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DA QUI NASCONO L’IDEA DEI CONCETTI MORALI QUALI “COLPA”, “COSCIENZA”,

“DOVERE”, “SOCIALITA’ DEL DOVERE” COME SPIRITUALIZZAZIONE O

DIVINIZZAZIONE DELLA CRUDELTA’ (come aveva già detto in “al di là del bene e del

male”).

7- Qui sta il problema: quando l’umanità non si vergognava ancora della sua crudeltà, che

è poi volontà di potenza, la vita sulla terra era più serena di oggi che esistono pessimisti.

L’offuscarsi del cielo a operi dei pessimisti è dovuto alla vergogna dell’uomo dinanzi

all’uomo. La “bestia” uomo è finita per imparare a vergognarsi di tutto i suoi istinti. Così dal

momento che non possono essere istinti hanno bisogno solo di una certa sublimazione e

assottigliamento, in relazione al fatto che oggi il dolore fa più male. La vita si scaltrì a tal

punto da creare stratagemmi e INVENZIONI affinchè si giustificasse e giustificasse il suo

male; perché non è la sofferenza in sé che ci fa rivoltare contro la vita stessa bensì

l’assurdità del soffrire, che non può essere sopportata e per tale motivo s’inventarono

motivazioni. Per assicurare sempre gli uomini s’invento un “libero volere” poiché il mondo

pensato in maniera deterministica sarebbe stato indovinabile per gli dei e quindi fastidioso.

Notiamo quindi che hanno fatto strada nella storia dell’uomo tutte quelle invenzioni e

maschere che hanno portato infine alla negazione della vita stessa. Il mondo antico dava

tanti riguardi allo spettatore, essendo un mondo pubblico, essenzialmente manifesto, non

si sapeva immaginare la felicità senza spettatori e feste. (e anche nella punizione v’è tanta

aria di festa). IN REALTA’ OGGI CI SAREBBE BISOGNO DI ALTRE INVENZIONI

AUSILIARIE COME AD ESEMPIO “VITA COME ENIGMA”.

8-Il sentimento della colpa ha avuto la sua origine nel più antico e originario rapporto tra

persone che esista, nel rapporto tra compratore-venditore. Stabilire prezzi, misurare valori,

escogitare equivalenti, barattare è stato il primo pensiero dell’uomo, che in certo senso

PENSARE E’ TUTTO QUESTO. Il pensare in questo modo ha caratterizzato le più antiche

forme di organizzazione sociale. L’occhio era ormai adattato a questa prospettiva ebbe

come conseguenza la formulazione di una generalizzazione: “ogni cosa ha il suo prezzo,

tutto può essere comprato”, da cui ha inizio la GIUSTIZIA. LA GIUSTIZIA E’ LA BUONA

VOLONTA’ TRA UOMINI DI EGUALE POTENZA DI METTERSI RECIPROVAMENTE

D’ACCORDO, DI INTENDERSI CON UN COMPROMESSO E COSTRINGERE A CIO’

QUELLI MENO POTENTI.

Così funzionano anche le comunità, si abita protetti, in pace e in serenità, perché sennò si

è soggetti alla PENA, che è riproduzione, “mimus”, del comportamento normale contro

l’odiato.

10- Col crescere della comunità i singoli non sono più considerati pericolosi nella stessa

misura di prima e il malfattore viene prudentemente difeso nei confronti di questa collera. I

vari tentativi di comporre l’intera faccenda, dunque il compromesso con la collera, gli sforzi

per evitare una più larga inquietudine, sono la volontà di isolare almeno in una certa

misura il delinquente e la sua azione: questi sono i tratti che dimostrano che col crescendo

della potenza di una comunità, il diritto penale va sempre mitigandosi. VIA VIA CHE E’

DIVENUTO Più RICCO IL “CREDITORE” SI E’ FATTO SEMPRE Più UMANO. La giustizia

dunque, che ebbe il suo inizio con “tutto è suscettibile di saldo, tutto deve essere saldato”,

col crescere di una comunità finisce per perdonare, finisce per “sopprimere se stessa”.

Questa autosoppressione della giustizia, va sotto il nome di grazia, è prerogativa del più

potente, il suo al di là del diritto.

11- In realtà la GIUSTIZIA E’ CREAZIONE DEI POTENTI E NIENTE AFFATTO UNA

CREAZIONE DELLA VENDETTA DEGLI UOMINI DI REAZIONE. L’ultimo terreno a essere

conquistato dallo spirito della giustizia è il terreno del sentimento di reazione. Sono gli

affetti attivi, la brama di potere, di dominio, di possesso propri degli uomini attivi,

aggressivi, prevaricanti che fanno sì che si stia molto più vicini alla giustizia di chi

reagisce. L’uomo attivo, aggressivo, in quanto più forte ha avuto a proprio vantaggio lo

sguardo più libero, la migliore coscienza; al contrario, chi ha in genere sulla coscienza

l’invenzione della “cattiva coscienza” è l’uomo del risentimento.

il diritto rappresenta sulla terra la lotta contro i sentimenti di reazione, la guerra con essi da

parte di potenze attive e aggressive, che usavano in parte la loro forza per imporre freno al

pathos reattivo e nel costringere ad un accordo. I potenti con le leggi inventano diritto e

torto per misurare le vendette reattive. Infatti parlare in sé di diritto e torto è cosa priva di

senso; “in sé” offendere, far violenza, sfruttare, annientare non ha nulla di illegittimo in

quanto la vita “essenzialmente” si adempie così. Solo che così sanno vivere solo i potenti,

la giustizia è infatti un atto positivo, di forza. Invece i deboli e l’uomo del risentimento

hanno bisogno di costrizioni nelle quali muoversi, sono infatti inattivi e indifferenti. L’uomo

potente è consapevole di tali costrizioni, è consapevole della vita, l’uomo debole non sa

esserlo e quindi ha bisogno di maschere, illusioni entro le quali vivere altrimenti non lo

saprebbe fare.

12-ORIGINE E SCOPO DELLA PENA: i genealogisti errano a collocare all’origine della

pena lo “scopo” (ad esempio vendetta) poiché il principio più importante è che la causa

genetica di una cosa e sua finale utilità, la sua effettiva utilizzazione, sono disgiunti l’uno

dall’altro. COSI’ LA PENA CI SI E’ CONFIGURATA COME FOSSE STATA INVENTATA

PER CASTIGARE. MA TUTTI GLI SCOPI, TUTTE LE UTILITA’ SONO UNICAMENTE

INDIZI DEL FATTO CHE UNA VOLONTA’ DI POTENZA HA IMPOSTO LA SUA SIGNORIA

SU QUALCOSA DI MENO POTENTE E GLI HA IMPRESSO IL SENSO DI UNA

FUNZIONE.

Questo capitale punto di vista della storia contrasta all’istinto e al gusto del tempo il quale

preferirebbe addirittura l’assoluta causalità e meccanicismo piuttosto che ammettere una

teoria di volontà di potenza. L’idiosincrasia democratica verso tutto ciò che comanda e

vuol comandare si è poco alla volta contraffatto e travestito in termini intellettuali da

insinuarsi nelle scienza più rigorose e apparentemente oggettive, avendo fatto sparire

abilmente la nozione di attività. Sotto la pressione di questa idiosincrasia si mette in primo

piano l’”adattamento”, cioè l’attività di second’ordine, una semplice reattività, anzi la vita

stessa è definita come un intrinseco adattamento sempre più finalistico a circostanze

esteriori. Ma così viene disconosciuta la vita stessa, la sua essenza di volontà di potenza.

Ci si lascia sfuggire la priorità di principio che hanno le forza spontanee, aggressive,

sormontati, alla cui efficacia l’”adattamento” viene solo dietro.

13- Nella pena occorre distinguere due cose: la sua relativa durevolezza, l’uso, l’atto; e la

sua fluidità, lo scopo, il significato, che si connette allo scopo di tali procedure.

il concetto di “pena” non presenta un unico significato, bensì una sintesi di significati: pena

come neutralizzazione di pericolosità; risarcimento del danno; isolamento di un’alterazione

dell’equilibrio; instillazione di timore negli spettatori; compensazione per i vantaggi che il

cliente ha goduto; come festa e derisione di un nemico abbattuto.

14-Il VALORE DELLA PENA DEVE ESSERE QUELLO DI DESTARE NELCOLPEVOLE IL

SENTIMENTO DELLA COLPA, in essa si cerca il caratteristico instrumentum di quella

reazione psichica che prende il nome di “cattiva coscienza”, “rimorso”. Inoltre la pena

acuisce il senso di estraneità, e se frantuma l’energia e determina auto avvilimento il

colpevole finisce col non poter avvertire come riprovevole la sua azione perché la stessa

specie di atti è esercitata dalla giustizia con tranquilla coscienza.

Non c’è niente di cattivo nelle azioni in sé, infatti le azioni non possono in nessun modo

essere rimproverate e condannate in se stesse, bensì soltanto sotto un certo riguardo e

utilizzazione pratica. Infatti coloro che giudicano, nella loro coscienza, non hanno

l’avvertenza di avere a che fare con un colpevole ma con un ragionatore di danno, con un

irresponsabile frammento di fatalità.

15- Quindi non c’è niente di più sbagliato che credere che la pena sia qualcosa da

infliggere per destare il sentimento di colpa e che quindi la pena abbia questa utilità,

perché in realtà CIO’ CHE PUO’ ESSERE COMPLESSIVAMENTE RAGGIUNTO CON LA

PENA NELL’UOMO E NELL’ANIMALE E’ L’AUMENTO DELLA PAURA, L’AGUZZARSI

DELL’ACCORTEZZA, IL DOMINIO DEI DESIDERI: IN TAL MODO LA PENA

“AMMONISCE” L’UOMO, SENZA FARLO TUTTAVIA “MIGLIORE”.

16-CATTIVA COSCIENZA è quella grave malattia in balìa della quale doveva cadere

l’uomo sotto la pressione della più radicale tra tutte le metamorfosi in cui si venne a

trovare definitivamente incapsulato nell’incantesimo della società e della pace. L’origine

della cattiva coscienza è innanzitutto l’anima, cioè l’interiorizzazione degli istinti, quando

questi non si scaricano all’esterno ma si rivolgono all’interno; così l’intero mondo interiore

ha acquistato profondità e ha impedito lo sfogo dell’uomo all’esterno. Quei terribili bastioni

con cui l’organizzazione statale si proteggeva contro gli antichi istinti della libertà (la pena

ad esempio), fecero sì che tutti codesti istinti dell’uomo selvaggio, libero, divagante si

volgessero a ritroso, contro l’uomo stesso. LA SOFFERENZA CHE L’UOMO HA

DELL’UOMO, DI SE’, E’ LA “CATTIVA COSCIENZA” COME SFOGO DI QUESTO

DISPERATO PRIGIONIERO. L’UOMO COSI’ DIVENTA MALATO DI UNA DELLE

MALATTIE DI CUI FINO A OGGI L’UMANITA’ NON E’ GUARITA.

17- L’origine dello STATO di Nietzsche non è il contratto, ma è da considerarsi una razza

di conquistatori e padroni che piantarono i lor

Dettagli
A.A. 2014-2015
20 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dalilagiuliana di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Bazzani Fabio.