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ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO

LE GARANZIE PERSONALI DELL’OBBLIGAZIONE

→ Nozione

Le garanzie personali sono vincoli obbligatori che, legando al creditore soggetti ulteriori, gli

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offrono una più ampia possibilità di agire per la soddisfazione del proprio diritto. Esse

consistono talora nella promessa di una propria prestazione identica a quella del debitore

principale (sponsio e fidepromissio), oppure, diversamente, nell’assunzione di responsabilità

per il caso di inadempimento del debitore principale (fideiusso).

→ Sponsio e fidepromissio

Gaio: “il regime della sponsio e della fidepromissio, è simile”.

La sponsio è stata la matrice della più antica verborum obligatio ed è attestata in fonti giuridiche e

letterarie quale contratto verbale promissorio e solenne, con cui si assumeva la responsabilità per

una prestazione propria od altrui, applicata in questo sviluppo come garanzia personale di un

debitore principale, di cui si diventava responsabili per la prestazione dovuta. Essa era riconosciuta

dallo ius civile e pertanto accessibile ai soli cittadini romani; consisteva in uno scambio contestuale

di domanda e risposta: di fronte alla domanda “idem dari spondes?” lo sponsor rispondeva

“spondeo”, ove l’idem si riferiva al contenuto della obbligazione principale garantita, e in tal modo

si assumeva l’impegno di effettuare, a favore del garantito, la stessa prestazione oggetto della

obbligazione principale. La sponsio, così come la fidepromissio (idem fidepromittis?), postula una

identificazione dell’obbligazione del debitore principale e del garante.

La fidepromissio è attestata come contratto verbale, di regola adoperato anch’esso a scopo di

garanzia, posteriore alla sponsio, e presentava la stessa natura ed una struttura analoga; essa si

distingueva peraltro dalla prima perché era accessibile anche ai peregrini, essendo pertanto

riconducibile al sistema dei rapporti giuridici di ius gentium; di ciò è testimone proprio il verbo

promitto, qui colorito con una richiamo esplicito alla fides , valore socio giuridico comune al ius

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civile e all’ius gentium. Sembra assai verosimile che il riferimento alla fides servisse a voler dire

che la responsabilità di colui che aveva assicurato al creditore la soddisfazione del suo credito

dicendogli fide mea promitto, riposasse non tanto su un vero e proprio vincolo giuridicamente

coercibile, ma sopra quel vincolo metagiuridico – che segue ogni galantuomo – di fare onere alle

proprie promesse. In sostanza, non bastava il semplice promittere: l’aggiunta del termine fides si

rese necessaria per sottolineare la responsabilità che tale promessa comportava. Tuttavia, pian

piano, questo elemento della fides andò scomparendo a causa della giuridificazione di quei precetti

metagiuridici (delusione, recriminazione), prima visti vincolanti per sé stessi, che erano tipici della

società face to face, basata su vincoli fortissimi ove l’elemento fiduciario appariva un vero e proprio

dato ontologico degli istituti di garanzia.

1 Da non confondere con le garanzie reali (pegno e ipoteca), offerte mediante la costituzione di un diritto reale su di

una res, riservata al personale soddisfacimento del creditore.

2 Quale sia il significato da attribuire a fides in questo preciso contesto è ancora dibattuto: vi è stato chi ha sostenuto

che con tale termine si indicherebbe la garanzia nel senso più ampio; diversamente, Heinze l’ha definita un vincolo

morale. A quest’ultimo si contrappone Beseler, il quale afferma che, essendo fide un antico dativo, il verbo

fidepromittere sarebbe da sciogliersi in manum fide promittere, vale a dire tendere la mano al legame. Sulla base di

questa ipotesi Beseler prospettò la seguente ipotesi: il termine fides inizialmente avrebbe avuto il significato di vincolo

materiale; successivamente, sarebbe passato a significare l’unione delle mani, quale segno distintivo del sorgere di un

vincolo obbligatorio, per giungersi così al significato di avere fede, di garanzia. Flume, infine, afferma che in questo

preciso contesto delle garanzie delle obbligazioni, il termine fides debba significare vincolo, responsabilità.

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La sponsio e la fideiusso hanno conosciuto un diritto di regresso che trovava il proprio perché

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semplicemente sulla base del mero rapporto obbligatorio di garanzia, vale a dire indipendentemente

da qualunque altro negozio giuridico sotteso ad esso. Tale diritto fu introdotto dalla lex Publilia,

attraverso la quale il garante che avesse pagato e non fosse stato rimborsato entro sei mesi dal

debitore principale, poteva esperire nei confronti di quest’ultimo una manus iniecto pro iudicato.

Con il passaggio al processo formulare venne attribuita un’actio depensi nel doppio. La disciplina

del regresso nel caso di più garanti fu invece regolata dalla lex Appuleia, che prevedeva che si

costituisse tra loro un quantum societatem. Ne derivava, pertanto, che il garante che avesse pagato

più della quota risultante dalla divisione dell’ammontare dell’intero debito per il numero dei garanti,

potesse avere un’azione nei confronti degli altri garanti.

Già in epoca risalente esisteva la caratteristica dell’affiancarsi della sponsio e della fidepromissio di

garanzia ad una obbligazione principale, che poteva essere solo una obligatio verbis contracta, in

qualità di stipulazioni passivamente accessorie. L’accessorietà di tali contratti verbali era però da

riferirsi all’atto giuridico: è sufficiente che esse accedano ad un negozio che abbia la struttura di una

verbarum obligatio, senza dover tener conto, che essa sia o meno efficacie, in quanto si deve far

riferimento alla stipulazione principale intesa come atto. Dunque l’accedere della sponsio e della

fidepromissio non implicava una dipendenza funzionale della stipulazione accessoria da quella

principale.

→ Fideiussio

Entrambi i contratti, molto simili tra loro, della sponsio e della fideiusso, si differenziavano in più

punti dalla fideiussio, che più tardi, forse a partire dal I sec. a.C., comparve nel mondo della prassi

giuridica romana, con una valenza marcatamente commercialistica (non interessa se l’obbligazione

a cui la si aggiunge sia civile o naturale). Tale negozio era anch'esso un contratto verbale, e poteva

accedere a qualsiasi tipo di obbligazione, contrariamente alla sponsio e alla fidepromissio, che

potevano accedere solo a obligationes verbis contractae.

La sua formula consisteva in una domanda “id fide tua esse iubes?” (dichiaro di volere che in fede

mia ciò sia così), a cui il garante rispondeva “iubeo”. Bisogna fare due osservazioni: in primo

luogo, con l’aggiunta della fides nella formula viene particolarmente sottolineato il carattere della

responsabilità, che è l’essenza della fideiusso. Manca infatti nel termine fideiusso il promittere o una

espressione simile che alluda ad un obbligo ad una propria prestazione: iubere esprime di per sé la

sola volontà o desiderio (e dunque l’autorizzazione) che qualcosa si faccia; per questo motivo

l’aggiunta della fides non ha il significato subordinato (al verbo) che ha nella fidepromissio. In

secondo luogo, l’id si riferisce non al contenuto della prestazione, ma all’assunzione, sulla propria

fides, delle conseguenze che dal debito potranno derivare in caso di mancato adempimento del

debitore principale. La fideiusso implica, pertanto, una valutazione economica grazie alla quale alla

prestazione principale si sostituirà quella equivalente del fideiussore. Oggetto della prestazione del

fideiussore può dunque essere un facere infungibile, precluso invece ad uno sponsor o ad un

fidepromissor, i quali sono tenuti a corrispondere un idem.

La fideiusso era vincolante in perpetuo e trasmissibile agli eredi (al contrario dei negozi di sponsio e

di fidepromissio). Alla fideiusso non venne esteso in via analogia il regime praticato a proposito del

diritto di regresso per le due più antiche forme di garanzia.

Inoltre si era posta fin da subito e in modo netto come stipulazione passivamente accessoria, relativa

al rapporto obbligatorio principale, non potendo essere produttiva di effetti se non esista

3 Diritto di agire contro il debitore principale per ottenere la restituzione di ciò che si è pagato per conto suo.

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un’obbligazione principale. Nella fideiusso opera, dunque, una accessorietà funzionale, in cui si

viene ad affermare un’assoluta dipendenza del negozio di garanzia dall’esistenza del negozio

principale.

Sponsio e fidepromissio caddero presto in desuetudine; la prima a causa della sua rigidità, la

seconda fu nella maggior parte dei casi sostituita da varianti stipulatorie (Idem dabis? Idem

promittis? Idem facies?) che non contenevano più l’espressione, fide tua a causa della

giuridificazione dei precetti metagiuridici. I compilatori giustinianei finirono poi per attribuire alla

fideiusso il regime della sponsio e della fidepromissio, venendo a trasformare quella che era in

origine una mera assunzione di responsabilità per un debito altrui in una promessa di propria

prestazione.

→ Conflitto creditore – garante

Le garanzie personali dell’obbligazione sono caratterizzate, da sempre, da un conflitto plurisecolare

fra la posizione del creditore, che mira ad ottenere la massima sicurezza del proprio credito,

attraverso il coinvolgimento della piena responsabilità solidale dei garanti e quella di questi ultimi

che, al contrario, tendono a rendere la propria obbligazione sussidiaria rispetto a quella del debitore

principale, nella speranza che il sacrificio di esso, escusso per primo, consenta la loro totale o,

almeno, parziale salvezza. Nell’esperienza giuridica romana, questa dialettica è assai viva e ha visto

prevalere solitamente il creditore, anche se non sono mancati interventi legislativi volta a

riequilibrare la situazione o, addirittura, talora, ma forse con una certa componente propagandistica

(Giustiniano: venire in aiuto dei garanti è cosa santa), a porre in primo piano la difesa del garante.

In diritto classico le garanzie personali dell’obbligazioni appaiono caratterizzate da un regime di

solidarietà. Il creditore disponeva di una electio, vale a dire della facoltà di scegliere se escutere

direttamente, in prima battuta, il debitore principale oppure il garante (posti sullo stesso piano, in un

rapporto di solidarietà passiva). Tuttavia, in epoca classica, l’elemento metagiuridico sembra essere

il vero dato vincolante. La pressione e il rischio di emarginazione spingevano il creditore a

comportarsi secondo una prassi che appariva ai più vincolante. Dunque, la regola della parità di

posizione, a cui era con

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A.A. 2015-2016
5 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giulifer di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Briguglio Filippo.