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IL TRATTATO SUL RISO

INTRODUZIONE

All’inizio Baudealire pensava di pubblicare questo studio insieme ad altri sulla caricatura, ma poi lo

lincenziò singolarmente. Siamo nell’epoca delle riviste (in molti pubblicano saggi sulle riviste prima di farne

un testo compiuto).

Il testo fu pubblicato per la prima volta su “Le portefeuille” nel 1855. Seconda edizione del 1857.

Alla fine viene pubblicato anche il testo per intero, come era nei progetti di Baudelaire (1868: postumo) e

viene intitolato “Curiosità estetica”, questo è il testo che leggiamo noi.

Baudelaire era già all’interno della Pleaide (catalogo di autori importanti) e anche questo testo viene editato

da questa collana. Attenzione: la Bibliothèque de la Pléiade, edita dalla Gallimard, è la più prestigiosa

collana editoriale francese e tra le più note al mondo.

Il titolo originario dell’opera è “Dell’essenza del riso e in generale del comico nelle arti plastiche”.

La riflessione presente in questo testo è caratterizzata da asistematicità; mentre nel titolo compare

l’espressione “Essenza del ridere” che ci fa pensare ad una disamina filosofica, poi ovunque l’autore

ribadisce l’asistematicità del prodotto. Troviamo nel testo una conversazione più o meno disinvolta: ci sono

varie digressioni, la maggior parte di carattere estetico + considerazioni storico-sociali + citazioni di altri

autori (delle quali a volte si appropria). Abbiamo visto che nei salon, soprattutto nel primo, la disamina

dell’opera pittorica era precisa => Baudelaire qui tratta la questione in tal modo non perché questo sia il suo

solito modo di scrivere, ma perché ciò è idoneo all’argomento = la comicità sfugge ai tentativi di

classificazione. Questo modo di parlarne permette di far emergere varie sfaccettature.

Inoltre questo stile è una sorta di ribellione nei confronti della produzione accademica e filosofica dell’epoca,

particolarmente severa e riduttiva quando si parlava del riso.

In ribellione a questo sistema, Baudelaire rifiuta la forma del trattato e sceglie l’avverbio “semplicemente”

per definire;

Si tratta di un soggetto su cui lui riflette spesso ma che non ha intenzione di indagare

- sistematicamente.

Poi si contraddice: per lui queste riflessioni erano diventate un’ossessione (vd “assedio” in termini

- psicologici). Si tratta di qualcosa che continua a venirgli in mente. Parlare della comicità aiuta ad

assumerla = parlarne, esaminare il riso (caricatura = genere artistico che produce il riso) permette di

assumerlo.

Abbiamo parlato spesso del riso come luogo di espressione di qualcosa di diverso dal senso comune, ma qui

la comicità nasce da qualcosa di ossessivo, che ci fa stare male = la comicità serve a stemperare, dare una

misura a ciò che ci tormenta (più che a portare agli occhi degli altri, a portarlo ai nostri di occhi).

Poi si contraddice nuovamente facendo capire che l’opera è frutto di uno sforzo intellettuale (valenza

- filosofica del testo).

Lui parla della caricatura e ne parla da poeta.

- Dice che fare tutta la storia della caricatura sarebbe utile (per lui si tratta di un genere artistico, non

- di un passatempo) => nella caricatura c’è anche il politico, il sociale etc., non solo il frivolo. Lui

però ha deciso di non iniziare con la storia della caricatura, per il momento si limita ad immaginarla:

sarebbe un susseguirsi di immagini = la caricatura è un’idea che raffigura un’oggetto con una

deformazione => dà un giudizio sul soggetto che rappresenta => si tratta di un modo per giudicare la

realtà.

Baudelaire si chiede se la caricatura abbia una natura puramente aneddotica (legata ad un contesto

particolare) oppure se abbia una valenza universale.

Da una parte ci sono caricature legate ad un contesto storico che danno informazioni allo storico,

- all’archeologo ed anche al filosofo = raccontano una società, un modo di organizzarsi, di essere, una

moda. Un po’ come i giornali dedicati alla notizia del giorno, queste caricature perdono di senso se

slegate dal contesto (come funziona oggi la satira).

Dall’altra invece ci sono quelle che contengono qualcosa di misterioso e vanno decifrate: quando

- un’opera d’arte mantiene del mistero vuol dire che vuole condurre ad un mondo di analogie e

significati nascosti. L’arte in quanto tale (espressione di forme che colgono il legame con un mondo

immobile, altro, puro, originario, innocente e vero) è eterna => vince la grande obiezione umana che

è il tempo.

Primo paradosso della caricatura = usare il brutto (forma che deforma la caricatura), mettere in luce

- ciò che è brutto dal pdv fisico/morale dei soggetti rappresentati per raggiungere un’idea che

racchiude mistero, che è eterna e che quindi concerne il bello.

 Si usa il basso dell’umanità per raggiungere l’arte e quindi il bello.

Infatti se si pensa che la realtà sia il male e sia da lì che l’arte tragga il bello => la caricatura è l’arte per

eccellenza.

Non solo la forma deformante che esalta il brutto, il difetto ed il vizio ha in sé qualcosa di bello, ma produce

il riso. E quindi, laddove si tratta della caricatura eterna (non contingente), essa produce un riso altrettanto

immortale => è un riso universale, che vince la contingenza + incorreggibile = perdita di ogni connotazione

etica (la verità espressa così non ha ambizioni morali). Non c’è nel riso l’intento di correggere il vizio.

Qui Baudelaire ha definito l’oggetto dell’articolo, poi passa ai toni polemici nei confronti del dibattito

accademico contemporaneo.

Baudelaire sa che adesso deve fare i conti con tutti quelli che si sono occupati della caricatura: deve

- rispondere per bene (argomentando) a quelli che lui chiama “giudici severi del serio”. Parla degli

intellettuali a lui contemporanei che si limitano ai modelli, alle regole ed agli schemi per coprire una

mancanza di contenuto (condanna che trovavamo anche in Rabelais).

Baudelaire è contro tutta questa ortodossia: idea di fare un trattato sul riso partendo dall’etimologia etc.

Le parole di Baudelaire però suonano meno rivoluzionarie rispetto a Rabelais (lì eravamo nel 1500).

Baudelaire ammette di aver dato per scontato che la caricatura sia un genere e che tale presupposto

- non venga condiviso dagli accademici: cita le loro cene (momenti di incontro), eventi in cui non si

parla della caricatura o la si ritiene un male.

Baudelaire cita Robert Macaire: un personaggio, protagonista di un melodramma in 3 atti di

- Benjamin Antier (1823). Si tratta di è una sorta di antieroe, bandito fanfarone = fa una caricatura del

bandito romantico, losco, cupo, solitario, satanico, ma al tempo stesso innamorato. Se ne prende

gioco con questo personaggio che più che innocente è tonto.

Daumier (illustratore) fa la caricatura a questo Robert Macaire in una rivista pubblica

- settimanalmente “101 Robert Macaire”. Baudelaire vuole occuparsi di questo personaggio che dà

luogo a 101 caricature di sé e dice che gli accademici non si sono accorti di questo fenomeno così

interessante. Baudelaire ci dice che gli stessi, se fossero stati contemporanei di Rabelais, non ne

avrebbero colto il genio.

La comicità viene ancora una volta relegata ad una forma bassa, al ceto popolare (no valore artistico)

- => avrebbero ritenuto privo di valore anche il lavoro di Baudelaire.

CAPITOLO 2

Baudelaire riporta una citazione (lo farà in tutto il testo: si serve un po’ di tutto, in maniera anche

- confusa, poiché non è interessato a riordinare i riferimenti). La citazione è di Salomone. Dopo aver

finto di non sapere di chi si tratti, inizia la disamina.

Attenzione Bousset (l’ultimo fra i possibili autori citati è un protagonista della vita cattolica del 1600, scrive

dei sermoni, delle orazioni funebri dando dei ritratti dei morti = (vd uso seicentesco di definire il soggetto

attraverso il ritratto) => è l’oratore per eccellenza ed anche una sorta di teologo. Bousset scrive “Le

riflessioni sulla commedia” in cui tratta del problema etico posto all’epoca dal teatro. Siamo in un’epoca che

fa dell’etica la colonna della società e la condizione fondamentale affinché la forma si possa tradurre in arte.

Costui si chiede se il teatro, che suscita passioni etc., sia arte o meno e se la catarsi sia effettivamente un

modo per riconquistare ordine e serenità arriva alla conclusione che le cose non stanno così.

Siamo nell’epoca in cui Moliere riceve accuse per il suo teatro + viene valorizzato nel momento in cui

abbandona il farsesco e la comicità del corpo per dedicarsi al ritratto = rappresentazione in scena del vizio,

ben definito ed ordinato e punito alla fine (vd “Il Misantropo”).

Con Bussuet capiamo che la comicità va sempre legittimata. Il saggio ride solo tremando del riso, ne ha

paura = il riso è una tentazione atavica ed irrazionale che seduce il soggetto ad una caduta, ad un abbandono

della cultura e della saggezza che lo definiscono.

Bourdaloue (altro personaggio a cui si potrebbe attribuire la frase) è stato un gesuita e predicatore francese,

noto per l'eloquenza profusa nei sermoni che recitava (siamo nel 1600); egli lavorava molto sull’impatto dei

suoi discorsi sul pubblico (nel 1600 si riflette molto sull’impatto della comunicazione = si vuole, da parte del

potere costituito, convincere il pubblico, attrarlo, affascinarlo). => questa psicologia cristiana lavora

moltissimo sull’oratoria e l’effetto.

Colui che è animato dallo spirito del signore (il saggio) trema di aver riso, come la concupiscenza

- teme gli spettacoli mondani. Qui è come se dicesse che il riso ha a che fare con delle pulsioni

profonde che attraversano l’uomo e che lui non controlla e che per questo il saggio ne ha paura,

come ha paura degli spettacoli mondani (tentazioni). Il riso apre all’interdetto, al proibito, alla parte

di noi che non vogliamo emerga (sorta di anticipazione di Freud).

C’è una contraddizione fra il suo carattere di saggio (colui che ha riflettuto ed è frutto della civiltà) e

- il carattere primordiale del riso = il riso è qualcosa che è legato a pulsioni e precede la razionalità e

l’ordine => fa paura questa caotica espressione che non ha ancora trovato una forma ordinata.

Baudelaire, appellandosi alle sue nozioni di cristianesimo, dice che però il Cristo non ride mai e che

- agli occhi di Dio il comico non esiste. Gesù però vive la collera e piange => prova dei sentimenti e

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
24 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/03 Letteratura francese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiuliaS95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura francese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Preda Alessandro.