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INATTIVAZIONE CROMOSOMA X

Nelle fasi precoci dello sviluppo embrionale uno dei cromosomi X della femmina è inattivato in ogni cellula, con il risultato che le femmine hanno un solo cromosoma X funzionante; il processo di inattivazione è comandato dallo stesso cromosoma sito nella parte prossimale del braccio lungo (q). Il processo di inattivazione è casuale e può coinvolgere al 54% o la copia materna o la copia paterna; per questo motivo le femmine portatrici di patologie x linked a volte manifestano i segni della malattia, come forme di retinite pigmentosa x linked, dove le femmine portatrici possono avere aree di pigmentazione della retina, espressione di tale situazione di mosaicismo.

DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE/BECKER

È una malattia x linked recessiva, il cui locus è localizzato sul cromosoma Xp 2. Il gene che codifica per una proteina, la distrofina, necessaria per la stabilità della fibra muscolare in quanto una proteina citoplasmatica.

ancorata ai complessi dei sarcoglicani di membrana. 1/3 degli affetti sono dovuti a mutazioni de novo, infatti il gene della distrofina è uno dei geni nucleari con il più alto tasso di mutazioni; le femmine sono portatrici sane della malattia ed è possibile eseguire una diagnosi prenatale nelle femmine a rischio elevato di avere figli affetti. EREDITARIETA' X LINKED Recessiva: queste patologie sono la conseguenza di mutazioni a carico del gene recessivo posto sul cromosoma X, poiché i maschi hanno un unico cromosoma X sono emizigoti per la maggior parte dei geni, quindi se ereditano un gene mutato manifestano la malattia. Le femmine sono generalmente eterozigote per l'allele mutato e non manifestano segni della malattia. Le caratteristiche di una malattia x linked recessiva sono: i maschi ne sono affetti, la trasmissione si ha ai maschi da femmine non affette, non vi è la trasmissione da maschio a maschio e le figlie di maschi affetti sono

Portatrici sane obbligate. Alcune malattie di questo tipo sono l'emofilia B, alla sindrome di Rett, la malattia di Fabry, la malattia di Danon e la distrofia muscolare

EMOFILIA B

L'emofilia B è una forma di emofilia caratterizzata da emorragie spontanee e prolungate da deficit del fattore IX della coagulazione. La prevalenza è stimata in circa 1:30.000 maschi. L'emofilia colpisce prevalentemente i maschi, anche se è stata descritta una forma sintomatica di emofilia B nelle femmine portatrici (si veda questo termine) caratterizzata da un quadro clinico di solito più lieve. In generale, le emorragie esordiscono quando i neonati affetti iniziano a deambulare. La gravità dei segni clinici dipende dall'entità del deficit del fattore IX. Se l'attività biologica del fattore IX è inferiore a 1%, l'emofilia è grave e si presenta con emorragie spontanee frequenti e sanguinamenti patologici secondari a piccoli

La emofilia è un disturbo della coagulazione del sangue che può essere ereditario o acquisito. Nella forma ereditaria, è causata da una carenza o da un difetto del fattore di coagulazione IX. Questo fattore è necessario per la formazione di coaguli che aiutano a fermare il sanguinamento.

La gravità della malattia dipende dall'attività biologica del fattore IX. Se l'attività è inferiore all'1%, si parla di emofilia grave. In questo caso, si verificano sanguinamenti patologici anche a seguito di piccoli traumi, interventi chirurgici o estrazioni dentali. Le emorragie spontanee sono rare.

Se l'attività biologica del fattore IX è compresa tra l'1% e il 5%, si parla di emofilia moderatamente grave. In questo caso, i sanguinamenti patologici si verificano principalmente a seguito di piccoli traumi, interventi chirurgici o estrazioni dentali. Le emorragie spontanee sono ancora rare.

Se l'attività biologica del fattore IX è compresa tra il 5% e il 40%, si parla di emofilia lieve. In questo caso, i sanguinamenti patologici si verificano principalmente a seguito di piccoli traumi, interventi chirurgici o estrazioni dentali. Tuttavia, possono verificarsi anche emorragie spontanee.

Le emorragie si localizzano spesso intorno alle articolazioni (emartrosi) e nei muscoli (ematomi), ma possono coinvolgere qualsiasi organo o apparato a seguito di traumi o lesioni. L'ematuria spontanea, ovvero la presenza di sangue nelle urine, è abbastanza comune e costituisce un segno altamente suggestivo della malattia.

L'emofilia B viene trasmessa come carattere recessivo legato all'X ed è dovuta alle mutazioni del gene F9 (Xp27) che codifica per il fattore IX della coagulazione. La diagnosi si basa sui test della coagulazione che mostrano un allungamento dei tempi della coagulazione e può essere confermata dai dosaggi specifici del fattore IX. La diagnosi differenziale si pone con la malattia di von Willebrand (si veda questo termine) e con altre anomalie della coagulazione, associate all'allungamento dei tempi della coagulazione. La diagnosi prenatale è possibile con le analisi molecolari sui villi coriali. Le analisi dei fattori della coagulazione possono essere effettuate sul sangue venoso e del cordone ombelicale. Il trattamento si basa sulla terapia sostitutiva mediante derivati plasmatici o con farmaci che utilizzano la proteina ricombinante. Il trattamento può essere somministrato dopo emorragia (trattamento a richiesta) o per prevenire il sanguinamento.

(trattamento profilattico). La complicazione più frequente è la produzione di anticorpi inibitori rivolti contro il fattore della coagulazione somministrato. Possono essere utili gli interventi chirurgici, soprattutto di natura ortopedica, da effettuarsi preferibilmente presso centri specializzati. Il decorso suggerisce la gravità della malattia. Se non trattata, l'emofilia A grave è di solito fatale durante l'infanzia o l'adolescenza. Il trattamento improprio o inadeguato delle emartrosi e degli ematomi recidivanti può esitare in un deficit motorio, associato a grave disabilità con rigidità, deformazione delle articolazioni e paralisi. Tuttavia, gli attuali approcci terapeutici consentono di prevenire queste complicazioni e la prognosi è favorevole: tanto prima viene somministrata la terapia sostitutiva e tanto più è adatto il trattamento in rapporto al quadro clinico del paziente, tanto migliore è

La sindrome di Rett (RTT) è una malattia neurologica dello sviluppo, che interessa il sistema nervoso centrale. La RTT colpisce essenzialmente le femmine ed è una delle cause più comuni di deficit cognitivo nelle ragazze. La prevalenza è stimata in 1/9.000 ragazze di 12 anni e la prevalenza nella popolazione generale è stimata in circa 1/30.000. La RTT classica è caratterizzata da sviluppo apparentemente normale nei primi 6-18 mesi di vita e, successivamente, perdita della motricità grossolana e fine già acquisita, perdita della capacità di interagire e socializzare e comparsa di movimenti stereotipati delle mani. La scoliosi è presente in molti pazienti attorno ai 25 anni. L'evoluzione e la gravità della malattia sono molto variabili e sono state osservate diverse varianti atipiche. Inoltre, sono stati descritti alcuni pazienti maschi, che presentavano un fenotipo simile a.

quelle delle femmine affette da RTT classica o atipica e, raramente, pazienti maschi affetti da encefalopatia grave ad esordio neonatale e da alterazioni significative dellarespirazione. Nonostante l'identificazione delle mutazioni nel gene MECP2 (methyl CpG-binding protein 2) legato all'X, nella maggior parte dei pazienti, l'eziologia non è nota. Nei pazienti caratterizzati da unfenotipo clinico molto simile a quello di RTT, sono state identificate recentemente mutazioni in altri due geni, CDKL5 (cyclin-dependent kinase like 5) e Netrin G1. La diagnosi di RTT è clinica e si basa sui criteri diagnostici di Trevathan, recentemente revisionati in occasione di un incontro tra esperti della Società Europea di Neurologia Pediatrica. La diagnosi differenziale si pone con l'autismo e con la sindrome di Angelman; la sindrome cataratta-retinopatia-atrofia ottica; precedenti danni cerebrali perinatali o postnatali; difetti congeniti noti del metabolismo.

malattie neurodegenerative; malattie neurologiche acquisite secondarie a grave trauma cranico o infezioni. Le malattie da accumulo possono essere escluse in base all'assenza di organomegalia. Dato che la maggior parte delle mutazioni patogeniche di MECP2 nei pazienti affetti da RTT sono de novo, il rischio di ricorrenza è basso, anche se sono stati descritti casi di mosaicismo germinale. Lo screening prenatale può essere utile nelle famiglie che hanno un probando emizigote per la mutazione patogenetica. La presa in carico è soprattutto sintomatica e si focalizza sull'ottimizzazione delle capacità del paziente. È efficace un approccio multidisciplinare (dietisti, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti e terapisti musicali). Sono meritevoli di particolare attenzione la scoliosi, lo sviluppo della spasticità e la realizzazione di strategie comunicative efficaci. È essenziale per le famiglie un sostegno psicosociale.

Gli approcci farmacologici permettono di migliorare i disturbi del sonno e della respirazione, le crisi epilettiche, i movimenti stereotipati delle mani e lo stato di salute generale. I pazienti affetti da RTT rischiano di sviluppare aritmie pericolose per la sopravvivenza, che si associano a un allungamento dell'intervallo QT. Pertanto, si raccomanda di astenersi dall'uso di alcuni farmaci. Il quadro clinico evolve attraverso stadi, per un certo numero di anni e la prognosi è infausta. MALATTIA DI FABRY La malattia di Fabry (FD) è una malattia da deposito lisosomiale multisistemica, progressiva, ereditaria, caratterizzata da specifici segni neurologici, cutanei, renali, cardiovascolari, cocleo-vestibolari e cerebrovasculari. Dati epidemiologici L'incidenza annuale è di 1/80.000 nati vivi, ma la prevalenza potrebbe essere sottostimata. Se si considerano le varianti a esordio tardivo, la prevalenza proposta è circa 1/3.000. La FD è

panetnica.

Descrizione clinica

Il quadro clinico comprende un ampio spettro di sintomi, che varia dalle forme lievi nelle femmine eterozigoti, ai casi gravi nei maschi emizigoti con le forme classiche, che non mostrano alcuna attività residua dell'alfa-galattosidasi A. Questi pazienti possono presentare tutti i segni tipici della malattia a livello neurologico (dolore), cutaneo (angiocheratoma), renale (proteinuria, insufficienza renale), cardiovascolare (cardiomiopatia, aritmia), cocleo-vestibolare e cerebrovascolare (ictus, episodi ischemici transitori). Le femmine possono mostrare sintomi lievi-gravi. Il dolore è un sintomo comune precoce (dolore cronico caratterizzato da parestesia con bruciore e prurito e rare crisi episodiche caratterizzate da dolore acuto con senso di bruciore). Il dolore può risolversi nell'età adulta. Possono insorgere anidrosi o ipoidrosi, che causano intolleranza al calore e all'esercizio. Altri segni clinici sono l'angiocheratoma,

le alterazioni della cornea, il tinnito, l'affaticamento cronico, le anomalie cardiache e cerebrovascolari (ipertrofia ventricolare sinistra, aritmia, angina), la dispnea e la nefropatia.

Dati eziologici

La malattia di Fabry è un

Dettagli
A.A. 2019-2020
51 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/18 Genetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher digiuseppe_leonardo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Genetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Girolami Francesca.