Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
S).
La composizione isotopica di un campione, quindi, è uguale al rapporto tra l’abbondanza della
13 12
forma isotopica pesante rispetto a quella leggera, (esempio C/ C). L’abbondanza isotopica è
espressa secondo l’equazione riportata di seguito:
Dove è il rapporto tra le abbondanze delle masse relative all’isotopo pesante e a quello leggero,
è misurato nel campione tramite Spettrometro di Massa e è misurato per lo
standard. Un valore positivo di δ indica che l’isotopo pesante è arricchito nel campione rispetto
allo standard mentre un valore negativo indica che nel campione l’isotopo pesante è impoverito.
Perciò il risultato di δ ci dice di quanto il nostro campione differisce dal campione standard, infatti
la notazione δ rappresenta la deviazione del rapporto isotopico nel campione esaminato da
quello rilevato in un materiale assunto come standard ed è espresso in parti per mille (‰).
Il valore di α (fattore di frazionamento) ed il valore di δ sono legate dalla seguente relazione:
Provenienza dei manufatti.
La chimica analitica contribuisce alle indagini di provenienza nel campo dell’arte e dell’archeologia.
Possiamo risalire alla provenienza di un manufatto attraverso alcune caratteristiche dei materiali
utilizzati per realizzarlo. Per procedere con le indagini di provenienza attraverso metodi scientifici
deve essere soddisfatto il cosiddetto “postulato di provenienza”, secondo il quale la
caratterizzazione di provenienza di un materiale si rende possibile quando esiste una differenza
chimica e/o mineralogica, quantitativa e/o qualitativa tra le sorgenti di approvigionamento
segnalati da studi storici. Quindi, in pratica, quando noi abbiamo un manufatto i dati storici ci
aiutano a risalire ai possibili siti di approvigionamento della materia prima e questi siti possono
essere uno o diversi, magari diversi tra loro nonostante si trovino in uno stesso territorio. Quando
facciamo uno studio della provenienza, analizziamo il nostro manufatto utilizzando la chimica e lo
studio degli isotopi e, al tempo stesso, si effettuano i medesimi studi su campioni naturali che
appartengono ai possibili siti di approvigionamento segnalati dai documenti storici. Il confronto tra
i due darà una risposta sulla possibile provenienza della materia prima con il quale è stato
realizzato il bene.
Ovviamente l’applicazione della chimica e dell’isotopia è possibile solo nel caso in cui il manufatto,
durante la sua realizzazione, non abbia perso o non siano stati aggiunti particolari elementi
chimici. Durante gli studi, nel materiale saranno evidenti elementi maggiori (aventi
concentrazione/abbondanza superiore a 1%), elementi minori (aventi concentrazione compresa
tra 0,01 e 1%) ed elementi in traccia (con concentrazioni inferiori allo 0,01%). Questi ultimi sono
utilizzati per una ricerca più precisa del sito di approvigionamento, più mirato e meno generico,
mentre gli elementi maggiori permettono di fare una sorta di scrematura iniziale.
Conoscere le tecniche di lavorazione usate nell’antichità consente di campire quali sono i materiali
più utili allo studio di provenienza. Alcuni materiali, soprattutto quelli lapidei, durante la
lavorazione non subiscono modifiche della loro composizione chimica originaria, quindi il
manufatto conserva inalterata la composizione chimica del materiale estratto dalla cava. Infatti, in
questo caso, lo studio di provenienza risulta più semplice. Altri materiali, come i metalli, possono
subire modificazioni per effetto della lavorazione e dell’estrazione, pertanto il manufatto risulta
alterato, chimicamente diverso dal materiale di provenienza (nei metalli, la composizione del
metallo sarà differente rispetto a quella del minerale da cui ha avuto origine). Lo stesso problema
lo presentano anche le ceramiche ed i vetri: nelle prime, per esempio, vengono aggiunti
smagranti, sgrassanti e fondenti che modificano le caratteristiche del materiale. Perciò tanto più è
complesso il materiale e la lavorazione a cui è stato sottoposto, più è difficile risalire al suo luogo
di provenienza.
Il Marmo.
Il marmo è il materiale lapideo più famoso ed è una roccia metamorfica costituita principalmente
da carbonato di calcio CaCO (calcite). Esso si forma per metamorfismo di rocce carbonatiche. Il
3
marmo si presenta di colore bianco e con grana di diverso tipo e le sue venature rappresentano
impurità dovute ad altri minerali accessori. È un materiale molto duro ma poco resistente agli
agenti atmosferici che nell’antichità veniva estratto a mano e usato negli scambi commerciali
perché considerato pregiato e sfruttato per la costruzione di statue, iscrizioni, templi, archi di
trionfo ed edifici privati. Il marmo di Carrara è, in Italia, il più apprezzato e da qui veniva estratto il
marmo già in tempi remoti. Questo materiale lapideo si andò a formare nelle aree marine dove si
era generato carbonato di calcio, infatti nelle zone interne dell’Europa non si trovavano, e non si
trovano, cave di marmo. Le cave più famose le troviamo in Grecia, Turchia e Italia. Le cave italiane
e greche presentano il marmo più pregiato, perché più puro (costituito totalmente da calcite).
Nonostante sia semplice come materiale, il metamorfismo che ha subito ha fatto ridistribuire in
modo differente gli elementi chimici che lo costituiscono e questa caratteristica limita la possibilità
di riconoscere le differenti cave sulla base della composizione chimica dei campioni che, anche se
provenienti dallo stesso sito di approvigionamento, risultano differenti tra loro e con diverse
percentuali di purezza. La roccia carbonatica di partenza del campione potrebbe essere una Calcite
o una Dolomite. Per le analisi della provenienza bisogna andare a scegliere degli elementi in
traccia affini al calcio, come le “Terre Rare” (ovvero un gruppo di 17 elementi chimici della tavola
periodica situati sotto i metalli di transizione). Con “Affinità Geochimica” si intende la possibilità
che un elemento si vada a sostituire a quello principale costituente una struttura cristallina e, nel
caso del calcio, esso può essere sostituito dagli elementi delle terre rare perché non apportano
alcuna variazione all’intera struttura. Sorge un problema però: i carbonati (quindi i costituenti del
marmo) si originano nei fondali marini (ha perciò un’origine biologica perché dovuta al deposito
di organismi sui fondali) dove non c’è assolutamente la presenza di terre rare, per cui queste
ultime possono essere presenti nel marmo in concentrazioni estremamente basse o addirittura
non essere proprio presenti. Questo rende impossibile l’analisi della provenienza sfruttando
questo tipo di elementi in traccia.
Per questo motivo si decise di sfruttare gli isotopi per questo tipo di materiale nello studio della
sua provenienza. Ma quali isotipi? Sicuramente isotopi stabili come quelli del Carbonio e
dell’Ossigeno, vista la composizione del marmo (CaCO ), ma anche gli isotopi radiogenici dello
3
Stronzio, il quale risulta essere un buon vicariante del calcio (affinità geochimica). Un altro
vantaggio dello Stronzio è che non subisce frazionamento a seguito di processi metamorfici e di
lavorazione del marmo, quindi quanto ce n’era all’inizio sarà anche al momento dell’analisi. Gli
isotopi che costituiscono le rocce carbonatiche (Carbonio e Ossigeno) subiscono frazionamento
già nel momento della formazione, perché dipende dall’ossigeno e dal carbonio assimilato dagli
organismi prima che questi si depositino sui fondali. Ovviamente questo accumulo dipende da
fattori ambientali ed è per questo che genera poi frazionamento. Un altro frazionamento avviene
con il metamorfismo della roccia, ovvero quando questa passa dall’essere una roccia carbonatica
a marmo. Perciò DOPPIO FRAZIONAMENTO ISOTOPICO.
13 12 18 16
Per le analisi la determinazione dei rapporti isotopici ( C/ C e O/ O) costituisce un efficace
strumento d’indagine, in quanto questi risultano uguali in campioni provenienti da una stessa cava
ma differenti se provenienti da cave diverse. Spesso capita che un campione risulti provenire da
zone diverse (in base ai rapporti isotopici), quindi si deve restringere il campo sfruttando anche gli
elementi in traccia e facendo perciò un’analisi elementare.
Questo è un esempio di grafico sullo studio degli isotopi per la provenienza.
Le Paleodiete.
Con il termine “Paleodieta” si intende il tipo di alimentazione che caratterizzava le popolazioni
umane del passato. Nello studio degli uomini dell’antichità interagiscono fra loro diverse discipline
ed ognuna è in grado di fornire informazioni differenti.
La misura delle abbondanze isotopiche di alcuni elementi in reperti scheletrici fossili, costituisce
una tecnica consolidata per ottenere informazioni su molti aspetti della nutrizione in comunità sia
del presente che del passato. Su ossa e denti fossili è possibile determinare la composizione
isotopica di più elementi (C e N) misurati sia nella componente organica (collagene, ovvero una
proteina fibrosa che costituisce il 90% dell’osso e che si degrada prima dell’osso stesso) che in
quella minerale, che in questo caso costituisce lo smalto dentale (idrossiapatite, ovvero un fosfato
carbonato di calcio). Si è notato che c’è una stretta correlazione tra abbondanze isotopiche del
collagene e dell’idrossiapatite: il collagene presenta circa il 7% (negli erbivori) o il 4% (nei
o o
carnivori) di Carbonio in più rispetto al Carbonio dell’idrossiapatite. Questo ci permette di risalire
alla concentrazione del Carbonio dell’idrossiapatite nel caso in cui non fosse più presente il
collagene sui reperti. Inoltre pare che lo studio sul collagene ci permette di sapere il contenuto di
Carbonio delle proteine che vennero assunte dall’individuo in passato, mentre il fosfato di calcio
dà informazioni sull’intera dieta.
Dal punto di vista biochimico l’osso è costituito da cellule (osteoblasti, osteoclasti e osteociti) e da
una matrice extracellulare in cui si trovano immerse queste cellule. Esso è costituito da una fase
organica, che comprende proteine collageniche e non, ed una fase inorganica (in quantità
maggiore della precedente) che conferisce all’osso resistenza e durezza e che comprende
idrossiapatite, elementi maggiori come K, Ca, Mg e Na ed elementi in traccia incorporati tra gli
spazi vuoti dell’idrossiapatite. La presenza di certi elementi nelle ossa non è dovuta solo
all&