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FLAVERESCENZA DORATA DELLA VITE

La “flavescenza dorata” fa parte dei giallumi della vite, ossia di quel gruppo di

ampelopatie che sono causate da fitoplasmi e che si manifestano tipicamente con

ingiallimenti o arrossamenti fogliari, scarsa lignificazione dei tralci e disseccamento

totale o parziale dei grappoli. La flavescenza dorata, in effetti, è stata la prima forma

di giallume della vite ad essere osservata e segnalata in campo internazionale e a

tutt’oggi è ancora la forma più temuta sia per i danni che può provocare sia per la

rapidità con cui diffondersi. Essa fu osservata per la prima volta a metà degli anni

cinquanta nella Francia sud-occidentale, determinandovi danni alla produzione,

deperimento vegetativo e vistosi ingiallimenti fogliari con riflessi metallici; il cui di

Flavescence dorèe datole dai ricercatori francesi. In Francia è ormai diffusa nella gran

parte delle aree viticole centro-meridionali, oltre che in Corsica, ed è oggetto di

continui monitoraggi e di provvedimenti a carattere preventivo. In Italia la malattia è

stata segnalata per la prima volta in Oltrepò pavese all’inizio degli anni settanta. Dopo

sporadiche comparse in diverse zone dell’Italia settentrionale, si è improvvisamente e

rapidamente diffusa nell’ultimo decennio del secolo scorso, determinando epidemie di

estrema gravità in molte aree viticole del Veneto, del Piemonte e della Lombardia,

come conseguenza del diffondersi del suo vettore, ormai risulta presente in tutte le

regioni settentrionali del nostro Paese e, seppure in modo sporadico, anche in diverse

aree viticole dell’Italia , quali Svizzera, Slovenia, Croazia, quasi sempre in

concomitanza con il diffondersi del suo insetto vettore. Non risulta invece accertata la

sua presenza in paesi extraeuropei.

Sintomatologia e danni: Sulle viti di cultivar particolarmente sensibili, i primi

sintomi di flavescenza dorata possono già comparire nel corso del mese di maggio,

quando si possono manifestare necrosi e disseccamenti a carico degli apici vegetativi

e dei grappolini appena formati. Talvolta, già prima, vi possono essere ritardi o

irregolarità nel germogliamento. Tuttavia le alterazioni più caratteristiche cominciano

solitamente a comparire verso la metà di luglio, quando iniziano ad evidenziarsi i tipici

sintomi fogliari, che consistono in un ripiegamento o arrotolamento della lamina verso

la pagina inferiore, con graduale comparsa di ingiallimenti o arrossamenti (nelle

cultivar a bacca nera) che interessano l’intera foglia o settori di essa, incluse

comunque le nervature (a differenza di quanto avviene nella virosi

dell’accartocciamento fogliare); anzi, talvolta le alterazioni di colore interessano

principalmente o esclusivamente le nervature. I sintomi sopra descritti compaiono

solitamente nell’anno successivo a quello in cui si è verificata l’infezione; salvo casi di

infezione precoce (avvenuta in giugno) cui può seguire la manifestazione dei sintomi

entrò l’autunno del medesimo anno. Inoltre, la sintomatologia descritta può comparire

sull’intera pianta, ma molto spesso si manifesta soltanto su alcuni tralci, mentre i

rimanenti hanno aspetto normale. Come già detto, alla ripresa vegetativa le piante

malate presentano spesso ritardi o irregolarità nel germogliamento. Nelle forme più

gravi e, soprattutto a seguito di ripetute infezioni, vi può essere deperimento e morte

della pianta. Il danno economico, nelle cultivar più sensibili può essere rilevante in

quanto si ha la perdita totale di gran parte della produzione. Nell’ultima decade del

secolo scorso, quando si verificarono le gravi epidemie in Veneto, Piemonte e

Lombardia, in molto vigneti l’incidenza della malattia raggiunse punte dell’80-90%,

determinando perdite, nella produzione totale, superiore al 50%. Ovviamente, il danno

risulta tanto maggiore quanto più è sensibile alla malattia la cultivar interessata. A tal

proposito va detto che la sensibilità varia molto nell’ambito delle diverse varietà. Ve ne

sono alcune particolarmente sensibili e quindi possibilmente esposte a danni

economici rilevanti, come le cultivar Barbera, Chardonnay, Sangiovese, Trebbiano

veronese, Pinot grigio, Garganega; ve ne sono altre però, come Moscato bianco e

Cortese, che risultano piuttosto tolleranti e che quindi difficilmente subiscono danni

consistenti.

Eziologia e diagnosi: La flavescenza dorata è causata da fitoplasmi appartenenti

al gruppo tassonomico V°, basata sulla classificazione sella sequenza del gene

16SrRNA. I suddetti fitoplasmi che sono localizzati nel tessuto floematico, sembrano

incontrare una certa difficolta a diffondersi nei vari organi della vite a seguito

dell’infezione trasmessa dall’insetto vettore. Per quanto riguarda la diagnosi, bisogna

dire che l’esame sintomatologico, anche quando effettuato nel periodo più adatto (fine

estate) sulle cultivar più sensibili, ci può dire che siano eventualmente di fronte ad una

fitoplasmosi, ma ci permette di distinguere se si tratti di flavescenza dorata o di legno

nero, quanto la sintomatologia delle due fitoplasmosi è praticamente identica. Una

diagnosi certa è possibile solo ricorrendo alle metodologie molecolari, fra le quali

risultano preferibilmente utilizzate quelle indicate con le sigle PCR e RFLP. I metodi

sierologico (test ELISA), risultano molto neo affidabili dei metodi molecolari.

Epidemiologia: La flavescenza dorata si diffonde all’interno del vigneto e nei

vigneti vicini soprattutto per mezzo del suo insetto vettore, la cicalina Schaphoideus

titanus. Si tratta di un rincote, appartenente

alla famiglia Cicadellidae, strettamente

ampelofaga: svolge infatti l’intero ciclo vitale

sulla vite, compiendo una sola generazione

all’anno. Sverna sotto forma di uovo che la

femmina depone in autunno fra le rugosità

della corteccia del tronco e dei tralci di più anni.

Le uova schiudono in prevalenza fra la metà di

maggio e la metà di giugno, dando origine a

neanidi che, attraverso cinque stadi successivi,

raggiungono l’età adulta nel giro di circa un

mese. Gli adulti, che sono presenti nel vigneto fino in autunno avanzato, spostandosi

frequentemente da una vite all’altra e talvolta trasportati anche dal vento, possono

diffondere l’infezione abbastanza rapidamente: di qui l’esplosione di gravi epidemie in

quei territori dove, alla presenza di un discreto numero di piante infette, si associa

l’istaurarsi di popolazioni consistenti di Schaphoideus titanus. La trasmissione che è

comunque persistente, può comunque essere operata anche dagli ultimi stadi delle

forme giovanili. Benchè in prove sperimentali si sia riusciti a trasmettere il fitoplasma

sella flavescenza dorata anche mediante altre specie di cicaline, si è convinti che il

vero vettore sia lo Scaphoideus titanus. Sulla base di dati sperimentali, finora

disponibili, la trasmissione per innesto dell’agente eziologico avverrebbe in percentuali

piuttosto basse (meno del 10 %), con grande variabilità tra le diverse cultivar:

risulterebbe quindi di scarsa importanza ai fini epidemiologici questa modalità di

trasmissione. Vi è però da dire che la presenza anche di poche piante infette, in un

vivaio o in un vigneto di nuovo impianto, costituisce una pericolosa sorgente d’inoculo,

destinata ad espandersi rapidamente nel caso di contemporanea presenza dell’insetto

vettore. In effetti si è ormai convinti che i nuovi focolai di malattia, in aree viticole

inizialmente esenti, si siano spesso sviluppati in seguito all’introduzione di materiale

vivaistico infetto. Lo Scaphoideus titanus è in grado anche di infettare altre colture

oltre la vite, specie erbacee o arbustive diverse ma di scarsa rilevanza economica.

DIFESA: La difesa della vite dalla flavescenza dorata si basa essenzialmente su

interventi preventivi. I criteri da adottare possono avere priorità diverse a seconda se

si prendano in considerazione zone ancora indenne dalla malattia oppure zone

“focolaio” (nelle quali la malattia è comparsa di recente ed è limitata a pochi vigneti

oppure, infine, zone “d’insediamento” (dove la malattia è ampiamente diffusa).

Importante ruolo viene svolto dal servizio fitosanitario regionale, riguardo il

monitoraggio e sorveglianza, tenuto conto che la flavescenza dorata è un patogeno da

quarantena (comporta l’estirpo) e quindi non deve essere presente nel materiale

vivaistico. Nelle zone indenni, più che altrove, occorre evitare l’introduzione di

barbatelle infette, ma soprattutto occorre vigilare sull’eventuale insediamento di

popolazioni, anche limitate di Scaphoideus titanus. La presenza dell’insetto,

soprattutto se in

popolazioni di una

certa consistenza,

costituisce infatti il

presupposto per lo

sviluppo, spesso

improvviso, di dannose

epidemie. Nelle zone

focolaio, se i focolai di

malattia sono

veramente pochi e

molto circoscritti, si

può tentare un’opera di

eradicazione attraverso

l’estirpo immediato

delle viti infette,

accompagnandolo pero

con decisi interventi

insetticidi contro il

vettore. Nelle zone in

cui la malattia si è

insediata ed è ormai diffusa in ampie aree, è difficilmente praticabile l’estirpo delle viti

infette. In queste zone è di fondamentale importanza la lotta insetticida contro il

vettore. Se questo viene totalmente debellato ridotto alla sporadica presenza di pochi

individui, l’incidenza ella malattia tende gradualmente a ridursi, grazie a fenomeni di

guarigione spontanea facilitati, in diverse cultivar, da razionali potature intense ad

eliminare tutti i tralci infetti della pianta. Esempio OLTREPO PAVESE. Una tecnica che si

è rivelata particolarmente preziosa al fine di fine di ottenere nuove viti esenti dai

fitoplasmi della flavescenza dorata è quella basata sulla termoterapia in acqua,

eseguita sul materiale di propagazione. Il trattamento viene eseguito in apposite

apparecchiature, dotate di capaci vasche perfettamente termoregolatore, in modo da

mantenere costantemente ed uniformare il materiale viticolo ad una temperatura di

50 °C per 45 minuti. Cosa importante è pero non abbassare mai la guardia, ma

soprattutto è importante sapere che i vigneti abbandonati rappresentano sorgente

d’inoculo e da rifugio per il vettore. L’importante è mantenerlo sotto controllo e

soprattutto non permettere l’istaurarsi nei vigneti di popolazioni consistenti del suo

vettore. LEGNO NERO

Venne segnalato per la prima volta all’inizio degli anni sessanta

Dettagli
A.A. 2017-2018
7 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/12 Patologia vegetale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher raffaeleserreli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Patologia vegetale generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Materazzi Alberto.