Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LEZIONE DELLA PROF
Possibilismo in Francia vs determinismo in Germania elementi di differenza:
- Filosofia diversa in ambito francese rispetto a quella in ambito tedesco
- Diversi studi
- Rapporto diverso tra geografia e sociologia
Il possibilismo porta a una preponderanza della componente geografica umana e soggettiva
che era stata tralasciata dalla geografia tedesca determinista. La scuola francese apre quindi
possibilità d’azione all’uomo.
Negli anni 30, si ha una svolta segnata dalla pubblicazione di un volume sulla natura della
geografia che si presenta come una critica al pensiero geografico del passato. Cambia la
filosofia che appoggia la corrente geografica: la base filosofica diventa lo strutturalismo che
porta un nuovo modo di vedere la realtà che è costituita da strutture. Secondo questa
corrente di pensiero, la realtà naturale e sociale è costituita da strutture, insieme di elementi
in relazione tra loro e unite da legami che sono in continua evoluzione.
Sembra che si ritorni al determinismo perché questa idea di pensiero è molto vicina a quella
determinista di Humboldt, ma non è proprio così.
La natura diventa la struttura e l’uomo la funzione, ma non si tratta di un semplice
cambiamento terminologico. Lo strutturalismo è in un certo senso l’eredità del determinismo,
ma in esso si manifesta un concetto nuovo: l’EVOLUZIONE.
L’attenzione non è posta solo sulle cause, ma sulle funzioni, cioè sugli effetti che si scrivono
sul territorio.
Per Vidal, ciò che conta erano le forme. Per lo strutturalismo, contano gli effetti.
Si va in cerca dei principi generali anziché delle specificità. La geografia intende stabilire leggi
che valgono per tutti i territori. Si ricerca la regolarità, si tende a creare modelli e
schematizzare.
Possibilismo: studio delle forme, ricerca delle particolarità.
Strutturalismo: studio degli effetti, ricerca degli elementi comuni.
La realtà diventa strutturata, schematizzata in modo semplice, ma questa finisce per produrre
un rifiuto dato dalla banalizzazione della realtà che invece è troppo complessa e per essere
racchiusa in elementi semplici e riduttivi quali i modelli e gli schemi. Studiando il territorio, si
possono utilizzare formule matematiche, calcoli per fare delle previsioni future.
Lo studio delle funzioni e della loro evoluzione può funzionare a livello teorico, ma non pratico
perché l’uomo è un parametro non solo fondamentale, ma anche imprevedibile.
Riassumendo, lo strutturalismo studia il territorio come vera organizzazione di strutture, la
geografia umanista fa un’analisi degli aspetti e culturali di un territorio.
In questo periodo vi è anche un passaggio fondamentale dal metodo induttivo (dal particolare
all’universale) al metodo deduttivo (dall’universale al particolare) che è più congeniale
all’applicazione della geografia tramite la matematica. Con questo nuovo metodo, l’analisi
non è finalizzata ad un semplice atto descrittivo, ma ad uno studio prospettico, ad anticipare
l’evoluzione di una funzione/ di una realtà.
Si predilige cos’ l’approccio teorico, più che quello empirico come avveniva invece con il
possibilismo.
In questi anni, si afferma l’indirizzo umanistico della geografia che fa riferimento a elementi
filosofici e psicologici. Esso richiama il concetto di percezione.
Questa corrente apre la strada anche alla geografia umana, le fornisce una certa scientificità.
Nasce quindi una geografia umanista che si pone come reazione, in contrasto allo
strutturalismo, che riduceva la realtà allo studio del processo causa-effetto non tenendo conto
del soggetto colto nelle sue condizioni esistenziali.
La geografia strutturalista teneva lontano l’individuo, mentre la geografia umana mette
questo al centro del suo studio, il soggetto balza in primo piano e prende il sopravvento
perché è lui che guarda e osserva quella determinata realtà che presenta elementi che non
possono essere confinati in schemi predefiniti.
Riassumendo, lo strutturalismo schematizza, costruisce modelli, ricerca l’oggettività
dell’osservazione, la geografia francese umanistica pone l’uomo al centro, nell’osservazione si
richiamano i filtri percettivi.
Porre l’uomo al centro significa partire dal modo di percepire, dai valori culturali.
Gli strutturalisti parlano di spazio, gli umanisti di LUOGO.
Nel primo caso, lo spazio è un modello, un elemento amorfo, un pezzo di terra, mentre il luogo
si carica di elementi identitari (es. il paesaggio) come i sogni, le aspirazioni messe negli
elementi plasmati.
Topofilia: il luogo inteso in senso affettivo.
Da qui si svilupperà, all’interno della geografia umana, un approccio sociale (Geografia
sociale, diversa da Sociologia) che studia i gruppi sociali, ma in relazione ai problemi spaziali e
uno teso alla percezione (Geografia della percezione).
Riassumendo, vi è una geografia fisica e una umana che si specializza in vari settori: sociale,
culturale, della percezione.
Queste specializzazioni sono un danno per la disciplina geografica che perde così la sua
unicità. La geografia è una, un oggetto può essere studiato da vari punti di vista, ma la
visione d’insieme deve essere presente.
Noi possiamo decidere come suddividere la disciplina geografica.
18/04/18: VOCI SUL PAESAGGIO
Il concetto di paesaggio nasce in assenza di qualcosa.
Questa idea viene portata avanti dalla pittura dove esso assolve una funziona diversa rispetto
all’ambito geografico, il concetto nasce in ambito tedesco e determinista.
Nella scuola francese, tutti i processi vengono visti in evoluzione culturale e in base alle
capacità tecniche e tecnologiche di quella comunità in un dato periodo storico.
Ad un certo punto, sembra che si sia una battuta d’arresto e un ritorno alla staticità degli
elementi fisici e naturali e anche una passività a parte dei geografi.
Nel 1900, il paesaggio diventerà poi un qualcosa di eternamente vissuto.
Il paesaggio è sempre una convergenza per Henric D’Ardelle.
Si ritorna poi più avanti a vedere il paesaggio come qualcosa di teorico snaturato
dall’evoluzione culturale e trasformato in un bene economico e politico.
Ad un determinato momento non si parlerà più di natura, ma di società con la nascita della
geografia sociale che rifiuta l’uomo come elemento singolo.
Negli anni 70, riprende forza la componente naturale a causa di preoccupazioni in ambito
ambientale che spingono le associazioni alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Si
sviluppano due modalità di intendere il paesaggio quindi un indirizzo umanistico accanto a
quello sistemico-ecologico che ha come base lo strutturalismo: rapporto tra strutture e
funzioni).
Si considerava il paesaggio come un geo-sistema ecologico facendo prevalere la parte fisica,
questa visione nasce in Francia, influenza la pianificazione territoriale e ha alla base tre
assunti: il primo sostiene che il territorio è un insieme di geosistemi, elementi fisici
strettamente connessi tra loro talmente legati da formare un’unità, soggetta ad evolversi nel
tempo, il secondo considera il paesaggio come la manifestazione di questi geosistemi ed è
regolato da relazioni geologiche e il terzo assunto dice che lo studio del paesaggio permette
l’analisi di strutture e i meccanismi dell’evoluzione territoriale in modo da produrre una
conoscenza scientifica e rigorosa.
Esiste un connubio tra ecologia, geomorfologia e geologia. Predominano gli elementi di tipo
fisico.
Si continuava a considerare il paesaggio esclusivamente nelle sue componenti fisiche con le
sue relazioni, negli anni 80 si torna quindi come reazione a considerare gli elementi umani
limitandosi alle sole condizioni sociali ed economiche (es forme legate alla agricoltura e
allevamento perché si vedeva più facile, studiando, individuare le relazioni causali).
Si ha una presa di posizione nei confronti della corrente di pensiero dello strutturalismo dove
l’essere umano diventa il centro della visione ed è in grado di dare un valore alla
rappresentazione dei simboli del paesaggio.
Il paesaggio ritorna ad essere qualcosa di soggettivo, non esiste in sé per sé, ma è frutto delle
relazioni tra il soggetto e il luogo.
Il geografo dovrà quindi indagare il paesaggio cercando di capire i luoghi e la percezione che
si ha di questi.
Si chiama in causa anche la filosofia: la realtà è valutata in sé per sé o è una proiezione del
soggetto?
Considerare la seconda ipotesi significa dire che i luoghi sono oggetto di rappresentazione
perché entrano nella sfera esistenziale del soggetto e diventano tali grazie ad un processo
non razionale, che nasce dall’emozione individuale che è la vera origine della
rappresentazione soggettiva.
Ciò non è un prodotto della ragione.
Questa ipotesi non viene accettata da tutti e qualora venisse accolta viene presa con dei limiti
perché l’accusa che viene mossa da molti geografi è che questa interpretazione è troppo vaga
e mutevole.
Vi è un superamento della visione geo-sistemica che era troppo rigida dando forza e valore
agli aspetti umani e al soggetto senza fare però di questo l’elemento centrale della
rappresentazione e dell’osservazione. Si cerca di trovare un compromesso anche rispetto alla
visione della geo-filosofia che era troppo esagerata.
Si sviluppa la geografia della percezione che non allontana la rappresentazione oggettiva, anzi
la fa accoglie, ma solo quella degli aspetti tangibili, reali, il sistema alla fine viene comunque
regolato da rapporti di causa-effetto. Elementi umani e strutturali si uniscono dando vita a una
progettazione, a un’azione più completa del paesaggio, la percezione in questo modo è
spiegata e inclusa, ma non dimentica una visione strutturale.
Ci sono geografi che però non compiono questa mediazione e che si pongono su posizioni
radicali che vedono il paesaggio come una semplice realtà soggettiva.
Nel 900, queste posizioni più libere finiscono per giungere e dare origine a un nuovo filone:
quello spiritualista che coinvolge diverse discipline tra cui la filosofia.
In Italia, Luisa Bonesio accoglie questo indirizzo, ma si trovano precedenti anche nella cultura
tedesca con Zimmel.
La spiritualità del paesaggio supera la capacità razionale del soggetto, solo la persona dotata
spiritualmente e culturalmente può cogliere il paesaggio nella sua completezza come i poeti o
coloro che possiedono una genialità. Si dà vita al genius loci (la genialit&agrav