vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ALLARGAMENTO E ENTRATA DELLA GRECIA
Gli anni settanta non furono anni facili per le Comunità: le due crisi petrolifere
crearono forti problemi per le economie dei Paesi dell’Europa occidentale e
nuovi Stati, con problematiche ben più complesse rispetto ai precedenti
candidati, bussarono alle porte delle Comunità.
La ragione principale che indusse i nove ad accettare l’adesione di Grecia,
Spagna e Portogallo, ovvero di Paesi con un’economia piuttosto arretrata e con
una tradizione democratica non consolidata, fu essenzialmente politica.
Tuttavia, anche considerazioni economiche legate alla ricchezza mineraria della
Grecia e alla possibilità di disporre di forza lavoro a basso costo dei tre Paesi
mediterranei, così come la loro posizione geograficamente strategica, hanno
rappresentato un ulteriore incoraggiamento per l’apertura dei negoziati.
La Grecia chiese l’adesione alle Comunità ben prima degli anni ‘70, ma in quel
periodo la sua economia non era compatibile con gli standard europei. Il
problema principale era legato allo stato dell’economia greca basata
principalmente sui prodotti della zona montana, essendo il territorio greco
montuoso per il 70%.
Infatti, i negoziati cominciarono nel 1976 e la Grecia divenne uno Stato
membro della Comunità nel 1981, spostando il baricentro dell'UE a sud est. Sin
dalla sua entrata, la Grecia ha sempre appoggiato il processo di integrazione,
anche se il livello del suo avanzamento economico e i rapporti difficili con la
Turchia e i Balcani hanno creato non poche difficoltà agli altri Stati membri.
Costituisce un importante ponte di contatto con l'asia.
L’allargamento dell’Unione comporta benefici politici, economici e culturali
Convenzione di Schengen
Con la convenzione di Schengen del 1990 si fa riferimento a un trattato che
coinvolge sia alcuni Stati membri dell'Unione europea sia Stati terzi. Si
stabilisce la libera circolazione delle merci e delle persone appartenenti
all'unione europea, senza sottostare ai dazi ed alle frontiere. Il muro di Berlino
crolla l'anno prima, di fatto rendendo la germania dell'Est parte integrante
dell'UE.
Gli accordi, inizialmente nati al di fuori della normativa UE, ne divennero parte
con il Trattato di Amsterdam, e vennero integrati nel Trattato di Maastricht.
Questi accordi prevedono:
1) libera circolazione di persone e merci nello spazio di Schengen quindi
abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere interne dello
spazio Schengen;
2) rafforzamento dei controlli di frontiera esterna allo spazio di Schengen;
3) collaborazione tra i corpi di polizia per indagini internazionali;
4) cooperazione per la lotta al crimine organizzato a livello internazionale;
5) istituzione del SIS (Sistema di Informazione di Schengen) per l’incremento e
l’interazione delle banche dati informatiche delle forze di polizia.
In un certo senso, questo trattato rielabora le attività di cooperazione tra i
governi dei paesi membri in materia di difesa, giustizia e affari interni.
Dunque introduce: il principio di cittadinanza comunitaria, l’unificazione
monetaria europea, il processo di codecisione per l’emanazione delle norme e
la tutela diplomatica dei cittadini comunitari.
Trattato di Maastricht
Maastricht, il 7 Febbraio 1992, è stata sede della firma di un trattato che
trasforma la Comunità Economica Europea (CEE) in Unione Europea (UE) e
avvia gli Stati aderenti verso l'integrazione politica.
Novità introdotte con il trattato di Maastricht furono: introduzione di una
moneta unica europea, l'euro; interventi comuni in campo educativo, culturale,
sanitario, industriale e sociale; la cittadinanza europea a tutti i cittadini, con
precisi diritti e uguali libertà; la cooperazione nel campo della giustizia e della
politica interna.
Esso riunisce in un unico testo i risultati di una conferenza sull’unione politica
economica e monetaria. Con Maastricht, si sancisce la nascita dell'unione
europea, stabilendo i parametri ai quali le nazioni dovranno sottostare. Si
ratifica tutto ciò che si era detto fino a quel momento.
SVILUPPO SOSTENIBILE
Per sviluppo sostenibile si intende quel tipo di sviluppo che soddisfi i bisogni del
presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare i propri. Implica inoltre uno sviluppo che tenga conto non solo del
reddito economico, ma anche della qualità dell'ambiente e quindi della vita.
Esso si basa su tre principi fondamentali: L'integrità del sistema; l'efficienza
economica; l'equità sociale.
La prima conferenza mondiale dell'ONU sui problemi dell'ambiente si tenne a
Stoccolma nel 1972 dove prevalse il concetto di riparazione invece di quello
della prevenzione. Nel 1992 la conferenza di Rio de Janeiro mise in evidenza
la necessità di ripensare quale poteva essere un tipo di sviluppo che
permettesse l'accesso alle risorse da parte di tutti i popoli e una riduzione degli
squilibri ecologici ed economici a livello internazionale.
L'Agenda 21 è nota perché stabilì un elenco dei principali problemi per i quali
è necessaria un'azione comune a livello internazionale. I concetti chiave sono
la soddisfazione dei bisogni estesa a tutti gli abitanti della Terra, in particolare
ai più poveri, e la responsabilità verso i posteri, ai quali bisogna poter
consegnare uno stock di riserve adeguato e un ambiente senza gravi squilibri.
L’integrità del sistema consiste nel mantenere il geosistema e gli ecosistemi
integri, non solo limitando prelievi ed emissioni di gas inquinanti ma evitando
ogni alterazione irreversibile.
Il concetto di efficienza economica va inteso in senso ecologico. È efficiente
un sistema economico che garantisce il massimo della produzione e di consumi
compatibili con gli equilibri ecologici, permettendo di mantenere costanti nel
tempo le potenzialità dell’ambiente.
L'equità sociale è intesa in senso verticale ed orizzontale. Promuovere lo
sviluppo sostenibile significa estendere la nostra attenzione dal futuro
immediato al futuro lontano, prevedendo in linea di massima le conseguenze e
gli effetti cumulativi delle scelte attuali. Bisogna cercare di mettere tutti nelle
condizioni di avere accesso alle risorse. D'altronde è impossibile parlare di
equità sociale trascurando il destino dei popoli meno fortunati della terra e
delle classi indigenti presenti nei paesi avanzati.
La logica è quella secondo cui si deve lavorare su scala locale (ogni paese deve
comportarsi in modo operoso individualmente) per andare verso una relazione
di sistema per ottenere risultati di tipo globale. Si tratta, in sostanza, di una
cooperazione nazionale in funzione di una cooperazione che è globale. Lo
sviluppo sostenibile è volto a conciliare lo sviluppo economico e la salvaguardia
degli equilibri sociali e ambientali.
La strategia dello sviluppo sostenibile mira a ridurre le pressioni ambientali
derivanti dalla produzione e dal consumo delle risorse naturali, senza
penalizzare lo sviluppo economico.
Gli anni 90 e 2000
Nel 1995 entrano Svezia, Austria e Finlandia.
Nel 2004 entrano a far parte dell'UE altri 10 stati: Cipro, Repubblica Ceca,
Ungheria, Slovenia, Malta, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia,
molti dei quali provenienti dal progressivo sfaldamento del sistema sovietico.
Nel 2007 entrano la Bulgaria e la Romania e nel 2013 la Croazia. Così si arriva
a 28 Paesi e la densità demografica aumenta vertiginosamente. Siamo ora a
500 milioni di abitanti, distribuiti non equamente.
Demografia
L'Unione europea (UE) è oggi chiamata a far fronte a diverse problematiche:
un calo demografico, una scarsa crescita naturale e l'invecchiamento di una
parte della popolazione.
C’è, infatti, da considerare che all’interno del territorio europeo vi è un enorme
squilibrio demografico ed economico. Basti pensare che in quel 20% del
territorio che comprende le città dei primi paesi che hanno costituito il MEC
(Gran Bretagna, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Lussemburgo e in parte Italia)
si concentra il 40% della popolazione e, cosa ancor più preoccupante, quell’1/5
del territorio esprime il 50% del PIL dell’UE.
L’Europa comincia a diventare sempre di più l’Europa delle città, per il
momento 1/3 della popolazione vive in aree metropolitane; 1/3 in città medio-
piccole e il restante 1/3 vive in spazi a bassa densità (le realtà rurali).
Risulta evidente che la realtà urbana sia quella più popolata, con più speranze
di lavoro, quindi. Inoltre bisogna far fronte ad un altro problema:
l'invecchiamento della popolazione (cioè, la parte delle persone anziane
rispetto alla popolazione globale) è il risultato dei progressi notevoli realizzati
nei settori economico, sociale e sanitario in termini di servizi offerti agli
europei, dall’aumento della speranza di vita (che è aumentata di 8 anni dal
1960 al 2006).
L’immigrazione potrebbe compensare gli effetti della ridotta natalità e
dell'allungamento della vita. Il prossimo decennio vedrà la popolazione attiva
diminuire in quanto un gran numero di persone andrà in pensione.
è necessaria un’Europa che favorisca il rinnovamento demografico, un'Europa
che valorizzi il lavoro attraverso un maggior numero di posti di lavoro e una
vita attiva più lunga; un’Europa organizzata per ricevere e integrare i migranti.
Spetta parimenti all'Unione il compito di promuovere la diversità e di lottare
contro i pregiudizi per una migliore integrazione economica e sociale dei
migranti; serve un’Europa dalle finanze pubbliche sostenibili, è indispensabile
uno sforzo rigoroso di bilancio, in particolare a livello della riforma del regime
delle pensioni.
MALTHUS
Uno dei precursori degli studi sulla demografia fu Malthus che mirò le sue
ricerche sull’aumento della popolazione mondiale in relazione alla capacità
dell’uomo di produrre risorse. Malthus fu involontariamente un precursore
poiché, nel momento in cui scrisse in riferimento ai problemi connessi ai limiti
dello sviluppo, non aveva come termini di riferimento gli attuali.
La teoria malthusiana si fa assertrice di un energico controllo delle nascite e
auspica il ricorso a strumenti tesi a disincentivare la natalità, al fine di evitare il
deterioramento dell'ecosistema terrestre e l'erosione delle risorse naturali non
rinnovabili.
Malthus afferma che mentre la crescita della popolazione è geometrica, quella
dei mezzi di sussistenza è solo a