell’impressione sentimentale ma su quello scientifico.Nel linguaggio della scienza odierna,Zusammenhang corrisponde alla complessità globale.

IL PAESAGGIO E’ L’ICONA – La strategia di Humboldt era volta a trasformare l’uomo in un osservatore della natura: il suo scopo era quello di dotare la borghesia tedesca di un sapere

in grado di garantirle, con la conoscenza scientifica, il controllo del mondo. “Quadri della natura” si chiamerà l’opera pubblicata a Tubinga nel 1808, che convincerà allo studio del mondo

fisico l’intera borghesia europea. È con tale opera che il concetto di paesaggio muta da concetto estetico in concetto scientifico, si carica di un significato inedito e rivoluzionario. Ancora

oggi il termine Ansicht (veduta) significa due cose: quello che si vede e quello che si pensa, a segno del loro senso unitario, della loro originaria inscindibilità. L’ambito in cui s’inserisca la

realizzazione del progetto di Humboldt è quello costituito dal complesso della sfera pubblica borghese. Il primo a introdurre in Germania, nell’ultimo decennio del 700, il concetto

moderno di opinione pubblica era stato Georg Forster, con cui nel 1790 Humboldt si reca a Parigi, a conoscere la rivoluzione repubblicana. Mentre Forster si dedicò alla rivoluzione

politica, Humboldt si dedicò a quella culturale, imperniata sul concetto di paesaggio e sulla mutazione della sua funzione da estetica in scientifica: mutazione che solo a partire

dall’immagine artistica, l’unica immagine della natura allora conosciuta dalla borghesia, poteva realizzarsi. Si trattava di condurre il conoscitore dell’opera d’arte verso una visione del

mondo che potesse svilupparsi in comprensione scientifica del mondo stesso, e che non si arrestasse più allo stadio della semplice contemplazione. Si trattava cioè di mutare il sapere

pittorico e poetico, cui tale cultura era limitata, in scienza della natura. Il paesaggio, la veduta pittorica, è stato, con Humboldt, lo strumento di tale trasformazione. Per Humboldt,

insomma, l’entrata nell’ambito della conoscenza scientifica presuppone il totale attraversamento del regno dell’apparenza estetica: proprio il concetto di paesaggio, che tutti i borghesi

conoscono attraverso le descrizioni artistiche, viene concepito come il veicolo più adatto ad assicurare tale transito.

LO SGUARDO DI HUMBOLDT E L’ASTUZIA DEL PITTORESCO – Nonostante il suo desiderio, Humboldt non riuscì mai ad andare in India: per gli inglesi era impensabile che uno

spione tedesco si aggirasse indisturbato nei loro domini. Così alla fine Humboldt si rivolse al mondo tropicale dell’America. Tra il 1799 e il 1804 egli s’inoltrò sulle Ande, risalendo

attraverso l’istmo americano e Cuba fino a Washington. Con Humboldt il pensiero dell’occidente annette idealmente al suo mondo quelle regioni che erano state sino ad allora oggetto

soltanto di curiosità e di stupore: una vera e propria rivoluzione dello sguardo. Per questi viaggiatori pittoreschi il mondo consisteva di una serie di quadri, la sua descrizione dipendeva

dalla preliminare riduzione dei lineamenti terrestri a un’insieme di illustrazioni artistiche. Proprio questa è l’immagine pittoresca: un’immagine in cui il colpo d’occhio fa un grande effetto,

ma allo stesso tempo gli oggetti si distinguono con facilità, a costo di ridurre al minimo la presenza umana. La funzione di quest’ultima è solo quella di rendere apprezzabile le smisurate

dimensioni della scena naturale che fa da sfondo. Perciò bastano un paio di figurine, in maniera tale da lasciare quasi tutto il primo piano alla minuziosa resa delle esotiche forme animali

e vegetali. La relazione dell’impresa americana di Humboldt, in 35 volumi, venne corredata di due atlanti, l’uno geografico e l’altro composto di vedute, lo strumento più sottile della sua

strategia.

UNA NEBULOSA LONTANANZA – Goethe riconosce ad Humboldt una straordinaria abilità di seduzione. La storia dei loro rapporti non è affatto semplice, ed è fatta di divergenze ed

intese. Per esempio Goethe, al contrario di Humboldt, non ammetterà mai l’uso di strumenti che servano d’aiuto nell’indagine della natura, e sosterrà che a quest’ultima basta l’occhio

cosi com’è. Ma su un punto ambedue concordano: sulla presenza, in ogni veduta di paesaggio, di una progressiva perdita di chiarezza e di limpidità dell’aria man mano che la distanza

aumenta. Non si tratta di un semplice fenomeno atmosferico connesso a particolari condizioni di natura climatica e meteorologica, ma di un dato culturale e politico. Per il Goethe di

“Viaggio in Italia” l’orizzonte appare nebbioso perché il suo sguardo è fortemente influenzato dai quadri dei paesaggisti che ha ammirato in Germania prima della partenza; nel caso di

Humboldt la questione è ancora più complicata, perché quel che in Goethe è non del tutto intenzionale e consapevole, in Humboldt obbedisce invece a un preciso progetto. Per

Humboldt, così come per tutti i borghesi, il fascino dei paesi tropicali dipende dal fatto che in essi è assente il dispotico potere aristocratico­feudale che invece domina in patria. Proprio

perché tale potere, che è massimo in pianura, sparisce sui rilievi, la montagna tedesca è per Humboldt la casa della libertà, una specie di versione domestica dei tropici. La nebbia che in

lontananza avvolge le cose è spia della dipendenza della descrizione letteraria dalla rappresentazione pittorica, ma è anche molto di più. Per Humboldt essa è la metafora di ogni

intenzione progettuale polico­sociale: sempre all’orizzonte e mai raggiunta, e perciò indeterminata nelle sue

Dettagli
A.A. 2013-2014
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher roberta.morelli.98 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia del turismo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Copeta Clara.