Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
V
ulteriore formalizzazione: (s) cons/ cons+liquida _ (N.B. invece della barretta devi mettere
cons + liquida sotto a cons). Per (s) intendo la sibilante che può esserci o non esserci, la parentesi
tonda indica una scelta che è facoltativa. Per cons/ cons+liquida ci riferiamo a due scelte
V
alternative, la parentesi graffa vuol dire che posso scegliere tra più alternative; mentre _ è
qualunque elemento vocalico, è una posizione che in Italiano deve assolutamente essere riempita
con una vocale, non importa quale, e infatti ho usato la maiuscola. Questa è la descrizione della
organizzazione dei suoni, di come i suoni possono disporsi in una lingua come l’Italiano in
posizione iniziale assoluta di parola. E’ la descrizione di una restrizione fonotattica, di una di quelle
prerogative di posizione che i suoni hanno diversamente in ciascuna lingua. (Il libro non si
sofferma a spiegare bene le regole, lo dà per scontato). Questa formula funziona per moltissimi
casi: per casa (la s non occorre che ci sia, la consonante c’è, la vocale c’è), funziona per crudo
(la sibilante iniziale non c’è, la consonante c’è, la liquida c’è, la vocale c’è), funziona per
sgambata (la sibilante c’è la consonante c’è la vocale c’è) in questo ultimo caso non ho la
sibilante sorda ma la sibilante sonora perché in questa posizione vi è un processo fonologico di
assimilazione e cioè di sonorizzazione della sibilante iniziale che trovandosi prima di una
consonante in questo caso sonora, si sonorizza, allora descriviamo anche questo processo
fonologico attraverso un ulteriore regola: in Italiano la sibilante sorda davanti ad una consonante
sonora si sonorizza, e quindi potremmo dire che: [+cons/ -sonoro (N.B. metti l’uno sotto l’altro)] >
E cioè più consonante, meno sonoro
[+cons/+sonoro] / - [cons/+sonoro (N.B. metti uno sotto l’altro)].
passa a consonante più sonoro, e il contesto è consonante più sonoro. Ho descritto quello che
accade nel caso di sgambata, perché stupido comincia con una sibilante che rimane sorda che si
trova davanti ad una consonate in questo caso un’occlusiva dentale sorda, non c’è alcun processo
di assimilazione e abbiamo stupido, la sibilante rimane sorda. Di fronte invece a una consonante
sonora, e quindi in un contesto in cui è seguita da una consonante sonora, avviene un processo di
sonorizzazione che descrivo attraverso la regola sopra. Quindi i fenomeni fonologici si descrivono
attraverso regole fonologiche, le regole fonologiche sono delle notazioni formalizzate nelle quali
deve comparire il processo, ciò che è accaduto, e il contesto in cui ciò accade. In questo caso
abbiamo descritto le regole fonologiche delle alternanze sincroniche, quindi delle alternanze di
suono che sono determinate da un contesto sincronico. Possiamo usare le stesse modalità di
notazione e quindi sempre attraverso delle notazioni che chiamiamo regole fonologiche,
descriviamo anche le mutazioni in chiave diacronica, quindi i cambi della lingua, in quel caso è
opportuno dare anche indicazioni sul periodo di tempo di durata di un certo fenomeno nella lingua.
Troveremo altre regole fonologiche. L’analisi dell’enunciato in fonemi che finora abbiamo fatto,
rispetta quell’assioma della segmentazione in unità di cui abbiamo parlato più volte e cioè
segmenta in unità minime che abbiamo detto essere i segmenti minimi e quindi le unità di seconda
articolazione in cui possiamo segmentare la catena parlata. Ma se guardiamo da vicino, a livello
fonologico, l’assioma della segmentazione viene in qualche modo messo in discussione:
prendiamo le parole càpito e capìto. Segmentiamo in fonemi, e allora abbiamo qualcosa del tipo:
/k/ /a/ /p/ /i/ /t/ /o/. ho messo le barre oblique perché non sto parlando di foni ma di fonemi cioè di
unità che si distinguono le une alle altre, metto le parentesi quadre quando invece ragiono a livello
fonetico. Quella sopra realizzata è la segmentazione in classi fonologiche che si oppongono le une
alle altre. Però allora perché càpito non è capìto? Perché le due parole hanno accento su due
sillabe differenti. E quindi se devo identificare l’aspetto che in questo caso distingue nella catena le
due forme, non è una posizione garantita dalle classi fonematiche che si oppongono le une alle
altre come ho creduto fino ad adesso. In questo caso la differenza di significato è garantita da
un’altra unità che non si pone linearmente in sequenza, in modo distinto ma è un’entità che si
realizza nello stesso momento. Non va inserita tra le unità fonologiche ma va concepita e inserita
poi nell’annotazione insieme, perché è realizzata insieme alla à di capito e alla ì di capito. Quindi
qui sembra violato quell’assioma della segmentazione della linearità e della discretezza delle unità
di cui abbiamo parlato. E infatti in fonologia chiamiamo questo aspetto e cioè l’accento che
funziona per distinguere, tratto sovra segmentale, pare violare l’assioma della discretezza e della
linearità perché è realizzato insieme ad un’altra unità, i sovra segmentali, in quanto possono
essere idealmente rappresentati come sovrapposti ai segmenti identificati linearmente. I sovra
segmentali sono l’accento, il tono e l’intonazione. Che differenza c’è tra accento e tono e
intonazione? L’accento e il tono sono i cosiddetti sovra segmentali di parola, pertengono all’unità
della parola, l’intonazione invece è un sovra segmentale di enunciato, quindi pertiene ad un’unità
più ampia che è quella dell’enunciato. I sovra segmentali di parola si realizzano insieme alle
unità segmentali per opporre fra loro le unità che sono parole, i sovra segmentali di
enunciato come l’intonazione, oppone fra loro enunciati diversi. I primi de oppongono fra di
loro parole, quello di enunciato oppone fra di loro enunciati e quindi unità più ampie.
Vediamo cosa sono nella concretezza questi tratti sovra segmentali: -mandò, -pagami, nel primo
caso l’accento è sull’ultima sillaba nel secondo l’accento è sulla prima. Che cosa hanno di
caratterizzante l’ultima sillaba di mandò e la prima sillaba di pagami? Sono sillabe più prominenti
delle altre, sono sillabe che dal punto di vista fisico, sono caratterizzate da una prominenza uditiva
che corrisponde all’accento ed è dovuta a una serie di fattori concomitanti, la sillaba accentata è
normalmente prodotta con una maggiore intensità uditiva, è leggermente più lunga di una sillaba
non accentata, ed è spesso anche più acuta. L’accento ha la particolarità di potersi appoggiare
soltanto su segmenti vocalici o su segmenti consonantici che sono detti sonanti; alla domanda
“descrivi l’accento” bisogna dire che l’accento è una sillaba che ha una prominenza uditiva
superiore alle altre, che è costituita dal fatto che la sillaba accentata è una sillaba nella quale in
modo concomitante si realizzano una serie di fatti fisici. C’è una lunghezza leggermente maggiore
rispetto alle altre sillabe, c’è un’acutezza maggiore rispetto alle altre sillabe (cioè sale di tono, la
durata è tenuta più lunga), e c’è un’intensità uditiva (si alza il volume). L’accento funziona da
segnale demarcativo, che garantisce la sintonizzazione tra emittente e ricevente, solo nelle lingue
in cui l’accento non ha posizione fissa. Lingue che hanno l’accento fisso sono ad esempio il
francese, il cui l’accento sta sempre sull’ultima sillaba, seguendo l’andamento accentuale riesco a
fare la segmentazione della catena e quindi è un elemento demarcativo; d’altra parte però non è
un elemento che può garantire delle opposizioni perché se sta sempre nella stessa posizione non
può garantirle. In una lingua invece come l’Italiano in cui l’accento è parzialmente libero, parliamo
allora di accento mobile, questo può fungere per garantire delle distinzioni. Anche in lingue come il
Greco, l’accento è mobile e quindi garantisce opposizioni. Il campo di applicazione dell’accento è
in generale formato dalle singole parole, parliamo di accento di parola, ma esistono anche delle
forme nella lingua, che chiameremo comunque parole, che sono prive di accento, e che
chiamiamo clitici, che si appoggiano all’accento della parola precedente o successiva e con queste
vanno a formare un'unica unità accentuale. Le principali unità di clitici sono i pronomi. Ci sono
parole particolarmente lunghe che possono avere anche un accento secondario come
esàutoraménto, c’è una doppia posizione accentuale. Una sequenza del tipo, tornerà subito che
viene pronunciata in modo fuso, provoca uno spostamento dell’accento dall’ultima sillaba di
tornerà alla prima sillaba di subito; come se fossero un’unità accentuale unica. Altro importante
tratto segmentale è il tono, questo è prodotto fisicamente da un aumento di acutezza sonora in
corrispondenza di vocali e consonanti, cos’è l’aumento di acutezza sonora? E’ un aumento di
intensità della frequenza della vibrazione dell’aria che emessa dal nostro apparato fonatorio.
Quindi un suono più acuto dà uditivamente l’impressione di essere su un tono più alto, e per
questo nelle lingue a toni, che utilizzano i toni per garantire delle rappresentazioni, il tono viene
rappresentano con metafore che fanno riferimento all’altezza: alto-medio-basso-discendente-
ascendente; perché il fatto che ci sia una maggiore intensità della vibrazione dell’aria emessa da
nostro apparato fonatorio dà la sensazione di un suono più acuto, più alto. Parliamo di tono unito
quando il tono cambia su tutto il segmento in questione, parliamo di un tono ascendente quando
da un certo livello di acutezza si passa ad un livello di acutezza più alto, parliamo di tono
discendente quando da un certo livello si discende; se pronunciamo “Carlo!”, e lo faccio come un
richiamo, realizziamo gli effetti del tono anche se noi non lo usiamo con finalità distintive. Se dico
“caffè?” con tono discendente sappiamo che vuol dire “lo vuoi il caffè?”; se invece diciamo “caffè!”
con tono ascendente vuol dire “portami il caffè”. Noi facciamo