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CONTRATTI CON FUNZIONE CREDITIZIA.
Vediamo i casi più significativi nei quali si originano interessi con funzione
corrispettiva.
Si è a cospetto di un debito LIQUIDO ED ESIGIBILE sul quale decorrono
interessi corrispettivi quando l’obbligazione pecuniaria debba eseguirsi (come
nel caso in cui le parti abbiano in tal modo stabilito esercitando una facoltà
riconosciuta dal comma uno art. 1182 cc) al domicilio del debitore: alla
scadenza del debito si producono allora interessi ai sensi dell’art. 1282 cc.
In assenza di una convenzione in tal senso opera il meccanismo previsto
dall’art. 1219 comma 2 n. 3 in base al quale allorché la prestazione sia da
eseguirsi al domicilio del creditore, con la scadenza del termine si verifica
ope legis la mora del debitore sorgono interessi moratori ex art. 1224 cc.
In presenza di un’obbligazione pecuniaria pagabile al domicilio del
debitore non vi è mora e tuttavia ricorre il carattere dell’esigibilità:
giacché la prestazione può essere attualmente richiesta, decorrono
interessi corrispettivi.
L’esigibilità della prestazione pecuniaria può collegarsi a una data prefissata
oppure al verificarsi di un fatto.
La fattispecie più rilevante tra quelle che danno luogo a interessi corrispettivi
è quella del mutuo oneroso (mutuo feneratizio).
Il mutuo è un contratto naturalmente produttivo di interessi secondo la
previsione dell’art. 1815 cc “salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario
deve corrispondere gli interessi al mutuante. 35
Gli interessi sono un ELEMENTO NATURALE del mutuo: sono interessi previsti
dalla legge – modellabili dall’autonomia privata.
Per la determinazione del SAGGIO DI INTERESSI art. 1284 cc.
Ricordiamo che l’art. 1815 comma due dice se sono convenuti interessi
usurai, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
Inoltre l’art. 1782 comma due dice al deposito irregolare si applicano, in
quanto compatibili, le regole su mutuo.
Interessi nascenti da mutuo sono il modello di riferimento per gli interessi
che l’art. 1825 cc prevede in tema di CONTO CORRENTE sulle rimesse
decorrono interessi nella misura stabilita dal contratto o dagli usi ovvero, in
mancanza, in quella legale.
Lo schema degli interessi nascenti da mutuo trova applicazione anche per il
caso delle figure che a questo tipo contrattuale si ritengono conducibili in
quanto con esse si realizzi un prestito a consumo di denaro o di altri beni
fungibili.
Ogni volta che il contratto risponde a una funzione di prestito di denaro e la
sua struttura preveda la facoltà dell’eccipiente di godere e di disporre di quel
denaro, in una con l’obbligo di restituire in tantundem, è da ravvisarsi il
nascere del debito di interessi.
Sono ricondotti in tale categoria i contratti accomunati dalla funzione
creditizia.
Nell’art. 185 cc si ravvisa la norma di riferimento per l’intera categoria dei
contratti di credito.
Qualora il mutuo avesse ad oggetto beni diversi dal denaro ugualmente il
contratto si ritiene produttivo di interessi. Una volta divenuta impossibile o
di esecuzione notevolmente difficile la restituzione de tantundem
l’obbligazione restitutoria si trasforma in debito di valore e sarebbero dovuti
interessi in denaro.
Art. 1815 cc il contratto di mutuo è naturalmente produttivo di interessi.
Art. 1820 cc è attribuito al mutuante il potere di ottenere la
risoluzione del contratto qualora il mutuatario non adempia
all’obbligazione avente per oggetto il pagamento degli interessi.
Quindi c’è risoluzione per inadempimento che normalmente è
prevista per i contratti a prestazioni corrispettive.
Il mutuo però è un contratto reale – per la sua conclusione è prevista la
consegna della res. Ed è UNILATERALE al momento genetico si producono
obbligazioni solo in capo al mutuatario il quale è tenuto alla restituzione e al
pagamento di interessi.
Il senso dell’art. 1820 cc è da cogliersi in collegamento con la funzione
corrispettiva.
La previsione degli interessi assume un rilievo decisivo rispetto alla
configurazione causale del contratto di mutuo dal momento che esso mette
in luce una struttura che, almeno sul piano della distribuzione dei
36
sacrifici giuridici a carico delle parti, finisce per apparire
sinallagmatica.
In questo senso è orientata la recente giurisprudenza.
La dottrina inoltre ha osservato che, se la legge prevede soltanto l’ipotesi
dell’inadempimento del mutuatario nel pagamento delle rate e degli netresi,
non è prevista invece l’ipotesi dell’inadempimento del mutuante, sicché
invero un sinallagma non sarebbe ravvisabile.
Ma il fatto che il codice del 1942 assuma quale elemento di identificazione
dei contratti il rapporto di corrispettività tra le prestazioni delle parti induce
a ritenere che il mutuo debba ritenersi attratto entro l’ambito della
sinallagmaticità.
Si tratta di u nesso di sinallagmaticità da intendersi tra le attribuzioni o tra i
vantaggi giuridico-economici oppure tra sacrifici giuridici che il contratto pone
a carico delle parti.
Solo sul presupposto della corrispettività del contratto di muto, di
quest’ultimo si potrebbe ammettere la cedibilità.
Dalla questione della sinallagmaticità del mutuo dipende l’inquadramento
della norma contemplata nell’art. 1820 cc. se si ritiene che sia dettata una
norma che si armonizza con la struttura di un contratto a prestazioni
corrispettive, con l’art. 1820 cc dovrebbe intendersi richiamato il sistema
generale di cui agli art. 1453 e ss. cc, con la conseguenza che sarebbe
applicabile la norma dell’art. 1455 cc il contratto non si può risolvere se
l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo
l’interesse dell’altra.
-- invece all’opposta conclusione, ossia alla risolvibilità del contratto senza
il limite della non scarsa importanza, occorrerebbe giungere se si ravvisasse
nell’art. 1820 cc una norma di carattere eccezionale entro il regime del
mutuo.
Diverse sono le strade che la dottrina ha percorso al fine di avvallare l’idea
della corrispettività del mutuo a interessi.
Con il mutuo, nonostante l’unilateralità obbligatoria, si darebbe luogo uno
scambio di beni attuali con beni futuri (quelli oggetto della restituzione).
in questa prospettiva la differenza rispetto alle figure contrattuali tipicamente
sinallagmatiche finirebbe per apparire in ordine meramente cronologico.
+
L’obbligazione in capo al mutuante sarebbe quella di non pretendere la
restituzione per un tempo determinato.
In entrambi i casi si giunge al paradosso per cui il mutuo avrebbe una
struttura corrispettiva anche quando è gratuito.
Dobbiamo considerare in proposito l’art. 1819 cc prevede una forma
particolare di recesso per l’ipotesi di mancata restituzione rateale delle
cose maturate. 37
Per fondare l’idea della corrispettività del mutuo oneroso è più plausibile la
via del segnato superamento di una rappresentazione del contratto sotto il
profilo puramente obbligatorio.
Non bisogna guardare alle obbligazioni nascenti dal contratto ma alla
distribuzione dei sacrifici derivanti dall’operazione.
Tende dunque a smarrirsi l’idea secondo cui la struttura del mutuo
sarebbe caratterizzata dall’obbligazione restitutoria a carico del
mutuatario.
Infatti al passaggio dal codice ottocentesco a quello vigente corrisponde lo
spostamento dell’operatività del sinallagma sul piano delle obbligazioni a
quello delle prestazioni. Quindi per prestazione deve intendersi una
qualsivoglia attribuzione (sacrificio giuridico).
Concludiamo nel senso che il mutuo ha ormai guadagnato il campo della
corrispettività.
La prestazione di interessi di cui all’art. 1815 cc.
Secondo una lettura economico-funzionale Gli interessi nascenti dal mutuo
hanno una funzione corrispettiva.
La prestazione di interessi si colloca in relazione di scambio con l’altra
prestazione (la consegna del denaro).
Gli interessi da mutuo non sono riconducibili alla categoria dell’art. 1282 cc
perché gli interessi da mutuo maturano da una somma che è esigibile solo
alla scadenza del contratto stesso. Gli interessi dunque non scaturiscono da
una somma liquida ed esigibile.
Si comprende dunque perché nella relazione al codice le disposizioni
riguardanti gli interessi nel mutuo e nel conto corrente sono riferite alla
categoria degli interessi con funzione compensativa.
Nel mutuo gli interessi decorrono dal momento in cui il contratto è
perfezionato e maturano giorno per giorno.
La loro esigibilità non è fissata dalla legge in assenza di una
determinazione pattizia è presumibile una periodicità annuale – e in ipotesi
di prestito di durata infra-annuale gli netresi sono da corrispondere al termine
del rapporto. LA CATEGORIA DEI DEBITI DI VALUTA.
PAGINE 1 – 19.
Il legislatore del 1942 ha fatto una scelta importante: ha fatto arrivare le
obbligazioni pecuniarie ad autonoma categoria all’interno del CAPO VII del
LIBRO IV (intitolato ‘di alcune specie di obbligazioni’).
Negli art. 1277-1284 si trova raccolto il nucleo essenziale di disposizioni in
tema di obbligazioni pecuniarie. 38
Negli articoli del codice civile non si trova una definizione di debito di valuta
– debito di valore. Di questa divisione sono visibili solo alcuni riflessi.
Il binomio concettuale appartiene comunque al nostro diritto vivente.
La sezione I del Capo VII del libro IV reca il titolo DELLE OBBLIGAZIONI
PECUNIARIE.
Art. 1277 cc: principio nominalistico.
I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato
al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.
Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso
legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale
ragguagliata per valore alla prima .
Sembra che la volontà del legislatore sia stata quella di riferirsi alle
obbligazioni aventi per oggetto somme di denaro IN GENERALE, evitando di
fare distinzioni all’interno di questo genus.
All’origine della distinzione valuta-valore si colloca una costruzione dogmatica
elaborata dalla dottrina operante già nel vigore del codice del 1865: in primo
piano collochiamo Tullio Ascarelli.
A questo autore è riconosciuta la paternità della distinzion