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ROCCE FEMICHE

Il gabbro, che contiene percentuali di silice ancora minori delle rocce neutre, è una

roccia ignea intrusiva a grana grossa, di colore grigio scuro. Questa roccia è ricca di

minerali femici, specialmente pirosseni, ma è priva di quarzo e contiene soltanto

moderate quantità di plagioclasio ricchi di calci.

Il basalto, è una roccia a grana fine, di colore dal grigio scuro al nero, e rappresenta il

corrispondente effusivo del gabbro; è la roccia ignea più abbondante nella crosta

terrestre e praticamente costituisce la base di tutti i fondali oceanici. Sui continenti, la

sovrapposizione di estese e spesse colate di basalto ha dato origine a grandi plateau

basaltici (Es. Columbia plateau)

ROCCE ULTRAFEMICHE

Le rocce ultrafemiche sono costituite prevalentemente da minerali femici e

contengono feldispati in quantità inferiore al 10%. Tra queste rocce, con una

percentuale molto bassa in silice, solo il 45% circa, si trova la peridotite; è una roccia a

grana grossa, di colore grigio verdastro scuro ed è costituita principalmente di olivina.

Le peridotiti solo le rocce dominanti nel mantello terrestre e rappresentano la sorgente

delle rocce basaltiche che si formano in corrispondenza delle dorsali oceaniche. Le

rocce ultrafemiche sono raramente effusive. Esse si formano a temperature molto

elevate per accumulo di cristalli al fondo di una camera magmatica; di conseguenza,

solo molto raramente possono dare origine a un liquido e, quindi, non arrivano a

risalire fino a produrre tipiche lave.

Come si formano i magmi?

Dal modo in cui la terra trasmette le onde sismiche sappiamo che la massa del pianeta

è solida per migliaia di chilometri, fino al limite nucleo-mantello. Le eruzioni

vulcaniche, tuttavia, indicano che debbono esistere anche zone allo stato liquido, nelle

quali hanno avuto origine, e si formano tuttora, i magmi.

COME FONDONO LE ROCCE?

Sebbene ancora non siano ben chiari i meccanismi di fusione e solidificazione, i

geologi hanno imparato molto attraverso esperimenti in laboratorio sulla fusione delle

rocce. Si è appreso che la temperatura di fusione di una roccia dipende dalla sua

composizione e dalle condizione di temperatura e pressione.

TEMPERATURA E FUSIONE

Quando, all’inizio del XX secolo, i petrografi cominciarono a eseguire esperimenti, si

accorsero che una roccia non fondeva tutta insieme a una data temperatura. Questa

fusione parziale si verifica perché i minerali che compongono una roccia hanno

differenti temperature di fusione: all’aumentare della temperatura, alcuni minerali

fondono, mentre altri rimangono allo stato solido. Se, raggiunta una certa

temperatura, si mantengono costanti le condizioni generali, la fusione si arresta e

permane stabile un miscuglio di roccia allo stato solido e fuso. La frazione di roccia che

si trova allo stato fuso a una determinata temperatura prende il nome di fuso parziale.

Il rapporto tra liquido e solido in un fuso parziale dipende dalla composizione e dalle

temperature di fusione dei minerali che formano la roccia di partenza e dalla

temperatura della crosta o del mantello alla profondità a cui ha luogo la fusione.

All’inizio del XX secolo i petrografi si basarono su queste nuove conoscenze sui fusi

parziali per determinare come si possono formare differenti tipi di magma a differenti

temperature e in differenti regioni all’interno della Terra. Come si può immaginare, la

composizione chimica di un fuso parziale in cui sono fusi soltanto i minerali con le più

basse temperature di fusione può essere notevolmente diversa da una roccia

totalmente fusa. Pertanto, magmi basaltici che si formano in differenti regioni del

mantello possono avere composizioni alquanto diverse. Da queste considerazioni i

petrografi poterono concludere che i diversi magmi derivano da diverse percentuali di

fusi parziali.

PRESSIONE E FUSIONE

Non tutti sanno che l’acqua messa in un contenitore resistente e sottoposta a forti

pressioni congela; bene, si è scoperto che, in risposta alle variazioni di pressione, le

rocce si comportano proprio allo stesso modo. Per comprendere a fondo il ruolo della

pressione di fusione, occorre tener presente il ruolo della pressione, che, nell’interno

della Terra, aumenta con la profondità in conseguenza del peso via via crescente delle

rocce sovrastanti (pressione litostatica). I petrografi si accorsero che, se facevano

fondere una roccia a pressioni diverse, un aumento della pressione faceva innalzare la

temperatura di fusione. Pertanto, rocce che, portate a una certa temperatura,

fonderebbero sulla superfice terrestre, resterebbero invece allo stato solido se si

trovassero, alla stessa temperatura, all’interno della Terra. Una roccia fonde soltanto

se la sua composizione mineralogica e le condizioni di temperatura e di pressione sono

quelle giuste. Proprio come un aumento di pressione può mantenere una roccia allo

stato solido, una diminuzione di pressione può produrre la fusione, se la temperatura è

sufficientemente alta. A causa di movimenti convettivi, il materiale del mantello risale

da zone profonde verso la litosfera, in corrispondenza delle dorsali oceaniche, mentre

la sua temperatura rimane più o meno costante. Via via che questo materiale si

avvicina alla superficie, la pressione litostatica sulla sua sommità diminuisce, fino a

scendere sotto il punto critico: in queste condizioni le rocce fondono spontaneamente,

senza l’intervento di altro calore. Questo processo, noto come fusione da

decompressione, produce i più grandi volumi di rocce fuse in tutta la Terra: è il

processo che dà origine alla maggior parte dei basalti dei fondi oceanici.

ACQUA E FUSIONE

I numerosi esperimenti sulla temperatura di fusione e sulla fusione parziale hanno

dato altri frutti; uno dei più importanti fu la migliore compressione del ruolo dell’acqua

nella fusione delle rocce. Dall’analisi delle lave naturali i petrografi avevano potuto

osservare che in certi magmi era presente acqua; essi aggiunsero, perciò, piccole

quantità di acqua alle rocce che facevano fondere in laboratorio e scoprirono, così, che

la composizione dei fusi parziali e quella dei fusi totali variavano non soltanto al

variare della temperatura, ma anche al variare della quantità di acqua presente.

Prendiamo in esame, per esempio, l’effetto della presenza di acqua disciolta nell’albite

pura, alle basse pressioni della superficie della terra. Se è presente solo una piccola

quantità di acqua, l’albite rimane allo stato solido fino a temperature un po’ superiori a

1000°C, quindi centinaia di gradi sopra il punto di ebollizione dell’acqua. A queste alte

temperature, l’acqua è al di sopra del suo punto critico e, quindi, è allo stato di vapore.

Se, invece, è presente una grande quantità di acqua, la temperatura di fusione

dell’albite si abbassa fino a raggiungere 800°C. questo comportamento segue una

regola generale: sciogliendo un certo quantitativo di una sostanza (in questo caso

l’acqua) in un’altra (in questo caso l’albite) la temperatura di solidificazione della

soluzione (o quella di fusione del solido corrispondente) si abbassa. In base allo stesso

principio, la temperatura di fusione dell’albite – e di tutti i feldispati e degli altri silicati

– diminuisce notevolmente in presenza di grandi quantità di acqua. In definitiva, i

punti di fusione di vari silicati diminuiscono in proporzione alla quantità di acqua

disciolta nei silicati fusi, e questo è un importante passo avanti nella conoscenza dei

processi di fusione delle rocce. Il contenuto in acqua è un fattore importante nel

determinare le temperature di fusione di miscugli di rocce sedimentarie e di rocce di

altro tipo. L rocce sedimentarie contengono nei loro pori una grande quantità di acqua,

molto più di quella contenuta nelle rocce ignee o metamorfiche.

LA FORMAZIONE DELLE CAMERE MAGMATICHE

La maggior parte delle sostanze hanno una densità minore nella forma liquida che in

quella solida, per cui la densità di un fuso è minore di quella di una roccia solida di

uguale composizione; in altre parole, un dato volume di fuso pesa meno della stesso

volume di roccia solida. Se un fuso, meno denso, avesse la possibilità di muoversi, si

muoverebbe verso l’alto, proprio come l’olio che, essendo meno denso dell’acqua, si

porta alla superficie di un miscuglio di olio e acqua. Il fuso parziale, essendo liquido,

può salire lentamente attraverso pori e lungo piccole discontinuità tra i cristalli delle

rocce sovrastanti. Man mano che risalgono le gocce calde di roccia fusa si uniscono ad

altra gocce e gradualmente formano volumi sempre più grandi di magma all’interno

delle masse rocciose della Terra. La risalita del magma attraverso il nucleo e la crosta

può essere lenta o rapida: è stato stimato che le velocità di risalita possono variare da

0,3 a quasi 50 metri all’anno; la risalita può durare decine di migliaia o addirittura

centinaia di migliaia di anni. Durante la risalita, un magma può mischiarsi con altri

magmi o anche produrre la fusione di porzioni di litosfera. Oggi è noto che le grandi

masse di magma ipotizzate dai primi geologi si trovano effettivamente entro camere

magmatiche, cioè cavità della litosfera piene di magma che si formano quando gocce

di materiale fuso in risalita spingono lateralmente le rocce solide circostanti; una

camera magmatica può contenere un volume di magma di parecchi chilometri cubi.

Quando durante un’eruzione vulcanica, il magma viene espulso, le camere

magmatiche si contraggono. L’esistenza di camere magmatiche è ormai accertata

grazie allo studio della propagazione delle onde sismiche che indica la profondità, le

dimensione e l’andamento generale delle camere localizzate al di sotto di vulcani

attivi.

Dove si formano i magmi?

La comprensione dei processi ignei deriva da deduzioni di carattere geologico e dai

risultati di esperimenti di laboratorio. Le deduzioni si basano prevalentemente su dati

ricavati da due diverse fonti. La prima è rappresentata dalle aree in cui sono attivi i

vulcani sia emersi che sottomarini, dovunque, cioè, fuoriescano rocce fuse: con la loro

posizione, esse indicano dove si trovano, in profondità i magmi. La seconda fonte di

dati è costituita dalle misure di temperatura effettuate in perforazioni profonde e nei

pozzi di grandi miniere, che mostrano come nell’interno della Terra la temperatura

aumenti con la profondità; in base a tali misure, gli scienziati hanno potuto anche

valutare il ritmo secondo cui la temperatura aumenta. In certe località le temperature

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A.A. 2013-2014
14 pagine
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SSD Scienze della terra GEO/04 Geografia fisica e geomorfologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Pippozzu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia fisica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Scienze della Terra Prof.