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INTERNAZIONALE

La funzione normativa che nell’ambito della comunità internazionale hanno i suoi membri

determina la diversità delle fonti del diritto internazionale da quelle del diritto interno.

Le fonti del diritto internazionale sono:

Consuetudini

1. Trattati

2. Fonti previste da accordi

3.

Tra le consuetudini e le altre tipologie la differenza fondamentale è che le prime sono le uniche

fonti del diritto internazionale generale, cioè vincolano tutti gli Stati e tutte le organizzazioni

internazionali; le fonti di secondo e terzo grado vincolano solo gli Stati contraenti l’accordo.

CONSUETUDINI

LE

Trovano fondamento in loro stesse.

CONSUETUDINE: comportamento costante ed uniforme della generalità degli Stati accompagnato

dalla convinzione dell’obbligatorietà del comportamento.

Elementi costitutivi:

Elemento oggettivo: DIURNITAS (PRASSI)  elemento di costanza nel tempo

- Elemento soggettivo: OPINIO JURIS SIVE NECESSITATIS  gli Stati sono più convinti

- della necessità della norma più che della sua obbligatorietà.

Questa viene definita come TEORIA DUALISTICA DELLA CONSUETUDINE: affinchè la

consuetudine si costituisca entrambi questi elementi devono essere presenti

Critiche a questa teoria vengono mosse da chi ritiene che il solo elemento sufficiente per la

formazione della consuetudine è la prassi: se si dovesse ammettere come elemento costitutivo anche

l’opinio juris la consuetudine si baserebbe su un errore, perché gli Stati si rifarebbero ad una norma

non ancora creata e quindi non obbligatoria.

La giurisprudenza (sentenza della Corte di Giustizia) fa propria la teoria dualistica, cercando di

individuare entrambi gli elementi per dire che una consuetudine esiste, inoltre solo se accettiamo

come vera questa teoria possiamo distinguere le consuetudini da meri usi giuridici che non hanno

carattere di obbligatorietà.

Quali sono gli atti rilevanti ai fini della formazione della consuetudine?

Gli atti statali possono essere molto vari, sia quelli esterni (atti diplomatici) che quelli interni

(sentenze dei giudici statali o leggi).

Possono essere rilevanti anche le dichiarazioni delle organizzazioni, in quanto formate da stati che,

votando nelle assemblee generali, esprimono la propria opinio juris.

Quanto tempo occorre perché si formi un consuetudine?

Nella giurisprudenza si possono cogliere alcuni aspetti in merito: la CIG ha affermato che

potrebbero crearsi consuetudini anche istantanee qualora tutti gli Stati fossero d’accordo. Nella

prassi, però, la loro formazione richiede almeno un certo lasso di tempo: quanto più un

comportamento è diffuso, tanto meno tempo è necessario perché la consuetudine si formi.

Quanto deve essere diffuso il comportamento perché la consuetudine si formi?

Il comportamento deve essere seguito dalla gran parte degli Stati, non vi è un numero preciso.

Il carattere generale della consuetudine incontra dei limiti negli stati che non si erano ancora formati

quando la norma si era costituita (Stati ex coloniali).

Se un gruppo ampio di Stati si oppone ad un a norma consuetudinaria essa cade in

DESUETUDINE, se è in corso di formazione essa non porterà a termine il suo iter. La morte

consuetudine è però impossibile se vi è un solo Stato obiettore o un piccolo gruppo.

Possono anche esistere consuetudini particolari, cioè che si formano secondo la logica prima

descritta, ma solo tra un gruppo di Stati, come lo sono quelle REGIONALI (ad esempio fra gli stati

dell’Unione Europea).

Un altro esempio di consuetudine particolare è quella che si forma fra stati parti di un trattato di

modifica di singole parti dello stesso trattato (esempio: modifica per prassi dell’art. 27 della Carta

delle Nazioni Unite sull’interpretazione da dare in merito all’astensione dei membri permanenti in

seno al Consiglio di Sicurezza)  si forma una norma non scritta al posto di quella scritta.

Un fenomeno di questo tipo non sempre può accadere, in quanto è impossibile nel caso in cui il

trattato istituisca un organo preposto a garantire che i comportamenti degli stati siano coerenti alle

disposizioni dei trattati (esempio: Corte Europea di Giustizia).

Data la sua natura di norma non scritta, la consuetudine pone il problema della sua individuazione,

il quale è stato risolto tramite gli ACCORDI DI CODIFICAZIONE, una trasposizione in forma

scritta delle consuetudini.

Le prime grandi convenzioni furono nel 1899 e nel 1907 all’Aja, nelle quali venne redatto l’accordo

di codificazione del diritto internazionale bellico. Tentativi di codificazione furono anche fatti

all’epoca della Società delle Nazioni, ma soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale in seno

all’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Carta delle Nazioni Unite:

Art. 13 : tra i compiti dell’Assemblea Generale vi è quello di compiere studi e dare

1

raccomandazioni in materia di codificazione e sviluppo delle norme consuetudinarie.

Per dare seguito a questo articolo nel 1947 l’Assemblea Generale ha istituito la INTERNATIONAL

LAW COMMITION (ILC), la quale è un organo sussidiario di individui esperti di diritto

internazionale che redigono dei progetti di accordi di codificazione compiendo studi sulla cui base

redigere rapporti o progetti di accordi che vengono trasmessi all’Assemblea Generale che li approva

e avvia il procedimento per la firma e ratifica dell’accordo.

Esempi di accordi di codificazione sono:

Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche

- Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari

- Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare

-

Qual è il valore giuridico di un accordo di codificazione?

Il dato giuridico da cui dobbiamo partire è il fatto che questo accordo ha una natura pattizia. Non si

può dare per scontato che le norme codificate corrispondano effettivamente a quelle consuetudinarie

del diritto internazionale generale:

Perché è un diritto non scritto e quindi va rilevato e interpretato, ciò implica una certa

- discrezionalità

Ogni volta che l’accordo di codificazione viene sottoposto alla firma degli Stati esso diviene

- oggetto di negoziati che ne modificano il contenuto

L’utilità di questi accordi di codificazione è quello di aiutare l’interprete del diritto internazionale

generale, come un giudice.

1 1. l’Assemblea Generale intraprende studi e fa raccomandazioni allo scopo di:

a) promuovere la cooperazione internazionale nel campo politico ed incoraggiare lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione;

b) sviluppare la cooperazione internazionale nei campi economico, sociale, culturale, educativo e della sanità pubblica, e promuovere il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di

razza, di sesso, di lingua, o di religione.

2. Gli ulteriori compiti, funzioni e poteri dell’Assemblea Generale rispetto alle materie indicate nel precedente paragrafo 1 b sono stabiliti nei Capitoli IX e X.

La differenza fra norma generale e l’accordo di codificazione è che la prima si applica anche se lo

Stato non ha firmato un accordo di codificazione a riguardo, quest’ultimo, invece, vincola solo gli

Stati che ne sono parti contraenti.

Anche il miglior accordo di codificazione è fedele al diritto non scritto solo per un certo periodo di

tempo, perché la prassi e l’opinio juris possono cambiare, agli Stati non verranno, quindi, applicati

gli accordi di codificazione che si rifanno a consuetudini cadute in desuetudine.

Principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni Unite:

Art 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia: individua le fonti di diritto sulla cui

base la Corte deve risolvere le controversie ad essa sottoposte. Tra le fonti citate vi sono i “principi

generali di diritto”, i quali erano già citati nello Statuto della Corte delle Nazioni Unite.

Questi principi sono norme si giustizia e logica giuridica così connaturati all’idea di diritto da essere

ritenuti parte di ogni ordinamento. La loro natura è così antica da avere radici nel diritto romano

esempi: “nemo judex in re sua”

“in claris non fit interpretatio”

“nullun crimen sine lege”

La loro natura è stata molto discussa da chi sostiene che essi non facciano parte del diritto e chi,

invece, sostiene che essi siano talmente fondamentali da dover essere considerati superiori alle

consuetudini stesse. L’interpretazione prevalente è quella che le annovera fra le fonti residuali

(funzione integratrice): entrano in gioco se il giudice non ha norme di altro tipo da poter applicare al

caso.

Secondo un ragionamento diverse i principi generali possono essere ricondotti alle consuetudine

piuttosto che configurarsi come una forma autonoma, in quanto un principio generale è esistente se

vi sono i seguenti presupposti:

Che il principio sia presente nella maggior parte degli ordinamenti (parallelismo con la

- prassi della consuetudine)

Che esista la convinzione che quel principio abbia carattere di obbligatorietà (parallelismo

- con la opinio juris della consuetudine)

Questi parallelismi ci fanno convincere che i principi siano in realtà una categoria delle

 consuetudini

I TRATTATI

Trattati: incontro delle volontà di due o più Stati, diretto a regolare una delle loro sfere d’intervento.

Il trattato, altrimenti chiamato accordo, è una fonte di diritto internazionale particolare perché

vincola solo quegli Stati che hanno acconsentito ad essere vincolati.

Il rapporto con le consuetudini:

ciò che determina la gerarchia fra trattato e consuetudine è il fatto che il trattato trova il fondamento

della sua obbligatorietà in una norma consuetudinaria (“pacta sum servanda”).

La consuetudine in linea generale può essere derogata mediante accordo, perché essa vale per tutti

gli Stati, ma ciò non esclude che un gruppo ristretto di essi applichi una norma diversa. In questo

caso la norma speciale (accordo) prevarrebbe su quella generale (consuetudine) negli Stato che

hanno deciso di agire diversamente dalla consuetudine.

Esempio di norma derogabile: nemo judex in re sua  la norma comporta una deroga all’art.27.3

della Corte delle Nazioni Unite, secondo la quale gli Stati membri parte di una disputa devono

astenersi dal votare (come lo stesso principio di diritto romano prevede), ma nella prassi questa

pratica non è mai prevista salve qualche eccezione.

Le consuetudini sono sempre derogabile salvo nel caso di particolari norme che vengono chiamate

COGENTI (o norme imperative del diritto internazionale generale), le qual

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
4 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vi. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Santini Andrea.