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GUERRA E COSTITUZIONE
La Costituzione ‘ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali’ (art. 11): tuttavia
la guerra resta una possibile necessità. E la Costituzione da un lato prevede
l’applicazione delle leggi militari di guerra, con la giurisdizione dei tribunali militari,
dall’altro cerca di mantenere il fenomeno della guerra all’interno del sistema
costituzionale stabilendo che sono le Camere a decidere lo stato di guerra e la
possibilità eccezionale di prorogare con legge la durata delle Camere stesse.
Decreti legislativi di attuazione degli Statuti speciali
Gli Statuti delle Regioni speciali prevedono che all'attuazione dello Statuto si provveda
con un particolare tipo di atto: si tratta di un decreto legislativo, emanato dal
Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su
proposta di un'apposita commissione formata da membri designati in parti eguali dal
Governo e dall’assemblea regionale. Sono atti con forza di legge, a cui e attribuita una
competenza specifica e riservata, e la loro emanazione avviene senza una delega
legislativa del Parlamento.
REGOLAMENTI PARLAMENTARI (E DI ALTRI ORGANI COSTITUZIONALI)
Definizioni
Il regolamento parlamentare (art. 64 Cost.) disciplina l’organizzazione e il
funzionamento di ciascuna Camera. Nonostante il nome ‘regolamento’ (da non
confondere con i regolamenti del Governo e con i regolamenti dell’UE) si tratta di fonti
primarie, inferiori soltanto alla Costituzione e dotate di un ambito di competenza
riservato, appunto la disciplina dei lavori delle Camere. Questo rappresenta garanzia
di indipendenza per ciascuna Camera rispetto agli altri poteri dello Stato.
I regolamenti parlamentari nel sistema delle fonti
I regolamenti delle Camere non hanno relazioni con altre fonti primarie, ma si
escludono reciprocamente: all’interno del Parlamento vigono i regolamenti
parlamentari e sono escluse le altre fonti, che invece valgono al di fuori. Se una legge
ordinaria entrasse nella competenza dei regolamenti parlamentari sarebbe illegittima.
In una decisione molto criticata la Corte costituzionale ha negato di poter sindacare la
legittimità dei regolamenti perché questi non rientrano tra gli atti con forza di legge di
cui si deve occupare ai sensi dell’art. 134 Cost.
Regolamenti degli altri "organi costituzionali"
Anche gli altri "organi costituzionali" sono dotati della stessa autonomia riconosciuta
alle Camere?
a) Il Governo sicuramente no, perché l'art. 95 Cost. pone una riserva di legge per
l'ordinamento della Presidenza del Consiglio e per l'organizzazione dei ministeri;
b) anche il Presidente della Repubblica adotta dei regolamenti: ma in questo caso non
si tratta di fonti dell’ordinamento generale, bensì di semplici strumenti di gestione
amministrativa degli uffici (e non vi è alcuna previsione costituzionale di un potere
regolamentare del P.d.R.);
c) discussa è la posizione dei regolamenti della Corte Costituzionale: anche qui manca
una previsione nella Carta costituzionale, laddove invece esiste una riserva di legge
costituzionale per la disciplina dei giudizi di legittimità costituzionale e per le garanzie
di indipendenza della Corte (art. 137 Cost.). La legge ordinaria stabilisce che la Corte
può disciplinare l’esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a
maggioranza dei suoi componenti, e che il regolamento possa stabilire Norme
integrative di procedura, ma non sembra che ciò possa riflettersi all'esterno
dell'organo.
IL REFERENDUM ABROGATIVO
Il referendum è la richiesta fatta al corpo elettorale di esprimersi direttamente su
una determinata questione. Esso è dunque uno strumento di democrazia diretta,
con cui il popolo esercita la ‘sua’ sovranità, senza l'interposizione di rappresentanti.
Dunque il referendum appare come una deroga al sistema di rappresentanza elettiva
che vige nel nostro ordinamento. La concreta operatività dell’istituto si è avuta solo
nel 1970, a seguito di un compromesso politico tra le componenti parlamentari: la
legge sul referendum infatti è stata la contropartita richiesta dalle forze di ispirazione
cattolica per rinunciare all’opposizione sulla legge che introduceva il divorzio. La
Costituzione prevede 4 tipi di referendum e tra questi una funzione normativa è svolta
dal referendum abrogativo. Con esso il corpo elettorale incide direttamente
sull’ordinamento giuridico attraverso l’abrogazione di leggi o atti aventi forza di legge,
ed è stato definito (dalla Corte costituzionale) ‘un atto-fonte dell’ordinamento dello
stesso rango della legge ordinaria’. Infatti con questo strumento il corpo elettorale può
contestare le scelte fatte dalla maggioranza dei suoi rappresentanti. Si tratta però di
una funzione a carattere ‘negativo’, dal momento che ha solo il potere di ‘togliere’, di
abrogare, alcune disposizioni di legge, non di crearne nuove né di modificarle (anche
se ovviamente si possono introdurre nuove disposizioni anche in questo modo, ossia
manipolando il testo normativo: referendum manipolativo appunto).
Procedimento
Il referendum abrogativo richiede un procedimento lungo e difficile, disciplinato dalla
legge 352/1970.
a) Iniziativa: l'art. 75 Cost. prevede che esso possa essere proposto da 500.000
elettori o da cinque Consigli regionali:
richiesta popolare: serve almeno l’iniziativa di dieci cittadini iscritti nelle liste
elettorali, i quali depositano presso la cancelleria della Corte di Cassazione il
quesito che intendono sottoporre a referendum, e ne viene data notizia in
Gazzetta Ufficiale. Entro 3 mesi devono essere raccolte le 500.000 firme,
debitamente autenticate, e depositate in Cassazione;
richiesta regionale: i Consigli di almeno 5 Regioni devono approvare la richiesta
a maggioranza assoluta, e anche questa richiesta va depositata in Cassazione.
b) Presso la Cassazione si costituisce quindi l’Ufficio centrale per il Referendum con il
compito di esaminare le richieste e giudicarne la conformità alla legge e rilevare
eventuali irregolarità (che possono essere sanate), e può anche proporre la
concentrazione di requisiti analoghi. Questa fase deve chiudersi entro il 15 dicembre,
con una decisione definitiva dell'Ufficio sulla legittimità dei quesiti, assunta con
ordinanza.
c) I quesiti dichiarati legittimi vengono trasmessi alla Corte costituzionale per il
giudizio di ammissibilità, in riferimento a parametri costituzionali (ad es., verificare la
conformità all’art. 75 Cost.).
d) Se la Corte dichiara ammissibile il referendum, il P.d.R. deve fissare il giorno della
votazione tra il 15 aprile e il 15 giugno.
e) l’Ufficio centrale accerta che alla votazione abbia preso parte la maggioranza degli
aventi diritto al voto (altrimenti l’iniziativa fallisce) e poi proclama il risultato del
referendum. Se i ‘no’ superano i ‘sì’ lo stesso quesito non può essere riproposto se
prima non trascorrono 5 anni.
L'ASTENSIONE
Per molti anni i referendum abrogativi sono falliti per mancanza del quorum. Il forte
aumento dell'astensionismo elettorale, che riguarda ormai tutti i tipi di votazione, ha
reso infatti piuttosto complicato per i promotori del referendum portare alle urne la
metà più uno del corpo elettorale (cioè la maggioranza). Inoltre si è assistito anche ad
un abuso dello strumento, proponendo referendum abrogativi di disposizioni
legislative non sempre di grandissimo rilievo. Ciò ha giocato a favore degli oppositori
del sistema referendario.
f) Se il risultato è favorevole all'abrogazione, il Presidente della Repubblica, con
proprio decreto, ‘dichiara’ l'avvenuta abrogazione della legge, dell'atto o della
disposizione. Il D.P.R. viene pubblicato immediatamente in Gazzetta Ufficiale e
l'abrogazione ha effetto dal giorno successivo alla data di pubblicazione.
COME IL PARLAMENTO PUO BLOCCARE IL REFERENDUM
Spesso l'iniziativa referendaria è vista con fastidio e preoccupazione dalla
maggioranza che siede in Parlamento. E per evitare il referendum ci sarebbe una
possibilità, ossia cambiare la legge in questione all’interno dell’aula, ma il rischio è che
il cambiamento sia fasullo: si cambiano, per esempio, disposizioni non importanti,
lasciando intatta la ratio della legge, e così aggirando il referendum. E qui è
intervenuta la Corte Costituzionale (sent. n. 69/1978) consentendo ai promotori del
referendum di sollevare un conflitto di attribuzione contro l'Ufficio centrale della
Cassazione quando questi blocchi il procedimento a seguito dell'emanazione di una
legge che non modifichi ‘né i principi ispiratori della complessiva disciplina precedente
né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti’. In questo caso (ha detto la
Corte) non bisogna bloccare il referendum ma trasferirlo sulla nuova legge.
REGOLAMENTI DELL'ESECUTIVO
Il termine regolamento viene utilizzato per indicare categorie molto diverse tra loro,
come abbiamo visto (regolamenti parlamentari, del Governo, dell’UE, etc.). In questo
caso si vuole fare riferimento ai regolamenti amministrativi, come fonte secondaria
dell’ordinamento giuridico: qui rientrano i regolamenti dell’esecutivo, i regolamenti
regionali e i regolamenti degli enti locali. Si tratta di atti sostanzialmente legislativi ma
formalmente amministrativi, infatti essi non si distinguono dalle leggi per contenuto o
per importanza. I regolamenti dell’esecutivo sono atti normativi piuttosto complessi,
suddivisi (come le leggi) in articoli, capi, etc. ma sono emanati dall’esecutivo.
Trattandosi di fonti secondarie, sono sottoposti nella gerarchia delle fonti, alle fonti
primarie, cioè alla legge e agli atti aventi forza di legge.
Fondamento normativo
La Costituzione non disciplina i regolamenti dell'esecutivo, li menziona indirettamente
nell'art. 87 laddove, enumerando le attribuzioni del Presidente della Repubblica,
include anche l'emanazione di essi. Tuttavia la riforma costituzionale del ‘Titolo V’ ha
introdotto un'importante innovazione stabilendo il principio di "parallelismo" tra
funzioni legislative e funzioni regolamentari, limitando la potestà del Governo di
emanare regolamenti alle sole materie sulle quali lo Stato ha potestà legislativa
esclusiva e riservando alle Regioni il potere regolamentare in tutte le altre materie.
Oggi, perciò, i regolamenti del Governo sono fonti a competenza limitata dalla
Costituzione. Il fondam