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L’offerta al pubblico è un tipo di proposta, ed ha la caratteristica di essere indirizzata
non ad un destinatario determinato, ma una collettività indeterminata di possibili
destinatari, come l’esposizione dei prodotti in vendita di un negozio. Di fronte a
questo genere di proposta contrattuale, il problema che ci si pone è: quando, e a quali
condizioni, si forma il contratto corrispondente? La risposta ci è data dall’articolo
1336 c.1.
Il primo criterio è che l’offerta al pubblico può valere come vera e propria proposta
di contratto. Ne consegue che per la formazione del contratto basta l’accettazione di
un interessato: quando un cliente entra nel supermercato e manifesta l’intenzione di
comprare qualcuno dei prodotti esposti, il contratto è concluso.
La regola, però, incontra dei limiti. L’offerta al pubblico vale come proposta, e così
permette la formazione del contratto con la semplice accettazione di essa a due
condizioni:
1. l’offerta contenga gli estremi essenziali del contratto da concludere (ad
esempio è necessario che sui prodotti esposti sia indicato il prezzo);
2. il valore di vera e propria proposta non sia escluso dalle circostanze o dagli usi:
ad esempio l’annuncio su un giornale di un appartamento n locazione può
contenere gli estremi essenziali del contratto, ma il contratto si conclude
appena un interessato dichiara al proprietario di accettare.
L’offerta al pubblico vale non come proposta, ma come invito a proporre: chi legge
l’annuncio e si presenta al proprietario dicendogli che vuole l’appartamento, assume
lui il ruolo di chi propone la locazione, e il proprietario può decidere se accettare o
meno la sua proposta.
Vicende della formazione del contratto: morte e incapacità sopravvenuta del
dichiarante
Ci sono dei problemi nel momento in cui il proponente o l’accettante muore o diventa
legalmente incapace. Se ciò accade dopo la conclusione del contratto, il problema
non riguarda la formazione di esso, ma la sua esecuzione: se ne occuperà l’erede del
defunto, o il rappresentante legale dell’incapace. Se, invece, l’evento si verifica prima
della conclusione del contratto, la regola è che proposta o accettazione perdono
efficacia: il procedimento di formazione si interrompe, ed il contratto non può più
formarsi. La regola ha però due eccezioni:
la prima riguarda il caso della proposta irrevocabile, questa sopravvive agli
eventi che colpiscono il suo autore (Art.1329 c.2);
la seconda riguarda la qualità del dichiarante e del contratto (Art.1330) se il
dichiarante è un imprenditore, e il contratto in itinere è attinente all’esercizio
dell’impresa, proposta o accettazione rimangono efficaci: il procedimento può
proseguire, e concludersi con la formazione del contratto, che a questo punto fa
capo a chi subentra nell’esercizio dell’impresa.
La ragione è che i contratti relativi all’impresa hanno normalmente carattere
impersonale: sono legati non tanto alla persona dell’imprenditore , quanto
all’organizzazione dell’impresa, e dunque possono sopravvivere alle vicende che
colpiscono personalmente l’imprenditore. Questo ci spiega l’eccezione all’eccezione:
si torna alla regola generale in due casi:
se il dichiarante è un piccolo imprenditore (nella piccola impresa domina la
personalità dell’imprenditore)
se lo richiedono la natura dell’affare o altre circostanze.
Revoca della proposta e dell’accettazione
La seconda ipotesi ricorre quando il dichiarante dopo aver formulato la proposta o
l’accettazione, si pente e decide di impedire la conclusione del contratto. La legge
consente di farlo con un atto unilaterale, chiamato revoca che viene regolato in
modo diverso per la proposta e per l’accettazione:
la proposta, può essere revocata fino al momento in cui il contratto risulta
concluso: il proponente non può revocare la sua proposta dopo essere venuto a
conoscenza che questa è stata accettata. Se la revoca della proposta riesce a
bloccare la formazione del contratto, ma intanto l’altra parte ha già accettato e
senza sapere che è intervenuta la revoca, comincia in buona fede ad eseguire il
contratto, il revocante deve indennizzarla delle spese e delle perdite causate da
questo inizio di esecuzione (Art.1328 c.1)
anche l’accettazione, può essere revocata, purché la revoca giunga a
conoscenza del proponente prima dell’accettazione (Art. 1328 c.2): uno ha
spedito l’accettazione per lettera, e il giorno dopo la revoca per telegramma.
La revoca dell’accettazione produce il suo effetto di bloccare la formazione del
contratto solo se arriva prima della sua conclusione. La revoca della proposta è un
atto che blocca il contratto solo se arriva prima della conclusione.
La proposta irrevocabile
Ci sono dei casi in cui la proposta è irrevocabile. Delle volte l’irrevocabiltà è stabilita
dalla legge, ad esempio la proposta di contratto con obbligazioni del solo proponente
è irrevocabile appena giunge a conoscenza dell’oblato (Art. 1333 c.1). Spesso,
invece, dipende da una decisione dello stesso proponente, che si obbliga a mantenere
ferma la proposta per un certo tempo (Art.1329 c.1), ad esempio le propongo di
comprare la mia auto per 10.000 euro, e tengo ferma questa proposta per dieci giorni
da oggi. La conseguenza è che il proponente non può revocare la proposta prima che
sia scaduto il termine, se lo fa la revoca è senza effetto. Per tutto il tempo prima della
scadenza, l’oblato può riflettere sulla proposta, perché sa che questa non può essere
ritirata. Se l’accetta il contratto si conclude. Se il termine scade senza che egli abbia
accettato, la proposta resta in piedi, ma a questo punto è revocabile.
L’opzione
L’opzione è l’accordo fra il proponente e l’oblato per cui il proponente si obbliga a
tenere ferma la sua proposta, per un determinato tempo, con gli effetti tipici
dell’irrevocabilità della proposta (Art.1331 c.1). E’ essenziale stabilire il termine per
cui la proposta resta ferma: se non viene fissato dalle parti , può stabilirlo il giudice
(Art.1331c.1). La differenza con l’ipotesi è che l’irrevocabilità della proposta deriva
da un atto di impegno unilaterale del proponente, mentre nell’opzione deriva da un
accordo bilaterale fra i due interessati. La ragione è che il beneficiario dell’opzione
dà o promette qualcosa in cambio, cioè “paga” l’opzione, dando un corrispettivo per
il vantaggio di poter decidere tranquillamente se accettare o meno il contratto. Se
decide di accettare, il contratto si forma senza che il proponente possa impedirlo, egli
è in posizione di soggezione, di fronte al diritto potestativo di chi ha l’opzione. Se,
invece, decide di non accettare, può cederla ad un terzo che sia più interessato di lui
al contratto, e che gli subentra nel diritto di concluderlo. Tale cessione può essere
onerosa e l’opzione si presenta come un bene che può circolare.
La prelazione
La prelazione è il diritto di essere preferito a chiunque altro, a parità di condizioni,
nella conclusione di un determinato contratto. Ad esempio dire che X ha la prelazione
per l’acquisto dell’auto di Y, significa che se Y vuole vendere la sua auto non è libero
di venderla a Z, prima deve proporre ad X di comprarla, e solo se X non esercita la
prelazione (non vuole comprarla a quel prezzo) allora Y è libero di venderla a Z. la
dichiarazione con cui Y dice ad X che intende vendere la sua auto a certe condizioni,
e gli chiede se vuole comprarla a quelle condizioni, si chiama denuntiatio. La
prelazione può essere esercitata solo se la parte vincolata decide di vendere (Y non è
obbligato a vendere, il gioco della conclusione del contratto è comandato da chi ha
concesso la prelazione. Mentre l’opzione determina un vincolo più forte: chi l’ha
concessa non ha il potere di impedire la formazione del contratto.
Si distinguono due tipi di prelazione, diversi per la fonte e gli effetti:
1. prelazione convenzionale, nasce per la volontà degli interessati. Essa ha
efficacia obbligatoria, cioè attribuisce al titolare un diritto di credito, non
opponibile ai terzi. Se Y non rispetta la prelazione di X e senza interpellarlo
vende l’auto a Z, X non può contestare l’acquisto di Z, può solo avanzare
pretese di risarcimento del danno a Y suo debitore inadempiente nell’ambito di
quel rapporto;
2. prelazione legale, disposta dalla legge, ne sono esempi la prelazione del
coerede per la vendita di quote ereditarie da parte di altro coerede. Essa ha
efficacia reale, ed è opponibile a terzi: se il locatore viola la prelazione,
vendendo a un terzo senza interpellare il conduttore, il conduttore non ha solo
la pretesa di risarcimento del danno, ma può attaccare l’acquisto del terzo, e
riscattare l’immobile, facendolo proprio.
La formazione progressiva del contratto
Per la conclusione di un contratto si può avere tempi lunghi, se l’operazione è
complessa, non nasce tutto insieme, ma si costruisce pezzo per pezzo. Può accadere
che ad un certo punto le parti si trovino d’accordo su alcuni aspetti del contratto, ma
non su altri. Si applicano due criteri:
il contratto non si conclude fino a quando le parti non abbiano raggiunto
l’accordo su tutti gli aspetti del contratto considerati nella trattativa, sia quelli
essenziali, sia quelli secondari. Anche il mancato accordo su un punto
marginale impedisce la formazione del contratto. Ad esempio c’è l’accordo su
tutti gli elementi della vendita salvo che il compratore vuole la consegna a
domicilio, mentre il venditore insiste perché al ritiro e al trasporto provveda il
compratore
il primo criterio può essere corretto dal secondo: nonostante il persistere di
qualche punto di disaccordo, il contratto si conclude se le parti dicono di
considerare l’accordo pur parziale sia sufficiente a impegnarli
contrattualmente. In questo caso il contratto si forma con una lacuna,che può
essere colmata con un successivo accordo delle parti, o in mancanza con i
meccanismi di integrazione legale del contratto. Ad esempio se c’è una norma
di legge che indica il luogo di consegna della cosa venduta. Se integrare la
lacuna è impossibile (es. nessuna norma indica come determinare il prezzo) il
contratto potrà risultare nullo per indeterminabilità dell’oggetto