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LE FONTI SECONDARIE (I REGOLAMENTI)

I regolamenti dell’esecutivo si dividono in due categorie:

- I regolamenti governativi: che sono approvati dal consiglio dei ministri e hanno

obbligatoriamente il parere del consiglio di stato e della corte dei conti

- I regolamenti ministeriali: che sono approvati dal singolo ministro, non devono essere

controllati dal consiglio di stato e dalla corte dei conti. Devono però essere

obbligatoriamente previsti per legge e non possono contrastare con i regolamenti

governativi.

Vediamo ora le tipologie di regolamenti nel nostro ordinamento:

- I regolamenti di esecuzione: atti che servono per dare “esecuzione” ad una legge, per dare

“esecuzione” ad un decreto legislativo, o per dare “esecuzione” ad un atto dell’U.E. Questo

è il loro scopo.

- I regolamenti di attuazione: a differenza dei primi, possono essere adottati solo dove la

corte prevede che lo stato abbia competenza legislativa esecutiva (Art. 117 “competenze

esclusive dello stato”)

L’atto regolamento quindi serve per specificare quanto la legge rinvia ad atti normativi secondari

per esempio per quanto riguarda le procedure oppure degli aspetti più specifici non ricompresi

della legge stessa. È la legge che rinvia ad un regolamento dell’esecutivo per la sua specificazione.

Le ultime due categorie di regolamenti sono invece più problematici:

- I regolamenti indipendenti: sono quegli atti che possono essere approvati dal governo

indipendentemente dalla previsione di legge (non serve una legge che deleghi al governo la

possibilità di adottare regolamenti). Con due soli limiti:

 non deve esserci una riserva di legge assoluta: ovvero che la materia non deve

essere per costituzione riservata in via assoluta alla legge (es. la libertà personale, i

reati devono essere previsti per legge e non da un regolamento).

 La stessa cosa avviene quando la costituzione riserva esclusivamente alla legge una

specifica materia (es. il bilancio dello stato deve essere approvato solo con legge

dello stato)

- I regolamenti di delegificazione: il nostro ordinamento almeno fino a poco tempo fa era

caratterizzato da una inflazione legislativa (numero di leggi altissimo). Per sfoltire tutte

queste leggi ci si è inventati questa categoria. Anzitutto non possono intervenire dove la

materia è coperta da riserva di legge (es. la libertà personale).

Il meccanismo: vi è una legge che disciplina le norme generali regolatrici della materia. La

legge stessa, poi, demanda ad un successivo regolamento la disciplina specifica della

materia. Quando questo regolamento viene approvato ha la possibilità di abrogare le leggi

precedenti, per appunto sfoltire le leggi pre-esistenti. Lo può fare solo perché è la legge

che gli da la possibilità di farlo.

IL REFERENDUM ABROGATIVO

Tra le fonti primarie alcuni collocano anche l’istituto del referendum abrogativo. Dire che è una

fonte del diritto è sicuramente giusto perché abrogare è disporre diversamente → nel momento in

cui i cittadini sono chiamati al referendum se questo ha esito positivo la legge viene abrogata. È

come se i cittadini approvassero una legge abrogatrice. Ma il referendum è anche un istituto di

democrazia diretta: avremmo potuto collocarlo anche dopo il voto. Infatti dopo il diritto di voto la

più significativa espressione di democrazia nel nostro ordinamento è il referendum. Attenzione:

per la democraticità di un ordinamento non basta il diritto di voto, non è sufficiente (anche

durante il fascismo fino ad un certo momento ci sono state le elezioni). Cosi vale anche per il

referendum che aumenta gli istituti di democrazia diretta però esistono lo stesso sistemi

democratici senza referendum (stati uniti).

Considerazioni:

- Il referendum, che è un istituto di democrazia diretta, può avere maggiore o minore

riconoscimento negli ordinamenti ma ciò non cambia il fatto che tutti gli ordinamenti

contemporanei sono ordinamenti a democrazia indiretta (parlamento eletto dai cittadini).

- Il referendum è compatibile con un sistema a democrazia rappresentativa? Se i cittadini

fossero i principali artefici della volontà di mantenere o meno una legge non avrebbe più

senso l’elezione di un parlamento. Si pone quindi un contrasto tra il referendum e la

democrazia parlamentare. La soluzione è che il referendum sia un istituto sì compatibile

con la democrazia parlamentare, ma vi sta un problema di quantità: nel momento in cui il

ricorso al referendum diventa talmente forte da lasciare senza lavoro il parlamento,

nascerebbe una tensione ed un contrasto forte tra la democrazia rappresentativa e il

referendum.

Queste argomentazioni furono molto discusse in assemblea costituente: si scontrarono due visioni

abbastanza alternative. Una favorevole al referendum, l’altra meno favorevole al referendum e più

favorevole alla democrazia rappresentativa (ala sostenuta dai comunisti, che vedevano secondo il

modello sovietico e il pensiero marxista una direzione affidata agli organi statali, al parlamento). A

fare la sponda con i comunisti e i socialisti ci pensarono i liberali (i reduci dello statuto albertino,

dove non esisteva il referendum, votavano poche persone ai tempi).

Nel progetto di costituzione erano previsti tantissimi tipi di referendum oltre a quello abrogativo

(costituzionale, sulla modifica dei territori regionali e comunali, sospensivo delle leggi, su iniziativa

del capo dello stato→tutte categorie che vennero poi limitate durante il dibattito, infatti oggi son

rimasti solo il referendum abrogativo e referendum sulla variazione delle circoscrizioni regionali,

oltre naturalmente al referendum costituzionale).

Non solo: l’Art. 75 prevede che spetta alla legge disciplinare le modalità di attuazione del

referendum. La legge di attuazione del referendum, ovvero la legge necessaria per avere in

concreto il referendum è stata approvata dal parlamento solo nel 1970 (22 anni dopo, in questo

tempo anche volendo porre referendum non era possibile). La stessa legge prevedeva ulteriori

limiti ai limiti della costituzionalità:

es: la legge del 1970 prevedeva che non si potevano chiedere referendum abrogativi l’anno

precedente della scadenza della legislatura (limite non previsto dalla costituzione), oppure che non

si può fare un referendum nei sei mesi successivi l’inizio della legislatura (limite non previsto dalla

costituzione), oppure che nel momento in cui è indetto referendum, se vincono i NO la legge

prevede che quel quesito non può essere ripresentato prima di 5 anni (limite non previsto dalla

costituzione).

Procedimento referendario:

- Può iniziare una procedura referendaria almeno 10 promotori che possono depositare

presso la corte di cassazione un quesito referendario. Il deposito deve avvenire dal 1°

gennaio al 30 settembre di ogni anno.

- Dal deposito del quesito passano i 3 mesi necessari per raccogliere le 500mila firme

necessarie affinchè il quesito possa dirsi valido (numero nel 48 ragionevole, oggi su 50mln

di aventi diritto sono poche, ma la costituzione non è cambiata).

- Raccolte le firme si svolge il primo controllo, svolto dalla corte di cassazione (in particolare

l’ufficio centrare per il referendum). Controlla la regolarità delle firme.

- Il secondo controllo è di ammissibilità, svolto dalla corte costituzionale, la quale è chiamata

a pronunciarsi sulla ammissibilità o meno del referendum abrogativo entro il 10 febbraio

dell’anno successivo a quello del deposito. La costituzione ha il compito di vedere se il

referendum riguarda una legge rientrante nelle materie previste in costituzione per le quali

non si può chiedere referendum (perché per costituzione gli unici limiti al referendum sono

quelli previsti nell’articolo 75, ad esempio la legge di bilancio, le leggi di autorizzazione alla

retifica di trattati internazionali, le leggi di amnistia e indulto): se la materia è una di queste

tre dichiara inammissibile il quesito se invece riguarda altre materie lo dichiara

ammissibile. Tuttavia la corte dal ’78 ha inaugurato una giurisprudenza che ha introdotto di

fatto (non era previsto in costituzione) degli ulteriori limiti al referendum abrogativo (non

sono espliciti)→per la corte il quesito referendario per essere ammissibile deve essere

chiaro, univoco ed omogeneo, ovvero: la corte deve valutare se il quesito referendario non

sia scritto in modo da trarre in inganno i cittadini e limitare la loro possibilità di scelta (es: si

possono ingannare i cittadini chiedendo se vogliono abrogare l’articolo 1 e l’articolo 3 della

legge 40. Loro però possono rispondere solo si o no. È un imbroglio perché il cittadino che

vuole abrogare l’articolo 1 e salvare il 3 è fregato. Piuttosto si va a referendum con quattro

quesiti, ma il popolo col referendum si sostituisce al legislatore e deve essere in condizione

di esprimersi al meglio). È comunque un ragionamento molto criticabile perché non

previsto in costituzione.

Attenzione: Ma se il quesito deve essere chiaro, univoco e omogeneo, che senso ha

l’articolo 75 1° comma della costituzione che dice è indetto referendum popolare per

deliberare l’abrogazione totale o parziale di una legge che quindi prevede espressamente

la possibilità di referendum abrogativo di una intera legge? Un referendum su un’intera

legge non può essere chiaro, univoco e omogeneo. È quindi difficilmente compatibile la

giurisprudenza costituzionale sul “chiaro, univoco e omogeneo” con la possibilità

esplicitamente prevista in costituzione di abrogare una legge nel suo complesso. Unica

possibilità che ammette il ragionamento: i promotori del referendum hanno inteso

chiedere referendum su tutta la legge affinchè i cittadini si esprimessero su quella

domanda li, la vuoi tutta o meno? Ma è difficile.

La corte ha ulteriormente ristretto l’ambito del referendum abrogativo introducendo

anche la categoria dei limiti logici (oltre a quelli espliciti e impliciti sopra descritti) ossia le

leggi costituzionalmente necessarie. Quelle leggi senza delle quali verrebbe meno

l’attuazione di un diritto previsto in costituzione (es. la legge 194 sull’interruzione

volontaria della gravidanza: oggi non è possibile andare a referendum su tutta la legge 194,

ma solo su alcuni suoi pezzetti perché se fosse abrogata tutta verrebbe meno il diritto di

interrompere la gravidanza che la corta ha descritto come diritto fondamentale degli

individui, altro es: l’ergastolo non è costituzionalmente necessario, altrimenti non ci

sarebbe stato il referendum).

- Se il quesito è dichiarato ammissibile spetta

Dettagli
A.A. 2015-2016
13 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sharer of notes di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Galliani Davide.