Fisiologia Umana
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3° step liberazione NEUROTRASMETTITORE nello SPAZIO SINAPTICO,
legame con SPECIFICO RECETTORE – gensi PA POSTSINAPTICO: il
legame del NEUROTRASMETTITORE con specifici recettori, provoca l’apertura
di CANALI IONICI presenti nella memb.postsinaptica, determinando
variazioni del POT.MEMB che modificano l’eccitabilità della cellula.
L’eccitabilità della cellula può AUMENTARE o DIMINUIRE, determinando
rispettivamente un POT.POST-SINAPTICO ECCITATORIO – INIBITORIO.
I canali a quali si legano i neurotrasmettitori, vengono definiti come canali
ligando-dipendenti, x il fatto che la loro apertura-chiusura sono controllate
principalmente dal loro legame con un NEUROTRASMETTITORE. Possiamo
avere sinapsi caratterizzate da una trasmissione sinaptica rapida dovuta
alla presenza di RECETTORI IONOTROPI, o trasmissione sinaptica lenta
dovuta alla presenza RECETTORI METABOTROPI.
TRASMISSIONE SINAPTICA RAPIDA il neurotrasmettitore si lega a
REC.IONOTROPI, dove il canale ionico è parte dello stesso recettore. È
stato osservato che i PORI di molti di questi canali, sono relativamente ampi
e perciò permettono il passaggio con uguale facilità di molti cationi. Il
flusso di CATIONI entranti/uscente (a seconda di quale neurotrasmett. viene
regolato il canale) genera una corrente netta (cioè data dalla somma delle
correnti provenienti dal flusso di ogni specie cationica passante x il poro) che
prende il nome di corrente postsinaptica (es.pag.98). Il flusso di ioni
determina un’alterazione delle condizioni elettrochimiche intra-extra cellulari, e
quindi una VARIAZIONE DI POTENZIALE, che se intenso può indurre a PA.
Nei REC.IONOTROPI si assiste ad una durata minore della CORRENTE
POSTSINAPTICA rispetto al POT.POSTSINAPTICO (EPSP= Excitatory Postsynaptic
Potential) che si genera (img.pag.99). Il tempo di durata della corrente
postsinaptica corrisponde al tempo durante il quale il CANALE RIMANE
APERTO. La breve durata è dovuta al fatto che il NEUROTRASMETTITORE
agisce solo x un tempo molto breve (qualche ms) in quanto va ad essere
allontanato rapidamente dalla fessura sinaptica da specifici meccanismi
di degradazione o riassunzione nella terminaz.sinaptica. Il distacco provoca la
chiusura rapida del canale e quindi l’altrettanta rapida interruzione
della corrente postsinaptica. Il POT.POSTSINAPTICO decade più lentamente
in quanto la sua durata dipende dalle proprietà passive della memb.cell.
(cioè dalla sua Resist. e dalla sua Capacità). La lunga durata di questi potenziali
è funzionalmente importante perché fa si che i potenziali possono tra
loro sovrapporsi e quindi sommarsi. Tale SOMMAZIONE ha un ruolo
fondamentale x le proprietà integrative dei neuroni.
INTEGRAZIONE SINAPTICA
I PA vengono generati a livello del CONO EMERGENZA, in quanto in questa
zona è presente una densità maggiore di canali Na voltaggio-
2+
dipententi, rispetto alle altre, e perciò la soglia x l’insorgenza del PA è
PIU’ BASSA.
Di conseguenza, è la somma dei POT. sul CONO EMERGENZA, ad essere
cruciale x l’insorgenza del PA. A tal proposito, i POT. generati da sinapsi
prossime al CONO EMERGENZA (su SOMA o DENDRITI PROSSIMALI),
indurranno (a livello cono emergenza) una depolarizzazione + ampia di
quanto non facciano i POT. applicati + distanti dal CONO EMERGENZA
(DENDRITI DISTALI) (img.pag.100). per spiegare ciò dobbiamo rifarci al
concetto di COSTANTE LUNGHEZZA: in sinapsi che generano un FLUSSO DI
CORRENTE POST-SINAPTICA della stessa ampiezza, ma localizzate a distanze
diverse rispetto al CONO EMERGENZA, si avrà che dalla sinapsi più lontana
arriverà al cono emergenza una frazione minore di corrente, rispetto alla
sinapsi posta + prossimalmente, e ciò determinerà un POT.POST-SINPATICO
più piccolo (img. A pag.100).
Integrazione di POT.POST-SINAPTICI ECCITATORI (EPSP) la maggior
parte dei EPSP applicati in prossimità delle sinapsi SNC, anche di quelle
disposte in posizione favorevole (vicino CONO EMERGENZA), sono di x sé
troppo piccoli perché possano raggiungere la SOGLIA DI SCARICA della
cell.post-sinaptica un PA insorge solo quando la somma delle
eccitazioni provenienti dalle numerose afferenze raggiungerà la
SOGLIA. Tale integrazione è possibile grazie alle proprietà dei potenziali di:
SOMMAZIONE TEMPORALE: è la proprietà che 2 EPSP asincroni
hanno di sommarsi. Tale proprietà si realizza quando 2 EPSP, provenienti
da afferenze diverse o anche dalla stessa sinapsi, vengono applicati
entro un breve intervallo di tempo l’uno dall’altro. Il fatto che i
EPSP abbiano un lungo decorso temporale facilita questo tipo di
integrazione sinaptica.
SOMMAZIONE SPAZIALE: è la proprietà che i EPSP hanno, di interagire
e quindi sommarsi tra loro, in base alla sede in cui vengono applicati
(soma – dendriti). Più i 2 POT. applicati sono distanti maggiore è
l’effetto di sommazione. Al contrario, più sono vicini minore è
l’effetto di sommazione (img. B-D pag.100), in seguito ad un effetto di
CORTOCIRUCITO: i canali di memb. posti al di sotto di una sinapsi si
aprono, determinando una minore resist. memb., alla quale poi segue
l’apertura dei canali nella SINAPSI VICINA, provocando un ulteriore
abbassamento della resist. memb. La BASSA RESIST. della memb.
impedisce un’ ottimale diffusione della corrente, di conseguenza al CONO
EMERGENZA giungerà una quota minore di corrente. La somma dei
EPSP derivanti da sinapsi vicine provocano un EPSP complessivo di
intensità minore rispetto a quello generato da sinapsi lontane.
Ciononostante i EPSP che vengono a combinarsi avranno un’ampiezza
maggiore rispetto ai EPSP generati isolatamente dalle sinapsi.
Integrazione di POT.POST-SINAPTICI INIBITORI (IPSP) a differenza dei
EPSP, i IPSP presentano un effetto SOTTRATIVO sul POT.MEMB. rendendolo
più negativo e perciò allontanandolo dalla soglia. Come x i EPSP,
l’efficacia di un IPSP varia a seconda della sua sede di insorgenza.
Oltre alla SOTTRAZIONE ALGEBRICA, presentano un’azione inibitoria
mediante MECC.CORTOCIRCUITO (stesso degli EPSP), con l’obiettivo di
ridurre l’ampiezza EPSP e renderli meno efficaci.
L’integrazione sinaptica, non si basa solamente sulle proprietà dei POT. ECC. –
INIBITORI, ma risulta più complessa, in quanto ci sono altri aspetti che
modulano l’att.sinaptica:
coinvolgimento attivo della memb. cell. recenti prove
sperimentali, hanno dimostrato che i DENDRITI – CORPI CELLULARI della
maggior parte dei neuroni (se non addirittura tutti), contengono canali
regolati, che attivandosi possono andare a modificare i EPSP – IPSP
(es.pag.101).
le singole sinapsi possono aumentare o ridurre la loro forza in
funzione del loro USO o ATTIVITA’ in generale l’attivazione di una
sinapsi produce una risposta (nella cellula post-sinaptica) che sarà
all’incirca sempre la stessa ogni qualvolta viene ad essere
generata. Ci sono però alcune caratteristiche nell’attivazione sinaptica
(es.modificazioni a livello term.presinaptiche es.pag.102-103), che
possono indurre delle variazioni nella risposta alle successive
attivazioni della sinapsi. Tali modificazioni dipendenti dall’uso
possono avere durata BREVE (ms) o LUNGA (min – giorni), andando a
Queste modificazioni
potenziare o ridurre la forza delle sinapsi.
stanno alla base (probabilmente) di cap.cognitive come
APPRENDIMENTO – MEMORIA.
POTENZ.POSTSINPATICO nella sinapsi MUSCOLO-MOTONEURONE e
altri neuroni nel caso di SINAPSI ECCITATORIE, i PA provocano l’insorgenza
di una PA nella cellula postsinaptica (aumento eccitabilità cellula). Nel caso
dei motoneuroni che innervano le cellule muscolari, il PA che deriva dal
motoneurone è così ampio che in condizioni normali esso depolarizza il
sarcolemma della fibra muscolare ben al di sopra della soglia del PA. Il
fatto che ogni cell.muscolare riceve contatti sinaptici da un unico
motoneurone, in grado di generare sempre un PA e quindi la contrazione
della cell.muscolare, implica che il SN ha di fatto preso la decisione di far
contrarre il muscolo. Nel caso invece della maggior parte di altri neuroni, essi
ricevono migliaia di sinapsi eccitatorie da cell.diverse, dove ciascuna
sinapsi genera un piccolo POT.POST-SINAPTICO di intensità di molto
inferiore a quella necessaria x il raggiungimento della soglia, e perciò x
innescare un PA nel neurone post-sinaptico è necessario che si sommino i
POT. di numerose sinapsi.
Oltre alle s.chimiche o elettriche, ce ne sono altre di diverso tipo
(trafiletto pag.90)
NEUROTRASMETTITORI
Sono sostanze che mediano la TRASMISSIONE CHIMICA di segnali tra
neuroni. Perché una sostanze possa essere considerata un neurotrasmettitore,
deve soddisfare alcuni criteri:
presenza di queste sostanze a livello delle terminazioni
presinaptiche.
La cellula deve essere in grado di sintetizzarla.
deve essere rilasciata x DEPOLARIZZAZIONE.
Presenza di recettori SPECIFICI x quella sostanza, nella
memb.postsinaptica PROCESSO DI TRASMISSIONE SINAPTICA –
oppure – presenza di recettori SPECIFICI localizzati al di fuori delle
sinapsi PROCESSO DI TRASMISSIONE NON SINAPTICO.
Si conoscono più di 100 sostanze aventi tutti o quasi i precedenti requisiti.
Queste sostanze possono essere suddivise in 3 categorie principali:
1. N. a BASSO PESO MOLECOLARE:
a. ACETILCOLINA funge da neurot. nel:
SNP: a livello giunz. neuromuscolari – gangli simpatici –
o gangli parasimpatici – fibre postgangliari provenienti da tutti i
gangli parasimpatici e di alcuni gangli simpatici.
SNC: nei n. di alcuni nuclei del TE – gangli della base – ms
o
L’A. viene sintetizzata dall’enzima COLINA ACETIL TRASFERASI
partire da: ACETIL CoA + COLINA. Il processo di sintesi avviene nel
citoplasma delle terminazioni presinaptiche colinergiche.
Una volta rilasciata, l’azione dell’ac. viene ad essere bloccata
dall’azione dell’ACETILCOLINESTERASI, enzima molto
concentrato nella fessura sinaptica, determinando l’idrolisi in:
ACETATO – COLINA. La COLINA andrà ad essere riassorbita nella
terminazione presinaptica attraverso un simporto associata al
Na , localizzato nella memb. della presinaptica.
+
La degradazione dell’ac. è un meccanismo inusuale x i
neurotrasmettitori, i quali di solito subiscono la riassunzione ad
opera di una serie di proteine specializzate.
b. AA i più importanti aa che agiscono da neurot. sono:
GLUTAMMATO: è il principale neurot. eccitatorio del
o SNC, nonostante la sua caratteristica di ubiquità (può essere
sia INIBITORIO – ECCITATORIO). La funzione eccitatoria viene
espletata provocando depolarizzazione della cellula e il
suo rilascio dai neuroni.
Il GLUT. è anche una potente neurotossina e perciò è
necessario che la sua attività venga efficacemente limitata
dopo il rilascio, non solo x far si che si abbia una
trasmissione sinaptica normale, ma anche x prevenire la
morte della cellula. La limitazione del GLUT. è mediato da
proteine di memb. (presinapitca) trasportatrici.
Il GLUT. è il precursore del GABA.
GABA: è il principale neurot. INIBITORIO del SN. Viene
o prodotto a partire dal GLUT. x azione di uno specifico
enzima (ac. glutamico decarbossilasi) che si trova solo
nei n. che utilizzano il GABA come neurot.
I n. che utilizzano GABA (GABAergici) sono: INTERNEURONI
LOCALI – diverse REGIONI CEREBRALI – CELL.PURKINJE,
rappresentano l’unica uscita dalla corteccia del cervelletto e
in virtù dell’utilizzo del GABA, l’attività cerebellare agisce
sopprimendo l’att. dei propri bersagli (nuclei
cerebellari – vestibolari).
GLICINA: agisce da neurot. INIBITORIO in regioni molto
o più circoscritte. N. che utilizzano GLICINA (glicinergici) sono
presenti: MS (dove rappresentano la metà delle sinapsi
inibitorie) – parte inferiore TE – CERVELLETTO – RETINA.
La GLICINA ha un importante ruolo anche a livello dei
RECETTORI ECCITATORI DEL GLUTAMMATO (del tipo
NMDA), poiché il suo legame con questi rec. è essenziale
perché si abbia l’apertura del canale ionico che questi
regolano. A livello di queste sinapsi agiscono quindi come
co-neurotrasmettitore.
Sia GLICINA – GABA, dopo il rilascio vengono ad essere
riassunti nella term. Presinaptica o nelle cell. gliali
vicine, mediante trasportatori di memb. ad alta affinità
accoppiati a Na -Cl con meccanismo di simporto: viene
+ -
portato dentro 1 GLICINA (o GABA) ogni 2 Na o 1 Cl portati
+ -
dentro.
c. AMINE BIOGENE molti neurot. di questa categoria, agiscono al
di fuori del SN come ormoni: DOPAMINA – NORADRENALINA
(norepinefrina) – ADRENALINA (epinefrina) – SEROTONINA –
ISTAMINA.
La biosintesi di DOPAMINA – NORADRENALINA – ADREANALINA
(sono catecolamine) è comune fino alla produzione di DOPAMINA.
Da qui, a seconda della tipologia di neurot. si procede:
DOPAMINA la TIORSINA viene convertita a L-DOPA (enzima
tirosin-idrossialsi). L-DOPA viene convertita in DOPAMINA da dopa-
decarbossilasi.
NORADRENALINA La DOPAMINA viene convertita in
NORADRENALINA da dopamina BETA-idrossilasi.
ADRENALINA Dalla NORADRENALINA si ottiene l’ADRENALINA,
grazie all’aggiunta di un gr.metilico.
La biosintesi SEROTONINA deriva a partire dall’ aa TRIPTOFANO
5-IDROSSI TRIPTOFANO – SEROTONINA.
La biosintesi ISTAMINA deriva dall’ISTIDINA.
Le AMINE BIOGENE rilasciate a livello sinaptico, vengono ad essere
rimosse attraverso riassunzione nella glia e nei neuroni,
servendosi di trasportatori Na -Cl .
+ -
Le cell.nervose che utilizzano AMINE come neurot. sono localizzate
a livello dei NUCLEI TE, che per la maggior parte proiettano a
VASTE AREE CEREBRALI.
L’att. delle AMINE è implicata nella regolaz. livello stato di
vigilanza (sonno, veglia) – attenzione – umore – funz.
omeostatiche. Inoltre la NORADRENALINA trova implicazioni nel
SNP, in quanto utilizzata nelle cell.postgangliari simpatiche.
d. PURINE anche l’ATP può svolgere azione di
neurotrasmettitore o co-neurotrasmettitore a livello di sinapsi
del SNC – SNP. ATP è presente in tutte le vescicole sinaptiche e
perciò viene co-rilasciato durante la trasmissione sinaptica.
L’ATP presenta dei propri recettori specifici, che come x tutti gli
altri neurot., sono accoppiati a canali ionici. Oppure l’ATP può
andare a modificare l’azione di altri neurotrasmettitori con i
quali viene co-rilasciato: NORADRENALINA – SEROTONINA –
GLUTAMMATO – DOPAMINA – GABA.
La rimozione di ATP dallo spazio sinaptico avviene attraverso
scissione in ADENOSINA, che può essere assunta di nuovo dalla
terminazione presinaptica.
2. PEPTIDI sono costituiti da 3-40 aa. E sono presenti in diversi n. del
SNC. Finora sono stati identificati più di 100 neuropeptidi, che possono
essere classificati in diversi gr.funzionali (tab.pag.109).
Molti dei n. che rilasciano NEUROTRASMETTITORI BASSO P.MOLECOLARE,
liberano anche NEUROPEPTIDI. Comunque, oltre a essere co-
rilasciati insieme ad altri neurot., i NEUROPEPTIDI possono agire
anche come neurot. unici o primari.
Per certi aspetti i NEUROPEPT. assomigliano ai NEUROTRASMET.: vengono
accumulati nelle vescicole sinaitiche – il rilascio dipende da Ca -
2+
si legano a REC.SPECIFICI presenti sui n.bersaglio.
Per altri aspetti, si differenziano:
Mentre i NEUROT. CLASSICI sono sintetizzati nella term.
Presinaptica, i NEUROPEPTIDI vengono sintetizzati nel CORPO
CELLULARE e poi trasportati alle term.. I NEUROPEPTIDI
vengono stipati all’interno di GRANDI VESCICOLE che si
trovano diffusamente nella terminaz.presinaptica, piuttosto
che nelle PICCOLE VESCICOLE addensate alle ZONE ATTIVE, a livello
delle quali vengono immagazzinati i NEUROTRASM. DI BASSO PESO
MOLECOLARE.
Tale differenza, trova una spiegazione funzionale nel fatto che, le
VESCICOLE contenenti NEUROT. BASSO PESO MOLECOALRE, x la
loro vicinanza alle ZONE ATTIVE, possono essere rilasciate
rapidamente (<1ms) in risposta a singoli PA a seguito
dell’ingresso localizzato Ca . Perciò la stimolazione a BASSA
2+
FREQUENZA della cellula induce solo la LIBERAZIONE DEL
NEUROT. NON PEPTIDICO. Al contrario, con frequenze di
stimolazione + elevate del n.presinaptico si verifica un
aumento generalizzato di Ca a livello della term. nervosa e
2+
ciò provoca il rilascio del NEUROPEPTIDE oltre che del
NEUROTRASMETTITORE NON PEPTIDICO.
I recettori x i neuro peptidi non si trovano solo a livello
delle sinapsi, ciò permette al neurot. di potersi diffondere a
livello di intere regioni cerebrali, dove i n. presentano rec.
specifici x il neuropept., invece che agire semplicemente a livello
della specifica sinapsi dalla quale sono stati liberati.
In generale l’azione dei neuro peptidi non è limitata da
meccanismi di riassunzione. Ciò permette di poter agire x
lunghi periodi di tempo.
Quando i NEUROPEPTIDI vengono co-rilasciati insieme a NEUROT. NON
PEPT., possono agire in modo SINERGICO o ANTAGONISTICO.
Possiamo distinguere delle tipologie di NEUROPEPTIDE:
a. PEPTIDI OPPIOIDI gli OPPIACEI sono composti derivanti dal
papavero dell’oppio. I composti che NON derivano dal papavero
dell’oppio ma che sono in grado di legarsi ai RECETTORI DEGLI
OPPIACEI, vengono definiti OPPIOIDI e formano una classe di
NEUROPEPTIDI.
Le 3 principali classi di neuro peptidi sono: encefaline – endorfine
– dinorfine.
I PEPTIDI OPPIOIDI sono presenti in molti neuroni del SNC –
n.intrinseci app.gastrointestinale.
Gli oppioidi esercitano azioni inibitorie su n.cerebrali coinvolti
nella percezione dolore. In effetti i PEPTIDI OPPIOIDI sono tra i
più potenti analgesici conosciuti. Questo effetto analgesico
viene esercitato legandosi ai recettori x gli oppiacei.
b. SOSTANZA P è un peptide a 11 aa. È presente in: n.cerebrali –
n.afferenti primari – n.plessi nervosi del tratto gastrointestinale. La
SOSTANZA P è implicata nella trasmissione del dolore ed
esercita un potente effetto sulla m.liscia.
3. N. GASSOSI
Classe di neurot. scoperta più di recente. A differenze degli altri neurot.,
essi non vengono accumulati in vescicole e non diffondo x
esocitosi ma sono estremamente permeanti e diffondono
semplicemente dalle terminaz. sinaptiche alle cellule vicine,
dopo che sono stati sintetizzati. La loro sintesi viene innescata dalla
depolarizzazione della terminaz. Nervosa (gli enzimi stessi vengono
attivati dall’ingresso Ca ).
2+
La limitazione della loro azione è determinata (non da meccanismi di
riassunzione né da degradazione enzimatica), dalla SEMPLICE
DIFFUSIONE o dal LEGAME CON ANIONI SUPEROSSIDI o VARIE PROTEINE
preposte alla loro eliminazione.
Sono esempi di N.GASSOSI: monossido azoto (NO) – monossido
carbonio (CO). Il NO è un neurot. che agisce a livello delle sinapsi tra
motoneuroni inibitori del SN enterico e le cell.muscolari lisce del
tratto gastro-intestinale, ma può anche agire a livello SNC.
Oltre ad agire come neurot., il NO agisce da molecola di trasduzione
del segnale cellulare sia nei n. che cell. non nervose (es.pag.110).
RECETTORI PER NEUROTRASMETTITORI
Esiste una varietà di recettori x ciascun neurot. Tali recettori possono
appartenere alla famiglia:
CANALI IONOTROPI (canali ionici regolati da ligandi) (img.pag.112)
sono proteine complesse che possiedono un sito di legame
extracellulare x il neurot. e formano un canale ionico (poro) che
attraversa la memb.. Il recettore è composto da più sub unità
proteiche (da 3 a 5), ciascuna delle quali possiede una serie di
domini che attraversano da parte a parte la memb., alcuni dei
quali formano la parete del canale ionico.
Il legame con il neurot. modifica (di solito aumenta) la probabilità
che il canale si apra, permettendo il passaggio al flusso di ioni e quindi
la creazione di un evento post-sinaptico. Gli eventi post-sinaptici
mediati da questi canali sono RAPIDI (qualche ms) e possono essere
sia INIBITORI – ECCITATORI.
CANALI METABOTROPI (recettori accoppiati a proteine G) non
sono canali ionici. Tali recettori, a differenza degli ionotropi, mediano
eventi post-sinaptici LENTI (durata da qualche ms a min).
A seconda del NEUROT., distinguiamo:
a) Recettori x ACETILCOLINA sono stati suddivisi in 2 classi:
Recettori NICOTINICI: vengono definiti tale in seguito alla loro
capacità di legarsi alla nicotina. Fanno parte della famiglia degli
IONOTROPICI. Questi canali contengono 1 canale cationico
relativamente NON selettivo, x cui il legame con
l’ACETILCOLINA genera un evento post-sinaptico ECCITATORIO
(EPSP).
Da un punto di vista strutturale, sono pentomeri composti da 5
tipologie di sub unità: α-β-γ-δ-ε che possono essere presenti in
numero diverso (es. giunz. neuromuscolare canale composta da:
2α- β-γ-δ-ε; SNC canale composto da: 3α- 2β). Tale differenza
genera diverse sensibilità farmacologiche, cinetiche di canale e
selettività.
I rec.nicotinici mediano la trasmissione sinaptica nelle
GIUNZ.NEUROMUSCOLARE e anche all’INTERNO SNC.
Recettori MUSCARINICI: vengono definiti tale in seguito alla loro
capacità di legarsi alla muscarina. Esistono 5 diverse tipologie (M1
a M5), che fanno tutte parte della famiglia dei METABOTROPICI
ma che si differenziano x l’accoppiamento a proteine G diverse
con conseguenti effetti differenti sulle cellule (es. M1-M3-M5
sono accoppiati a prot. G non sensibili a tossina pertosse – M2-M4
sono accoppiati con prot.G sensibili a tossina pertosse).
b) Recettori x AA INIBITORI: GABA – GLICINA le + comuni sinapsi
inibitore del SNC utilizzano la GLICINA – GABA. Le sinapsi glicinergiche
predominano nel MS, mentre quelle GABAergiche nel cervello.
I recettori x GLICINA e GABA sono IONOTROPICI, ciascuno di questi
recettori ha un canale x il Cl che si apre quando il LIGANDO si
-
unisce alla porzione recettoriale. Quindi la probabilità di apertura di
questi canali e il loro tempo di apertura sono controllati dalla
concentrazione del neurotrasmettitore con cui si lega in maniera
spefica.
RECETTORI X GLICINA sono pentameri che possono essere sia
ETEROMETRICI delle sub unità α-β sia OMOMERI. Tali varianti sono
espressi in modo diverso nel corso delle sviluppo e nelle varie regioni
cerebrali. La composizione molecolare appare correlata con la loro
localizzazione nella cellula: ETEROMETRI situati a livello
postsinaptico – OMOMERI situati in sede extrasinaptica. Ciascuna
variante induce la formazione di recettori con conduttanza,
cinetica, affinità x gli agonisti e antagonisti, diversi.
RECETTORI X GABA si conoscono REC.IONOTROPI (GABA A – GABA C) e
REC.METABOTROPI (GABA B). I GABA A sono eterometri generati da 7
classi di sub unità. Le diverse sub unità conferiscono ai recettori
proprietà diverse (es. GABA A è il bersaglio delle BENZODIAZEPINE –
BARBITURICI e può essere influenzate da entrambi (pag.113), mentre i
GABA C sono strutturalmente simili ai GABA A ma hanno profili
farmacologici diversi, ad es. non vengono influenzati dalle
BENZODIAZEPINE).
Il recettore GABA B, quando viene ad essere legato con GABA, attiva
PROTEINA G che porta all’attivazione canali K e perciò induce
+
iperpolarizzazione della cell.postsinaptica e inibizione canali Ca 2+
con conseguente riduzione rilascio neurotrasmettitori.
c) Recettori x AA ECCITATORI: GLUTAMMATO si hanno dei recettori
che possono essere sia IONOTROPICI che METABOTROPICI. In base
alle loro prop. farmacologiche e alle SUBUNITA’ che li compongono, si
sono identificati più sottotipi di REC.IONOTROPICI: AMPA – NMDA –
KAINATO. Tutti questi canali ionotropici sono ECCITATORI e
contengono un canale selettivo x cationi, perciò sono permeabili agli
Na - K , ma solo una parte di essi è permeabile al Ca .
+ + 2+
Il funzionamento di AMPA – KAINATO è lo stesso degli altri canali
ionototropici, mentre NMDA presenta delle peculiarità: x potersi aprire
richiedono il legame sia del GLUTAMMATO – GLICINA. Presentano
sensibilità al voltaggio perché possono essere bloccati dagli Mg : a
2+
POT. DI RIPOSO 1 Mg blocca l’ingresso del canale, cosicché
2+
attraverso di esso non fluisce corrente anche quando è legato
GLUTAMMATO – GLICINA. Tuttavia se la cell. viene DEPOLARIZZATA, il
blocco Mg viene rimosso e la corrente può fluire. Altra
2+
caratteristica riguarda la loro permeabilità al Ca . La combinazione
2+
delle 2 caratteristiche, sensibilità al voltaggio - permeabilità al Ca ,
2+
ha permesso di formulare l’ipotesi del loro coinvolgimento
nell’apprendimento – funzioni correlate a memoria.
Per quanto riguarda i REC.METABOTROPICI, sono classifica in 3 gruppi:
GR. I si trova a livello post-sinaptico – GR. II-III si trovano a
livello pre-sinaptico. Questi recettori, generano EPSP lenti.
d) Recettori x le PURINE (ATP) si hanno RECETTORI
IONOTOTROPICI – RECETTORI METABOTROPICI. Dei RECETTORI
IONOTOTROPICI, sono stati identificati 7 tipi sub unità, la cui
distribuzione varia all’interno del cervello. Questi recettori in genere,
formano un canale cationico che è permeabile agli Na - K - Ca .
+ + 2+
I REC.METABOTROPICI sono caratterizzati dal fatto che attivano
correnti K e modulano sia correnti REC. NMDA – correnti Ca
+ 2+
voltaggio-dipendenti.
e) Recettori x AMINE BIOGENE sono tutti REC.METABOTROPICI a
parte una classe di REC. x la SERATONINA che sono IONOTOTROPICI.
Perciò da questi rec. si avranno eventi post-sinaptici lenti.
f) Recettori x NEUROPEPTIDI sono essenzialmente tutti di tipo
METABOTROPICO. Possono essere localizzati non solo nelle sinapsi ma
anche in altre zone, perciò possono essere attivati da quei neuro peptidi
presenti a livello extracellulare.
g) Recettori x NEUROTRASMETTITORI GASSOSI non sono presenti
recettori in quanto diffondo x diffusione, e influenzano l’attività cellulare
andando ad attivare enzimi implicati in cascate di secondo
messaggero. Inoltre è stativo visto che NO modifica l’att. di altre
proteine come i recettori NMDA e la POMPA Na -K - ATPasi.
+ +
SIST.SOMATOSENSITIVO (cap.7)
Nervi spinali
Sono nervi misti, cioè formati da (nella parte più vicina al midollo) fibre
motorie (somatiche-viscerali) e da fibre sensitive (somatiche-viscerali).
Essi però a distanza dal midollo tendono a separarsi, confluendo in altri plessi
di nervi.
I nervi spinali sono 33 paia: 8 cervicali – 12 toracici – 5 lombari – 5 sacrali
– 3 coccigei.
ORIGINE APPARENTE a livello della superficie laterale MS (fori
intervertebrali).
ORIGINE REALE a livello corna MS (sost.grigia).
Ciascun nervo si forma x l’unione di 2 radici ANTERIORE-POSTERIORE a
livello del foro intervertebrale:
Radice ANTERIORE Fornisce ai nervi spinali la componente motrice
(effettrice). Questa componente può essere:
Motrice somatica costituita da motoneuroni alfa – gamma che
hanno origine nella radice anteriore e si dirigono rispettivamente alle
fibre muscolari (m. alfa) e ai fusi neuromuscolari (m.gamma)
Motrice viscerale originano a dal corno laterale e sono diretti ad
innervare la m.liscia.
Radice POSTERIORE formata da FIBRE SENSITIVE, la cui origine
apparente è a livello del SOLCO LATERALE POSTERIORE, mentre l’origine reale
è a livello dei neuroni pseudounipolari dei GANGLI SPINALI, i quali sono
localizzati lungo il decorso delle radici posteriori (img.pag.63).
Questi neuroni vanno a costituire il SISTEMA SOMATOSENSITIVO, il quale
fornisce al SNC info sullo stato del corpo e sui suoi contatti con il mondo
esterno.
Le info somatosensitive giungono grazie a NEURONI SOMATOSENSITIVI DI
I°ORDINE (sono neuroni pseudo unipolari??), i quale presentano un CORPO
localizzato nel GANGLIO delle RADICI DORSALI e nei GANGLI dei NERVI
CRANICI. Da ogni corpo si origina un assone che dopo breve distanza si
suddivide in un PROCESSO CENTRALE – PROCESSO PERIFERICO.
PROCESSO PERIFERICO i RAMI PERIFERICI delle cellule gangliari si
riuniscono tra loro e formano i NERVI PERIFERICI. Questi nervi andranno ad
innervare diverse parti del nostro corpo e in prossimità di organi bersalgio, il
processo periferico si suddivide ripetutamente e la terminazione di ogni suo
ramo terminale va ad essere incapsulata in cellule accessorie, formando
RECETTORI SENSITIVI. Tali recettori sono capaci di trasdurre
en.meccanica (pressione – stiramento – vibrazione) – en.termica in
SEGNALI ELETTRICI. Questi segnali elettrici vengono ad essere generati
all’estremità distali delle fibre nervose somatosensitive.
PROCESSO CENTRALE sono fibre delle cellule gangliari che se originano da
cellule GANGLI delle RADICI POSTERIORI, penetrano nel MS, mentre se
originano da cellule GANGLI dei N.CRANICI, penetra nel TE. Le RADICI
DORSALI di un lato di ogni segmento spinale sono formati esclusivamente
da PROCESSI CENTRALI.
Dalle fibre del processo centrale si originano diverse ramificazioni che
possono contrarre sinapsi con diversi tipi di cellule. Le sedi di
terminazione di queste ramificazioni sono diverse e dipendono dal tipo di info
che vengono trasmesse.
A livello corticale le info somatosensitive vengono elaborare in numerose
aree corticali. Le info somatosenstive vengono trasmesse al cervelletto, oltre
che da n. I° ordine, anche da n. II° ordine, che le utilizza x lo svolgimento del
suo compito nei processi di COORDINAZIONE MOTORIA.
Distribuzione innervazione somatosensitiva del CORPO
Nell’adulto ogni ganglio delle radici dorsali innerva una specifica
regione cutanea DERMATOMERO. (leggi nota pag.122).
Ogni DERMATOMERO, oltre a ricevere la sua principale innervazione dal
corrispondente segmento del MS, riceve anche fibre afferenti
provenenti da segmenti MS adiacenti. Per questa ragione, la sezione di
una sola radice dorsale, provoca soltanto una perdita parziale della
(x ottenere anestesia di un
sensibilità nel dermatomero corrispondente
determinato dermatomero è necessario sezionare ALCUNE radici dorsali
CONTIGUE).
La disposizione delle fibre all’interno delle RADICI DORSALI non è casuale: le
GRANDI FIBRE AFFERENTI PRIMARIE MIELINICHE assumono una posizione
mediale – PICCOLE FIBRE MIELINICHE-AMIELINICHE si collocano nella porzione
più laterale della radice dorsale.
Le GRANDI FIBRE AFFERENTI PRIMARIE MIELINICHE, situate medialmente,
entrano nelle COLONNE DORSALI e si dividono in 2 BRANCHE che
emettono collaterali che terminano a livello dei segmenti spinali vicini:
Branca diretta ROSTRALMENTE può ascende fino al BULBO,
contribuisce a formare VIA COLONNE DORSALI-LEMNISMO MEDIALE.
Branca diretta CAUDALMENTE
Le branche che terminano su SOST.GRIGIA del MS, trasmettono info ai
neuroni del corno dorsale e costituiscono il braccio afferente di VIE
RIFLESSE (cap.9).
Distribuzione innervazione somatosensitiva della FACCIA
Organizzazione simile a quella delle fibre che innervano il corpo, con fibre
afferenti che decorrono principalmente nelle branche (mandibolare –
mascellare – oftalmico) del NERVO TRIGEMINO e innervano regioni della
faccia simili a dermatomeri. Queste fibre trasportano info di natura tattile –
dolorifica – termica.
I PROCESSI CENTRALI delle cell. del GANGLIO TRIGEMINO penetrano nel TE,
dove alcune fibre terminano in questo nucleo (principalmente quelle di
GRANDE DIAMETRO che trasmettono info tatto fine discriminativo), mentre
altre (calibro intermedio-piccolo che trasmettono info tattili-dolorifiche-
termiche) vanno a formare il tratto spinale del trigemino che discende
attraverso il BULBO, appena lateralmente al NUCLEO SPINALE del TRIGEMINO.
Sist.somatosensitivo nei CENTRI CEREBRALI SUPERIORI
Le info relative alla sensibilità somatosensitiva giungo a livello superiori sul
TALAMO e CORTECCIA SOMATOSENSITIVA.
TALAMO il complesso nucleare ventroposteriore del talamo,
rappresenta la sede diencefalica di terminazione delle info
somatosensitive provenienti dalla periferia. Tale complesso è costituito da 2
nuclei principali, il VPL (nucleo VentroPosterioreLaterale) – VPM e da
un nucleo più piccolo, VPI.
La principale afferenza che giunge al nucleo VPL è quella LEMNISCO-
MEDIALE. La principale del VPM è il tratto TRIGEMINOTALAMICO,
equivalente della VIA TRIGEMINALE.
CORTECCIA SOMATOSENSITIVA i neuroni di III°ordine del TALAMO
proiettano alla CORTECCIA SOMATOSENSITIVA (img.pag.118). Le principali
aree somatosensitive della corteccia cerebrale vengono denominate
area S-I – area S-II.
Nell’area S-I va ad essere rappresentata una mappa somatotopica della
rappresentazione della superficie del corpo e della faccia dell’’uomo
HOMUNCULUS SENSITIVO. La mappa risulta distorta perché il volume del
tess.nervoso devoluto a ogni regione del corpo è proporzionale alla densità
della sua innervazione.
L’homunculus sensitivo rispecchia il meccanismo che viene utilizzato x
codificare la sede degli stimoli (LINEA ATTIVA), il cervello infatti riesce a sapere
che una parte del corpo è stata stimolata perché vengono attivati specifici
neuroni.
L’area S-I risulta ulteriormente suddivisa e ognuna di queste suddivisioni
possiede una mappa somatotopica: area 3a – 3b – 1 – 2. Nella 3b – 1
predominano afferenze di origine cutanea; nelle aree 3°-2 predominano
afferenze di origine muscolare-articolare (propriocettive). Perciò aree
distinte sono deputate all’elaborazione di info TATTILI e PROPRIOCETTIVE.
L’area S-I oltre a essere la stazione iniziale dell’elaborazione delle info
somatosensitive a livello corticale, è anche la sede in cui iniziano i processi
di elaborazione superiore (come estrazione caratteristiche stimolo)
(es.pag.127).
Suddivisione del SIST.SOMATOSENSITIVO
In base alla suddivisione dei suoi recettori, il sist.somatosenstivo riceve 3
tipologie di info:
Info SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA capacità organismo di
percepire stimoli che provengono dal mondo esterno. info
Le
relative al contatto sulla cute di oggetti del mondo esterno,
vengono acquisite grazie recettori cutanei: MECCANOCETTORI –
NOCICETTORI – TERMOCETTORI.
Info SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA fornisce info sulla posizione
del nostro corpo – arti e sul loro movimento. Queste info vengono
acquisite grazie a recettori presenti su articolazioni – muscoli –
tendini (fusi neuromuscolari – organi muscolo-tendinei Golgi)
(fatti in cap.9). Possiamo distinguere una PROPRIOCETTIVITA’
GENERALE propriocettori muscoli – tendini – articolazioni; e una
PROPRIOCETTIVITA’ SPECIFICA app.vestibolare.
Info SENSIBILITA’ ENTEROCETTIVA forniscono info sullo stato
interno del nostro corpo. Tali info vengono acquisite attraverso
MECCANOCETTORI (es. meccanocettori che danno info sulla dilatazione
vesica).
SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA
Si distinguono abitualmente:
S.SPECIFICA dipende da organi ben differenziati e specializzati
nell’adempimento esclusivo di una determinata funzione (vista, udito,
olfatto, gusto)
S.GENERALE dipende da recettori diffusi in tutto il corpo (nella cute,
nel connettivo sottocutaneo, nei muscoli e nei tendini, nei visceri, nelle
ossa ecc.). Nell’ambito della s. generale si distinguono poi s. superficiali
(comprendenti la s. tattile, termica, dolorifica) e s. profonde
(comprendenti la s. vibratoria o pallestesia, di movimento o chinestesia,
di pressione o bariestesia, di posizione).
S.SPECIFICA
Sistema visivo
Il sist. visivo rileva e analizza onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda
compresa tra 400-750 nm, che costituiscono l’ambito della luce visibile.
L’occhio può distinguere 2 aspetti della luce: luminosità (luminanza) –
lunghezza d’onda (o colore).
STRUTTURA OCCHIO
Strati occhio l’occhio è costituito da 3 strati concentrici:
Strato ESTERNO lamina fibrosa che comprende:
Cornea lamina trasparente ricoperta da epitelio chiamato
o congiuntivite.
Sclera lamina opaca.
o
Strato INTERMEDIO lamina vascolare che comprende:
Iride contiene fibre muscolari lisce disposte circolarmente a
o formare m.dilatatori e m.sfintere della pupilla. Svolge la stessa
funzione del diaframma di una macchina fotografica, andando a
regolare profondità campo – entità aberrazione sferica.
Coroide ricca vasi sanguigni che irrorano gli strati esterni
o della retina e contiene pigmenti.
Strato INTERNO costituito dalla RETINA.
Mezzi diottrici dell’occhio la luce entra nell’occhio attraverso la CORNEA
e attraversa in successione una serie di fluidi e strutture trasparenti:
Cornea
Umor acqueo situato nella camera anteriore – posteriore. La sua
pressione determina la pressione intraoculare. Insieme all’UMOR
VITREO, contribuiscono a mantenere la forma del globo oculare.
Cristallino la luce che origina da un qualunque oggetto di interesse
viene messa accuratamente a fuoco sulla retina dalla CORNEA e
CRISTALLINO, che rifrangono la luce. La CORNEA determina la maggior
parte del potere di rifrazione dell’occhio che x la cornea risulta fisso
(43diottrie), l’altra parte è determinata dal CRISTALLINO, che a differenza
della cornea può modificarsi di posizione grazie alla
contrazione/rilasciamento dei m.ciliari, cambiando il suo potere di
rifrazione (13-26D). Perciò il CRISTALLINO è responsabile della
regolazione della messa a fuoco dell’occhio.
Umor vitreo localizzato nello spazio retrostante il cristallino. Insieme
all’UMOR VITREO, contribuiscono a mantenere la forma del globo
uculare.
RETINA
Strati RETINA (img.pag.140)
La retina presenta 10 strati.
1°strato è lo strato più interno, rappresentato da un epitelio pigmentato,
localizzato immediatamente all’interno della coroide. Le cellule di questo
epitelio possiedono processi di forma tentacolare che si estendono nello
strato 2, dove sono localizzati i segmenti esterni dei fotorecettori. Questi
processi impediscono la dispersione di luce in direzione trasversale, tra
i fotorecettori – contribuiscono al mantenimento del contatto tra gli
strati 1-2, in maniera da fornire sost.nutrienti e rimuovere quelle
inutilizzate.
Strati nei quali si estendono i FOTORECETTORI: i fotorecettori sono
BASTONCELLI – CONI, i quali risultano composti da segmento
esterno/interno – corpo cellulare – terminazione sinpatica
2° strato (strato dei fotorecettori) sono presenti i segmenti
o esterni e interni dei fotorec.
Seg.esterni ..> dei BASTONCELLI risultano più lunghi di quello dei CONI.
Entrambi contengono una serie di DISCHI MEMBRANOSI
(img.pag.141) costituti da introflessioni della memb.di superficie.
Questi DISCHI contengono grandi quantità di un FOTOPIGMENTO,
ma la loro densità è più elevata nei BASTONCELLI, spiegando in parte
la loro maggiore sensibilità alla luce è noto che 1 SINGOLO
FOTONE è capace di evocare una risposta di un bastoncello, mentre sono
necessarie alcune CENTINAIA DI FOTONI x produrre una risposta in un
cono.
Seg.interni ..> sia nei CONI-BASTONCELLI sono connessi al seg.esterno
da un ciglio modificato che contiene 9 paia di microtubuli. Questi
segmenti contengono elevato numero di mitocondri. In questi segmenti
viene ad essere sintetizzato il FOTOPIGMENTO che andrà poi ad
essere incorporato nei DISCHI del SEG.ESTERNO.
3° strato (memb.limitante esterna) è una striscia continua
o costituta dalla formazione di giunzioni strette tra la porzione terminale
CELLULE MULLERI (glia) – segmento interno fotorecettori. Queste
cellule svolgono la funzione di assicurare mantenimento geometria
interna retina.
4° strato (strato nucleare esterno) sono localizzati i CORPI
o CELLULARI dei FOTORECETTORI.
5° strato (strato plessiforme esterno) contiene le sinapsi tra i
o FOTORECETTORI – INTERNEURONI RETINICI (cell. BIPOLARI –
ORIZZONTALI).
6°strato (strato nucleare interno) contiene i corpi cellulari di alcuni
INTERNEURONI RETINICI (BIPOLARI – ORIZZONTALI – AMACRINA) e delle
CELL.MULLER.
7° strato (strato plessiforme interno) presenta sinapsi tra
INTERNUERONI RETINICI dello strato nucleare interno e le CELL.GANGLIARI
presenti nello strato successivo.
8° strato (strato cell.gangliari) sono localizzati i corpi cellulari delle
gangliari. Queste cell. rappresentano l’uscita della retina, in quanto sono i
loro assoni che trasmettono le info visive al cervello e che vanno a
costituire lo strato successivo.
9° strato (strato delle fibre ottiche) costituiti dagli assoni delle
gangliari che insieme formano il complesso delle fibre ottiche che passano
attraverso la superficie della retina (dalla parte dell’umor vitreo), evitando la
FOVEA ed entrando nel DISCO OTTICO dal quale lasciano l’occhio costituendo
il N.OTTICO.
10° strato (memb.limitante interna) costituita dai processi terminali
delle CELL.MULLER.
Variaz.regionali della retina
La porzione funzionale della retina ricpore tutta la superficie posteriore
dell’occhio, a eccezione del disco ottico, a livello del quale il N.OTTICO esce
dalla retina.
Nella retina distinguiamo una regione ispessita e pallida, definita MACULA
LUTEA (img.pag.138). L’ispessimento è dovuto alla alta concentrazione di
fotorecettori – interneuroni, determinando un elevato potere di
risoluzione di questa regione retinica; essa rappresenta l’area della
visione centrale. Il color pallido dovuto al fatto che non contiene né fibre
n.ottico né vasi sanguigni, che vengono deviati attorno ad essa.
Al centro della MACULA LUTEA è presente una depressione, la FOVEA.
Rappresenta la regione retinica con la più elevata acuità visiva, dove il
punto di fissazione viene ad essere messo a fuoco.
L’elevata acuità visiva è dovuta al fatto che in questa zona gli strati retinici
appaiono spinti lateralmente (img.pag.138). In questo modo la luce può
raggiungere direttamente i fotorecettori foveali senza dover
attraversa gli strati interni della retina, in questo modo viene
minimizzata sia la distorsione delle immagini sia la dispersione della
luce. Inoltre è presente un’elevata densità dei coni (grafico pag.142) e ciò
spiega il motivo x cui il potere risolutivo e la qualità delle immagini sono così
elevati in questa zona.
In corrispondenza del DISCO OTTICO, non sono presenti fotorecettori e di
conseguenza non vi è sensibilità alla luce. Questa macchia cieca viene
comunque ignorata dall’uomo sia perché le corriposndeti parti del campo visivo
possono essere vista dall’occhio contro laterale, sia perché esiste un fenomeno
psicologico x cui le img. incomplete tendono ad essere completate a livello
percettivo.
Come funzione occhio?
Per poter vedere, è necessario che l’ASSE VISIVO del nostro occhio sia orientato
verso un determinato bersaglio visivo. La possibilità di poter spostare l’asse è
consentito grazie alla presenza del m.oculomotore che permette di spostarlo
verso il bersaglio visivo, definito come punto di fissazione. La luce che
origina dal punti di fissazione si propaga lungo l’asse visivo, passando per il
PUNTO NODALE del cristallino e viene messo a fuoco sulla FOVEA
(img.pag.138). La luce che origina da tutte le altre porzioni del campo visivo
viene a cadere sulla retina circostante la fovea.
La messa a fuoco della luce sulla retina dipende dal CRISTALLINO e
dall’IRIDE. Il CRISTALLINO va a determinare un aumento messa a fuoco
aumentando la sua convessità.
Quando l’IRIDE costringe la pupilla, la profondità di campo aumenta e la
luce viene diretta attraverso la parte centrale del cristallino dove
l’aberrazione sferica è minima . Si ha costrizione dell’occhio quando si
devono svolgere attività che richiedono immagini visive accurate, es. leggere,
oppure si ha costrizione x via riflessa di fronte a forti sorgenti di luce, in
maniera da assicurare un apporto di luce adeguato.
Dal momento che la luce colpisce la retina, stimola i FOTORECETTORI. I
BASTONCELLI possiedono un’elevata sensibilità alla luce, che permette
loro di rilevare stimoli luminosi a bassa intensità, ma non forniscono
info ben definite sulle immagini, né contribuiscono alla visione dei
colori. I bastoncelli operano in maniera ottimale con la luce diurna (visione
fotopica).
CONI sono responsabili dell’acuità visiva e della visione colori.
La sensibilità alla luce è possibile grazie alla presenza di
FOTOPIGMENTI presenti nei fotorecettori In entrambi i fotorecettori
sono presenti FOTOPIGMENTI, che permettono l’assorbimento della luce. Il
pigmento presente nei segmenti esterni dei BASTONCELLI RODOPSINA,
costituita dal legame del RETINALE –cis (vit A) con la glicoproteina OPSINA.
Quando la RODOPSINA viene colpita dalla luce, si verifica un fenomeno di
isomerizzazione in forma tutta trans del retinale che di stacca dall’opsina e
viene convertito in RETINOLO, dando origine ad una genesi di impulsi
elettrici.
Nei CONI si hanno invece 3 diverse varianti di pigmenti visivi che
assorbono luce di lunghezza d’onda diverse. Luci di lunghezza d’onda
diversa danno la possibilità di poter vedere colori differenti, ma comunque tali
spettri risulta però così ampi da potersi sovrapporre tra loro (grafico
pag.142), creando miscele di colori.
Le lunghezze d’onda diverse oscilla all’interno di un range che va da 400-
700nm, i nostri occhi non sono in grado di percepire lunghezze d’onda al di
sopra o al di sotto di tale range.
Stato generale dei fotorecettori in condizione di BUIO e LUCE
BUIO i fotorecettori risultano leggermente depolarizzati (-40mV). Ciò è
dovuto alla presenza di canali Na nel segmento esterno dei fotorec. che
+
risultano aperti. Questi canali sono ligando dipendenti, e il ligando in
questione è il GMPc. Per essere aperti significa che in condizioni di buio c’è una
↑GMPc, che provoca l’entrata di Na con conseguente depolarizzazione del
+
pot. membrana che determina il rilascio di GLUTAMMATO da parte delle
sinapsi dei BASTONCELLI (strato 5). La concentrazione di Na all’interno della
+
cellula viene mantenuto a un livello stazionario x azione della pompa Na -
+
K -ATPasi.
+
LUCE l’assorbimento di luce da parte dei BASTONCELLI, determina
l’isomerizzazione della RODOPSINA che attiva una proteina G
(TRASDUCINA) che a sua volta attiva una FOSFODIESTERASI del GMPc, la
quale idrolizza GMPc 5-GMP, determinando ↓GMPc nel citoplasma dei
bastoncelli. La riduzione del GMPc provoca chiusura canali Na , con
+
conseguente iperpolarizzazione della memb. fotorecettore - ↓ rilascio
GLUTAMMATO.
L’elevata sensiblità dei bastoncelli è possibile grazie alla capacità di attivarsi
in seguito ad unico fotone – meccanismo di amplificazione, grazie al
quale una singola rodopsina può attivare centinaia di molecole di
trasducina e fosfodiesterasi.
Nei CONI, in condizione di luce, avvengono dei processi simili a quello dei
BASTONCELLI, con la differnza che l’iperpolarizzazione avviene molto più
rapidamente.
Riepilogo: in tutti i fotorecettori la presenza di luce provoca
IPERPOLARIZZAZIONE FOTORECETTORE – RIDUZIONE RILASCIO
NEUROTRASMETTITORE.
Adattamento visivo alle condizioni di LUCE e BUIO A seconda di
condizioni di LUCE o BUIO, la retina ha la capacità di adattarsi regolando la
propria sensibilità alla luce.
Adattamento alla LUCE la luce colpisce i fotorecettori, stimolando i foto
pigmenti. Nei BASTONCELLI la RODOPSINA, colpita dalla luce, subisce
modificazioni in seguito ad isomerizzazione del cis-retinale nella forma
tutto –trans. In questa forma il RETINALE si distacca dall’OPSINA e come
conseguenza sia avrà ..> ↓RODOPSINA. La riduzione della quantità del foto
pigmento (in questo caso la RODOPSINA) comporta una riduzione della
sensibilità visiva.
L’adattamento alla luce in pochi secondi è possibile principalmente grazie ai
CONI in quanto i pigmenti presenti al loro interno si scindono più
lentamente rispetto alla rodopsina presente nei BASTONCELLI.
Adattamento al BUIO nei fotorecettori, non essendo più colpiti dalla stessa
quantità di fotoni presenti in condizioni di luce, si ha ↑RODOPSINA poiché non
viene ad essere scissa e viene ad essere rigenerata a partire dal RETINALE-
trans. L’aumento delle concentrazioni di RODOPSINA, provoca un aumento
sensibilità visiva. I CONI si adattano al buio molto più rapidamente
rispetto ai BASTONCELLI, ma presentano una soglia di adattamento
relativamente alta e perciò i CONI non funzionano quando le condizioni
di illuminazione sono scarse. I BASTONCELLI presentano, al contrario, una
capacità di adattamento al buio piuttosto lenta (circa 10min), ma dopo
che l’adattamento è avvenuto, manifestano una sensibilità visiva maggiore
rispetto ai CONI. Ne consegue che la visione al buio è mediata dai
BASTONCELLI, mentre l’acuità visiva – distinzione dei colori (che sono funzioni
dei CONI) risultano rispettivamente bassa e indistinguibile (visione
scotopica). Il ripristino della funzione dei CONI (visione fotopica) e quindi
dell’acuità visiva – distinzione dei colori avviene in condizioni di
adattamento alla luce.
Differenze funzionali CONI e BASTONCELLI
BASTONCELLI
Rispetto ai CONI hanno:
maggiore quantità foto pigmento – migliore sistema
amplificazione – più numerosi ciò permette ai BASTONCELLI di
funzionare meglio in condizioni di LUCE CREPUSCOLARE (visione
(la perdita funz.bastoncelli determina cecità notturna).
scotopica)
Rispetto ai CONI hanno però:
unico foto pigmento non possono segnalare le differenze legate ai
colori
molti bastoncelli convergono sulla stessa c.bipolare campo
recettivo ampio e quindi bassa risoluzione.
scissione rapida RODOPSINA in condizione alta luminosità non
possono funzionare in condizioni di luminosita normale (visione
fotopica)
CONI
Rispetto ai BASTONCELLI hanno:
soglia più elevata alla luce non vengono attivati in condizione di
buio, ma gli permette di operare ottimamente alla luce diurna.
(Perdita funzione CONI provoca cecità funzionale, in quanto la visione
mediata da bastoncelli non è sufficiente da sola x assicurare lo
svolgimento normali att.visive).
Stabiliscono rapporti 1:1 con cell.bipolari campo percettivo
piccolo che permette alta risoluzione (acuità visiva)
3 fotopigmenti permettono visione colori
Struttura circuito retinico
La luce colpendo i fotorecettori, rappresenta il segnale che afferisce alla retina
(via afferente). Tale segnale viene ad essere elaborato dagli interneuroni
retinici, x poi essere trasmessi tramite gli assoni delle CELL.GANGLIARI al SNC
(vie efferente).
Spiegaz. E img. circuito pag.145.
Le distanze tra gli interneuroni retinici sono estremamente ridotte e di
conseguenza per la maggior parte delle operazioni che avvengono nel circuito
intraretinico sono sufficienti RECETTORI e POT.SINAPTICI, mentre i PA non
sono necessari x la maggior parte degli interneuroni. Solo le
CELL.GANGLIARI e le AMACRINE sono capaci di generare PA, il motivo x le
amacrine non è ancora conosciuto, mentre x le GANGLIARI è dovuto al loro
ruolo di dover andare a trasmettere info a distanze relativamente grandi
(RETINA – CERVELLO).
I pot. sinaptici che ritroviamo nel circuito intraretinico possono essere sia
IPERPOLARIZZANTI – DEPOLARIZZANTI. Quelli IPERPOLARIZZANTI
↓NEUROTRASMETTITORE liberato da term.sinap.
Quelli DEPOLARIZZANTI ↑NEUROTRASMETTITORE.
Il POT.RECETTORE dei fotorec. è iperopolarizzante.
Campi recettivi
Le CELL.GANGLIARI rappresentano l’uscita dell’info visiva dalla retina che viene
ad essere veicolata verso il SNC. L’info portata dalle cell.gangliari è il frutto
dell’elaborazione da parte dei vari interneuroni retinici.
Campo recettivo di un FOTORECETTORE è piccolo e circolare, l’arrivo
di luce all’interno del campo recettivo provoca l’iperpolarizzazione del
fotorec. che di conseguenza↓NEUROTRASMET. (GLUTAMMATO).
Campo recettivo di una CELL.BIPOLARE possono esibire 2 tipi di campi
recettivi, entrambi organizzati secondo un modello centro-periferia
(img.pag.147):
Cell.bipolari centro ON – periferia OFF (CENTRO ON)
rispondono
massivamente (nel senso di numero di potenziali d'azione per secondo) per uno
stimolo luminoso localizzato nel centro del loro campo recettivo
Cell.bipolari centro OFF – periferia ON (CENTRO OFF)
rispondono
massivamente per uno stimolo luminoso localizzato alla periferia del loro campo
recettivo
I campi rec. delle bipolari dipendono dalle afferenze dei FOTOREC. e
CELL.ORIZZONTALI. Il neurotrasm. utilizzato nella via retinica FOTOREC. –
CELL.BIPOLARI – ORIZZONTALI è un neurotrasmettitore eccitatorio
GLUTAMATO, il quale determina dei comportamenti opposti a seconda che si
leghino alle cell.bipolari centro off o on. Le CENTRO OFF presentano dei
REC.IONOTROPICI x il GLUTAMATO (come anche le CELL.ORIZZONTALI), di
conseguenza la presenza di questo neurotrasmet. provoca la
depolarizzazione cell.bipolare centro off (e delle orizzontali).
CENTRO ON presentano REC.METABOTROPICI x glutam. che provocano la
chiusura canali Na . Ne consegue che l’aumento di questo
+
neurotrasmettitore provoca la chiusura di questi canali e quindi una
iperopolarizzazione cell.bipolare centro ON.
Campi recettivi CELL.AMACRINE miscuglio tra CENTRO OFF- ON in
quanto ricevono afferenze diverse sia da cell.bipolari centro ON – OFF.
Campo recettivo CELL.GANGLIARI possono ricevere afferenze
DOMINANTI da parte delle cell.bipolari o cell.amacrine, oppure
un’afferenza mista cell.amacrina-bipolari.
Se quella dominante è l’afferenza CELL.AMACRINE i campi recettivi sono
misti, possono essere sia inibitorie che eccitatorie.
Se quella dominante è l’afferenza CELL.BIPOLARI campi recettivi centro on-
off simile a quella delle bipolari.
Le CELL.GANGLIARI che presentano una dominanza di afferenze da parte
CELL.BIPOLARI sono classificate come cellule P e M (a seconda loro obiettivo
nervoso). C’è poi un’altra tipologia, le cellule W che sembrano essere
influenzate da una afferenza dominante da parte CELL.AMACRINE.
Vie ottiche
Le info originate dalla cell.gangliari dalla retina, vengono trasmesse al cervello
attraverso il N.OTTIVO – CHIASMA OTTICO – TRATTO OTTICO.
Il sistema di lenti dell’occhio fa sì che le immagini che si formano sulle retine
siano rovesciate, in maniera tale che l’immagine della metà sx dello
stimolo si formi sulla RETINA NASALE dell’occhio SX e sulla RETINA
TEMPORALE dell’occhio dx. L’immagine della metà dx al contrario, andrà a
formarsi sulla RETINA TEMPORALE dell’occhio SX e sulla RETINA NASALE
dell’occhio DX.
Inoltre si ha anche un’inversione dell’asse verticale, con la metà superiore
del campo visivo che forma la propria immagine sulla retina inferiore e
viceversa.
Gli assoni della cell.GANGLIARI, a seconda della loro zona di origine sulla retina,
possono andare incontro o meno a decussazioni. Gli assoni in rapporto con
PARTE TEMPORALE di ciascuna retina decorrono nel N.OTTICO passando x la
porzione omolaterale del CHIASMA OTTICO – TRATTO OTTICO,
terminando nella porzione omolaterale CERVELLO.
Gli assoni in rapporto con PARTE NASALE di ciascuna retina decorrono nel
N.OTTICO decussando a livello del CHIASMA OTTICO, passando quindi alla
parte contro laterale TRATTO OTTICO e terminando nella parte contro
laterale CERVELLO. Come conseguenza si avrà che il campo visivo SX sarà
rappresentato nel cervello DX – campo visivo DX sarà rappresentato
nel cervello SX.
Gli assoni delle gangliari possono stabilire poi contatti con numeroso nuclei
cervello, ma x la visione il bersaglio principale è il NGL (Nucleo Genicolato
Laterale) del talamo. A sua volta, dal NGL si possono avere proiezioni alla
corteccia visiva primaria o corteccia visiva striata.
Gli assoni in uscita dal NGL proiettano poi al giro linguale che si trova in
corrispondenza della superficie mediale del lobo occipitale.
S.GENERALE
Sensazione tattile
Importante organo sensitivo relativo a tale sensibilità, è la cute. La quale è
riccamente innervata da diversi tipi di fibre afferenti (tattili-
dolorifiche-termiche). La tipologia di sensazione che deriva, definisce la
MODALITA’ (qualità).
Le fibre che trasportano tali info sono in rapporto con MECCANOCETTORI a
bassa soglia.
Da questi recettori provengono 2 tipologie di risposte:
Risposta RAPIDO ADATTAMENTO (FA fast adapting): si genera
una breve raffica di PA nei primi istanti dello stimolo, x poi non
generare più potenziali se lo stimolo diventa costante (es. se
tocchiamo e stacchiamo un bastoncino dalla cute in continuazione -> tali
fibre scaricano in continuazione al momento che il bastoncino tocca la
cute e al momento che si stacca. Se bastoncino rimane infossato nella
cute -> tali fibre non scaricano) (img.pag.120).
Risposta LENTO ADATTAMENTO (SA) scaricano dall’inizio alla fine
dello stimolo, in continuazione, con frequenze che possono variare.
A loro volta, le fibre SA – FA possono essere suddivise in base al campo
recettivo :
Unita tipo I presentano un campo percettivo piccolo e ben
confinato, con forma circolare (img.pag.121). Al suo interno la
sensibilità agli stimoli è relativamente uniforme ed elevata, mentre
decresce ai margini. FA1 – SA1
Unità tipo 2 questa tipologia di fibre presentano un campo percettivo
più esteso con margini poco definiti e un unico punto di
sensibilità massima, a partire dalla quale la sensibilità si riduce
gradualmente con la distanza. Al contrario della fibra tipo 1, il campo
percettivo della 2 si estende x tutto il dito o buona parte di esso.
(img.pag.121). FA2 – SA2
In seguito a questa suddivisione, si sono identificate 4 classi principali di
fibre (FA1-FA2 – SA1-SA2). Ognuna di questa fibra può terminare come
terminazione libera o all’interno recettore.
CUTE GLABRA (prinva di peli es.palmo mano – pianta piede) le 4 tipologie di
fibre sono associate con 4 diverse tipologie di recettori:
FA1 terminano nei CORPUSCOLI DI MEISSNER, recettori situati appena al
di sotto dell’epidermide.
SA1 terminano nei DISCHI DI MERKEL, recettori situati sullo strato
basale dell’epidermide.
La localizzazione dei recettori di SA1 – FA1 permette di rilevare stimoli che
infossano la cute e x tale motivo presentano un campo recettivo piccolo.
FA2 terminano nei CORPUSCOLI PACINI, disposti nel tess.connettivo
sottocutaneo (img.pag.120).
SA2 terminano nei CORPUSCOLI RUFFINI, disposti nel derma
(img.pag.120).
Sia PACINI – RUFFINI sono disposti in profondità e perciò sono sensibili a
stimoli applicati ad aree cutanee più vaste.
CUTE con PELI presenti differenze rispetto all’innervazione della cute glabra:
UNITA’ PILIFERE sostituiscono le FA1 che non sono presenti. Le
terminazioni di queste fibre risultano libere e si avvolgono attorno ai
follicoli piliferi (img.pag.120). Ogni unità pilifera è connessa con circa 20
peli, x cui finisce con l’avere un campo recettivo relativamente grande e di
forma ovoidale o irregolare.
FA2 connessi sempre ai CORPUSCOLI DI PACINI, i quali non sono situati
nel tess.connettivo sottocutaneo, ma bensì si trovano nei tess.profondi che
circondano muscoli e vasi sanguigni.
SA1 terminano nei DISCHI DI MERKEL, recettori situati sullo strato
basale dell’epidermide.
SA2 terminano nei CORPUSCOLI RUFFINI, disposti nel derma.
Acuità spaziale
Altra caratteristica del sist.somatosensitivo è la capacità di riuscire a
percepire 2 stimoli come distinti. Si percepisce questa distinzione finchè la
loro distanza è superiore a un certo valore soglia, che è differente x le
varie regioni cutanee. La punta delle dita possiede la max capacità
discriminativa (distanza soglia è la più piccola che si osserva).
Alla base dell’acuità spaziale ci stanno le UNITA’ TIPO 1 perché hanno
campi recettivi più piccolo di quelli tipo 2.
La DISTANZA SOGLIA è determinata dalla densità dei recettori tipo 1
(maggiore densità -> minore è il valore soglia e quindi minore è anche la
distanza discriminatoria tra un punto ed un altro).
Da cosa dipende la codifica dell’INTENSITA’ di uno stimolo tattile?
Dipende dalla frequenza di scarica delle fibre SA quando una fibra SA
viene stimolata mediante brevi impulsi, viene avvertita un sensazione di
pressione stazionaria a livello del campo recettivo della fibra. Man a mano
che aumenta la frequenza degli impulsi, viene percepito un aumento di
pressione, ma la sensazione di dolore che può scaturire, non va ad essere
percepita dalla stessa classe di fibre SA, ma bensì da gruppi di fibre
diverse da quelle che fanno uso di MECCANOCETTORI a BASSA SOGLIA.
Ciò è determinato dal fatto che il sistema sensoriale si basa su un principio di
LINEA ATTIVATA, cioè le info provenienti da MECCANOCETTORI –
NOCICETTORI – PROPRIOCETTORI, utilizzano popolazione di cellule
specifiche relativamente distinte tra loro e che presentano anche diverse
connessioni a livello del SNC. Di conseguenza la stimolazione di uno
specifico gruppo di fibre sensitive provoca “l’attivazione” di quella
determinata linea sensitiva che viene percepita distintamente dal cervello.
Variazioni dell’attività di uno specifico gruppo di fibre sensitive afferenti, non
determina modifiche della qualità (MODALITA’) dello stimolo (es.
sensazione dolore che proviene da fibre tattili) ma solo dell’INTENSITA’.
Vie somatosensitive x il TATTO: via colonne dorsali-lemnisco mediale
Le info sulle diverse modalità somatosensitive decorrono x un lungo tratto, in
vie distinte fino al MS o TE. Tale segregazione funzionale non è assoluta, ad
es. nonostante lesioni colonne dorsali (via tatto fine discriminativo) si può
avere un parziale recupero della capacità tattile discriminative.
TATTO FINE DISCRIMINATIVO le info tattili fini discirminative provenienti
dal corpo, vengono convogliate prevalentemente dalla VIA COLONNE
DORSALI-LEMNISCO MEDIALE. Le info tattili fini della faccia, vengono
convogliate dalle VIE TRIGEMINALI.
TATTO GROSSOLANO queste info vengono convogliate prevalentemente
dal sistema anterolaterale.
Sensazione dolorifica – termica
Sensazioni di dolore – termiche sono reciprocamente correlate e sono
mediate da popolazioni di recettori che si sovrappongo tra loro e le info
che essi rilevano vengono ad essere trasmesse dagli stessi tipi di fibre
del SNP e dalle stesse vie del SNC.
Le sensazioni di dolore NON sono dunque semplicemente, l’attivazione più
intensa di vie devolute alle sensazioni tattili.
Nocicettori e fibre afferenti primarie
Le fibre che trasmettono info dolorifiche-termiche si differenziano in:
Fibra Aδ conducono segnali a velocità più elevata rispetto alle
FIBRE C e sembrano essere responsabili del primo dolore.
Fibra C più lente rispetto all’altra tipologia fibra e sono responsabili
del secondo dolore. Perciò dopo uno stimolo lesivo, dapprima si avverte
una sensazione di dolore acuto, estremamente localizzato (primo
dolore), seguita da una sensazione più ottusa e diffusa (secondo
dolore).
Entrambe le tipologia, terminano x la maggior parte come terminazioni
LIBERE in grado di ricevere stimoli meccanici-termici-chimici . Nonostante la
mancanza di specializzazioni morfologiche presenti a livello delle terminazioni,
entrambe le tipologie risultano notevolmente eterogenee. Si avrà perciò una
classificazione di queste fibre secondo: DIMENSIONI – SENSIBILITA’ A
STIMOLI MECCANICI-TERMICI (leg.nota pag.129)-CHIMICI- INSENSIBILI –
SOGLIA DI STIMOLAZIONE (possono avere un’alta o bassa soglia di
stimolazione o essere anche inattivi).
Le fibre afferenti possono essere sensibili a uno o più stimoli e proprio in
base a ciò vengono ad essere distinti: FIBRE C meccanosensibili – FIBRE C
meccanotermosensibili (fibre C POLIMODALI) – FIBRE Aδ-C sensibili al
freddo – FIBRE Aδ meccanosensibili – FIBRE Aδ meccano
termosensibili.
Esistono quindi diverse tipologie di fibre afferenti, anche se le più comuni sono
le FIBRE C MECCANOTERMOSENSIBILI (POLIMODALI) e le seconde più
comuni sono quelle INSENSIBILI a stimoli meccanici – termici.
Considerando che queste fibre sono x la maggior parte terminazioni libere, la
diversa sensibilità, determinante una popolazione eterogenea, sembra
essere dovuta dalla presenza di DIVERSI RECETTORI DI MEMBRANA
localizzati nella memb. delle terminazioni.
Nonostante la difficoltà nel riuscire a localizzare questi recettori (in virtù della
loro bassa densità), negli ultimi tempi sono stati identificati alcuni possibili
candidati responsabili di questa diversità. Tra questi menzioniamo il recettore
x la capsaicina , espresso nelle cellule dei gangli delle radici dorsali.
Questo recettore appartiene ad una famiglia di proteine definite proteine TRP
(Transient Receptor Potential) e rappresentano i candidati + probabili a
fungere da trasduttori di sensazioni termiche. In questi recettori, la
temperatura agisce direttamente con un meccanismo a barriera.
Per quanto riguarda i recettori che trasducono stimoli meccanici-nocivi, non
sono stati ancora identificati con sufficiente certezza.
Entrambe le tipologie di recettori (termici – meccanici nocivi), come x i
REC.BASSA SOGLIA che mediano la sensazioni TATTILI INNOQUE, determinano
l’insorgenza di un potenziale che provoca la scarica della fibra afferente che
trasmette info al SNC. Inoltre l’attivazione dei nocicettori provoca anche la
liberazione locali di diversi composti chimici (tachichine – proteina
correlata alla calcitonina). Il rilascio di queste sostanze provoca
l’insorgenza di infiammazione neurogena (edema – arrossamento cute
circostante). Oltre a provocare la REAZIONE LOCALE, queste sostanze
chimiche sono in grado di attivare NOCICETTORI INSENSIBILI essi, una
volta attivati, acquisiscono così la capacità di rispondere a quegli stimoli
nocivi che andranno ad essere applicati in seguito, provocando
l’ALLODINIA (insorgenza di sensazioni di dolore dopo l’applicazioni di stimoli
che, prima della lesione, erano percepiti come innocui).
Collegamento FIBRE AFFERENTE al MS sia le fibre Aδ-C terminano in
punti differenti del corno dorsale del MS, al quale trasmettono info
dolorifiche-termiche. Il fatto che terminino in sedi differenti, suggeriscono
che i segnali vengono mantenuti separati all’interno del SNC e ciò è
coerente con la nostra capacità di avvertire 2 tipi distinti di dolore.
FIBRE DERIVANTI DAL CAPO Le FIBRE AFFERENTI PRIMARIE dei NOCICETTORI
– TERMOCETTORI del capo, raggiungono il TE attraverso il n.trigemio (V
n.cranico). Queste fibre a loro volta discendono il TE fino a livello della parte
superiore MS cervicale, andando a formare sinapsi con n. di II° ordine del
NUCLEO SPINALE DEL TRIGEMINO.
FIBRE DERIVANTI DAL RESTO DEL CORPO la via più importante x la
trasmissione delle info dolore-termiche provenienti dal resto del corpo è la
SPINO-TALAMICA. Questa via ha origine dai neuroni II°ordine del MS, li
assoni di queste cellule ascendono il MS nella parte ventrale del FUNICOLO
LATERALE e successivamente decorrono nel TE raggiungendo il TALAMO,
prendendo sinapsi con neuroni III°ordine. Gli assoni di questi neuroni,
trasmettono info nocicettive a numerose aree corticali, che comprendono
non solo la CORTECCIA SOMATOSENSITIVA ma anche aree corticali implicate
nell’elaborazione delle risposte affettive (cingolo – insula ..> sist.limbico).
La maggior parte delle cellule del tratto spinotalamico riceve un’afferenza
eccitatoria dai nocicettori cutanei (ma anche da nocicettori delle
articolazioni – muscoli – visceri). Gli stimoli efficaci x attivare i neuroni
spinotalamici sono: stimoli nocivi meccanici – termici (molto caldi – molto
freddi) – chimici. Perciò i neuroni spinotalamici hanno la capacità di
informarci sulla presenza di stimoli chimici - termici – nocivi.
I NEURONI SPINOTALAMICI, possono ricevere afferenze eccitatorie da diverse
classi di recettori sensitivi cutanei:
Recettori ad AMPIO SPETTRO vengono attivati da stimoli di
intensità molto diverse. Questi recettori hanno la capacità di poter
essere attivati sia da STIMOLI INNOCUI che NOCIVI, con la differenze che
quando arriva la prima tipologia di stimoli i neuroni spinotalamici sono
attivati debolmente (questa debole risposta non viene ad essere
elaborata dai centri superiori). Quando invece arrivano stimoli NOCIVI,
questi neuroni rispondono più intensamente.
È tuttavia possibile che in certe condizioni patologiche, anche lo STIMOLO
INNOCUO venga ad essere percepito dai neuroni spinotalamici come
dolorifici, in seguito all’attivazione di FIBE AFFERENTI INSENSIBILI.
Recettori ad ALTA SOGLIA sono attivati esclusivamente da stimoli
nocivi (nota pag.132).
Le fibre nocicettive sembrano possano interagire con altre fibre infatti
apportare stimoli innocui (es.strofinamento area cutanea lesionata) in zone
lesionate, possono andare a bloccare o ridurre le sensazioni di dolore. Ciò
sembra dovuto all’attivazione di FIBRE GRANDE DIAMETRO, in grado di indurre
la liberazione di GABA da parte di neuroni del corno dorsale. Il GABA agisce
bloccando l’attività delle cellule del tratto spinotalamico.
Altre vie sono: TRATTO SPINORETICOLARE – TRATTO SPINOMESENCEFALICO.
Controllo centrifugo della sensibilità somatica
Pag.134 leggere e decidere se fare o meno.
SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA
Sensibilità propriocettiva GENERALE propriocezione muscoli, tendini e
articolazioni.
Vedi cap.9
Sensibilità propriocettiva SPECIFICA: APP.VESTIBOLARE
Il SIST.VESTIBOLARE rileva le ACCELERAZIONI LINEARI – ANGOLARI del
capo. I segnali originati dall’app.vestibolare inducono movimenti del capo e
occhi, che stabilizzano le immagini visive sulla retina e contribuiscono
agli aggiustamenti posturali necessari x il mantenimento equilibrio.
Struttura app.vestibolare
L’app.vestibolare lo ritroviamo sia sul lato dx – sx della testa. In entrambi i lati
risulta costituito da 3 canali semicircolari e 2 organi otolitici contenenti
endolinfa e circondati da perilinfa.
Canali semicircolari (img.pag.166) composti da canali orizzontali,
canali superiori e canali posteriori.
Organi otolitici sono l’utricolo e il sacculo contenenti endolinfa e
circondati da perilinfa.
Ogni CANALE SEMICIRCOLARE presenta una dilatazione (ampolla) localizzata
in corrispondenza del tratto in cui ciascun canale si mette in comunicazione
con l’utricolo (img.pag.168). A sua volta l’utricolo comunica con il sacculo
attraverso il dotto reuniens. Il SACCULO presenta una comunicazione con la
COCLEA, attraverso la quale l’endolinfa (prodotta dalla coclea) può raggiungere
l’app.vestibolare.
Struttura canali semicircolari i 3 canali semicircolari di un lato
corrispondono ai canali semicircolari dell’altro lato, così anche come i
piani sui quali sono disposti. Questa particolare disposizione spaziale, consente
all’epitelio sensoriale di ogni coppia di canali dei 2 lati, di cooperare
nella rilevazione delle accelerazioni del capo in tutti i piani dello
spazio. Ogni ampolla dei tre canali semicircolari contiene un epitelio
sensoriale, la CRESTA AMPOLLARE sul quale sono situate le cellule
cigliate vestibolari (img.pag.166). Le cellule cigliate sono innervate da FIBRE
AFFERENTI PRIMARI che decorrono nel N.VESTIBOLARE. Si distinguono ciglia
più lunghe chino ciglia, e ciglia più corte stereo ciglia. Queste ciglia
sono immerse in una massa gelatinosa (CUPOLA) la quale occlude
trasversalmente e completamente l’ampolla. I movimenti dell’endolinfa,
generati da accelerazioni angolari del capo nel piano del canale provocano
deflessioni della cupola e di conseguenza determinano la flessione delle
ciglia delle cellule cigliate. La CUPOLA e l’ENDOLINFA non sono
influenzate da forze di accelerazione lineare (es.F gravità).
Struttura organi otolitici l’epitelio sensoriale dell’UTRICOLO macula
dell’utricolo
Epitelio sensoriale del SACCULO macula del sacculo (img.pag.167). In
entrambi gli epiteli, come x quello della cresta ampollare, sono presenti ciglia
(stereo ciglia – chino ciglia) immerse in una massa gelatinosa.
Quest’ultima contiene al suo interno anche otoliti composti di cristalli di
carbonato di Ca. L’insieme della MASSA GELATINOSA + OTOLITI
membrana otolitica. Gli otoliti aumento la densità della memb.otolitica, ciò
comporta che la memb. otolitica tende a muoversi quando viene
sottoposta a un’accelerazione sia lineare (es.F gravità) sia angolare.
Trasduzione vestibolare
Nelle cellule cigliate vestibolari, la flessione delle STEREOCIGLIA verso il
CHINOCIGLIO, provoca la loro depolarizzazione, poiché ciò provoca un
aumento della conduttanza della loro membrana apicale ai cationi
(img.pag.168).
Al contrario la flessione del CHINOCIGLIO verso le STEREOCIGLIA produce
iperpolarizzazione della cellula.
Le cellule vestibolari rilasciano un neurot. eccitatorio (glutammato o
apsartato). Questo rilascio aumenta con la depolarizzazione della cellula
e diminuisce con l’iperpolarizzazione. Ne consegue che le fibre afferenti
con le quali le cellule vestibolari contraggono sinapsi, presentano
rispettivamente un aumento e diminuzione scarica.
Canali semicircolari la rotazione del capo provoca piccolissimi
movimenti dell’endolinfa rispetto al capo. Ciò è dovuto al fatto che
l’endolinfa presenta un’inerzia che fa sì che essa si sposti rispetto alla parete
del labirinto membranoso, con conseguente distorsione della cupola che
induce flessione delle ciglia che, a sua volta, determina una variazione
frequenza di scarica delle fibre afferenti vestibolari. Tutte le ciglia di ogni
cresta ampollare sono orientate nella stessa dierzione, le ciglia dei canali
orizzontali sono orientate verso l’utricolo, mentre quelle degli altri canali sono
orientate in direzione opposta. Ad es. nei canali semicircolari orizzontali tutte le
ciglia sono orientate verso l’utricolo. Perciò, il movimento dell’endolinfa e delle
ciglia verso l’utricolo provoca un aumento freq.scarica delle fibre
afferenti, mentre il movimento delle ciglia nella direzione opposta provoca
una riduzione freq.scarica (img.pag.168).
Nel movimento capo verso SX le forze inerziali generate dall’accelerazione
iniziale verso sx provocano in entrambi i CANALI ORIZZONTALI un
movimento dell’endolinfa verso dx. Per effetto di questo movimento le
ciglia delle cellule cigliate dell’ampolla del canale orizzontale di sx subiscono
una flessione verso l’utricolo, mentre quelle del canale orizzontale dx
vengono flesse in direzione opposta rispetto all’utricolo. Ciò comporta
che la freq.scarica fibre afferenti sx aumenta, mentre diminuisce quella
delle fibre afferenti di dx. Quando viene raggiunta una VELOCITA’ ROTAZ.
COSTANTE (acceleraz.=0), non verrà esercitata più alcuna forza sulla
cupola e perciò le cellule cigliate di entrambi i canali scaricheranno alla
stessa frequenza che avevano in assenza di movimento. Tuttavia, alla
FINE ROTAZIONE l’inerzia dell’endolinfa genera una forza su entrambe
le cupole, ma in direzione opposta a quella iniziale, determinando un
aumento freq.scarica delle fibre afferenti di dx e una diminuzione
freq.scarica fibre afferenti sx.
Organi otolitici le cell.cigliate degli organi otolitici non sono orientate
tutte nella stessa direzione (a differenza di quanto accade nelle creste
ampollari). Esse sono orientate in riferimento ad una scanalatura (STRIOLA),
presente lungo tutti gli organi otolitici (img.pag.167). Nella macula
dell’UTRICOLO le ciglia sono orientate ai 2 lati della striola e verso la
striola, mentre in quella del SACCULO esse sono orientate in direzione
opposta. Poiché la striola di ogni organo otolitico è curva, le cellule cigliate
avranno orientamenti differenti (img.pag.169).
Quando il capo viene inclinato e di conseguenza la gravità produce
un’accelerazione lineare differente, le memb.otolitiche si spostano e le
ciglia delle cellule cigliate vengono flesse in un’altra direzione. Questa
nuova flessione della ciglia provoca una variazione delle caratteristiche dei
segnali che gli organi otolitici inviano al SNC.
Vie vestibolari
Le fibre afferenti dell’apparato vestibolare, proiettano al TE, in particolar modo
ai nuclei vestibolari localizzati nelle porzioni rostrali del BULBO. Vengono
inoltre emesse alcune collaterali che raggiungono il cervelletto.
Proiezioni importanti sono: tratti vestibolo spinali laterale e mediale, che
controllano rispettivamente m.tronco e collo e sono di conseguenza implicati
nella regolazione equlibrio e controllo dei movimento del capo (riflesso
vestibo-cervicale). Dai NUCLEI VESTIBOLARI originano anche le fibre efferenti
che si portano alla periferie, responsabili dei riflessi vestibolari (cap.9).
CAP.9 MOTRICITA’ E ORGANIZZAZIONE DEL MOVIMENTO
Regioni del SN implicate nel controllo motorio sono: MS – TE –
CORTECCIA CEREBRALE – CERVELLETTO – GANGLI DELLA BASE.
ORGANIZZAZIONE MS
Il MS presenta diversi livelli di organizzazione. Tra questi livelli abbiamo,
l’ORGANIZZAZIONE SEGMENTALE riferita al fatto che ad ogni livello del
MS ci sono connessioni circoscritte a quel segmento spinale (es. riflesso
miotatico è mediato da uno di questi circuiti).
All’organizzazione segmentale si sovrappone il SIST.PROPRIOSPINALE, i cui
neuroni decorrono in senso ascendente – discendente lungo il MS, mettendo
in connessione tra loro i diversi livelli del MS. Attraverso questo sistema
si realizza la coordinazione dell’att. dei diversi livelli MS, importante ai
fini della locomozione.
Motoneuroni somatici
Motoneuroni alfa Le fibre dei muscoli scheletrici sono innervate dal
motoneurone alfa, cell.nervosa che ha origine dal corno ventrale del MS o
da particolari nuclei dei nervi cranici. Sono neuroni multipolari di grandi
dimensioni (diametro max che può raggiungere 70μm). I loro assoni lasciano
il MS, decorrendo nelle radici ventrali, e il TE, vanno a costituire i nervi
periferici che termineranno sulle fibre muscolari sch. costituendo delle sinapsi
dette giunzioni neuromuscolari.
Le FIBRE MUSCOLARI innervate dal MOTONEURONE costituiscono
l’UNITA’MOTORIA. Ogni motoneurone può innervare un numero
variabile di fibre muscolari, mentre ogni fibra muscolare è innervata da un
solo motoneurone.
Il numero di fibre muscolari presenti nell’unità motoria varia a seconda del
muscolo:
Muscoli che svolgono MOVIMENTO FINI le unità motorie sono
costituite da poche fibre.
Muscoli che svolgono MOVIMENTO GROSSOLANI le unità motorie
sono costituite da parecchie fibre.
Il numero di unità motorie attivate, determina il GRADO DI CONTRAZIONE.
Considerando che queste unità sono distribuite omogeneamente nel muscolo,
la tensione generata da un muscolo è uniforme anche quando sono
attive POCHE UNITA’ MOTORIE.
MINORE è il NUMERO DI FIBRE/UNITA’ MOTORIE, tanto più
precisamente può essere controllata la FORZA MUSCOLARE.
Ogni motoneurone alfa può prendere parte a numerosi riflessi e a
movimenti volontari. Poiché la decisione su quali fibre muscol. Far contrarre
viene presa (nei mammiferi) a livello dei motoneuroni alfa, questi neuroni
costituiscono la via finale comune.
Motoneuroni gamma sono più piccoli degli alfa. Quelli che proiettano a
un particolare muscolo sono disposti nello stesso nucleo motorio dei
motoneuroni alfa che innervano quel muscolo. Di norma essi non innervano le
classiche fibre muscolari sch., ma contraggono sinapsi con particolari fibre
muscolari striate, le fibre muscolari intrafusali, che si trovano all’interno del
fuso neuromuscolare.
RIFLESSI SPINALI
Un riflesso è una risposta relativamente semplice – involontaria –
stereotipata. Il circuito nervoso che sta alla base di un riflesso viene
denominato arco riflesso. In un arco riflesso si distinguono 3 parti:
Branca afferente (rec.senso - assoni) trasmette info al SNC
Centro (sinpasi – interneuroni disposti all’interno SNC)
Branca efferente (motoneuroni) genera risposta motoria
I neuroni dell’ARCO RIFLESSO, non svolgono solo questa funzione, ma
ricevono proiezioni dalle vie motorie discendenti e perciò sono
coinvolti anche nella genesi dei movimenti volontari.
I riflessi spinali vengono evocati dai RECETTORI SENSORIALI
Ogni riflesso spianle viene evocato dall’attivazione di uno o più tipi di
recettori sensoriali. Di questi recettori sensoriali fanno parte l’ORGANO
MUSCOLO-TENDINEO DEL GOLGI – FUSO NEUROMUSCOLARE. Entrambi
questi recettori sono importati in quanto implicati nell’att.riflessa del MS, in
quanto forniscono info propriocettive che vengono utilizzate x
l’elaborazione delle sensazioni propriocettive e x la guida del
movimento volontario.
Fusi neuromuscolari
Presenti nella maggior parte dei m.sch., ma la loro densità è maggiore
nei muscoli che esercitano un fine controllo motorio (es.piccoli muscoli
della mano, occhi).
Sono disposti in parallelo alle fibre muscolari, in prossimità della loro inserzione
tendinea. Le estremità distali dei fusi si inseriscono al tess.connettivo che si
trova all’interno del muscolo (endomisio). Sono costituiti da 3 a 14 fibre
muscolari intrafusali, racchiuse all’interno di una capsula connettivale,
sono più piccole di quelle extrafusali e non si estendono per tutta la
lunghezza del muscolo, risultano perciò troppo deboli x contribuire
significativamente allo sviluppo della tensione complessiva del
muscolo o x modificare direttamente la lunghezza con la loro
contrazione.
Queste FIBRE MUSCOLARI INTRAFUSALI possono essere di 2 tipi:
Fibre a SACCO NUCLEARE più voluminose e presenta i nuclei
raccolti nella parte centrale del SARCOPLASMA (img.pag.48 anatomia II).
Queste fibre possono essere distinte in tipo 1 e tipo 2.
Fibre a CATENA NUCLEARE più piccole con nuclei disposti in fila
(img.pag.48).
Le fibre intrafusali sono innervate sia da:
FIBRE SENSITIVE (afferenti):
Grosso calibro (fibre tipo Ia o terminazioni primarie)
o (img.pag.48 anatomia II) entrano dentro la capsula costituendo
le terminazioni anulospirali che si avvolgono a spirale intorno ad
entrambe le FIBRE INTRAFUSALI. Tale terminazioni sono
meccanocettori a rapido adattamento (72-120 m/s).
Piccolo calibro (fibre tipo 2 o terminazioni secondarie)
o attraversano la capsula costituendo le terminazioni a fiorami che
prendono contatto con entrambe le FIBRE INTRAFUSALI. Tale
terminazioni sono meccanocettori a lento adattamento (36-72
m/s)
Attraverso l’innervazione sensitiva, i FUSI NEUROMUSCOLARI
informano il SNC dello stato dei muscoli, in particolar modo x
quello che riguarda LUNGHEZZA delle fibre extrafusali, VELOCITA’
CONTRAZIONE.
FIBRE MOTORIE (efferenti): l’innervazione motorie avviene tramite gli
assoni dei motoneuroni γ che vanno a terminare in prossimità delle
estremità delle fibre muscolari. 2 tipi di motoneuroni γ provvedono
all’innervazione motoria dei fusi neuromuscolari:
motoneuroni γ dinamici innervano le fibre muscolari
o intrafusali a sacco di nuclei tipo 1.
motoneuroni γ statici innervano le fibre muscolari intrafusali a
o catena di nuclei – sacco di nuclei tipo 2.
Tale innervazione, permette alle fibre INTRAFUSALI di adattarsi alle
modificazioni di lunghezza del muscolo, permettendo di rimanere
attive e quindi inviare informazioni sullo stato muscolare al SNC anche
quando il muscolo si accorcia durante la contrazione. Durante la fase di
contrazione infatti, le fibre INTRAFUSALI non essendo più in tensione, non
possono essere stimolate dallo STIRAMENTO, perciò l’innervazione
motrice permette a queste fibre di accorciarsi, e le fibre sensitive
possono continuare a mandare informazioni.
Funzione fusi neuromuscolari
Rilevazione delle variazioni di lunghezza del muscolo funzione
svolta dalle FIBRE AFFERENTI
Il fatto che i fusi siano disposti in parallelo rispetto alle fibre extrafusali,
permettono di poter rispondere alle variazioni di lunghezza del muscolo,
accorciandosi o allungandosi insieme alle altre fibre extrafusali. Le
variazioni di lunghezza provocano variazioni della tensione a cui sono
sottoposte le fibre intrafusali e che vengono rilevate dai meccanocettori
delle fibre afferenti fusali di gruppo Ia – II (fibre sensitive). Diversa è la
risposta allo stiramento delle 2 tipologie di fibre:
fibre II sensibili soprattutto all’entità dello stiramento. Perciò
quando un muscolo viene stirato portandolo ad una lunghezza maggiore,
le fibre di gruppo II aumentano la loro frequenza di scarica in
proporzione all’entità dello stiramento (fig.A tab. pag.181). Mentre
quando il muscolo viene rilasciato, sia ha una diminuzione della
frequenza di scarica proporzionale al rilascio (fig.D pag.181).
fibre Ia sono sensibili all’entità dello stiramento – velocità dello
stiramento/accorciamento. Essere sensibili all’entità dello stiramento
significa che la frequenza di scarica aumenta proporzionalmente
all’aumentare dello stiramento (fig.A pag.181). La frequenza di
scarica di questo tipo di fibre dipende però anche dalla velocità dello
stiramento/accorciamento. La loro attività è massima durante
l’allungamento e si riduce (o cessa del tutto) durante
l’accorciamento. Questo tipo di risposta è definita, RISPOSTA
DINAMICA e comporta che l’attività di queste fibre risenta molto di
più agli stimoli transitori (fig.B-C pag.181). Di conseguenza la
sottoposizione a stimoli transitori, provocano variazioni di lunghezza
del muscolo così brevi da indurre una risposta nelle fibre Ia ma
non nelle fibre II.
Regolazione sensibilità del fuso neuromuscolare funzione svolta dai
MOTONEURONI Y
Quando un muscolo si allunga si ha l’allungamento simultaneo anche delle
fibre intrafusali. Tale allungamento provoca la comparsa di tensione a livello del
fuso, che viene captato dai recettori meccanici presenti al suo interno,
provocando la scarica da parte delle fibre afferenti. Tale tensione cessa di
essere presente nelle fibre intrafusali al momento che il muscolo va a rilassarsi,
determinando l’impossibilità da parte delle fibre sensitive di poter scaricare e
ciò significa non poter segnalare variazioni di lunghezza del muscolo.
Questa condizione viene però scongiurata grazie alla presenza dei
motoneuroni y, i quali, vanno ad accorciare le fibre intrafusali
contestualmente alle extrafusali. L’accorciamento delle fibre
intrafusali, avviene solamente a livello delle REGIONI POLARI, mentre la
REGIONE EQUATORIALE si allunga, riacquistando la sua sensibilità allo
stiramento.
In questo moto il sist dei motoneuroni y permettono ai fusi neuromuscolari di
essere attivi all’interno di una vasta gamma di lunghezze del muscolo,
conservando così un’elevata sensibilità a piccole variazioni di
lunghezza del muscolo.
Come vengono attivati i motoneuroni y? Di norma essi vengono attivati dai
comandi motori discendenti dal cervello, assieme ai MOTONEURONI ALFA
provocando così la co-contrazione delle fibre extrafusali – fibre
intrafusali. Dobbiamo però anche dire che, essendo i motoneuroni y di 2
tipologie, le vie discendenti possono attivare un tipo o un altro, modificando
così la natura dell’attività riflessa del MS:
attivazione MOTONEURONE Y DINAMICO aumenta risposta
o fibre afferenti Ia e non II.
attivazione MOTONEURONE Y STATICO aumenta risposta fibre
o afferenti II e risposta STATICA fibre afferenti Ia.
Organo muscolo-tendineo del Golgi
Si trovano a livello delle giunzioni muscolo tendine in un numero di circa 50,
disposte in serie alle fibre muscolari.
Sono costituiti da fascetti di fibre di collagene del tendine, avvolti da una
capsula connettivale. Dalla capsula penetrano una o più FIBRE SENSITIVE
(fibre afferenti tipo Ib) che si ramificano e terminano con avvolgimenti sui
fascetti di FIBRE DI COLLAGENE intrafusali, risultano perciò disposti in
serie rispetto al m.scheletrico.
L’estremità del recettore sono in rapporto, da un lato con le FIBRE DI
COLLAGENE DEL TENDINE dall’altro con un gruppo di FIBRE MUSCOLARI.
Tale posizione permette di poter essere attivata sia dallo stiramento che dalla
contrazione del muscolo. In entrambi i casi però, lo stimolo adeguato rilevato
da questo recettore è la forza che si sviluppa nel tendine in cui si trova
a differenza dei FUSI sono infatti recettori di forza e non di lunghezza.
Le fibre Ib che innervano gli organi, presentano un grande diametro e la loro
velocità di conduzione risulta simile alle fibre Ia. Differenza fibre Ia – Ib
(grafico pag.183) quando il muscolo viene stirato fino a raggiungere una
lunghezza prefissata mantenuta COSTANTE, le fibra Ia – Ib presenteranno
comportamenti differenti:
freq.scarica delle Ia cresce e rimane elevata durante il
o mantenimento della lunghezza prefissata.
Freq.scarica Ib cresce in quanto aumenta la tensione sviluppata
o dal muscolo in seguito a stiramento, ma una volta stabilizzata
tende progressivamente a diminuire fino a tornare alla sua
freq.scarica iniziale. Ciò è dovuto alla graduale diminuzione
tensione del muscolo in seguito a riciclaggio dei ponti trasversali e
conseguente allungamento sarcomeri.
Riflesso miotatico (da stiramento)
È particoalrmente importate x il matenimento postura – contribuisce al
superamento degli ostacoli inattesi che possono presentarsi nel corso
del movimento volontario. L’arrivo di stimoli da parte delle FIBRE AFFERENTI
Ia, ai motoneuroni di questo circuito riflesso, provoca l’inibizione dell’att.del
M.ANTAGONISTA e l’attivazione del M.AGONISTA. Questo riflesso lo
possiamo distinguiere in:
Riflesso da stiramento fasico (Ia) è mediato dalle fibre afferenti
Ia del fuso neuromuscolare e x questo viene ad essere evocato da
stiramenti rapidi e transitori del muscolo. Il circuito che determina
questo riflesso è costituito da una fibra afferente Ia che dal muscolo
entra nella sostanza grigia del MS dove si ramifica, stabilendo
sinapsi con:
MOTONEURONI ALFA fibre afferenti Ia stabiliscono sinapsi
o ECCITATORIE direttamente con TUTTI I MOTONEURONI ALFA
che innervano il muscolo omonimo e i muscoli sinergici. Allo
stesso tempo tutti questi motoneuroni alfa ricevono afferenze da
tutti i fusi neuromuscolari del muscolo (CONVERGENZA).
Non vanno a costituire sinapsi con i MOTONEURONI Y,
probabilmente x evitare che si instauri un circuito feedback
positivo.
INTERNEURONI altre collaterale delle fibre sensitive Ia
o terminano su diversi tipi di interneurone, tra i quali vi è
l’INTERNEURONE INIBITORIO che oltre alle afferenze delle fibre
Ia, riceva anche quelle delle cellule di Renshaw. Questi
interneuroni inibitori formano sinapsi con i MOTON.ALFA che
innervano i muscoli antagonisti.
Riflesso da stiramento tonico è mediato da fibre afferenti Ia – II
provenienti dai fusi. Le fibre afferenti II stabiliscono sinapsi
eccitatorie con i MOTONEURONI ALFA. L’att. delle FIBRE AFFERENTI
Ia – II, facenti parti di questo arco riflesso, è continua e assicura il
mantenimento di una scarica di base dei motoneuroni alfa in
questo modo il RIFLESSO STIRAMENTO TONICO contribuisce al
mantenimento del tono muscolare (contribuendo così al
mantenimento della postura) (es.pag.184).
Entrambe le tipologie nelle quali è stato suddiviso in RILFESSO DA
STIRAMENTO, permette di suggerire come esso operi come sistema feedback
negativo x il controllo della lunghezza del muscolo cioè tale riflesso
opera opponendosi ai cambiamenti di lunghezza del muscolo.
Riflesso miotatico inverso
A differenza del RIFLESSO DA STIRAMENTO, che può essere considerato un
sist. a feedbak che regola la lunghezza del muscolo, il RIFLESSO
MIOTATICO INVERSO può essere considerato un sist.feedback che
contribuisce a mantenere costanti i livelli di forza del muscolo. In
questo riflesso gli organi recettoriali sono rappresentati dagli ORGANI
MUSCOLO TENDINEI DEL GOLGI, i quali sono recettori di forza in grado di
captare le variazioni di forza sul tendine nel quale sono localizzati. Il circuito di
questo arco riflesso prevede che le fibre afferenti Ib che innervano gli
ORGANI MTG, penetrano all’interno del MS ramificandosi e andando a contrarre
sinapsi con INTERNEURONI, ma non con motoneuroni alfa. In particolar
modo, stabilisce sinapsi con 2 tipi di INTERNEURONI:
Interneuroni INIBITORI inibiscono i motoneuroni alfa che
innervano il M.OMONIMO
Interneuroni ECCITATORI attivano i motoneuroni alfa che
innervano il M. ANTAGONISTA
Queste connessioni fanno si che l’attuazione di questo riflesso, in seguito a
variazioni di tensione a livello del tendine, provochi DECONTRAZIONE
MUSCOLO AGONISTA – CONTRAZIONE MUSCOLO ANTAGONISTA.
Riflesso da STIRAMENTO e MIOTATICO INVERSO possono agire in modo
sinergico
Nonostante svolgano effetti opposti, questi 2 riflessi in certe situazioni possono
agire in sinergia.
Es. pag. 186 spiegazione: la riduzione della F sul tendine provoca una
riduzione dell’attività degli OMTG, di conseguenza l’attività svolta di
norma, relativa all’inibizione motoneuroni alfa del m. coinvolto nella
fase di riduzione forza, tenderà ad invertirsi, provocando una eccitazione
dei motoneuroni alfa che innervano il muscolo suddetto. In questo modo
il RIFLESSO MIOTATICO INVERSO, contribuisce a contrastare il decremento
di forza provocato dalla fatica.
I riflessi flessori
Il RIFLESSO FLESSORIO viene avviato dall’attivazione di uno o più tipi di
REC. DI SENSO (compresi nocicettori), i cui segnali vengono inviati al MS
attraverso diversi tipi di fibre afferenti (AFFERENZE DEL RIFLESSO
FLESSORIO (ARF)).
Dai recettori di senso hanno origine le diverse tipologie di fibre afferenti che si
inseriscono nel MS provocando l’attivazione di INTERNEURONI ECCITATORI
che andranno (img.pag.187):
attivare i MOTONEURONI ALFA che innervano i M.FLESSORI
dell’arto omolaterale
eccitare INTERNEURONI INIBITORI che inibiscono i
MOTONEURONI ALFA che innervano i M.ESTENSORI ANTAGONISTI
Questo circuito provoca come conseguenza la flessione di una o più
articolazioni dell’arto stimolato.
attivazione INTERNEURONI COMMISSURALI che provocano
estensione arto contro laterale (RIFLESSO DI ESTENSIONE
CROCIATO)
A livello dei nostri arti inferiori, il fatto che si generi il RIFLESSO DI
ESTENSIONE CROCIATO, permette di svolgere un importante funzione
contribuisce al mantenimento EQUILIBRIO, in quanto fa sì che l’arto
contro laterale possa fungere da supporto x il carico aggiuntivo che gli
viene trasferito quando l’altro arto viene portato in flessione.
Nel RIFLESSO FLESSORIO l’arto viene portato più vicino al corpo x questo
fa parte dei RIFLESSI DI RETRAZIONE. Questi riflessi (tra cui anche il
FLESSORIO) rappresentano un modo x sfuggire a situazioni dolorifiche (es.
retrarre braccio quando con la mano si toccano fonti che scottano). Per ogni
articolazione avremo un circuito di quest’arco riflesso che può essere
differente. L’intensità del riflesso può essere variabile, di fronte ad un riflesso
di elevata intensità vengono ad essere coinvolte tutte le principali
articolazioni arto (es.anca-ginocchio-caviglia).
La locomozione
Gli INTERNEURONI coinvolti nei RIFLESSI FLESSORI, fanno parte anche del
GENERATORE CENTRALE DI SCHEMA MOTORIO (CPG) x la locomozione.
Il CPG è un gruppo di neuroni e circuiti che sono in grado di generare
l’att.ritimica che sta alla base degli atti motori, anche in assenza di
SEGNALI AFFERENTI SENSORIALI.
La presenze del RIFLESSO FLESSORIO in un arto e del RIFLESSO ESTENSIONE
CROCIATO nell’altro genera lo schema motorio del PASSO. L’alternanza di
questi riflessi prima in un arto poi nell’altro, determina l’att.motoria del
CAMMINARE. (esperimento pag.187)
Come si è detto il CPG è in grado di generare att.ritmica anche in assenza di
segnali afferenti sensoriali, ma comunque esso può essere influenzato da
SEGNALI AFFERENTI quando questi sono elevati. Tali influenza fanno si che l’att.
del CPG posso adattarsi alle variazioni del terreno mano a mano che la
locomozione procede. Queste variazioni possono avvenire rapidamente
durante la corsa e, perciò, possono assicurare un’appropriata
coordinazione nel corso del suo svolgimento.
Proprietà dei RIFLESSI
Convergenza terminazioni di numerosi neuroni su un altro neurone.
Facilitazione spaziale (sommazione spaziale) x spiegazione preliminare
esperimento pag.188, img.pag.189.
La stimolazione di 1 SOLO RAMO NERVOSO determina la comparsa di un
o piccolo PA composto in 2 motoneuroni alfa, anche se ne vengono
eccitati altri 7 ma a un livello sottosoglia, non suff x generare PA.
Stimolazione simultanea 2 RAMI NERVOSI viene registrata una scarica
o molto più grande, rispetto a quella registrata quando viene ad
essere stimolato 1 solo RAMO NERVOSO. In particolar la risposta
riflessa è rappresentata dalla scarica di 7 motoneuroni alfa: 4
scaricavano dopo la stimolazione isolata di ciascun ramo del
nervo (2 x ogni ramo del nervo) – altri 3 motoneuroni alfa sono in
grado di scaricare solo quando i 2 rami del nervo vengono
stimolati simultaneamente.
Sommazione temporale una somma di impulsi come avviene nella
facilitazione spaziale, può avvenire anche quando si ha la stimolazione
ripetitiva di uno dei 2 rami nervosi. Tale stimoli devono essere però
temporalmente abbastanza vicini, in maniera che l’effetto eccitatorio
provocato dalla prima scarica persista ancora quando la seconda
scarica raggiunge il motoneurone.
Sommazione temporale simultanea di 2 rami nervosi porta
all’OCCLUSIONE cioè stimolando simultaneamente 2 rami nervosi quando
ancora i motoneuroni sono eccitati, si ottiene una risposta ampia, ma
inferiore alla somma delle 2 risposte che si ottengono stimolando
separatamente i 2 rami. Ciò avviene quando però i motoneuroni eccitati
sono gli stessi che vanno ad essere attivata dalla stimolazione separata dei 2
rami nervosi.
Organizzazione topografica del MS
L’organizzazione topografica ha importanti implicazioni funzionali sulle
modalità attraverso le quali le VIE MOTORIE DISCENDENTI
interagiscono con i circuiti spinali (circuiti che formano i vari archi riflessi).
Disposizione MOTONEURONI Nel CORNO VENTRALE, i motoneuroni sono
organizzati in colonne disposte in senso rostro-caudale. Sia i motoneuroni
alfa e gamma diretti allo stesso muscolo, sono disposti gli uni accanto agli
altri nella stessa colonna.
Disposizione motoneuroni a seconda delle innervazioni:
motoneuroni che innervano la m.assiale formano una colonna di
o cellule che si estende x tutta la lunghezza del MS.
motoneuroni che innervano m.arti formano colonne che si
o estendono x parecchi segmenti nelle porzioni laterali del corno
ventrale. In particolare: i motoneuroni che innervano i m.estremità
distali degli arti ..> sono localizzati più lateralmente – quelli che
innervano i m.prossimali ..> situati più medialmente. Motoneuroni
che innervano m.flessori ..> disposti più dorsalmente rispetto a quelli
che innervano gli etensori.
Disposizione INTERNEURONI gli interneuroni che influenzano i m.arti
sono localizzati prevalentemente nelle porzioni laterali del corno dorsale e
porzione intermedia disposta tra corna dorsale-corna ventrale. Inoltre
gli interneuroni disposti lateralmente, proiettano OMO-LATERALMENTE ai
motoneuroni che innervano la muscolatura pross.-distale degli arti, in
maniera da controllarli indipendentemente. Quelli situati medialmente,
proiettano BILATERAMENTE, consentendo un controllo bilaterale della
m.assiale, in grado di fornire un idoneo supporto posturale al tronco e
collo.
Questi interneuroni ricevono afferenze sinaptiche da FIBRE AFFERENTI
PRIMARIE e dagli ASSONI DELLE VIE DISCENDENTI DEL CERVELLO e
fanno perciò parte di archi riflessi spinali e delle vie discendenti del
controllo motorio.
VIE MOTORIE DISCENDENTI
Classificazione tradizionale in:
VIE PIRAMIDALI (cortico-spinale), decorrono nelle piramidi
bulbari e provvedono ai movimenti volontari dei muscoli, la cui
pianificazione avviene nelle aree corticali.
EXTRAPIRAMIDALE insieme di vie e di centri nervosi che agiscono
direttamente o indirettamente sulla corretta azione motoria, controllando
le reazioni istintive orientate e adattandole al movimento volontario,
coordinato dal sistema piramidale.
Altra classificazione viene fatta in base alla loro SEDE DI TERMINAZIONE nel
MS e di conseguenza sul ruolo di controllo delle att.manipolatorie –
posturali:
Sistema motorio LATERALE terminano a livello porzione laterale
sost.grigia del MS. Anche se terminano su INTERNEURONI, queste
vie possono eccitare direttamente i motoneuroni. Queste vie
influenzano gli ARCHI RIFLESSI che controllano i movimenti fini
delle estremità distali degli arti e che attivano la m.prossimale
degli arti che funge da supporto x il sostegno peso corporeo.
Sistema motorio MEDIALE terminano a contatto con gli
INTERNEURONI situati nelle porzioni mediali del corno ventrale, i
quali sono connessi bilateralmente con i motoneuroni che controllano
m.assiale e perciò contribuiscono al mantenimento equilibrio e
postura.
Classificazione vie in base all’appartenenza SIST.LATERALE o MEDIALE
Sist.LATERALE
TRATTO CORTICO-SPINALE (piramidale) LATERALE -TRATTO
CORTICO-BULBARE originano entrambi da una vasta regione della
corteccia cerebrale localizzata nel lobo frontale (area motoria
primaria – premotoria – supplementare – ecc) – corteccia
somatosensitiva del lobo parietale. Entrambi i tratti lasciano la
corteccia e passano nella capsula interna, attraversano il mesencefalo a
livello del peduncolo cerebrale, passano poi nella parte basilare del ponte
e raggiungono la superficie ventrale del bulbo dove formano le piramidi
(img.pag.193). Le fibre CORTICOBULBARI si distaccano dalle altre fibre
discendenti a livello del TE e terminano nei vari nuclei motori dei
n.cranici, mentre le fibre CORTICOSPINALI continuano caudalmente e, a
livello della regione più caudale del bulbo, circa il 90% degli assoni
decussa e si porta dal lato opposto, dove decorrono nel FUNICOLO
DORSOLATERALE, formando il TRATTO CORTICO-SPINALE LATERALE,
che termina a tutti i livelli del MS dove va a stabilire contatti con
INTERNEURONI ma anche con MOTONEURONI. Le rimanenti fibre
decorrono in direzione caudale nel FUNICOLO VENTRALE dello stesso
lato, formando il TRATTO CORTICO-SPINALE VENTRALE (o MEDIALE) (fa
parte del sist.mediale).
La via CORTICO SPINALE ha un’importanza fondamentale x il controllo
indipendente dei movimenti della dita (lesioni isolate di questo
tratto provoca una caratteristica perdita permanente della capacità di
muovere indipendentemente le dita, anche se dopo queste lesioni si
osserva un recupero di altre abilità motorie).
Tratto RUBROSPINALE origina dal NUCLEO ROSSO (mesencefalo) e
decorre poi nel MS dove di dispongono ventralmente al tratto
corticospianle laterale. Analogamente alle FIBRE CORTICOSPINALI,
agiscono preferenzialmente sui motoneuroni che controllano la
m.distale. I neuroni del nucleo rosso ricevono afferenze dal
CERVELLETTO – CORTECCA MOTORIA, e perciò questo nucleo rappresenta
un’area di integrazione dell’att. proveniente da queste 2
formazioni coinvolte nel controllo motorio.
Sist.MEDIALE
Appartengono a questo sistema il TRATTO CORTICO-SPINALE VENTRALE e
la maggior parte del TRATTO CORTICO-BULBARE. Quest’ultimo proietta ai
NUCLEI MOTORI dei N.CRANICI e possiede 2 componenti che sono paragonabili
ai tratti CORTICO-SPINALE LATERALE e MEDIALE.
Queste vie controllano i m.assiali (spesso bilateralmente) e sono perciò
deputati alla regolazione postura e ad att.bilateriali (corrugamento
fronte, masticazione).
Altre vie originano tutte dal TE e sono:
Tratti reticolo spinali-pontino le cellule di origine di questo tratto
sono situate nella formazione reticolare pontina mediale. Questo
tratto decorre nel FUNICOLO VENTRALE OMOLATERALE e termina sugli
INTERNEURONI MEDIALI. Di conseguenza, la sua funzione cossite
nell’attivare i motoneuroni che innervano i M.ESTENSORI
PROSSIMALI e perciò contribuisce al mantenimento postura.
Tratti reticolo spinali-bulbare originano da neuroni della regione
bulbare mediale (NUCLEO GIGANTOCELLULARE). Questi tratti
discendono bilateralmente il FUNICOLO VENTROLATERALE e terminano
sugli INTERNEURONI che proiettano ai MOTONEURONI MEDIALI. La
funzione è soprattutto inibitoria.
Tratti vestibolo spinali-laterale origina dai neuroni del NUCLEO
VESTIBOLARE LATERALE (NUCLEO DEITERS). Gli assoni di questo
tratto discendono omolateralmente il MS nel FUNICOLO VENTRALE e
terminano sugli interneuroni che attivano i motoneuroni mediali. In
paticolar modo va ad eccitare i motoneuroni che innervano i
M.ESTENSORI PROSSIMALI degli arti (importanti x controllo
posturale); mentre va a inibire i motoneuroni dei M.FLESSORI,
poiché eccita gli INTERNEURONI INIBITORI Ia che ricevono afferenze
dai M.ESTENSORI e perciò inibiscono i MOTONEURONI dei M.FLESSORI.
I neuroni del NUCLEO DEITERS ricevono afferenze eccitatorie dai
canali semicircolari – organi otolitici. Ne consegue che una delle
funzioni più importanti svolte è quella di contribuire agli
aggiustamenti posturali che si verificano in seguito ad
accelerazioni angolari e lineari del capo.
Tratti vestibolo spinale mediale origina dal NUCLEO VESTIBOLARE
MEDIALE e termina sugli INTERNEURONI MEDIALI. La principale afferenza
di questo nucleo è data dai canali semicircolari e di conseguenza tale
via media gli aggiustamenti posturali che si verificano in seguito
ad accelerazioni angolari capo.
Tratto tetto spinale regola i movimenti del capo in risposta a
stimoli visivi-uditivi-somatici.
DEFICIT MOTORI DERIVANTI DA LESIONI ALLE VIE MOTORIE
DISCENDENTI
La causa principali di lesioni a queste vie, avviene a livello della CAPSULA
INTERNA in genere dovuto ad accidenti vascolari capsulari. Le alterazioni
motorie che ne conseguono sono: spasticità – paresi più evidente a carico
m.distali (m.dita) – riflesso Babiski – riduzione riflesso superficiale
(es.riflesso addominale).
In lesioni alla sola via CORTICO-SPINALE, molti di questi sintomi non si
manifestano. In questo caso le alterazioni più evidenti sono rappresentate
dalla paresi m.distale (dita) – segno Babinski – ipotonia (no spasticità).
La spasticità è qiundi legata a lesioni di altre vie (es.tratto reticolo spinale).
Lesioni a livello delle vie facenti parte del SIST.MEDIALE, producono effetti
diversi rispetto a quelli che si ritrovano nel tratto cortico-spinale. Le
principali alterazioni consistono: riduzione tono m.posturali – perdita
riflessi di raddrizzamento. La capacità di manipolare oggetti con le dita
è perfettamente conservata.
CONTROLLO TRONCOENCEFALICO DELLA POSTURA E MOVIMENTO
Riflessi posturali
Quando va ad essere mosso il CAPO e il COLLO, vengono ad essere attivati
numerosi meccanismi riflessi. Si distinguono 3 tipi di riflessi:
Riflessi vestibolari la rotazione del capo attiva i rec.sensoriali dei
canali semicircolari. Questi canali sono innervati da FIBRE AFFERENTI
che decorrono nel N.VESTIBOLARE e giungono ai NUCLEI VESTBOLARI. Le
afferenze che arrivano a questi nuclei provocano aggiustamenti
posturali. Questi aggiustamenti sono mediati da comandi trasmessi al
MS attraverso i tratti VESTIBOLO SPINALE LATERALE – MEDIALE – TRATTO
RETICOLOSPINALE. Il TRATTO VESTIBOLOSPINALE LATERALE ..> attiva i
motoneuroni che innervano i m.estensori, necessari al
mantenimento della postura. Il TRATTO VESTIBOLOSPINALE
MEDIALE ..> provoca la contrazione m.collo che si oppongono al
movimento indotto (RIFLESSO VESTIBOLOCERVICALE)
(es.pag.196).
Le ACCELERAZIONI LINEARI vengono rilevate dagli ORGANI OTOLITICI
dell’app.vestibolare, le cui modificazioni della loro attività possono
provocare aggiustamenti posturali (es.pag.196).
Riflessi tonici del collo sono evocati dai fusi neuromuscolari dei
m.collo. Questi muscoli contengono la più elevata concentrazione di
fusi neurom. di tutti i m. del corpo. Gli effetti che produce sono
opposto a quelli del riflesso vestibolare. Tale competizione viene
risolta da input corticali volontari, i quali inibiscono l’uno o l’altro:
COLLO ESTESO ARTI ANTERIORI si estendono – ARTI POSTERIORI si
flettono.
COLLO FLESSO risposte opposte degli arti. Gli effetti del RIFLESSO
VESTIBOLARE sono opposti rispetto a quelli descritti x tale riflesso.
Riflessi di raddrizzamento questi riflessi tendono a ripristinare la
normale posizione del capo e del corpo nello spazio. I recettori
responsabili di tale riflesso sono: REC.VESTIBOLARI – REC.STIRAMENTO
COLLO – MECCANOCETTORI pareti del corpo.
Controllo TE della postura
Il MS contiene quei neuroni che costituiscono i generatori centrali di schemi
motori (CPG) x la locomozione. Da questo circuito vengono generati
segnali efferenti ritmici, molto regolari, responsabili dei caratteristici
comportamenti stereotipati (cammino).
Le irregolarità presenti nell’ambiente richiedono che questi segnali efferenti
stereotipati siano modificati (es.pag.197). Queste modificazioni possono
essere provocate da segnali sensoriali come le afferenze del riflesso
flessorio (ARF) – comandi trasmessi attraverso vie motorie
discendenti.
In quest’ultimo caso, le info sensoriali (es.VISTA) possono essere utilizzate dal
cervello x indurre modici azioni anticipatorie dell’att. CPG, in modo tale da
evitare potenziali ostacoli. Inoltre, sempre mediante controllo volontario,
l’attività del CPG può essere bloccata (es.decidere coscientemente di fermarsi
o quando ricominciare a camminare). Questa regolazione volontaria dei CPG
origina a livello della corteccia cerebrale, anche se gran parte delle influenze
corticali sulla locomozione sono mediate attraverso proiezioni di regioni del
TE denominate REGIONI LOCOMOTORIE. Queste regioni sono aree la cui
stimolazione induce una serie di movimenti di locomozione. Diverse
sono le regioni locomotorie, la più studiata è la regione locomotoria
mesencefalica, che si ritiene rappresente la sede organizzativa dei
comandi che danno l’avvio alla locomozione.
CONTRIBUTO DELLA CORTECCIA CEREBRALE AL CONTROLLO MOTORIO
Movimenti volontari a differenzi dei rifletti, i movimenti volontari sono
diretti ad uno scopo. Possono essere generati in assenza di uno stimolo
esterno, ma dalla propria volontà. Questi tipi di movimenti non sono
stereotipati, ma vanno incontro a modificazioni man a mano che sono
ripetuti. Inoltre nono sono qualcosa di innato ma bensì di appreso.
In ragione di tutte queste caratteristiche, tali movimento richiedono il
coinvolgimento delle AERE MOTORIE della corteccia cerebrale.
La genesi del movimenti richiede l’elaborazione delle diverse info
sensoriali. Tale elaborazione sembrerebbe esplicarsi attraverso 2 ipotesi:
Sequenza lineare delle fasi di elaborazione la cui esecuzione è
attribuibile ad una organizzazione GERARCHICA delle aree
motorie:
CORTECCIA PARIETALE POSTERIORE AREE MOTRICI
SUPPLEMETARE e PREMOTORIA CORTECCIA MOTORIA
PRIMARIA VIE DISCENDENTI MS-NUCLEI MOTORI dei
N.CRANICI.
Aree corticali organizzate non in maniera gerarchica ma
formerebbero una rete nervosa distribuita in parallelo
(img.pag.198).
Aree MOTORIE corticali
Per definizione, si intendono quelle aree cerebrali che se stimolate attraverso
stimoli elettrici deboli, provocano movimenti. Esistono diverse tipologie di
aeree motorie nella corteccia cerebrale:
AREA MOTRICE PRIMARIA (area 4) il suo ruolo è implicato
nell’esecuzione dei movimenti volontari ed è prevalentemente
localizzata nella CIRCONVOLUZIONE PRECENTRALE del LOBO
FRONTALE, anteriormente all’AREA SENSITIVA (img.pag.337 anat.I).
Graficamente, su questa porzione di corteccia, viene ad essere
rappresentato l’homunculus motorio, una caricatura dell’immagine
corporea disegnata sulla corteccia ed impostata in maniera tale che le
diverse parti del corpo coincidano con la porzione di corteccia che le
controllano. Le parti corporee risultano distorte in relazione alla
quantità di corteccia deputata al loro controllo motorio (img. B
pag.200). Studi successivi hanno dimostrato però una organizzazione
topografia molto + complessa. Venne infatti dimostrato come,
nonostante la corteccia motoria può essere suddivisa in ampie regioni
devolute alla rappresentazione di una parte del corpo, all’interno di
ciascuna di queste regioni vi è una complessa organizzazione di
colonne cellulari differenti, frammiste tra loro, che controllano i
muscoli di parti del corpo diverse (img. C pag.200).
Questa complessa organizzazione ha un significato funzionale la
maggior parte dei movimenti richiede l’azione coordinata di più muscoli
di un arto, perciò il fatto di avare più colonne cellulari che controllano il
movimento di un’articolazione e il fatto che queste colonne siano
frammiste a quelle che controllano il movimento di altre articolazioni,
fanno si che i movimenti che interessano più articolazioni
possono essere generati come un tutt’uno.
Nonostante la mappa della corteccia motoria presenta una certa staticità,
determinata in parte dall’organizzazione topografica della VIA
CORTICOSPINALE, possiede anche proprietà dinamiche. Ciò è stato
dimostrato in quanto le connessioni tra una colonna e l’altra possono
essere modificati dalla presenza di interneuroni GABAergici, la cui
modulazione determina variazioni della risposta motoria (esper.pag.199)
ciò dimostra come la mappa somatotopica può essere modificata.
Inoltre è stato visto che si possono avere variazioni sulle dimensioni
di rappresentazione di una parte del corpo a livello della
corteccia motoria, in seguito ad adattamento a certe condizioni
(es. disuso porta ad una diminuzione di questa rappresentazione).
AREA PREMOTORIA (area 6) (img.pag.357 anat.I):
AREA MOTRICE SUPPLEMENTARE presiede alla coordinazione
o e alla pianificazione dei movimenti complessi degli arti distali.
Situata sulla davanti alla MOTORIA PRIMARIA e corrisponde alla
parte mediale dell’area 6. Viene suddivisa in 2 regioni:
SMA parte più caudale, simile all’area 4 in quanto
contiene una mappa somatotopica completa, proietta al
tratto corticospinale ed è interconnessa con altre aree
motorie. La stimolazione di questa porzione evoca
movimenti che interessano singole articolaz. (come area 4),
ma occorre applicare uno stimo di intensità più elevata
e di più lunga durata. Inoltre spesso vengono evocati
movimenti più complessi di quelli indotti dall’area 4. Può
indurre, inoltre, vocalizzazione – produzione complessi
movimenti posturali, ma può anche svolgere effetti opposti.
Pre-SMA non possiede ricche connessioni con altre
aree motorie e con il MS, ma è invece connessa con la
corteccia pre-frontale.
AREA PREMOTORIA propriamente detta costituisce la
o superficie laterale area 6. Viene suddivisa in 2 porzioni,
entrambe organizzate in maniera somatotopica e proiettano al
tratto corticospinale:
PM dorsale controlla ARTO INFERIORE – TRONCO – ARTO
SUPERIORE – FACCIA. Contiene una rappresentazione più
estesa m.prossimali
PM ventrale controlla principalmente ARTO SUPERIORE –
CAPO. Contiene rapp. più ampia m.distali.
AREE MOTORIE DEL GIRO DEL CINGOLO (CMA) (img.pag.198)
localizzate all’interno del solco del cingolo. Sono presente 3 aree
(dorsale,ventrale,rostrale), ciascuna contiene mappa somatotopica
e proietta alla corticospinale. Evoca movimenti simili a quelli area 4,
ad eccezione che è necessaria forte stimolazione. L’att. dei neuroni di
queste aree è correlata alla preparazione – esecuzione movimenti.
Connessioni tra le AREE MOTORIE
Afferenze le AREE MOTORIE della corteccia cerebrale, oltre ad essere
connesse tra loro (es.pag.202), ricevono afferenze da numeroso
formazioni sia corticali, sia sottocorticali. La fonte principale di afferenze
sono quelle che derivano dalla stessa area corticale.
A queste aree arrivano le info sensitive provenienti dalla VIE ASCENDENTI.
Prima di giungere alla corteccia motrice, queste info arrivano al TALAMO che le
trasmetterà direttamente o indirettamente alla corteccia motoria.
Nell’ultimo caso le info sensitive passano nella corteccia somatosensitiva
prima di giungere alle aree motorie.
Altre afferenze alla corteccia motoria, arrivano da altre formazioni implicate
nel controllo motorio: CERVELLETTO – GANGLI DELLA BASE. In particolar
modo, queste 2 formazioni trasmettono le info a 2 nuclei distinti del
TALAMO (NUCLEO VENTRALE LAT – NUCLEO VENTRALE ANT), che a sua
volta le trasmetteranno alle aree motorie.
Efferenze le efferenze dalle aree motorie al MS – TE, avvengono attraverso
più VIE DISCENDENTI. Tra queste, le principali sono la VIA
CORTICOSPINALE – CORTICOBULBARE; ma ci sono anche altre vie che
giungono al MS – TE indirettamente, proiettandosi al NUCLEO ROSSO –
vari NUCLEI della formazione reticolare.
Le aree motorie proiettano anche al:
CERVELLETTO arrivano dalle aree corticali motorie, la VIA
o CORTICO-PONTINA, la quale fa tappa nei NUCLEI PONTINI x poi da
qui giungere al CERVELLETTO; oppure una via che dalla corteccia va al
NUCLEO DELL’OLIVA INFERIORE CERVELLETTO.
GANGLI DELLA BASE le AREE CORTICALI proiettano direttamente
o allo STRIATO.
Diverse proiezione dalla corteccia motoria giungono al TALAMO, attraverso
queste, la CORTECCIA esercita un controllo sulle info che riceve dal
talamo.
Comportamento neuroni della corteccia motoria
Da diverse ricerche è emerso come i neuroni della corteccia motoria
modificano la loro FREQ.DI SCARICA prima dell’inizio del movimento e
l’inizio di queste variazioni è correlato con i tempi di reazione. Inoltre
variaz. della FREQ.SCARICA sono correlati con la FORZA DI CONTRAZIONE
dei muscoli che generano il movimento e con la VELOCITA’ di variazione
della forza contrazione.
Queste osservazioni implicano che questi neuroni sono implicati nelle fasi
finali della PIANIFICAZIONE e ESECUZIONE dei movimenti. Tuttavia alcune
ricerche hanno dimostrato come alcuni neuroni della cortex motoria
partecipano alle fasi iniziali della PIANIFICAZIONE del movimento.
Altre ricerche hanno dimostrato come i neuroni della cortex motoria, presentino
anche una sensibilità direzionale. Cioè ogni cellula presenta un max
aumento della freq.scarica x movimenti eseguiti in particolari direzioni
(DIREZIONE PREFERENZIALE). Tale sensibilità risulta però piuttosto ampia
in quanto, movimenti eseguiti in direzioni diverse da quelle preferenziali, hanno
dimostrato una modifica della freq.scarica e non un’assenza ampia
sensibilità direzionale. Ciò potrebbe suggerire come ogni cellula sia
probabilmente implicata nei movimenti eseguiti nella maggior parte
come queste cellule possono
delle direzioni. Ciò pone anche un interrogativo:
contribuire all’esecuzione di movimenti accurati dal momento che la loro
sens.direz. è così ampia? anche se le variaz. dell’att. singole cellule non
possono prevedere o specificare la direzione del movimento da eseguire,
questo può essere fatto da una popolazione di cellule.
CONTRIBUTO DEL CERVELLETTO AL CONTROLLO MOTORIO
Il CERVELLETTO è situato dorsalmente al TE (bulbo-ponte-mesencefalo), al
quale è collegato x mezzo dei 3 peduncoli cerbellari. Ha la forma di un
grosso ovoide, dal quale distinguiamo:
FACCIA SUPERIORE (img.pag.343) -> convessa, presenta sulla linea mediana un
rilievo, il VERME SUPERIORE.
FACCIA INFERIORE (img.pag.343) -> convessa, interrotta da una profonda
scissura mediana, nel fondo del quale si rileva un rilievo, il VERME
INFERIORE, in continuità con quello SUPERIORE.
Le 2 masse cerebellari che stanno ai lati del VERME, costituiscono gli
EMISFERI CEREBELLARI.
Suddivisone cervelletto in LOBI la presenza sulla superficie di numerose
fessure, dividono il cervelletto in LOBI:
ARCHICEREBELLO (LOBO FLOCCULONODULARE) parte più antica
cervelletto, è collegato con le VIE e i NUCLEI VESTIBOLARI.
PALEOCEREBELLO (lobo anteriore) coincide con la CORTECCIA
VERME, ed è collegato con il MS e NEOCEREBELLO.
NEOCEREBELLO (lobo medio) presente solo nei primati e formato
dagli EMISFERI CEREBELLARI.
Altra caratteristica della superficie CERVELLETTO, è la presenza di lamine
adiacenti e parallele. Sulla superficie di ogni LAMINA sono presenti delle
“fessure” che creano pieghe e formano le lamelle cerebellari, che sono
quindi porzioni allungate di corteccia ripiegata su se stessa.
Costituito da sost.grigia stratificata in superficie a formare una CORTECCIA e
internamente è presente la sost.bianca a formare il CENTRO MIDOLLARE.
All’interno della sost.bianca sono presenti i nuclei propri cervelletto
(img.pag.344).
Struttura CORTECCIA CEREBELLARE
La CORTECCIA CERBELLARE presenta 3 strati di neuroni, che procedendo
dalla profondità -> superficie sono (img.pag.345-346):
1. STRATO DEI GRANULI formato da neuroni: cellule Golgi e cellule
granulari. Le CELLULE GRANULARI proiettano i loro assoni allo STRATO
MOLECOLARE, dividendosi a T (img.pag.346) e decorrendo tutti
paralleli tra loro, da ciò prendono il nome di FIBRE PARALLELE. I
DENDRITI del PURKINJE contraggono diverse sinapsi con più FIBRE
PARALLELE, ricevendo quindi contemporaneamente AFFERENZE da
MOLTISSIMI GRANULI, allo stesso tempo diverse CELLULE GRANULARI
prendono contatto con moltissime CELLULE PURKINJE, realizzando una
marcata amplificazione spaziale del messaggio nervoso che
giunge alla corteccia.
In questo strato sono presenti anche le cellule del Golgi che hanno
funzione di modulare l’attività delle CELLULE GRANULARI.
2. STRATI GANGLIARE (CELLULE DI PURKINJE) in questo strato sono
presenti le CELLULE PURKINJE, i neuroni più caratteristici del
cervelletto. Sono molto più grandi degli altri neuroni della corteccia e
hanno tipica forma a FIASCO, dalla cui base origina un assone, che
attraverso lo STRATO DEI GRANULI e raggiunge i nuclei del CENTRO
MIDOLLARE, divenendo le uniche fibre che lasciano la corteccia. Dal
collo del corpo cellulare, nascono 1-2 grossi dendriti che si portano
nello STRATO MOLECOLARE.
3. STRATO MOLECOLARE sono presenti: ASSONI CELLULE GRANULARI
– NEURONI ASSOCIATIVI – CELLULE CANESTRI – CELLULE STELLATE.
Afferenze della corteccia cerebellare
I sist. afferenti al cervelletto sono suddivisi in:
Fibre MUSCOIDI provengono da numerose formazioni (MS – NUCLEI
COLONNE DORSALI – NUCLEI DEL TRIGEMINO – FORMAZ.RETICOLARE –
FIBRE AFFERENTI VESTIB.PRIMARIE – NUCLEI VESTIBOLARI – NUCLEI
CEREBELLARI – NULCEI PONTINI.
Queste fibre sono eccitatorie. Alcune di queste trasmettono le info
esterocettive – propriocettive del CORPO – CAPO, formando 2 mappe
somatotopiche del corpo a livello della cortex cerebellare che
risultano a mosaico e non continue.
Altre fibre trasmettono info di natura vestibolare e terminano
esclusivamente nel LOBO FLOCCULONODULARE (STRATO GRANULI,
dove prendono contatto esclusivamente con i dendriti CELLULE
GRANULI) e in alcune regioni del verme regioni vestibolo
cerebello. Tuttavia a queste regioni arrivano anche FIBRE MUSCOIDI che
trasmettono info visive, cervicali, oculomotorie, x cui non sono
coinvolte esclusivamente nel sist.vestibolare.
La maggior parte di queste fibre, proviene dai NUCLEI PONTINI, che
portano info derivanti dalla CORTEX CEREBRALE MOTORIA.
Attraverso il sist. delle FIBRE MUSCOIDI, il cervelletto riceve diversi tipi
di INFO SENSORIALI e INFO in rapporto con l’att.motoria
convogliate dalle vie motorie discendenti.
Fibre RAMPICANTI originano da un unico nucleo, NUCLEO OLIVA
INFERIORE attraversano i primi 2 strati della corteccia (GRANULI-
PURKINJE), arrivando allo STRATO MOLECOLARE, dove si avvolgono a
spirale (da qui rampicanti) attorno ai DENDRITI del PURKINJE,
contraendo sinapsi.
Nel NUCLEO OLIVARE INFERIORE, i neuroni olivari sono accoppiati
elettricamente tra loro mediante gap junction. Il nucleo presenta la
più elevata densità di gap junction tra cell.nervose del SNC. Ciò fa
si che i neuroni olivari abbiano un’attività sincronizzata che viene
trasmessa al CERVELLETTO. Le afferenze che arrivano all’oliva
inferiore, vanno a modulare la freq.scarica dei neuroni olivari
all’interno però di un piccolo range di frequenze imposto proprio dal
tipo di accoppiamento elettrico cellulare. Più che modulare la freq.di
scarica dei neuroni olivari, le afferenze vanno a modificare
l’accoppiamento elettrico tra i neuroni olivari, modificando così le
caratteristiche dell’att.sincrona che raggiunge il cervelletto.
Perciò, x la proprietà dei suoi neuroni, l’oliva inferiore è in grado di
generare un’attività sincrona destinata a tutta la corteccia
cerebellare. Il significato funzionale di questa att.sincrona potrebbe
essere quello di fornire un segnale d’ingresso x sincronizzare i
comandi motori che vengono indirizzati a gruppi di muscoli
diversi a seconda del movimento da eseguire.
Le fibre olivari che hanno origine dal nucleo dell’oliva inferiore, sono
eccitatorie e nel loro decorso verso la corteccia cerebellare, a livello
della sost. bianca del cervelletto, inviano collaterali ai NUCLEI
CEREBELLARI. Nella cortex, tali fibre contraggono sinpasi con le diverse
cellule che costituiscono la corteccia cerebellare.
Microcircuiti della CORTECCIA CEREBELLARE
Gli assoni delle CELLULE STELLATE – CANESTRO (presenti nello STRATO
MOLECOLARE) stabiliscono sinapsi con i dendriti delle cellule Purkinje. Le
cell. CANESTRO stabiliscono sinapsi anche con i corpi cellulari delle
cell.Purkinje, disponendosi a “canestro” intorno alla loro base.
Le CELLULE DEI GRANULI (strato granulare) presentano brevi dendriti,
ciascuno dei quali termina con un’espansione ad artiglio, che stabilisce
contatti sinaptici con una rosetta di una FIBRA MUSCOIDE e con le
terminazioni assoniche di una CELL.GOLGI, dando luogo alla formazione di
caratteristici glomeruli. Gli assoni delle CELL.GRANULI si portando, passando
x lo STRATO CELL. PURKINJE, nello STRATO MOLECOLARE, a livello del quale si
biforcano, formando FIBRE PARALLELE. Le FIBRE PARALLELE decorrono
parallelamente alla superficie corticale e formando sinapsi eccitatorie
con i DENDRITI delle CELL.PURKINJE – CELL.GOLGI – CELL.STELLATE –
CELL.CANESTRO.
La disposizione ortogonale delle FIBRE PARALLELE rispetto agli ALBERI
DENDRITICI DELLE CELL. PURKINJE, determina importanti conseguenze
funzionali, in quanto ottimizza la possibilità di stabilire connessioni
sinaptiche con diverse cell.Purkinke (più di 100), mentre con una singola
cell.Purkinje può stabilire appena uno o 2 contatti sinaptici, in quanto
decorrono lungo la dimensione minor dell’albero dendritico. Per contro una
singola cell.Purkinje, riceve afferenze da 200.000 fibre parallele (conseguenza
pag.211).
Le cell.GOLGI sono interneuroni inibitori (STRATO GRANULARE). Presentano
un’arborizzazione DENDRITICA che forma il CONO SUPERIORE, diretto allo
STRATO MOLECOLARE. L’arborizzazione ASSONICA forma il CONO INFERIORE.
Le CELL.GOLGI vengono eccitate dalle FIBRE MUSCOIDI – RAMPICANTI –
ASSONI CELL.GRANULI (fibre parallele) e inibite da COLLATERALI CELL. A
CANESTRO – STELLATE – PURKINJE. A loro volta queste cellule inibiscono le
CELLULE DEI GRANULI.
Struttura CENTRO MIDOLLARE (sost.bianca)
Immersi nella sost.bianca, sono presenti i NUCLEI PROPRI CERVELLETTO. I
neuroni di questi nuclei, ricevono collaterali dalle FIBRE MUSCOIDI,
RAMPICANTI, ASSONI CELLULE PURKINJE, ed emettono ASSONI che
costituiscono le vie di uscita degli impulsi dal CERVELLETTO ad altre
regioni cerebrali.
In particolare, le CELLULE PURKINJE, uscendo dalla corteccia (ed essendo la
sola via d’uscita), inibiscono in maniera più o meno marcata i NUCLEI
CENTRO MIDOLLARI (nuclei propri cervelletto -> dai quali partono le
EFFERENZE del cervelletto), attraverso la produzione del neurotrasmettitore
GABA (γ-aminobutirrico).
Dai NUCLEI PROPRI quindi, partono le EFFERENZE del cervelletto, di
conseguenza gli impulsi contenuti sono il risultato dell’integrazione di
STIMOLI INIBITORI-ECCITATORI.
Possiamo distinguere 2 tipologie di neuroni efferenti dei NUCLEI
CEREBELLARI:
Neuroni GABAergici sono inibitori e proiettano alle stesse regioni
dell’OLIVA INFERIORE dalle quali ricevono afferenze. Inoltre le FIBRE
RAMPICANTI, che originano dall’OLIVA INFERIORE, proiettano alla
CORTECCIA CEREBELLARE che a sua volta proietta a questi stessi
NEURONI GABAergici. Si costituisce così un circuito chiuso a feedback
negativo.
Neuroni non-GABAergici sono eccitatori e proiettano ad una serie
di formazioni che vanno dal MS al TALAMO.
In generale ogni NUCLEO CEREBELLARE dà origine a proiezioni crociate
(ascendenti – discendenti) che lasciano il cervelletto attraverso il
peduncolo cerebellare superiore:
Proiezioni efferenti ASCENDENTI: raggiungono del TE (nucleo rosso) –
collicolo superiore – NUCLEO VL del TALAMO, il quale si connette poi
alla CORTEX MOTORIA PRIMARIA, fungendo da tramite
CERVELLETTO – AREE MOTORIE CORTICALI.
Proiezioni efferenti DISCENDENTI: raggiungono prevalentemente i
NUCLEI PONTINI – OLIVA INFERIORE – parecchi nuclei
FORMAZ.RETICOLARE.
L’att. delle cellule del Purkinje nella contesto della COORDINAZIONE
MOTORIA
Essendo gli assoni delle CELLULE PURKINJE la sola via di uscita degli impulsi
corteccia cerebellare, tutti gli ALTRI NEURONI CEREBELLARI hanno la
funzione di MODULARE LA SCARICA CELLULE PURKINJE.
Le CELLULE PURKINJE, vengono eccitate da:
FIBRE PARALLELE dei granuli (a sua volta eccitate dalle FIBRE MUSCOIDI)
determinano l’insorgenza di PA singolo (SPIKE SEMPLICE
(img.pag.214)) che presenta una frequenza che varia tra 20-50 Hz.
FIBRE RAMPICANTI provenienti dall’OLIVA INFERIORE una sola FIBRA
RAMPICANTE, provoca una raffica ad alta frequenza di PA (SPIKE
COMPLESSO (img.pag.214)). Lo SPIKE COMPLESSO è espressione dello
stato funzionale dell’OLIVA INFERIORE.
Lo SPIKE COMPLESSO che giunge dalle FIBRE RAMPICANTI, non sembra però
modificare la frequenza di scarica media delle cell.Purkinje, di
conseguenza si è ipotizzato che queste cellule non abbiano alcun ruolo
diretto nella DEFINIZIONE DEI SEGNALI CHE PROVENGONO DALLA
CORTECCIA CEREBELLARE e perciò non sono implicate nel controllo
dell’att.motoria nel corso del suo svolgimento. Si ritiene piuttosto che la
loro funzione sia quella di modificare la sensibilità delle cell.Purkinje ai
segnali che ricevono dalle fibre parallele: in certe circostanze gli SPIKE
COMPLESSI, provocano una prolungata depressione dell’efficacia
sinaptica delle fibre parallele (depressione a lungo termine) si
ipotizza che questo sarebbe il meccanismo attraverso il quale le FIBRE
RAMPICANTI agirebbero sull’apprendimento motorio. Secondo questa
ipotesi, le FIBRE PARALLELE e quindi gli SPIKE SEMPLICI che producono,
sarebbero implicati nei processi che conducono alla genesi dei movimenti e,
ogni qual volta non vi è una corrispondenza tra il MOVIMENTO CHE SI INTENDE
ESEGUIRE e MOVIMENTO REALIZZATO, viene generato un segnale di errore
che attiva l’OLIVA INFERIORE, con conseguente insorgenza di SPIKE
COMPLESSI che vanno a deprimere le FIBRE PARALLELE. Tale depressione
delle sinapsi FIBRE PARALLELE, induce una modificazione dei segnali motori
responsabili dell’esecuzione dei futuri movimenti. Se questa
modificazione produce movimenti appropriati non si avrà più
attivazione OLIVA INFERIORE e quindi il prog.motorio rimarrà
immodificato.
Se vi è ancora un errore OLIVA INFERIORE si attiva e produce SPIKE
COMPLESSI che indurranno ulteriori variaz. efficacia sinaptica.
(ipotesi che necessita di conferma)
Conseguenze in seguito a lesioni cervelletto
Lesioni UNILATERALI del cervelletto, provcano alterazioni motorie nello
stesso lato del corpo. Ciò è dovuto al fatto che la maggior parte delle vie che
dal CERVELLETTO giungono MOTONEURONI, decussano 2 volte: 1
decussazione a carico via efferente che dal CERVELLETTO va alla CORTECCIA
CONTROLATERALE, passando prima x il TALAMO. Dalla corteccia si ha 2°
decussazione a carico via discendente (es.corticospinale) a livello parte
inferiore bulbo.
I deficit motori che ne conseguono dipendono dalla componente del
cervelletto che risulta danneggiata: se lesione è a livello LOBO
FLOCCULONODULARE ..> lesioni apparato vestibolare (alteraz.equilibrio –
alteraz.andatura – ecc). Se lesione interessa VERME ..> alteraz.motoria a
carico tronco. Se danneggiata regione intermedia o emisferica ..> alteraz.
Motorie arti.
Alterazioni motorie che si evidenziano in sogg. con lesioni cervelletto
sono: dis.coordinazione – dis.equilibrio – dis.tono muscolare.
Altro segno caratteristico è rappresentato dal tremore intenzionale nell’arto
omolaterale alla lesione, tremore che aumenta all’aumentare della vicinanza
con oggetto.
Alteraz. Tono muscolare si manifesta sottoforma di ipotonia che può
essere accompagnata dal riflesso patellare pendolare ..> forma
patologica di riflesso da stiramento fasico del m.quadricipite, che si
può evocare con percussione del tendine patellare e che induce, a causa
dell’ipotonia, una serie di flessioni-estensioni.
CONTRIBUTO DEI GANGLI DELLA BASE AL CONTROLLO MOTORIO
Sono nuclei profondi del cervello e contribuiscono alla regolazione
att.motoria. A differenza del cervelletto, non ricevono afferenze dal MS,
ma ricevono proiezioni dirette dalla CORTECCIA CEREBRALE. La principale
azione dei gangli, consiste nell’influenzare, attraverso il talamo, l’att.dei
neuroni delle AREE MOTORIE DELLA CORTECCIA CEREBRALE. Lesioni dei
gangli, producono alterazioni patologiche dei movimenti e postura.
I nuclei della base comprendono: NUCLEO STRIATO (CAUDATO – PUTAMEN)
– GLOBUS PALLIDUS. Associati a questi gangli, abbiamo i nuclei talamici:
nucleo ventrale anteriore (VA) – nucleo ventrale laterale (VL). Altri
nuclei associati ai gangli sono: nucleo subtalamico del diencefalo – sub
stantia nigra del mesencefalo.
Connessioni e meccanismi operativi dei GANGLI
I neuroni del NUCLEO STRIATO cominciano a scaricare prima dell’inizio del
movimento ciò suggerisce che questi neuroni contribuiscono alla
SELEZIONE DEL MOVIMENTO da eseguire.
La maggiore parte delle REGIONI CORTECCA CEREBRALE proietta (proiezioni
corticostriali) allo STRIATO. A sua volta lo STRIATO proietta al TALAMO
attraverso 2 vie. I neuroni talamici, a loro volta, eccitano neuroni
CORTECCIA CEREBRALE.
Le 2 vie con le quali lo STRIATO proietta al TALAMO sono:
Via DIRETTA lo STRIATO proietta al GLOBUS PALLIDO, attraverso
proiezione INIBITORIA (che usa GABA). Il GLOBUS PALLIDO proietta
poi ai NUCLEI TALAMICI (VA-VL), sempre con proiezioni INIBITORIE
(GABA). Da qui i NUCLEI TALAMICI proiettano alla CORTECCIA PRE-
FRONTALE – PREMOTORIA – SUPPLEMENTARE, attraverso
proiezioni eccitatorie. Queste afferenze alla CORTECCIA MOTORIA
influenza la PIANIFICAZIONE MOTORIA, nonché la scarica dei
neuroni corticospinali – corticobulbari.
Spiegazione funzionamento circuito n. dello STRIATO in condizioni
normali possiedono scarsa att. spontanea e sono attivati durante i
movimenti x azione delle afferenze corticali. I n. GLOBUS PALLIDO,
normalmente hanno elevata scarica spontanea che inibisce neuroni
nuclei VA-VL. Perciò, quando lo STRIATO viene attivato, le sue proiezioni
inibitore riducono l’att. dei neuroni GLOBUS PALLIDO, andando a
disinibire n. VA-VL i quali avranno effetti eccitatori su AREE
MOTORIE. Queste aree corticali, andranno poi a evocare il movimento,
attivando i MOTONEURONI ALFA – GAMMA del MS – TE. I GANGLI
influenzano, attraverso questa via, il movimento, andando ad
aumentare att.neuroni corticali aumento att.motoria.
Via INDIRETTA (post-it pag.216) STRIATO proietta connessioni
inibitorie (GABA) al SEG.ESTERNO GLOBUS PALLIDO, che a sua
volta invia proiezioni inibitorie al:
NUCLETO SUBTALIMICO a sua volta invia proiezioni
o eccitatorie al SEG.INTERNO GLOBUS PALLIDO.
SEG.INTERNO GLOBUS PALLIDO invia proiezioni inibitorie
o ai NUCLEI TALAMICI (VA-VL)
Funzionamento circuito indiretto normalmente il SEG.ESTERNO
GLOBUS PALLIDO, va a svolgere un’azione di inibizione sul
SEG.INTERNO GLOBUS PALLIDO – SUBTALAMICO. L’effetto inibitorio riduce
l’attività dei neuroni del SUBTALAMICO che normalmente risultano
attivi ed hanno effetti eccitatori sul SEG.INTERNO GLOBUS
PALLIDO.
Quando lo STRIATO si attiva inibizione SEG.EST.GLOBUS PALLIDO
riduzione att. di inibizione sui neuroni SUBTALAMICO, i quali
diventano ancora più attivi, e sui neuroni SEG.INT.GL.PAL.
L’aumento attività dei neuroni SUBTALAMICO, provoca un incremento
att.eccitatoria sui neuroni SEG.INT.GL.PAL., che risulteranno a loro
volta più attivi, determinando un incremeto att. di inibizione sui VL-
VA. Di conseguenza l’att. dei neuroni di VA-VL diminuisce, facendo
diminuire anche qulla dei NEURONI CORTICALI. L’effetto finale di
questa via è quello di ridurre l’att. dei neuroni aree motorie
riduzione movimento.
La via DIRETTA-INDIRETTA, svolgono azioni opposte, di conseguenza
l’aumento dell’att. di una via potrebbe provocare uno sbilanciamento del
controllo motorio. Questi sbilanciamenti sono caratteristici di malattie
gangli base.
Differenze tra i circuiti motori dei GANGLI e del CERVELLETTO
GANGLI:
Ricevono afferenze dalla maggior parte delle AREE CORTECCIA
CEREBRALE
Efferenze più diffuse rispetto a quelle cervelletto
Non ricevono info somatosensitive dalle vie acendenti MS e
stabiliscono poche connessioni con TE.
CERVELLETTO:
Le afferenze che ricevono dalle AREE CORTECCIA CEREBRALE sono
molto più circoscritte
Efferenze meno diffuse rispetto ai gangli
ricevono info somatosensitive dalle vie acendenti MS e
stabiliscono ricche connessioni con nuclei TE.
APP. CARDIOCIRCOLATORIO
Funzioni: Provvede al trasporto e distribuzione sostanze essenziali ai
tessuti - rimozione dei prodotti che derivano dal metabolismo. Inoltre
prende parte ai meccanismi omeostatici (regolazione temp. corporea –
equilibrio liquidi corporei.
Costituzione app.cardiovascolare:
CUORE
VASI SANGUIGNI
CAPILLARI
MUSCOLO CARDIACO (CUORE)
È al centro dell’APPARATO CARDIOVASCOLARE è la sua funzione è quella di
mandare il sangue in circolo in direzione CENTRIFUGA.
E’ un organo cavo situato nella cavità toracica più precisamente nel
mediastino anteriore (tra i 2 polmoni), dietro lo sterno e le cartilagini costali,
che lo proteggono come uno scudo, davanti alla colonna vertebrale appoggiato
sul diaframma. Non è in posizione perfettamente mediana ma è leggermente
spostato a sinistra.
Ha la forma di un cono un poco appiattita in senso antero-posteriore, con la
BASE (posizionata a livello della 3° cartilagine costale) rivolta in alto-destra-
dietro e l’APICE (posizionato a livello del 5° spazio intercostale) rivolto in
basso-avanti-sinistra (il cuore è un po’ appoggiato sul diaframma).
Organizzazione istologica CUORE
Il tessuto muscolare del cuore, è definito striato cardiaco, ed è costituito da
singole fibrocellule (CARDIOMIOCITI), che presentano le analoghe striature
che caratterizzano lo scheletrico.
A differenza del TESS.SCHELETRICO, le FIBRE CARDIACHE si presentano più
piccole (fibra sch. può arrivare anche a 20cm) e sono fisicamente connesse
tra loro grazie alla presenza dei DISCHI INTERCALARI (img.pag.294), x tanto
non possono essere considerate anatomicamente dei sincizi ( fusione di due o
) come le fibre
più cellule tra loro, con la formazione di una sola cellula multinucleata
sch., anche se da un punto di visita funzionale si comportano in maniera
analoga quindi possono essere considerate dei SINCIZI FUNZIONALI. La
presenza infatti dei DISCHI INTERCALARI permette una connessione
meccanica-elettrica tra le fibre, dando la possibilità alle fibre di contrarsi
simultaneamente e di far propagare il pot.elettrico, originato dal NODO
SENOATRIALE, da una cellula all’altra, consentendo una contrazione
sincronizzata tra cellule. La connessione meccanica-elttrica è possibile grazie
alla presenza nel disco:
DESMOSOMI CONNESSIONE MECCANICA
GAP JUNCTION CONNESSIONE ELETTRICA
Per quanto riguarda la disposizione delle striature, è analoga a quella presente
nel m.sch. (vedi disposizione striature nella fibra musc. sch.).
Sia il tess. musc. SCH. che CARDIACO contengono TESS.CONNETTIVO che
Cosa provoca
circonda le varie cellule, nel secondo risulta più abbondante.
questa abbondanza di tess.connettivo? aiuta a prevenire la rottura
muscolare (come nel m.sch.) e impedisce la sovradistensione dei
miofilamenti delle cellule cardiache. Impedire la sovradistensione, permette ai
miofilamenti di rimanere ad una lunghezza di sovrapposizione ottimale,
ciò secondo la TEORIA DELLO SLITTAMENTO, consente di esprimere una FORZA
CONTRATTILE efficace x pompare quel surplus di sangue che deriva ad es. da
una situazione di eser. fisico intenso. Viceversa, se il cuore subisse una sovra
distensione, la ridotta sovrapposizione dei filamenti SPESSI-SOTTILI
determinerebbe una ridotta capacità contrattile che non consentirebbe
un pompaggio adeguato del sangue, causando un incremento della
pressione venosa.
Come nel muscolo sch. anche in quello cardiaco le miofibrille sono circondate
da una rete di memb. del RETICOLO SARCOPLASMATICO (RS) che risulta
meno sviluppato. Questi rami vanno ad immettersi in una CISTERNA
TERMINALE che a sua volta è collegata ai TUBULI T posti a livello delle LINEE Z
(mentre nel m.sch. è posto tra bande A – I).
I cardiomiociti contengono anche numerosi mitocondri, l’alta densità
garantisce al cuore un’elevata capacità ossidativa (+ elevato di quella del
m.sch.).
COMPONENTI CUORE
Il cuore è costituito da 2 parti separate – non comunicanti, in quanto
separati da una parete continua (SETTO ATRIO-VENTRICOLARE) in parte di
natura fibrosa ma per la maggior parte di natura muscolare. All’interno di
ogni metà sono presenti 2 cavità comunicanti, una superiore ATRIO e una
inferiore, VENTRICOLO.
CAMERE CARDIACHE Gli ATRI sono camere a pareti sottili e a bassa
pressione che funzionano più come grossi condotti di riserva di sangue x
i rispettivi ventricoli, piuttosto che come pompe importanti x la
propulsione in avanti del sangue.
Sono presenti 2 sistemi di contrazione indipendente uno x ATRII l’altro
x VENTRICOLI
MUSCOLATURA ATRII ..> è costituita da FASCI MUSCOLARI PROPRI di
ciascun ATRIO formati principalmente da FIBROCELLULE che circondano gli
orifizi di sbocco delle vene di ciascun atrio e da FASCI MUSCOLARI COMUNI
ad ambedue gli atrii, formati da FIBROCELLULE con decorso prevalentemente
trasversale, si estendono da un atrio all’altro. Complessivamente la parete
muscolare degli atrii è piuttosto sottile e si ispessisce solo nelle zone in
prossimità dei rilievi di muscoli pettinati.
MUSCOLATURA VENTRICOLI ..> è notevole più robusta e spessa di quella
atriale in quanto il MIOCARDIO è costituito da 3 strati sovrapposti di FASCI
MUSCOLARI PROPRI di ciascun ventricolo e FASCI MUSCOLARI COMUNI a
tutte e 2 i ventricoli.
I FASCI MUSCOLARI PROPRI costituiscono lo STRATO INTERMENDIO del
miocardio si inseriscono nell’anello fibroso dell’orifizio atrioventricolare
presente in ciascun ventricolo e lo discendono in maniera obliqua (senza
raggiungere apice) per poi formare un’ansa e risalire fino a terminare sullo
stesso anello fibroso da cui erano originati, nel complesso formano 2 sacchi
conoidi tra loro adiacenti (img.pag.169 anat.).
Per quanto riguarda i FASCI MUSCOLARI COMUNI costituiscono lo STRATO
SUPERFICIALE e quello PROFONDO del miocardio, si inseriscono nell’anello
fibroso dell’orifizio ventricolare e lo discendono in maniera obliqua fino a
raggiungere l’apice formando lo STRATO SUPERFICIALE, per poi risalire
formando lo STRATO PROFONDO. Alcuni FASCI MUSCOLARI COMUNI PROFONDI
vanno a formare i MUSCOLI PAPILLARI (img.pag.169 anat). Il VENTRICOLO SX
presenta uno spessore muscolare, notevolmente più sviluppato del DX che gli
consente di esprimere una F maggiore.
La presenza attorno agli orifizi valvolari dello strato muscolare spesso e
potente, consente di agire x ridurre la circonferenza del ventricolo
durante eiezione sangue, ma anche x restringere orifizi della valvola
AV, partecipando così alla chiusura delle valvole. L’eiezione ventricolare, oltre
che x riduzione di circonferenza, si attua anche x riduzione dell’asse
longitudinale, con abbassamento BASE cuore.
VALVOLE CARDIACHE consistono in sottili lembi di tess.fibroso,
flessibile ma resistente, rivestito di ENDOTELIO e saldamente attaccate agli
anelli valvolari. I movimenti dei lembi sono essenzialmente passivi e
l’orientamento delle valvole garantisce l’undidirezionalità del flusso di
sangue. Si distinguono 2 tipi di valvolve:
VALOLVE ATRIOVENTRICOLARI: sono valvole costituite da più
cuspidi, che presentano un’area doppia rispetto ai rispettivi ORIFIZI AV,
in modo tale da assicurare una notevole sovrapposizione dei lembi
valvolari al momento della chiusura. Ai bordi liberi delle valvole
s’inseriscono le CORDE TENDINEE, che originano dai m.papillari dei
rispettivi ventricoli e che servono a prevenire il piegamento delle
valvole nella camera atriale durante la sistole ventricolare. Si
distinguono 2 tipi di valvole AV:
BICUSPIDE localizzata nell’orifizio atrio-ventricolare sx
o TRICUSPIE localizzata nell’orifizio atrio-ventricolare di dx
o
SEMILUNARI sono 2 e sono localizzate tra VENTR.DX –
ART.POLOMONARE e tra VENTR.SX – AORTA e sono entrambe
costituite da 3 cuspidi a forma di coppa, attaccate all’anello
valvolare (img.pag.367). Queste valvole si aprono durante la fase di
sistole ventricolare e risultano chiuse durante la diastole ventr. La
loro apertura permette il passaggio del sangue dal ventricolo verso il
rispettivo canale arterioso. Durante l’apertura le cuspidi non aderiscono
alle pareti della rispettiva arteria, ma si aprono a metà strada tra
la parete vasale – posizione chiusura. Al di là delle valvole, nelle
pareti arteriose sono presenti piccole tasche (SENI DI VALSAVA), dove
si formano vortici di sangue che impediscono alle cuspidi valvolari
di accollarsi alle pareti vasali. La non aderenze di questi lembi ha un
significato funzionale, in quanto al di sopra delle cuspidi dx-sx della
valvola semilunare aortica, sono situati gli orifizi delle arterie
coronarie dx – sx. Impedire l’aderenza delle cuspidi alle pareti vasale,
permette di non bloccare tali orifizi e quindi non arrestare il flusso
ematico coronarico.
PERICARDIO riveste l’interno del cuore e la porzione cardiaca dei
grandi vasi e si riflette sulla superficie cardiaca come EPICARDIO. Esso è
costituito da 2 parti: PERICARDIO FIBROSO – SIEROSO, quest’ultimo
è costiuito da 2 foglietti (PARIETALE – VISCERALE(epicardio)), tra i 2
foglietti scorre il liquido pericardico, con funzione di lubrificazione tra i
2 foglietti. La funzione del pericardio è quella di fungere da difesa
primaria del cuore contro gli attacchi esterni, lo fa aderire saldamente
entro il mediastino anteriore, ne limita la distensibilità e grazie al liquido
pericardico, impedisce lo sfregamento delle fibre miocardiche.
Circuito cardio-vascolare
Il flusso del sangue attraverso il cuore è UNIDIREZIONALE in seguito
all’appropriata disposizione dei lembi valvolari. Sebbene la GITTATA
CARDIACA sia di tipo INTERMITTENTE, alla periferia (nei tess.corporei) il flusso
diventa CONTINUO in virtù della dilatazione aorta e dei suoi rami che si
verifica durante la sistole ventricolare e del successivo ritorno elastico
delle pareti delle grosse arterie, che spinge in avanti il cuore durante il
RILASCIAMENTO VENTRICOLARE.
Pompa dx (ATRIO DX-VENTRICOLO DX) l’ATRIO DX riceve il sangue di
ritorno dalla CIRCOLAZIONE GENERALE (o GRANDE CIRCOLAZIONE) per mezzo
delle DUE VENE CAVE (inferiore-superiore). Il sangue poi passa dall’ATRIO
VENTRICOLO sottostante, grazie alla presenza di un orifizio, che mette in
comunicazione le 2 camere, e che è dotato della VALVOLA TRICUSPIDE
formata da 3 lembi (cuspidi) che con la loro base si fissano al contorno
dell’orifizio presentando sul margine l’attacco per le CORDE TENDINEE (fascio
di tessuto connettivo fibrillare denso rivestite da ENDOCARDIO, rappresentano
l’estensione dei m.papillari che ricoprono la parete interna del ventricolo) che
assicura la chiusura dell’orifizio durante la sistole ventricolare,
impedendo il reflusso del sangue nel sovrastante atrio. Nella parete superiore
del ventricolo, oltre all’ORIFIZIO ATRIOVENTRICOLARE, è presente
l’ORIFIZIO DELL’ARTERIA POLMONARE, posizionato più anteriormente e su
un piano più alto rispetto all’ORIFIZIO ATRIOVENTRICOLARE, munito di 3
valvole definite VALVOLE SEMILUNARI che si inseriscono nei margini
dell’orifizio.
Le VALVOLE SEMILUNARI si chiudono durante la fase di decontrazione
ventricolare (DIASTOLE) permettendo al VENTRICOLO di riempirsi di sangue
proveniente dall’ATRIO SOPRASTANTE. Una volta riempito, avviene la fase di
contrazione ventricolare (SISTOLE) le VALVOLE SEMILUNARI si aprono
permettendo il passaggio di sangue dal VENTRICOLO ARTERIA
POLMONARE,
Con la SISTOLE VENTRICOLARE DX si ha la PICCOLA CIRCOLAZIONE
(CIRCOLAZIONE POLMONARE) Il sangue viene immesso nell’ARTERIA
POLMONARE, ad una pressione media di 1/7 rispetto a quella presente nelle
arterie della GRANDE CIRCOLAZIONE. Il sangue così giunge ai CAPILLARI
POLMONARI, dove rilascia CO2 e assume O2. Il sangue arricchito di O2
ritorna mediante le VENE POLMONARI all’ATRIO SX. Il volume totale di sangue
è egualmente distribuito tra arterie-vene-capillari.
Pompa SX (ATRIO SX – VENTRICOLO SX) l’ATRIO SX riceve il sangue
ossigenato di ritorno dai polmoni mediante le 4 vene polmonari, i cui
sbocchi hanno un diametro di 1,5cm e sono sprovvisti di apparati valvolari.
Come nell’ATRIO DX è presente l’ORIFIZIO ATRIOVENTRICOLARE che mette
in collegamento l’ATRIO con il sottostante VENTRICOLO permettendo il
passaggio del flusso sanguigno dall’ATRIO al VENTRICOLO, tale flusso è
regolato dalla presenza nell’orifizio della VALVOLA BICUSPIDE (o MITRALE)
(BICUSPIDE in quanto formata da 2 lembi trapezoidali (cuspidi) che con la loro
base si fissano al contorno dell’orifizio presentando sul margine l’attacco per le
CORDE TENDINEE). Questa valvola permette al sangue di passare dall’ATRIO
VENTRICOLO durante la SISTOLE ATRIALE, ma impedisce (chiudendosi) il
reflusso del sangue dal VENTRICOLOATRIO durante la SISTOLE
VENTRICOLARE. In posizione antero-mediale, rispetto all’ORIFIZIO
ATRIOVENTRICOLARE, si trova l’ORIFIZIO AORTICO munito di 3 VALVOLE
SEMILUNARI (simili x morfologia e funzione a quelle dell’orifizio dell’arteria
polmonare) le quali impediscono (chiudendosi) al sangue di refluire dall’AORTA
VENTRICOLO durante la decontrazione ventricolare (DIASTOLE), mentre
si aprono permettendo il flusso in direzione VENTRICOLO AORTA durante la
contrazione ventricolare (SISTOLE).
Con la SISTOLE VENTRICOLARE SX si ha la GRANDE CIRCOLAZIONE Il
sangue viene immesso nell’AORTA la quale poi lo distribuirà a tutte le sue
collaterali e ramificazioni, permettendo così che tutti i tessuti periferici siano
raggiunti dal flusso sanguigno. Il volume totale di sangue è costante ma non
egualmente distribuito (67% VENE-VENULE – 5% CAPILLARI – 11%
AORTA-ARTERIE-ARTERIOLE), ogni aumento del volume di sangue in un
distretto deve essere accompagnato da una riduzione in un altro distretto.
Contrazione cardiaca influenzata dal PRE e POST-CARICO
La contrazione cardiaca è responsabile della spinta, nel sist.vascolare, del
sangue. Tale contrazione cardiaca è influenzata dal:
pre-carico si riferisce alla F che stira le fibre muscolari rilasciate
(es.nel ventricolo sx, il pre-carico è rappresentato dal riempimento di
sangue che durante la diastole stira le pareti cardiache). Il pre-carico può
essere aumentato incrementando il riempimento del ventricolo
durante la diastole (aumento del V tele-diastolico). Tale
incremento, provoca un aumento della pressione ventricolare
(img.pag.362), che si riflette poi sulla successiva contrazione (SISTOLE)
determinando un aumento della pressione sistolica. Questo aumento
avviene fino a che non viene raggiunta una press.sist. max ..> che
rappresenta una condizione di pre-carico ottimale. Ulteriori
riempimenti diastolici oltre questo punto, non provocano incrementi
dello sviluppo di pressione.
post-carico F contro cui deve agire il muscolo che si contrae
(es.nel ventricolo sx, il post-carico è rappresentato dalla pressione che
vige nell’aorta e che deve essere superata dalla contrazione
ventricolare x aprire la valvola aortica). Un aumento del post-carico
(rappresentato ad es. da un aumento press.aortica), producono
press.sistoliche massime progressivamente maggiori, fino a
quando il post-carico non è così elevato che il ventricolo non può
sviluppare una press. sufficiente ad aprire la valvola aortica
isometria ventricolare: non si verifica eiezione di sangue.
Il PRE e POST-CARICO dipendono dalle caratteristiche del sist.vascolare
(es.resist.periferiche) e dal comportamento del cuore (es.variazione FC o
V sist.)
CICLO CARDIACO
Toni cardiaci
Nel cuore si generano 4 toni, dei quali solo 2 sono percepibili dall’orecchio
umano attraverso lo stetoscopio. Registrare tutti e 4 i toni, permette di
delineare la precisa cadenza dei toni cardiaci in relazione agli altri
eventi del ciclo cardiaco:
1° tono cardiaco si verifica all’inizio della SISTOLE
VENTRICOLARE (sia BICUSPIDE – TRICUSPIDE). È il più intenso e
prolungato dei toni cardiaci.
2° tono cardiaco si verifica alla chiusura delle VALVOLE
SEMILUNARI. Il rumore della VALVOLA AORTICA è generalmente più
intenso di quello della POLMONARE. La natura di questo secondo tono
può cambiare però con la RESPIRAZIONE: durante ESPIRAZIONE si ode un
solo rumore, che riflette la simultanea chiusura della VALVOLA
POLMONARE – AORTICA. Durante l’INSPIRAZIONE, invece, la chiusura
della VALVOLA POLMONARE è ritardata, soprattutto quale risultato
dell’incremento del flusso sanguigno dovuto ad incremento del
ritorno venoso indotto dall’inspirazione.
3° tono cardiaco si verifica nella prima fase DIASTOLE ed è
provocata dalle vibrazioni delle pareti ventricolari, dovute
all’improvviso arresto della distensione ventricolare e alla
decelerazione del sangue che entra nei ventricoli.
4° tono cardiaco provocato dalle oscillazione sangue e camere
cardiache x effetto della contrazione atriale.
Ciclo cardiaco
Sistole ventricolare: gli eventi racchiusi all’interno di questo periodo sono:
Contrazione ISOVOLUMETRICA è l’intervallo tra l’inizio sistole
ventricolare – apertura valvole semilunare. In quest’intervallo si
nota che il volume di sangue ventricolare rimane costate
(img.pag.366). L’inizio della contrazione isovolumetrica coincide con:
l’apice onda R dell’ECG – 1°tono cardiaco – incremento iniziale
della press.sistolica (img.pag.366).
Eiezione è segnata dall’apertura valvole semilunari. Tale evento
può essere suddiviso:
Eiezione rapida è una prima fase più breve. Ha inizio con la
o fine della fase di CONTRAZ.ISOVOL. e termina all’apice press.sist.
– apice flusso aortico (img.pag.366). Questa fase è quindi
caratterizzata da: brusco aumento press.sist.-aortica –
riduz.rapida V ventricolare – pronunciato aumento flusso
aortico. Si nota anche una brusca diminuzione press.
nell’atrio sx (img.pag.366), ed è provocata dall’abbassamento
BASE CUORE e dal conseguente stiramento camere atriali.
Eiezione lunga è la seconda fase di durata più lunga. In questa
o fase si assiste ad un continuo svuotamento sangue dal
ventricolo, ma ad una graduale diminuzione del flusso
ematico dal VENTRICOLO AORTA. Tale diminuzione è dovuta
ad un’inversione dei gradienti pressori tra ventricolo-aorta
(PRESS.VENTR. <PRESS.AORTA). Ciò sfavorisce il flusso di
sangue verso l’aorta (i liquidi viaggiano verso punti a PRESSIONE
MINORE). Al contrario nella fase precedente di EIEZIONE RAPIDA, si
ha una situazione invertita
(PRESS.VENTRIC.>PRESS.AORTICA), che favorisce il flusso
sangue VENTRIC. AORTA, consentendogli di raggiungere il
suo apice.
L’inversione del gradiente pressorio, è il risultato
dell’immagazzinamento di en.potenziale da parte delle
pareti arteriose durante la fase di flusso continuo di sangue
da VENTRIC. AORTA, manifestato dalla dilatazione delle
pareti arteriose. Le prop.elastiche delle pareti arteriose, spingono x
una riduzione della dilatazione, che conduce al raggiungimento di
un gradiente di PRESS.AORTICA superiore rispetto alla
PRESS.VENTRICOLARE (img.pag.366).
La riduzione del flusso ematico VENTRICOLO AORTA, conduce ad
un declino sia della PRESS.SIST., che infatti in questa fase
risultano in diminuzione.
Alla fine dell’EIEZIONE VENTRICOLARE rimangono nelle CAVITA’
VENTRICOLARI un V sangue circa uguale a quello espulso durante
la SISTOLE. Questo V residuo è costante nei cuori normali, ma si
riduce x aumento FC o x una ridotta resistenza al flusso. Perciò in
queste situazioni avremo un V residuo di sangue che sarà minore rispetto
alle condizioni di normalità.
Durante la SISTOLE VENTRICOLARE, gli ATRII si riempiono di sangue,
con conseguente aumento PRESS.ATRIALE.
La chiusura VALVOLA SEMILUNARE, determina la fine SISTOLE
VENTRICOLARE e causa il 2°tono cardiaco.
Diastole ventricolare: gli eventi racchiusi all’interno di questo periodo sono:
Rilasciamento isovolumentrico è la fase che va dalla CHIUSURA
VALVOLE SEMILUNARE – APERTURA VALVOLE AV, ed è caratterizzato
da una caduta della press.ventricolare molto rapida, senza
variazioni del volume (img.pag.366).
Fase di riempimento rapido la maggior parte del riempimento
ventricolare, avviene subito dopo l’apertura della VALVOLA AV. Il
sangue, che era precedentemente tornato agli atrii durante la sistole
ventricolare, si trova improvvisamente ad essere immesso nei
ventricoli che si stanno rilasciando. L’inizio di questa fase si ha dal
momento che la
PRESS.VENTRICOLARE risulta inferiore rispetto alla
PRESS.ATRIALE, a questo punto la VALVOLA AV si apre, permettendo
un rapido flusso di sangue in direzione dei ventricoli, provocando
una riduzione PRESS.ATRIALE – aumento V ventricolare. Anche la
PRESS.VENTRICOLARE continua a diminuire nonostante l’arrivo di flusso
di sangue, in virtù del proprio rilasciamento (le pareti cardiache si
dilatano).
Fase di riempimento lento (diastasi) in questa fase, il sangue
refluo dalla PERIFERIA e dal CIRCOLO POLMONARE, defluisce
rispettivamente nell’ATRIO DX – ATRIO SX, x passare poi al VENTRICOLO
DX – SX. Quest’aggiunta di sangue agli atrii, provoca un incremento
PRESS.ATRIALE e l’arrivo di sangue ai ventricoli che si stanno
riempiendo gradualmente sempre più, determina un incremento V
VENTRIC. e conseguentemente della PRESS.VENTRIC., che rimane
però a gradienti pressori inferiori rispetto a quelli ATRIALI. Il
motivo x cui la PRESS.ATRIALE risulta leggermente superiore alla
PRESS.VENTRIC. risiede nel fatto che le VALVOLE AV APERTE
rappresentano una via a bassa resistenza durante il riempimento.
Sistole atriale: il passaggio di sangue dagli ATRI ai VENTRICOLI, provocato
dalla SISTOLE ATRIALE, completa il periodo di riempimento ventricolare.
Tale sistole, provoca un incremento PRESS.ATRIALE – piccolo incremento
PRESS.VENTRIC. – aumento V VENTRIC.
Poiché non vi sono valvole allo sbocco delle VENE CAVE nell’atrio dx o delle
VENE POLMONARI nell’atrio sx, la contrazione atriale può spingere il sangue
in entrambe le direzioni. In realtà, il reflusso di sangue verso queste vene,
durante la contrazione atriale, è modesto, specie a causa dell’inerzia
rappresentata dal sangue che affluisce al cuore.
Il contributo della contraz. atriale al riempimento ventricolare, è
condizionato dalla FC e STRUTTURA VALVOLVE AV in condizioni di
NORMALE FC, il riempimento è praticamente già completo verso la fine
della FASE RIEMPIMENTO LENTO e la SISTOLE ATRIALE contribuisce poco
al riempimento.
Nella TACHICARDIA, la FASE RIEMPIMENTO LENTO risulta abbreviata e il
contributo della SISTOLE ATRIALE diventa significativo. Se la TACHICARDIA
diventa ELEVATA, tanto da interferire con la FASE RIEMPIMENTO RAPIDO, la
contrazione atriale assume grande importanza nello spingere
rapidamente il sangue nei ventricoli durante questo breve periodo del
ciclo cardiaco.
Se il periodo di RILASCIAMENTO VENTRICOLARE è così breve da
compromettere gravemente il riempimento, la contraz.atriale non riesce a
garantire un riempimento adeguato, provocando una riduzione
dell’eiezione cardiaca tale da poter provocare una sincope.
Per poter svolgere il LAVORO CARDIACO è necessario che il cuore
CONSUMA O 2
L’att.cardiaca è assicurata grazie ad un metabolismo aerobico. L’ossigeno
consumato dal cuore, proviene da una propria circolazione (circolazione
coronarica). Queste arterie, in condizioni fisiologiche, possiedono un
meccanismo di autoregolazione che mantiene un livello di flusso di sangue
appropriato per il fabbisogno del miocardio. Il consumo di O2 da parte del
cuore, varia a seconda del tipo di attività svolta. In condizioni basali, il consumo
di O2 del miocardio è circa 8-10ml/min/100g di tessuto, ma può
aumentare diverse volte durante l’eser.fisico e ridursi moderatamente
in condizioni come ipotensione o ipotermia. L’aumentata richiesta di O2
da parte del cuore, viene soddisfatta principalmente da un aumento del
flusso sanguigno coronarico.
Lavoro ventricolare è determinato dal prodotto tra Vsist x P. Il lavoro del
VENTRICOLO DX è di molto inferiore rispetto a quello del VENTRICOLO SX (L
vent.dx circa 1/7 del L vent.sx), in quanto la resist. vascolare polmonare è
molto minore di quella della circolazione sist. (P polmonare < P
aortica).
Possiamo distinguere 2 tipi di lavoro svolti dal cuore, nei quali si assiste a
notevoli differenze nella richiesta di O2 da parte del cuore: LAVORO
PRESSORIO – LAVORO VOLUMENTRICO.
Nel LAVORO PRESSORIO, la GC rimane costante ma la PA aumenta, ciò
determina una maggiore resistenza sistemica che il cuore deve vincere e, x
farlo, necessita di un incremento notevole del consumo di O2. Nel LAVORO
VOLUMETRICO, al contrario, la PA rimane costante ma varia la GC, cioè
aumenta il volume di sangue immesso in circolo, ma ciò richiede un lieve
aumento del consumo di O2 da parte del ventricolo sx.
Rendimento cuore
Come x un motore, anche x il cuore il RENDIMENTO = LAVORO
ESEGUITO/EN.TOT.IMPIEGATA. Il lavoro cardiaco risulta relativamente basso,
ma può essere migliorato con l’allenamento fisico, in quanto la Part si
modifica poco, mentre la GC e LC aumentano (in seguito a modifiche
caratteristiche morfologiche) senza un proporzionale aumento del
consumo di O2.
Il cuore ricava energia da diversi substrati energetici, ma quello
principale è l’AC.GRASSO
Il cuore è particolarmente versatile nell’utilizzo dei substrati energetici.
L’assunzione di un particolare substrato x poter essere metabolizzato, dipende
però dalle concentrazioni ematiche del substrato stesso -
presenza/assenza di altri substrati. Ad es. x il GLUCOSIO, il cuore ha una
certa soglia al di sotto della quale non si verifica l’assunzione (4mM). Se la
concentraz. Aumenta, aumenta anche la velocità di assunzione. La presenza di
INSULINA nel sangue, abbassa la soglia min di accettazione del glucosio,
favorendo la sua captazione. In condizioni ipossiche, aumenta la velocità
di assunzione del glucosio da parte cuore.
Solo il 35% del consumo tot. di O2 è impiegato x ossidare carboidrati. La
restante parte del consumo di O2 (60%) viene utilizzata x l’ossidazione degli
AC.GRASSI, che rappresentano il combustibile principale. Come gli altri
substrati, anche gli AC.GRASSI vengono utilizzati dal cuore con intensità
proporzionale alla loro concentrazione ematica. I CORPI CHETONICI sono
facilmente accettati dal cuore. La porzione di en. del miocardio derivante dagli
aa è piccola.
Il metabolismo principale è quello aerobico, ma in condizioni di IPOSSIA,
subentra quello anaerobico, con utilizzo di GLUCOSIO (derivante da
GLICOGENO CARDIACO) che viene assunto a velocità maggiore. Il quantitativo
di ac.lattico prodotto come catabolita della glicolisi, non può essere
metabolizzato dal cuore, perciò si accumula in condizioni di IPOSSIA
PROTRATTA, andando a ridurre pH intracellulare. Questa condizione inibisce
la glicolisi, uso ac.grassi e aa, e quindi comporta DANNO CELLULARE ed
eventuale NECROSI delle cell.miocardio.
ELETTROFISIOLOGIA CUORE
Richiami anatomici La parete del cuore è formata da 3 tonache
sovrapposte (ENDOCARDIO – MIOCARDIO – EPICARDIO) con spessore
differente in rapporto alla forza contrattile che ogni cavità deve esercitare x
la spinta del sangue (parete ATRI più piccola di quella VENTRICOLI. Parete
VENTRICOLO SX più grande VENTRICOLO DX).
La capacità contrattile e quindi la capacità di determinare la FREQ.CARDIACA è
determinata proprio dalla presenza del MIOCARDIO. Il sistema muscolare che
avvolge il VENTRICOLO è indipendente da quello dell’ATRIO e possiamo
distinguere 2 tipologie di MIOCARDIO:
MIOCARDIO COMUNE costituisce il 90% circa della struttura cardiaca e
presentano cellule muscolari cardiache dotate di MIOFIBRILLE che permettono
di espletare la capacità contrattile.
MIOCARDIO SPECIFICO costituisce il restante 10% del miocardio, ed è
formato da CELLULE MIOCARDIACHE che hanno perso la loro capacità
contrattile acquisendo quella della conducibilità (divenendo quindi cellule
nervose), pertanto contengono poche miofibrille.
PA cardiaco
Il CUORE è un muscolo involontario, dotato di un proprio PACEMAKER
intrinseco, costituito dalle cellule del MIOCARDIO SPECIFICO che
aggregandosi formano il NODO SENOATRIALE (ATRIO DX) – NODO ATRIO
VENTRICOLARE, capaci di sviluppare depolarizzazioni spontanee e
generare pot.azioni. Il potere di genesi del PA è a carico di tutte quelle
strutture costituite da MIOCARDIO SPECIFICO (quindi NODO SA – AV – FASCHIO
HIS – PURKINJE), ma normalmente è il NODO SA a imporsi come pacemaker
principale di genesi del PA, in quanto egli presenta una frequenza + alta
di genesi rispetto a quella del NODO AV – HIS – PURKINJE. Quando però x
qualsiasi motivo il NODO SA smette di funzionare correttamente, il potere di
genesi è assicurato dalle altre strutture del MIOCARDIO SPECIFICO.
Il PA generato viene propagato attraverso il tess.cardiaco cuore, tramite VIE
SPECIALIZZATE e x CONTATTO CELLULA-CELLULA, a tal proposito è il
MIOCARDIO COMUNE a espletare questa funzione.
Per iniziare un’onda di contrazione nel cuore (BATTITO CARDIACO) è sufficiente
la depolarizzazione di una singola cellula.
Sappiamo quindi che è il PA a determinare la CONTRAZIONE MIOCITI e si
possono misurare diversi PA, tra cui le 2 tipologie principali sono:
PA risposta rapida (img.pag.333) si verifica nel MIOCARDIO
COMUNE e nelle fibre specializzate di conduzione (fibre Purkinje).
PA risposta lenta si verifica nel nodo seno atriale – nodo
atrioventricolare.
La genesi di questi PA sono determinati da variazioni permeabilità
memb.cell., che permette il passaggio di ioni, modificando il voltaggio
memb.
POTENZIALE MEMB. in condizione di RIPOSO in tutte cell.cardiache
In condiz. Di riposo la memb. risulta più permeabile al K e meno
+
permeabile al Na - Ca (conduttanza K circa 100 volte maggiore di quella
+ 2+ +
del Na ), in questo stato si avrà una maggiore concentrazione
+
K all’interno cellulla e una maggiore concentrazione Na all’esterno
+ +
cellula.
La memb. cell. contiene diversi tipi di canali K , alcuni dei quali voltaggio-
+
dipendenti, altri sono regolati da segnali chimici.
Il potenz. di memb. dipende dalla conduttanza della memb. a K - Na e
+ +
quindi dalla concentrazione intra-extra cellulare di questi ioni.
PA risposta rapida
Si verifica nei normali MIOCITI ATRIALI – VENTRICOLARI e nelle FIBRE
SPECIALIZZATE DI CONDUZIONE (FIBRE DI PURKINJE). Possiamo descrive il PA,
suddividendolo in 5 fasi (img.pag.333):
Fase 0 si ha una rapida fase di ascesa del PA. Questa rapida
depolarizzazione è dovuta quasi esclusivamente all’ingresso rapido
di Na nel miocita. In particolar modo, quando il pot. della cellula viene
+
portato rapidamente dalle condizioni di riposo di -90mV al suo valore
soglia di circa -65mV, si verificano modificazioni profonde della
membrana: il Na entra nel miocita attraverso specifici CANALRI
+
RAPIDI VOLTAGGIO-DIPENDENTI del Na . Questi canali si aprono
+
molto rapidamente, provocando un improvviso aumento
concentrazione Na intracell. Tuttavia, dopo che si sono aperti, si
+
inattivano determinando una riduzione entrata Na . I canali Na
+ +
rimangono nello stato inattivo fino a quando la memb. inizia a
ripolarizzarsi. Con la ripolarizzazione i canali assumo lo stato chiuso e
possono essere riaperti da un’altra depolarizzazione. Queste proprietà
dei canali Na sono alla base del PERIODO REFRATTARIO: lo stato
+
INATTIVO corrisponde periodo refrattario assoluto, che impedisce
al cuore di sviluppare un tetano prolungato che altrimenti
ritarderebbe il rilasciamento ventricolare, interferendo con la normale
azione intermittente di pompaggio del cuore.
Con la ripolarizzazione i canali inattivati passano allo stato CHIUSO
periodo refrattario relativo, dove i canali sarebbero in grado di poter
essere riaperti, ma necessita di una nuova depolarizzazione superiore
alla norma.
Solo quando il pot. è ritornato ai valori di riposo, tutti i canali del Na +
sono chiusi e pronti x essere attivati da una normale
depolarizzazione.
Fase 1 è un breve periodo di ripolarizzazione parziale,
determinato dall’attivazione ci canali K che comporta una breve
+
fuoriuscita di K dalla cellula x 2 ragioni: interno carico
+
positivamente (in seguito presenza Na ) – concentrazione interna K
+ +
supera di molto quella esterna (gradiente favorevole alla fuoriuscita).
L’uscita di questi ioni carichi positivamente, provoca una breve
ripolarizzazione (img.pag.335).
Fase 2 è la fase di plateu del PA, nella quale si assiste ad
un’entrata di Ca all’interno della cellula, in seguito ad attivazione
2+
di canali voltaggio-dipendenti. In questa fase si assiste ad un
appiattimento della curva, dovuta al fatto che l’entrata di ioni positivi
(Ca ) è controbilanciata dalla fuoriuscita di altre cariche positive
2+
(K ), i cui specifici canali sono attivi già dalla fase 1 e andranno ad
+
innativarsi completamente solo con la fine della fase 2.
I CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI Ca si attivano durante la fase di
2+
ascesa del PA (fase 0), quando il potenz. diventa meno negativo, ma
la loro attivazione e inattivazione è molto più lenta di quella dei
canali Na .
+
Nei tess.cardiaci si identificano 2 tipologie di canali Ca voltaggio-
2+
dipendenti:
Tipo L (Long lasting) sono i più frequenti, si aprono ad un
o valore di potenz. di circa -20Mv e, una volta aperti, si inattivano
lentamente e forniscono una corrente Ca di lunga durata
2+
(img.pag.338).
Tipo T (transient) molto meno frequenti. Si attivano prima dei
o tipo L, quando il potenz. è circa -70Mv. Una volta aperti si
inattivano molto più rapidamente rispetto agli L (img.pag.338).
L’apertura dei canali Ca determinano quindi un aumento conduttività
2+
memb. x il Ca , con il Ca che va da un amb. in cui è molto
2+ 2+
concentrato (extracell.) ad uno in cui ne è poco (intracell.). Di
conseguenza il Ca entra x tutta la fase di plateu.
2+
L’appiattimento che caratterizza la fase di plateu, è dovuto al
controbilanciamento tra fuoriuscita di K - entrata Ca , e dura fino a
+ 2+
quando questo equilibrio viene mantenuto. I canali x il K risultano però
+
meno aperti rispetti alla fase di riposo, di conseguenza la conduttanza
della memb. x il K risulta inferiore, ma sufficiente a far uscire K in
+ +
seguito a gradiente di concentrazione favorevole. La riduzione di questa
conduttanza la si ha, a partire dalla fine fase 0, quando il pot. raggiunge
valori positivi. Questa riduzione, impedisce una perdita eccessiva
di K . In caso contrario, una forte fuoriuscita (in seguito a livelli di
+
conduttanza pari a quelli della fase di riposo) impedirebbe la formazione
del plateu, in quanto la concentrazione di K risulterebbe molto più alta
+
rispetto a quella del Ca , non ottenendo il plateu, ma un potenziale che
2+
diverrebbe più negativo.
Fase 3 si assiste ad una ripolarizzazione della memb., tale processo
inizia già a partire dalla fase 2, quando la fuoriuscita di K comincia a
+
superare l’entrata Ca . Con una fuoriuscita maggiore di IONI POSITIVI
2+
dalla cellula, il POT. (Vm) tende a diventare più negativo, con
conseguente aumento della conduttanza x il K , accelerando così
+
la ripolarizzazione.
Fase 4 si assiste ad un ripristino delle condizioni ioniche di
riposo (pot.di riposo). Tale ripristino ionico è possibile in seguito alla
presenza della pompa Na -K -ATPasi (localizz.su memb), che porta
+ +
fuori Na ; presenza antiporto 3Na -1Ca e pompa Ca -ATPasi, che
+ + 2+ 2+
portano fuori Ca .
2+
PA a risposta lenta
Si verifica nel nodo seno atriale – nodo atrioventricolare. A differenza del
PA a risposta rapida, quello a risposta LENTA, presenta:
Fase 0 (ascendente) molto più lenta in quanto determinata
dall’ingresso di Ca mediante i canali Ca tipo L, invece che
2+ +
dall’ingresso di Na attraverso canali rapidi x Na .
+ +
Fase 1 assente
Fase 2 plateu molto meno prolungato, in quanto aumenta la
conduttanza K ad un livello superiore rispetto a quello che caratterizza
+
fase 2 PA risp.rapida. Di conseguenza avremo un’uscita maggiore di
cariche positive (K ) rispetto all’entrata (Ca ). A questa condizione
+ 2+
si aggiunge la chiusura dei Ca tipo L, accelerando la
2+
ripolarizzazione e il ritorno nelle situazioni di riposo.
Fase 3-4 fase di ripolarizzazione e ritorno alla situazione di
riposo meno distinta. Fase 4 risulta meno negativa rispetto a quella
che si riscontra nel PA risp.rapida.
CONDUZIONE DEL PA LUNGO LE FIBRE CARDIACHE
Quando la depolarizzazione arriva al terminale della cellula, l’impulso viene
condotto nelle cellule vicine grazie le gap junction. Queste gap junction
permettono il flusso di cariche da una cellula a quella contigua, consentendo
quindi la propagazione dell’impulso. L’ampiezza di questo flusso di cariche
(corrente) è proporzionale alla ddp tra regione depolarizzata – polarizzata.
Maggiore è l’ampiezza del PA maggiore è l’efficacia delle correnti di
determinare la depolarizzazione delle parti vicine della membrana e più
rapidamente si propaga la depolarizzazione lungo la fibra.
Gli impulsi viaggiano più facilmente lungo la lunghezza della cellula
(isotropia), piuttosto che lateralmente, in quanto le gap junction sono
localizzate preferenzialmente a livello dei terminali cellulari.
Il processo di coduzione differisce tra FIBRE A RISPOTA RAPIDE – LENTA. Il POT.
DI SOGLIA x le FIBRE LENTE -40mV, mentre quello delle FIBRE RAPIDE
-65mV. La VELOCITA’ DI CONDUZIONE delle LENTE risulta essere inferiore
rispetto a quella delle RAPIDE (vel. Di conduzione delle risp.lente nei NODI SA –
AV variano tra 0,02 – 0,1m/s. La vel. Di conduzione delle RAPIDE sono
comprese tra 0,3 – 1 m/s (cell.miocardio) e 1 – 4 m/s (fibre Purkinje).
ECCITABILITA’ CARDIACA
Ci sono notevoli differenze di eccitabilità tra cell.cardiache, che dipendono
dal tipo di PA (risp. RAPIDA-LENTA).
Rispose RAPIDE quando una risp. rapida è iniziata, la cellula depolarizzata
non è più eccitabile, fino a quando non si è ripolarizzata parzialmente.
L’intervallo di tempo tra INIZIO PA – momento in cui la cellula è capace di
CONDURRE UN ALTRO PA è chiamato PERIODO REFRATTARIO ASSOLUTO
(effettivo). Questo periodo va da FASE 0 a punto FASE 3 in cui la
ripolarizzazione ha raggiunto circa -50mV. A livello di questo valore, molti dei
CANALI RAPIDI x Na sono passati dallo stato INATTIVO allo stato CHIUSO
+
(periodo refrattario RELATIVO). Tuttavia la piena eccitabilità non viene
ristabilita fino a quando la fibra cardiaca non si è completamente
ripolarizzata. Prima della completa ripolarizzazione, cioè nel PERIODO
REFRATTARIO RELATIVO, può essere evocato un PA, ma solo applicando uno
stimolo + intenso di quello normalmente suff. ad evocare PA.
Quando un nuovo PA viene evocato durante il periodo refrattario relativo di una
precedente eccitazione, le sue caratteristiche variano a seconda del valore
di pot.memb. rilevato al momento della sua genesi: l’aumento
dell’ampiezza – velocità di depolarizzazione sono maggiori quanto più
tardivamente viene stimolata la fibra durante il PERIODO REFR.
RELATIVO (img.pag.343). Ciò è dovuto ad un aumento progressivamente
maggiore del numero di canali rapidi Na che sono passati allo stato
+
CHIUSO.
All’aumentare dell’ampiezza della fase ascendente si ha un aumento velocità
di propagazione dell’impulso cardiaco.
Risposte LENTE in questi PA il PERODO REFR.RELATIVO si protrae oltre la
fase 3. Anche dopo che la cellula si è ripolarizzata è difficile x un certo
periodo di tempo, evocare un nuovo PA. In queste fibre, il recupero della
piena eccitabilità è più lento che nelle fibre a risposta rapida. Il fatto
che il PERIODO REFRATT. RELAT. sia lungo, porta al blocco della conduzione.
Come le fibre a risp.RAPIDA, anche in questo caso si avranno pot. con
un’ampiezza-pendenza e velocità maggiore, se lo stimolo viene evocato
più tardivamente durante il periodo refrat.relativo (img.pag.343).
Effetti della lunghezza del ciclo
LUNGHEZZA DEL CICLO = intervallo tra PA SUCCESSIVI. Variazioni della
DURATA DEL CICLO, modificano il DECORSO DEL PA nelle
cell.miocardiche: se DURATA CICLO si riduce si riduce anche durata PA
(img.pag.344). Questa correlazione diretta è dovuta alle variazioni di
conduttanza del K .
+
ECCITAZIONE NATURALE DEL CUORE
Il SNA controlla diverse prop. del cuore: FREQ.CARDIACA – FORZA
CONTRAZIONE. Nonostante ciò, le funzioni del cuore non dipendono dalla
sua innervazione (es.pag.345). Il cuore presenta delle capacità intrinseche
che gli permettono di poter svolgere autonomamente la sua funzione, tali
proprietà sono:
Automaticità è la capacità di iniziare in modo autonomo il
battito.
Ritmicità è capace di dare una certa regolarità al battito
cardiaco.
Il battito cardiaco viene iniziato, grazie alla presenza di alcune cell.cardiache
specializzate, localizzate nell’ATRIO e VENTRICOLI a formare tessuti nodali
(nodo SA – AV) o tess.specializzati di conduzione. Tali tessuti danno vita
ad un sist. di conduzione, attraverso il quale il cuore viene eccitato in
maniera così ordinata, da consentire un efficace pompaggio del sangue.
Sistema di conduzione del cuore
NODO SENO ATRIALE la regione che genera impulsi a frequenza
elevata è il NODO SA, il quale è il pacemaker principale (naturale)
del cuore, localizzato in prossimità della giunzione tra VENA CAVA SUP –
ATRIO DX. In particolar modo di riscontrano 2 o 3 siti dotati di
automaticità, localizzati a 1-2 cm dal NODO SA e costituiscono insieme
al nodo stesso, il COMPLESSO PACEMAKER DELL’ATRIO. Gli impulsi
possono insorgere in tutti questi siti contemporaneamente, altre
volte invece la sede dell’eccitazione può spostarsi da un sito ad un
altro, secondo certe condizioni (es. in seguito ad att. delle afferenze
nervose autonome).
Il NODO SA contiene 2 tipi di cellule:
Cellule piccole sono cell. rotonde con pochi organelli e
o miofibrille. Sono probabilmente le cellule pacemaker.
Cellule allungate/sottili hanno aspetto intermedio tra le
o PICCOLE – NORMALI CELL. MIOCARDIO ATRIALE. Sono cell. che
potrebbero condurre l’impulso dal CENTRO NODO al suo BORDO.
Il PA prodotto dal NODO SA, presenta le caratteristiche del risposte
LENTE. Una delle principali caratteristiche che differenzia il PA delle
fibre del nodo SA dalle fibre cardiache comuni, risiede nella fase 4.
In questa fase, nelle cellule che presentano un PA RAPIDO, il Pot. rimane
costante, mentre nella fibra pacemaker si assiste ad una lenta
depolarizzazione (img.pag.340). Questa depolarizzazione procede a
velocità costante durante la fase 4, e quando viene raggiunto il valore
soglia, si ha il PA.
Nelle cell.pacemaker, la frequenza con la quale si presenta il PA (quindi
FC) può essere modificata facendo variare:
velocità di depolarizzazione (della fase 4) aumento
o VEL.DEP. ..> il POT.SOGLIA viene raggiunto prima, perciò si ha un
aumento frequenza di scarica (↑FC).
Diminuzione VEL.DEP. ..> diminuzione freq. Scarica (↓FC).
livello di potenziale di soglia innalzamento
o POT.SOGLIA ..> il POT.SOGLIA viene raggiunto dopo, perciò si ha
una diminuzione freq.scarica (↓FC).
Abbassamento POT.SOGLIA ..> il POT.SOGLIA viene raggiunto
prima ↑FC.
massima negatività (fase 4) più basso è il valore MAX
o NEG. ..> il POT.SOGLIA viene raggiunto dopo, perciò si ha una
diminuzione freq.scarica (↓FC).
Basi ioniche automaticità: l’automaticità è provocata da 3
correnti ioniche che alterano il POT. durante la fase di LENTA
DEPOLARIZZAZIONE (fase 4) che si verifica nelle cell.automatiche del
cuore, si assiste alla presenza di 3 correnti ioniche:
i è una corrente in uscita, cioè il K esce dalla cellula favorendo
+
k
la RIPOLARIZZAZIONE dopo la fase ascendente. Tale corrente
continua a mantenersi anche dopo la massima ripolarizzazione
(punto più negativo) e la ritroviamo anche nella fase 4, dove
però il suo effetto risulta attenuato.
I è una corrente in entrata, determinata dall’ingresso di Na +
f
all’interno della cellula, attraverso canali che si differenziano
però dai CANALI RAPIDI che contraddistinguono la RISPOSTA
RAPIDA, e che si chiamano CANALI FUNNY. La conseguente
corrente generata viene definita CORRENTE FUNNY. Questa
corrente si attiva dopo la ripolarizzazione, quando il
POT.MEMBRANA diventa più negativo di -50mV (in genere più il
pot. diventa negativo, maggiore diventa la i ).
f
i è una corrente in entrata, cioè il Ca entra all’interno della
2+
Ca
cellula, favorendo la DEPOLARIZZAZIONE. Questa corrente si attiva
verso la fine della fase 4, quando il POT.MEMB. risale e raggiunge
circa -55mV. Il Ca entra così nella cellula accelerando la
2+
depolarizzazione,
Proprio su queste CORRENTI, agisce l’innervazione autonoma.
Variandole si assiste ad una modifica dell’automaticità: l’innervazione
mediata dai TRASMETTITORI ADRENERGICI (ADRENALINA –
NORADRENALINA – DOPAMINA – ecc) provoca aumento di tutte 3
correnti. Tale incremento provoca DEPOLARIZZAZIONE, quindi
significa i – i (responsabili della depolarizzazione) aumentano in
Ca f
maniera superiore rispetto a i . L’innervazione mediata dai
k
TRASMETTITORI COLINERGICI (Ach) (innervazione vagale) aumenta i
k
– diminuisce i – i .
f Ca
L’asportazione o distruzione del NODO SA, provoca il subentro come
pacemaker interno del cuore, da parte del NODO AV. Dopo un certo
periodo di tempo (min o giorni) diventano dominanti le
cell.automatiche degli atri.
Anche le FIBRE DEL PURKINJE del SIST.CONDUZIONE DEI VENTRICOLI,
possiedono automaticità. Quando il NODO AV non è capace di
trasmettere l’impulso degli atri ai ventricoli, le FIBRE PURKINJE
funzionano da pacemaker del ritmo ventricolare e possono iniziare le
contrazioni ventricolari ad una freq. di soli 30-40 b/min.
Conduzione atriale dal NODO SA l’impulso cardiaco si diffonde
all’ATRIO DX attraverso le FIBRE MIOCARDICHE COMUNI (vel.conduz.
1m/s) e in maniera più diretta all’ATRIO SX attraverso il FASCIO
BACHMANN. La depolarizzazione si propaga inferiormente attraverso
l’atrio e raggiunge il NODO AV, che di norma rappresenta l’unica via x
l’ingresso di impulsi nei ventricoli.
Differenza PA ventricoli / atri (img.pag.340) il PA che si riscontra
nelle cell.atriali, presenta un PLATEU (FASE 2) più breve e meno
sviluppato, con la RIPOLARIZZAZIONE (FASE 3) più lenta. Inoltre la
DURATA PA nei MIOCITI ATRIALI è più breve che nei MIOCITI
VENTRICOLARI, in quanto l’uscita di K durante il plateu è maggiore
+
nelle CELL.ATRIALI rispetto alle VENTRICOLARI.
Conduzione atrioventricolare: il NODO ATRIOVENTRICOLARE il
NODO AV e il seguente FASCIO DI HIS, di norma rappresentano l’unica
via x l’ingresso di impulsi nei ventricoli. Il nodo AV è situato
posteriormente sul lato dx del setto interatriale, in prossimità
dell’ORIFIZIO CORONARICO. Il nodo AV contiene gli stessi 2 tipi di
cellule presenti nel nodo SA, ma nel nodo AV le CELL.ROTONDE sono
meno numerose, mentre predominano quelle ALLUNGATE.
Il nodo AV è costituito da 3 distinte reg. funzionali:
Regione AN ..> zona transizione ATRIO – NODO
o Regione N ..> zona centrale NODO
o Regione NH ..> zona di continuazione NODO – FASCIO HIS.
o
Nella regione AN – N del nodo AV si verifica il PRINCIPALE RITARDO
durante il passaggio di un impulso dalle cell.atriali alle
ventricolari (ritardo tra eccitazione atriale – ventricolare). Tale
ritardo consente un riempimento ventricolari ottimale durante la
contrazione atriale.
Nella regione N prevalgono le RISPOSTE LENTE, e come le altre cellule
a risp.lenta, mostrano un periodo refrattario relativo che non
permettere l’insorgenza di nuovi PA quando lo stimolo viene applicato
entro tale intervallo di refrattarietà. Di conseguenza un aumento
eccessivo della freq. dei potenziali atriali, provoca il blocco di
questi potenziali a livello del nodo AV (blocco primo – secondo –
terzo grado). Questo fenomeno tende a proteggere i ventricoli da
un’eccessiva frequenza di contrazione a causa della quale il
tempo di riempimento tra le contrazioni potrebbe risultare
inadeguato.
Conduzione ventricolare lo stimolo elettrico viene condotto ai
ventricoli grazie ad un sistema di conduzione ventricolare formato dal
FASCIO DI HIS, che origina a livello sub-endocardico lungo il lato dx del
setto interventricolare x circa 1 cm, x poi dividersi in una branca dx –
branca sx. La DX decorre lungo il lato dx setto interventricolare. La
SX risulta notevolmente più spessa di quella di Dx e decorre nella
porzione sub-endocardica del setto interventricolare Sx. Tale
branca si suddivide poi un ramo anteriore – posteriore.
Sia la BRANCA DX – SX si suddividono poi x formare una rete di fibre di
conduzione (FIBRE DI PURKINJE) che si distribuiscono sulla
superficie sub-endocardica di entrambi i ventricoli. Queste FIBRE
sono le cellule più grosse del cuore e proprio il grande diametro è
responsabile in parte della maggior velocità di conduzione (da 1 a 4
m/s). Questa elevata velocità consente una rapida attivazione di
tutte le regioni della superficie endocardica dei ventricoli.
I PA che si registrano nelle FIBRE PURKINJE assomigliano a quelle dei
MIOCITI VENTRICOLARI COMUNI (sono PA a RISPOSTA RAPIDA
(img.pag.340)). La presenza del PERIODO REFRATTARIO, blocca molte
delle eccitazioni premature degli atri, pur essendo condotte
attraverso il nodo AV. Tale blocco impedisce la contrazione
prematura dei ventricoli, proteggendoli da un’eccessiva
contrazione che impedirebbe un riempimento ventricolare
ottimale. La durata del PERIODO REFRATTARIO è correlata con la FC in
maniera inversamente proporzionale: a BASSE FC il PERIODO
REFRATTARIO ASSOLUTO risulta piuttosto lungo; all’aumentare della FC
si riduce. Al contrario, nel NODO AV il PERIODO REFRATTARIO ASSOLUTO
non cambia in modo apprezzabile entro certi limiti di FC, ma
aumenta in modo considerevole a FC molto elevate. Pertanto
quando l’atrio si eccita a FC molto elevate è il nodo AV che
protegge i ventricoli dalle frequenze eccessivamente elevate.
Le prime porzioni ad essere ecciatte dagli impulsi che arrivano dal nodo
AV sono: SETTO INTERVENTRICOLARE – M.PAPILLARI. La contrazione
precoce del setto tende a rendere il setto più rigido e gli permette di
servire come punto di ancoraggio x la contrazione della restante
parte della muscolatura ventricolare.
Le porzioni endocardiche di entrambi i ventricoli sono attivati
rapidamente, mentre la conduzione dello stimolo dall’ENDOCARDIO
EPICARDIO, risulta più rallentata. Inoltre, poiché la PARETE
VENTRICOLO DX è più sottile di quella del SX, la superficie epicardica
del ventricolo dx è attivata prima di quella del ventricolo sx.
CONTROLLO ATT. MUSCOLO CARDIACO
Propagazione PA dopo che il PA è iniziato dal NODO SENOATRIALE, viene
propagato alla totalità degli atri attraverso CONTATTO CELLULE (gap junction)
in 70ms. Il PA raggiunge i ventricoli, passando attraverso il NODO ATRIO-
VENTRICOLARE e poi attraverso VIE CONDUZOINE SPECIALIZZATE (FASCIO
HIS – SISTEMA PURKINJE) – CONTATTO CELLULA a CELLULA. Il PA può
giungere a tutto il cuore nel giro di 220ms, determinando una contrazioni
quasi SINCRONA di tutte le cell.cardiache. Ciò è molto diverso da quello
che avviene nelle cell.musc.sch., dove si contraggono contemporaneamente
solo le fibre facenti parti della stessa UNITA’ MOTRICE e il num. di UNITA’
MOTRICI reclutate varia a seconda della forza di contrazione sviluppata.
A. Accoppiamento ECCITAZIONE-CONTRAZIONE
ECCITAZIONE-CONTRAZIONE nel m.cardiaco: ACCOPPIAMENTO
ELETTROCHIMICO x potersi contrarre, il cuore richiede che al momento in
cui giunge il PA, sia presente Ca extracellulare, altrimenti in assenza,
2+
cesserebbe di battere (a differenza del m.sch. che si contrae anche in assenza).
Il PA del m.cardiaco risulta notevolmente più prolungato (150-300ms)
rispetto a quello del m.sch. (5ms). Questa lunga durata del PA, è
fondamentale x permettere la contrazione delle cell.cardiache, ed è
dovuta proprio all’entrata di Ca extracellulare durante il PA. La quantità che
2+
entra è relativamente piccola e serve come trigger x indurre il rilascio di
Ca dal RS e iniziare la contrazione.
2+
Il Ca extracellulare entra all’interno delle cellule cardiache grazie alla
2+
presenza nel sarcolemma di canali Ca di tipo L voltaggio-dipendenti,
2+
canale presente anche nelle cell.musc.sch. con FUNZ.DIVERSE.
L’entrata del Ca extracellulare, va ad attivare il recettore della rianodina
2+
(RYR), canale posizionato tra CISTERNA TERMINALE – TUBULO T, determinando
la fuoriuscita di Ca presente nel RS, che verrà riversato nel sarcoplasma in
2+
quantità superiori rispetto a quelle che entra.
ECCITAZIONE-CONTRAZIONE nel m.sch.: ACCOPPIAMENTO
ELETTROMECCANICO il m.sch. si contrae anche in assenza di
Ca extracellulare, di conseguenza il rilascio di Ca dal RS avviene sempre
2+ 2+
mediante il RYR che viene però attivato da una variazione conformazione
voltaggio-dipendente del canale Ca di tipo L voltaggio-dipendenti.
2+
B. Meccanismo CONTRAZIONE
Come nel m.sch. la contrazione è determinata dall’interazione Ca -
2+
troponina C. A bassi livelli di Ca nel citosol, il sito di interazione ACT-MIO
2+
risulta mascherato dalla TROPOMIOSINA, non potendo permettere l’evento
contrattile. Aumenti della concentrazione Ca intracellulare, in seguito al PA,
2+
porta il Ca a legarsi con la TROPONINA C, determinando una variazione di
2+
conformazione del complesso TROPONINA –TROPOMIOSINA tale da scoprire i
siti di interazione ACT-MIO e permettere l’evento contrattile. Poiché i siti di
legame x la miosina sono localizzati sui MIOFILAMENTI SOTTILI, e da essi
dipende la contrazione, l’evento contrattile nel m.cardiaco e sch. viene definito
contrazione regolata dai FILAMENTI SOTTILI. Situazione opposta si
realizza nel m.liscio contrazione regolata dai FILAMENTI SPESSI.
Il meccanismo di contrazione è analogo a quello del m.sch. (vedi contrazione
m.sch.)
Il m.cardiaco – sch. differiscono tra loro x il livello Ca intracellulare
2+
raggiunto dopo un PA e quindi x il num. di interazione ACT-MIO:
MUSC.SCH. dopo 1 SINGOLO POT. AZIONE, i livelli di Ca intracellulari –
2+
num.interazioni ACT-MIO sono elevati.
MUSC. CARDIO i livelli di Ca intracellulare può essere regolato, il che
2+
fornisce un importante mezzo x modulare la forza di contrazione, la
quale non dipende da un ulteriore reclutamento di altre fibre muscolari (come x
il m.sch.), in quanto nel corso di una contrazione cardiaca sono attivate
tutte le cell.muscolari. Inoltre non si ha il raggiungimento di un TETANO,
poiché la tetanizzazione del cuore, impedirebbe l’azione di pompaggio
configurandosi come evento fatale.
Diversi sono i meccanismi con il quale il cuore INCREMENTA LA FORZA DI
CONTRAZIONE, tra i quali le variazioni dei livelli Ca .
2+
C. RILASCIAMENTO
Il fatto che x scaturire la contrazione cardiaca sia necessario il Ca trigger
2+
proveniente dall’esterno, al momento del rilasciamento del cuore è necessario
che, oltre all’azione del SERCA (che sequestra il Ca sarcoplasmatico all’interno
2+
del RS), si attivi un meccanismo che porti il Ca trigger all’esterno. In
2+
particolar modo, la cellula muscolare cardiaca si avvale di 2 meccanismi:
Canale antiporto sarcolemmale 3Na -1Ca considerando che la
2+ 2+
[Ca ] extracellulare > [Ca ] intracellulare e che [Na ] extracellulare >
2+ 2+ 2+
[Na ] intracellulare, l’espulsione del Ca dalla cellula, avviene contro
2+ 2+
gradiente chimico. Tale meccanismo sfrutta il gradiente chimico
del Na x portare all’interno della cellula, contro gradiente, il
2+
Ca : entra 3Na - esce 1 Ca (img.pag.297). Questo meccanismo
2+ 2+ 2+
contribuisce in maniera più significativa alla riduzione [Ca ]
2+
intracellulare rispetto alla pompa sarcolemmale.
Pompa sarcolemmale Ca usa ATP x espellere dalla cellula Ca .
2+ 2+
Questi 2 meccanismi insieme a quello del SERCA, vanno a far diminuire
[Ca ]intracellulare in maniera da consentire il RILASCIAMENTO M.CARDIACO.
2+
ELETTROCARDIOGRAMMA
Offre la possibilità di conoscere il decorso dell’impulso cardiaco
registrando variazioni del pot.elettrico in vari sedi poste sulla superficie
del corpo. Analizzando queste variazioni di potenziale, si possono ottenere
info come: orientamento anatomico cuore – ampiezza camere cardiache
– varietà dis. del ritmo e conduzione – estensione, localizzazione e
evoluzione danno ischemico – ecc.
Elettrocardiografia scalare
La connessione elettrica tra la CUTE paziente – STRUMENTO DI REGISTRAZIONE
(elettrocardiografo) viene definita DERIVAZIONE. I SIST. DI DERIVAZIONE
che vengono usati x la registrazione dell’elettrocardiogramma (ECG) di routine
sono impostati secondo certi piani del corpo. Le diverse ddp presenti nel
cuore, possono essere rappresentate come VETTORI.
Un SIST. DI DERIVAZIONE impostato secondo un certo piano , rileva solo la
proiezione del vettore su quel piano: es. la ddp registrato tra 2 elettrodi,
rappresenta la proiezione del vettore sulla linea che congiunge i 2 elettrodi (2
derivazioni)). Tale proiezione non è però un vettore, ma bensì una
componente vettoriale, che si presenta come grandezza scalare (avente
solo INTENSITA’). In virtù della misurazione di una componente scalare, la
misurazione di ddp tra 2 punti diversi della superficie della cute è chiamata
ECG scalare.
L’impulso cardiaco viaggia nel cuore secondo un modello molto complesso,
pertanto la precisa configurazione dell’ECG varia da individuo a individuo e,
in ogni individuo, il modello varia con la sede anatomica delle
registrazioni.
Tracciato è la rapp.grafica di un impulso elettrico. Un tracciato è
costituito da (img.pag.354):
Onde P diffusione della depolarizzazione attraverso gli atri
Onde QRS riflette depolarizzazione dei ventricoli. La forma-
ampiezza di questa onda, varia notevolmente tra gli individui. Un
prolungamento anormale può essere indicativo di un blocco delle
normali vie di conduzione attraverso i ventricoli (blocco branca dx
o sx).
Onde T riflette ripolarizzazione ventricoli (la ripolarizz. atri è
mascherata da dipolarizz.ventricoli).
Derivazione standard dagli arti
Questo sistema si basa sul vettore cardiaco risultante, il quale rappresenta
la somma vettoriale di tutta l’att.elettrica presente nel cuore in ogni
dato momento. Questa forza è posta al centro di un triangolo equilatero
posto sul piano frontale, i cui apici sono posti sulla SPALLA SX – SPALLA DX –
ZONA PUBICA triangolo di Einthoven. Essendo posto sul piano frontale,
questo sistema di derivazione, potrà rilevare la proiezione del VET
CARDIACO RISULTANTE sul piano frontale.
In questo sistema, gli elettrodi invece di essere posti agli apici effettivi,
vengono messi sulle braccia e gambe (caviglia, di norma la sx), che
rappresentano, rispettivamente, l’estensione delle spalle e pube.
Registrazioni:
I° registrazione registra la ddp tra BRACCIO SX - DX
o II° registrazione registra la ddp tra BRACCIO DX – GAMBA SX
o III° registrazione registra la ddp tra BRACCIO SX – GAMBA SX
o
Aritmie cardiache sono alterazioni dell’insorgenza degli impulsi o
della propagazione degli impulsi. Le alteraz. dell’insorgenza degli impulsi
sono dovute ad eccitazioni che insorgono nel nodo SA e in diversi foci
ectopici. Per quanto riguarda le alterazioni nella propagazione degli
impulsi, sono dovute a blocchi della conduzione o ritmi di rientro.
REGOLAZIONE DEL CUORE
La quantità di sangue pompata dal cuore ogni minuto è definita come GITTATA
CARDIACA (GC), la quale è data dal prodotto tra FC x GS. Di conseguenza
variazioni di uno di questi 2 parametri, determina variazioni della GC.
La FC è regolata mediante la regolazione dell’attività del pacemaker,
mentre la regolazione della GS è direttamente in relazione alla
prestazione del miocardio. FC e GS non possono essere considerati
l’uno indipendente dall’altro. In un organismo integro, una variazione del
comportamento di una queste caratteristiche dell’att.cardiaca,
invariabilmente modifica l’altra.
CONTROLLO NERVOSO DELLA FREQUENZA CARDIACA
Il SNA rappresenta il principale mezzo mediante il quale può essere
controllata la FC. Nei soggetti adulti normali, la FC media a riposo è di circa
70b/min, nei bambini è più elevata. Nel corso di PARTICOLARI STATI EMOTIVI –
ATT.MUSCOLARE, la FC può aumentare superando i 100 b/min.
Il pacemaker cardiaco (normalmente nodo SA) è sottoposto all’influenza di
entrambe le suddivisioni del SNA:
Sistema SIMPATICO esercita effetto eccitatorio su NODO SA
(aumenta ritmicità)
Sistema PARASIMPATICO effetto inibitorio.
Le variazioni FC sono di norma dovute ad un’azione reciproca delle 2
suddivisioni SNA: ↑FC può essere dovuto ad una ↑ATT.SIMPATICO e
contemporanea ↓ATT.PARASIMPATICO e viceversa.
Di norma in soggetti sani a riposo predomina att.parasimpatica (es.pag.421).
Vie parasimpatiche (provenienti da N.VAGO) le fibre parasimpatiche
cardiache, originano nel BULBO, da cellule situate nel NUCLEO MOTORIO
DORSALE DEL VAGO. Le fibre vagali di dx-sx, decorrono nel collo in
prossimità delle CAROTIDI ed entrano nel mediastino, dove formano sinapsi con
cellule vagali dalle quali hanno origine le fibre post-gangliari. Queste
cellule sono situate nello stesso cuore, sia sulla superficie epicardica sia
nello spessore pareti cardiache. Sia le fibre vagali dx-sx vanno ad
influenzare il nodo SA e il tessuto di conduzione AV, andando in particolar
modo a deprimere att. nodo SA e alterando conduzione AV.
Tutte le fibre PARASIMPATICHE rilasciano Ach, la quale si può legare a
REC.MUSCARINICI o NICOTINICI. Nel cuore sono presenti REC.MUSCARINICI i
quali sono accoppiati con speciali canali K attraverso una proteina G.
+
L’attivazione di questi recettori, porta ad una rapida attivazione di questi
canali, i quali si aprono quindi in brevissimo tempo, ma rimangono attivi x
poco in virtù del rapido esaurimento di Ach in seguito alla presenza, a livello
dei NODI SA e AV di COLINESTERASI, enzima in grado di scindere l’Ach.
Di conseguenza gli effetti provocati da impulsi vagali (parasimpatici), sono di
breve durata.
Il RAPIDO ESAURIMENTO DELL’Ach – RAPIDA APERTURA CANALI K ,
+
conferiscono al N.VAGO la capacità di controllare battito x battito la
funzione dei nodi SA – AV.
Vie simpatiche originano dai gangli cervicali e da quelli toracici
superiori della catena. Essi sono i N.CARDIACI CERVICALI (superiore,
medio e inferiore) e i N.CARDIACI TORACICI.
Le fibre simpatiche escono dal MS e entrano nella catena dei gangli pre-
vertebrali, andando a fare sinpasi con le fibre post-gangliari. I gangli dai
quali hanno origine le fibre post-gangliari che andranno ad innervare il cuore
sono situate nel mediastino superiore, in prossimità dei N.VAGHI. Le fibre
PARASIMPATICHE e SIMPATICHE si uniscono x formare una complessa rete di
nervi misti destinati al cuore. Le FIBRE POST-GANGLIARI simpatiche di
questa rete giungono alla base del cuore, decorrendo sulla superficie
dell’avventizia dei grandi vasi, per poi estendersi alle varie camere
cardiache e penetrare nella porzione muscolare cardiaca (MIOCARDIO),
seguendo le varie branche dei vasi coronarici.
A differenza delle fibre pre-gangliari, quelle post-gangliari del SIMPATICO,
rilasciano NORADRENALINA (NA), la quale dopo aver eseguito la loro azione,
viene ad essere ricaptata dai terminali assonici.
A differenza della stimolazione VAGALE, gli effetti della stimolazione SIMPATICA
scompaiono molto gradualmente dopo la fine della stimolazione. Ciò è
dovuto al fatto che la ricaptazione della NA è un processo relativamente
lento.
Più lenta risulta essere anche la risposta cardiaca alla stimolazione
simpatica (img.pag.422). I motivi principali sono due:
La NA viene liberata a velocità relativamente bassa
Gli effetti della NA liberata sono mediati dalla via relativamente lenta
dei secondi messaggeri (che coinvolge cAMP).
L’att.SIMPATICA modifica quindi la FC – conduzione AV molto più lentamente
di quanto non faccia l’att.VAGALE. Pertanto, l’ATT.VAGALE, ma non quella
SIMPATICA, può esercitare un controllo bat x batt della funzione
cardiaca.
Controllo att.cardiaca da parte dei centri superiori
Ci sono centri che regolano la funzione cardiaca, localizzati nella corteccia
cerebrale (lobri frontali – area motoria e premotoria – parte anteriore lobo
temporale – ecc) e a livello diencefalico. Questi centri sono responsabili di
reazioni cardiache che si verificano nel corso dell’eccitamento, ansietà ed
altri stati emozionali. Anche i centri ipotalamici influenzano risp.cardiaca in
seguito a variazioni temp.ambiente (es.pag.423).
Variazioni della FC in seguito a variazioni improvvise della PA: riflessi
dai barocettori
Le variazioni improvvise della PA, provocano x VIA RIFLESSA variazioni di
segno opposto della FC. Questa risposta involontaria (riflesso) è mediato da
BAROCETTORI localizzati nell’ARCO AORTA –SENI CAROTIDEI.
La RELAZIONE INVERSA tra FC e PA sono di norma più evidenti x un ambito
di valori intermedi della PA. Al di sotto e al di sopra di questi valori
intermedi, la FC rimane, rispettivamente, costantemente elevata – bassa.
Queste variazioni della FC sono determinate da modifiche dell’att.nervosa
vagale-simpatica in risposta a variazioni pressorie:
VALORI INTERMEDI della PA le variaz. di FC sono ottenute mediante
variazioni reciproche dell’att.nervosa VAGALE – SIMPATICA.
VALORI AL DI SOTTO DI QUELLI INTERMEDI della PA si ha un’elevata FC
indotta da un’intesa att.simpatca, mentre l’att.vagale risulta assente.
VALORI AL DI SOPRA DI QUELLI INTERMEDI della PA si ha una bassa FC
indotta da un’intesa att.vagale, mentre l’att.simpatica rimane a valori molto
ridotti (grafici pag. 424).
Recettori ventricolari ci sono dei recettori localizzati nella parete
endocardica dei ventricoli, i quali promuovono riflessi simili a quelli promossi
dalla stimolazione dei barocettori arteriosi. L’eccitazione di questi recettori,
riduce la FC e resist.periferiche.
L’att.cardiaca è influenzata anche da un altro riflesso: RIFLESSO DI
BAINBRIDGE
Questo riflesso consiste in un aumento della FC in risposta ad un aumento
del volume sanguigno. In particolar modo l’accelerazione cardiaca si verifica
ogni volta che la PRESSIONE VENOSA CENTRALE aumenta a un livello
sufficiente x distendere il lato dx del cuore. Tale effetto risulta non essere
presente nel lato sx del cuore.
La presenza di questo riflesso influenza la FC: a FC relativamente BASSE
aumenti del volume sanguigno provocano ↑FC (riflesso Bainbridge). Per FC
iniziali più ELEVATE aumenti del volume sanguigno provoca ↓FC. Queste
differenti risposte in condizioni di FC diverse, sono dovute al fatto che
l’aumento del volume sanguigno, non solo evoca il riflesso Bainbridge,
ma attivano anche altri riflessi (in particolare RIFLESSI BAROCETTORI),
che tendono a provocare variazioni FC di segno opposto (schema pag.424).
Evidentemente il RIFLESSO BAINBRIDGE prevale sui RIFLESSI
BAROCETTORI quando il volume ematico aumenta, mentre in condizioni di
ipovolemia, i RIFLESSI BAROCETTIVI prevalgono su quello di
BAINBRIDGE.
Queste variazioni di volume ematico, possono essere recepite grazie alla
presenza di BAROCETTORI localizzati principalmente a livello delle giunzioni
veno-atriali: nell’ATRIO DX è localizzato nella giunzione con le VENE CAVE;
nell’ATRIO SX è localizzato nelle giunzioni con le VENE POLMONARI. La
distensione di questi recettori provoca l’insorgenza di impulsi che verranno
condotti al NODO SA da fibre vagali o simpatiche.
La stimolazione dei BAROCETTORI ATRIALI, provoca anche un ↑volume urine,
in seguito ad inbizione x via nervosa della VASOPRESSINA e il rilascio, da parte
dei tess.atriali, del peptide atriale natriuretico (ANP) (rilasciato in risposta
a stiramento pareti atriali). ANP è un peptide a 28aa che agisce sul rene
dove esercita un potente effetto diuretico – natriuretico e sui vasi resist.
– capacità. ANP svolge un ruolo importante nella regolazione V – P sangue.
Variazioni FC in seguito a variazioni ATT.RESPIRATORIA
INSPIRAZIONE ↑FC in seguito a incremento att. fibre simpatiche
ESPIRAZIONE ↓FC in seguito a incremento att. fibre vagali.
L’alternanza della fase di INSPIRAZIONE- ESPIRAZIONE provoca un andamento
sinusale della FC (img.pag.425) aritmia sinusale respiratoria. Tale
andamento è dovuto al fatto che la stimolazione vagale dura poco, in virtù
della rapida idrolisi Ach; mentre la NA liberata dalle fibre simpatiche, viene ad
essere rimossa più lentamente, smorzano così gli effetti sulla FC delle
variazioni ritmiche dell’att.simpatica. Pertanto l’ARTMIA SINUSALE
RESPIRATORIA è dovuto quasi x intero alle oscillazioni dell’att.vagale.
Come fa l’att.respiratoria ad influenzare la FC? In seguito a fattori divisi
in CENTRALI e PERIFERICI.
Fattori periferici:
Presenza rec.stiramento dei polmoni, che risulta stimolati durante
l’INSPIRAZIONE e quest’azione può produrre ↑FC.
Durante INSPIRAZIONE la press.intratoracica si riduce e si ha un
aumento ritorno venoso al lato dx del cuore. Il conseguente
stiramento delle pareti atriali, provoca riflesso di Bainbridge (↑FC).
Dopo il tempo necessario x far si che l’aumento di volume ematico,
giunga anche al lato sx, la gittata del ventricolo sx aumenta provocando
↑PA che stimola i barocettori con conseguente ↓FC.
Fattori centrali:
Il centro respiratorio del bulbo, influenza il centro cardiaco vagale
del bulbo. I CENTRI RESPIRATORI, sono responsabili dei movimenti
ritmici della gabbia toracica. Tali movimenti sono spesso accompagnati
da variazioni ritmiche della FC, sincrone con la F respiratoria.
Questo fattore, rappresenta la causa principale dell’aritmia sinusale
respiratoria.
L’att.cardiaca è influenzata di RIFLESSO dai CHEMOCETTORI
Gli effetti sul miocardio, derivanti dalla stimolazione dei CHEMOCETTORI, di
solito predominano sugli altri.
La stimolazione dei chemocettori carotidei, provoca un notevole aumento
della FREQUENZA RESPIRO e PROFONDITA’ RESPIRO, ma di norma evoca
solo lievi variazioni della FC. FC che incrementa o decrementa a seconda
dell’intensità att.ventilatoria (respiro), determinata dai CHEMOCETTORI:
stimolazione resp. MODERATA ..> FC di norma si riduce; stimolaz. Resp.
AUMENTATA FC aumenta lievemente; se stimolaz.resp. indotta da
chemocettori viene bloccata ..> FC aumenta notevolmente.
Le VARIAZIONI CARDIACHE alla stimolazione dei CHEMOCETTORI, rappresenta il
risultato di meccanismi (img.pag.427):
riflessi primari i CHEMOCETTORI vanno ad eccitare il centro
bulbare del vago, che comporta ↓FC.
riflessi secondari sono mediati da sist.respiratorio. In questo
caso la stimolazione respiratorio da parte dei chemocettori, provoca
inibizione del centro bulbare del vago.
L’eccitazione del sist.respiratorio, da parte dei chemocettori, determina
iperventilazione con conseguente ipocapnia e aumento distensione
polmonare (img.pag.427). Questi 2 fattori vanno ad inibire i CENTRI
VAGALI BULBARI, svolgendo quindi un effetto opposto a quello
provocato dal RIFLESS O PRIMARO, tendono cioè ad attenuarlo. Ne
consegue che questo antagonismo tra EFFETTI PRIMARI – SECONDARI, li
porta a neutralizzarsi a vicenda, provocando come effetto finale una
variazione minima della FC.
Tuttavia, ci sono alcune sostanze che vanno ad influenzare direttamente il
miocardio e sono:
O2 situazioni di IPOSSIA, possono provocare 2 effetti contrastanti, a
seconda della sua gravità: IPOSSIA LIEVE ..> stimola att.cardiaca;
IPOSSIA GRAVE ..> deprime att.cardiaca, in quanto il metabolismo
ossidativo è compromesso.
CO2 un aumento CO2 (riduzione pH), ha effetto depressivo sul
miocardio. Il motivo risiede nella variazione del pH intracellulare: la
↓pH diminuisce la quantità di Ca che viene rilasciata nella cellula dal
2+
RS in risposta all’eccitazione e riduce anche la sensibilità dei mio
filamenti al Ca .
2+
Incrementi del pH, inducono effetto opposti.
CONTROLLO NERVOSO DELLA PRESTAZIONE CARDIACA
Il cuore ha la capacità di poter regolare la propria att.cardiaca grazie a dei
meccanismi di regolazione intrinseca ed estrinseca. Nonostante un cuore
può adattarsi a particolari condizioni emodinamiche in virtù di meccanismi
intrinseci, ciò non risulta completamente sufficiente, ma si necessita anche di
altri meccanismi estrinseci. In molte situazioni fisiologiche, i meccanismi
estrinseci predominano sui meccanismi intrinseci.
Regolazione INTRINSECA dell’att.cardiaca
Tra le capacità intrinseche del cuore, oltre a quella di iniziare
automaticamente il battito cardiaco, in assenza di controllo nervoso, è
capace di adattarsi alle diverse condizioni emodinamiche, in virtù di
meccanismi che sono intrinseci al m.cardiaco. I 2 principali meccanismi
intrinseci di adattamento del cuore, che gli consentono di adattarsi alle
variazioni delle condizioni emodinamiche e permettono quindi di regolare
la prestazione cardiaca, sono:
Meccanismo di Frank-Starling aumenti del ritorno venoso,
provocano un aumento nel riempimento ventricolare. Tale aumento
si rifletteva in un incremento del volume di sangue espulso a ogni
sistole (↑GS), con il risultato che la GS eguagliava l’incremento del
RITORNO VENOSO.
Questo ↑GS è associato ad un aumento di lunghezza delle singole
miofibre cardiache che costituiscono le pareti del ventricolo.
L’aumento di lunghezza modifica la prestazione cardiaca modificando il
num. di ponti trasversali che possono interagire tra loro. Esiste
quindi una lunghezza ottimale delle fibre; un riempimento abnorme, che
stira in misura eccessiva le miofibre cardiache, possono deprimere invece
che facilitare le capacità di pompaggio dei ventricoli. Tuttavia, dati
sperimentali più recenti, suggeriscono che il meccanismo principale si
basa su una modificazione, indotta dallo stiramento, della
sensibilità dei mio filamenti cardiaci al Ca .
2+
Quindi, tale meccanismo ci dice che aumenti dello stiramento delle
miofibre cardiache, indotto da un aumento del volume
ventricolare, inducono un aumento della GS.
Variazioni del V ventricolare possono verificarsi come
adattamento alle variazioni FC durante la BRADICARDIA,
l’aumentata durata della diastole consente un maggior riempimento
ventricolare. Il conseguente aumento della lunghezza delle fibre
miocardiche provoca un ↑GS. Essendo la GC=GS x FC, la GC rimane
costante, in quanto una ↓FC è compensata da ↑GS.
Equilibrio tra gittate ventricolari dx – sx si realizza a Patriali
differenti Ogni improvviso ↑GITTATA DI UN VENTRICOLO
provoca in breve tempo un ↑RITORNO VENOSO nell’altro
ventricolo.
Il meccanismi di Frank-Starling ha quindi la funzione di mantenere un
preciso equilibrio tra i V sangue espulsi dal ventricolo dx e sx.
Uno squilibrio delle gittate dei 2 ventricoli, avrebbe delle conseguenze
catastrofiche.
L’equilibrio tra il volume ventricolare dx-sx avviene in una condizione in
cui la P atriale è diversa nei 2 atri. In particolar modo, l’eiezione da
entrambi i ventricoli diventa uguale, quando si ha una maggior Patriale
nel atrio sx rispetto al dx (img.pag.430). Invece, x uguali pressioni
nell’atrio dx-sx, l’eiezione del ventricolo dx supera quella del ventricolo
sx. Ciò comporta che il VOLUME SANGUE che fluirà dal ventricolo dx
all’atrio sx e quindi ventricolo sx, sarà maggiore di quello espulso dal
VENTRICOLO SX. Tale aumento di volume provoca un ↑VOLUME
DIASTOLICO - ↑P atriale. L’aumentano volume diastolico, stira le miofibre
cardiache, si attua cioè il meccanismo di Frank-Starling, che permette
di ↑EIEZIONE VENTRICOLO SX e portarlo a eguagliare l’EIEZIONE
VENTRICOLO DX (come detto questa condizioni di realizza a Patriali
differenti).
Regolazione della GC indotta dalla FC l’analisi è complessa, in
quanto una variazione della FC altera anche 3 fattori che
determinano la GS: pre-carico – post-carico – contrattilità.
Quindi, se ↑FC, si riduce la durata della diastole. Pertanto, il
riempimento ventricolare è abbreviato, quindi PRE-CARICO ↓.
Inoltre l’aumento FC determina anche un ↑GC, che provoca a sua volta
una modifica della PA, cioè si modifica il POST CARICO.
Infine ↑FC provoca un ↑ FLUSSO Ca in maniera graduale all’interno
2+
cellula muscolare cardiaca e di conseguenza ↑CONTRATTILITA’.
Questo incremento di Ca è dovuto a 2 meccanismi:
2+
Aumento num. di contrazioni al min il Ca entra nella cellula
2+
o durante il PLATEU del PA. L’aumento delle stimolazioni al minuto,
provocano un aumento del NUM.PLATEU al min, con
conseguente incremento intracellulare di Ca .
2+
Aumento della corrente entrante del Ca x ogni
2+
o depolarizzazione ad ogni contrazione successiva, aumenta
l’ingresso di Ca (grafico pag.431), questo incremento di Ca
2+ 2+
nel citosol rende più potente la contrazione del miocita.
È stato visto che ad un incremento FC, consegue una progressiva
riduzione GS. Tale riduzione è dovuta alla riduzione del tempo di
riempimento ventricolare, ma non sembra ridursi in maniera
proporzionale alla FC (stud. es.pag.459).
Di conseguenza la relazione che viene a stabilirsi tra GC e FC è a forma di
U rovesciata, ma tale relazione non è definitiva, in quanto può variare in
modo quantitativo tra diversi soggetti e nello stesso soggetto in base
alle condizioni fisiologiche. Ad es. in un sogg. che esegue att.fisica, la
GC e FC di norma aumentano in modo proporzionale e la GS rimane
costante o aumenta di poco. Ciò farebbe ritenere che aumenti della
GC siano indotti solo da aumenti della FC, ma tuttavia x una vasta
gamma di valori, le variazioni di FC di x sé hanno scarsa
influenza sulla GC. L’incremento della GC deve quindi necessariamente
dipendere da altri fattori: pronunciata riduzione resist. periferiche,
provocata da vasodilatazione a livello m.attivi - ↑contrattilità
cuore dovuto all’aumento generalizzato dell’att.simpatica.
Nonostante quanto detto, ↑ FC svolgono comunque un ruolo facilitante
nell’aumento GC; se si impedisce aumento FC, incremento GC e
possibilità di fare eser. sono fortemente limitati.
Per quanto riguarda la GS, durante l’esercizio cambia solo di poco.
Regolazione ESTRINSECA dell’att.cardiaca
I fattori regolatori ESTRINSECI del cuore possono essere suddivisi in:
Fattori nervosi: il cuore è innervato da un cospicuo numero di fibre nervose
autonome che nell'insieme prendono il nome di PLESSO CARDIACO. In questo
plesso ritroviamo sia fibre nervose SIMPATICHE che PARASIMPATICHE:
Influenze simpatiche L'innervazione simpatica del cuore è fornita
dalle fibre simpatiche postgangliari provenienti dal tronco del
simpatico (in particolare dal ganglio cervicale superiore, dal ganglio
cervicale medio, dal ganglio stellato e dai gangli toracici sino al quarto).
L’att.nervosa simpatica incrementa sia la contrattilità atriale, sia
ventricolare. In particolar modo, la prestazione cardiaca viene
aumentata modificando le dinamiche del Ca intracellulare: le
2+
terminazioni delle fibre simpatiche, liberano NA che va a interagire con i
recettori B-adrenergici….
Influenze parasimpatiche Il nervo vago, tramite i suoi rami di destra
e di sinistra, rappresenta il principale nervo deputato all'innervazione
parasimpatica e sensitiva del cuore. I nervi vaghi, esercitano profondi
effetti depressivi sul: pacemaker cardiaco – atrii – tessuto
conduzione AV. Svolge anche effetti depressori sui ventricoli, ma in
misura minore rispetto agli atrii.
Gli EFFETTI che la stimolazione vagale produce sono:↓Pmax ventricolo
sx - ↓della massima velocità con cui viene sviluppata la P - ↓
della max velocità di declino pressorio durante la diastole.
L’effetto depressivo del vago, può essere raggiunto attraverso 2
meccanismi:
Ach, liberato dalle terminaz. vagali, interagisce con i
o rec.muscarinici della memb. cell.cardiache. Quest’interazione
comporta effetti opposti al meccanismo simpatico: inbizione
adenilato ciclasi ↓AMPc intracell. ↓conduttanza Ca 2+
della memb.cell. ↓contrattilità miocardio.
Ach rilasciata, può andare a inibire il rilascio di NA dai
o terminali nervosi simpatici circostanti.
Fattori chimici
Ormoni midollare surrene il principale ormone secreto è l’ADRENALINA
(viene anche secreta una certa quantità di NA). Il ritmo di secrezione delle
catecolamine è sotto il controllo dei medesimi meccanismi che
controllano att. del SN simpatico: la concentrazione di queste
catecolamine nel sangue, aumenta nelle stesse situazioni che attivano il
sist.simpatico. In condizioni normali, tuttavia, le catecolamine circolanti
esercitano effetti trascurabili sul sist.cardiovascolare. Le fibre simpatiche
cardiache, rilasciano però più NA che adrenalina.
(situazione controversa riguardo influenza
Ormoni corticale surrene
steroidi sul miocardio) ormoni corticosurrenalici aumentano la contrattilità
miocardio oppure, ad es. idrocortisone, potenzia effetti cardiotonici delle
catecolamine.
Ormoni tiroide ↑contrattilità cuore. Nell’ipertiroidismo si ha un
↑velocità idrolisi ATP e ↑captazione Ca da parte RS. I soggetti ipertesi
2+
mostrano: tachicardia - ↑GC – palpitazioni – aritmie.
Gli ormoni tiroidei, stimolano la produzione di proteine nel cuore, inducendo
IPERTROFIA CARDIACA. Alcuni studi, dimostrano anche che aumentano la
densità rec. b-adrenergici nel tess.cardiaco. L’iperfuzione tiroidea aumenta il
ritmo metabolismo generale e questo, a sua volta, comporta dilatazione
arteriole e quindi, ↓resist.periferiche tot. ↑GC.
Insulina ↑forza contrazione. Tale effetto risulta potenziato dal blocco
L’aumento di contrattilità non può essere spiegato in
rec. B-adrenergici.
modo soddisfacente con il concomitante aumento del trasferimento di glucosio
dentro la cellula cardiaca).
Glucagone ↑forza contrazione - ↑FREQUENZA CONTRAZ.
Ruolo fisiologico non significativo nella normale regolazione del
CARDIACHE.
sist.cardiovascolare.
Regolazione della forza di contrazione
Nel cuore la FORZA DI CONTRAZIONE non viene incrementata reclutando più
fibre musc. come avviene nel m.sch., ma le fibre musc. cardiache si
contraggono tutte insieme.
Il prolungato PA presente nel cuore, dovuto all’attivazione dei canali
Ca voltaggio-dipendenti, determina un lungo periodo refrattario, che a sua
2+
volta impedisce il TETANO, anche perché un tetano altererebbe l’azione di
pompaggio del cuore, portando alla morte.
Per poter incrementare la FORZA DI CONTRAZIONE nel cuore esistono diversi
meccanismi.
Meccanismo di ↑forza contrazione in seguito a STIMOLAZIONE
SIMPATICA la stimolazione simpatica si verifica in periodi di eccitamento o
paura e coinvolge l’attivazione RECETTORI β-ADRENERGICI del cuore, da
parte della NORADRENALINA (rilasciata terminali nerv. cuore) o ADRENALINA
(rilasciata da midollare surrene).
L’attivazione dei RECETTORI β-ADRENERGICI comporta:
Incremento FORZA CONTRAZIONE INOTROPISMO POSITIVO
(effetto ionotropo positivo).
Incremento VELOCITA’ RILASCIAMENTO (contrazione + breve)
LUSITROPISMO POSITIVO
Incremento FREQUENZA CONTRAZ. CARDIACHE
CRONOTROPISMO POSITIVO
Si hanno perciò contrazioni più energiche – più brevi – più frequenti.
Effetti ADRENALINA – NORADRENALINA: si legano ai RECETTORI β-
ADRENERGICI attivando il processo di fosforilazione (adenilanto ciclasi
AMP ciclico), che porta alla fosforilazione:
canali Ca voltaggio dipendente (responsabili entrata Ca extracell.)
2+ 2+
provoca ingresso quantità maggiore di Ca extracellulare.
2+
proteina fosfolambano, associata al SERCA consente al RS di
accumulare più Ca al suo interno, prima che esso sia espulso dalla
2+
cellula dall’ANTIPORTO 3Na -1Ca - pompa sarcolemmare. Ciò consente
+ 2+
al RS di rilasciare, durante il successivo PA, una quantità
maggiore di Ca , che promuove più interazioni ACT-MIO e quindi una
2+
FORZA DI CONTRAZIONE MAGGIORE.
L’aumentata attività del SERCA dopo stimolazione simpatica promuove
una contrazione più breve a causa del rapido riaccumulo di Ca da
2+
parte del RS. Questo consente al cuore di aumentare la FREQUENZA
CONTRAZIONE.
Una conseguenza della stimolazione simpatica è un aumento frequenza di
contrazione dovuta ad effetto diretto sulle CELLULE PACEMAKER.
Meccanismo di ↑forza contrazione in seguito a STIRAMENTO FIBRE
MUSCOLARI CARDIACHE: legge di Frank-Starling il cuore sviluppa una
F contrazione maggiore quando è STIRATO, fenomeno che avviene nei
periodi in cui il ritorno del sangue venoso al cuore è aumentato.
L’importanza di questo meccanismo è di consentire al cuore di pompare
qualsiasi volume di sangue che riceve, in particolar modo, quando
l’afflusso di sangue al cuore è molto elevato, i ventricoli vengono stirati, e il
cuore aumenta la sua FORZA CONTRAZIONE, assicurando l’espulsione
del volume extra di sangue.
Lo stiramento delle fibre muscolari cardiache è però limitato dalla TENSIONE
PASSIVA, che si viene a generare in seguito alla sovrabbondanza di
tess.connettivo e proteine intracellulari elastiche (titina). Di
conseguenza lo stiramento non sfocerà in SOVRADISTENSIONE, ma permette di
rimanere entro un range di SOVRAPPOSIZIONE OTTIMALE dei filamenti ACT-MIO.
A cosa è dovuto l’AUMENTO DI FORZA CONTRATTILE all’AUMENTARE DELO
STIRAMENTO? è dovuto al fatto che lo stiramento riduce lo spazio tra i
filamenti spessi-sottili, e questo determina la possibilità che un numero
maggiore di molecole di miosina possano interagire con l’actina.
Responsabile ciò, sembrerebbe essere la TITINA, la quale si lega sia alla
miosina che all’actina, spingendo entrambi i filamenti ad avvicinarsi tra
loro quando essa è stirata (img.pag.303); ciò comporta un incremento della
possibilità di interazione ACT-MIO ad una data concentrazione Ca .
2+
Altro effetto di questo stiramento è una maggiore sensibilità al Ca : nel
2+
MIOCARDIO STIRATO la concentrazione Ca che permette di raggiungere una
2+
certa forza di contrazione, risulta essere più bassa rispetto ad un MIOCARDIO
NON STIRATO, nel quale x raggiungere la stessa forza di contrazione è
necessaria una concentrazione Ca più alta (img.pag.302 figura B).
2+
Inoltre, nonostante nel m.scheletrico sia presente TITINA, questo fenomeno di
↑FORZA CONTRATTILE all’aumentare LUNGHEZZA MUSC. (STIRAMENTO) non
avviene. Ciò potrebbe essere spiegato in una differente isoforma della
TITINA (o miosina, troponina, tropo miosina) presenti nelle 2 tipologie di
muscolo.
CIRCOLAZIONE DEL SANGUE
Il sist. vascolare è costituito da un sistema chiuso di condotti (vasi) che
distribuiscono il sangue: CUORE TESSUTI e TESSUTI CUORE. Può
essere suddiviso in 3 componenti:
Sistema arterioso trasferisce sangue CUORE TESSUTI
Sistema venoso trasferisce sangue TESSUTI CUORE
Microcircolazione divide il sist.arterioso da quello venoso e
costituisce la sede dove vengono scambiati nutrienti e cataboliti cell.
tra SANGUE-TESSUTI.
Quadro generale del SIST.VASCOLARE
Il sangue scorre rapidamente dall’AORTA alle sue BRANCHE ARTERIOSE (grandi
arterie – piccole arterie – arteriole – capillari), riducendosi
progressivamente di diametro e con le pareti che si assottigliano mano
a mano che si procede verso la periferia. Modifiche si hanno anche da un
punto di vista istologico: si passa da una struttura prevalentemente elastica
dell’AORTA, ad una più muscolare delle ARTERIE PERIFERICHE e ad una
prevalentemente muscolare delle ARTERIOLE, mentre i capillari che non
presentano tess.muscolare – fibroso, ma solo endotelio.
Il sangue ritorna al cuore passando dai CAPILLARI alla VENA CAVA (CAPILLARI-
VENULE-PICCOLE VENULE –GRANDI VENULE – VENA CAVA). In questo percorso
verso il cuore si ha una diminuzione num.vene - aumento progressivo del
diametro di ogni vaso - pareti che si ispessiscono. Da un punto di vista
istologico si passa da una struttura costituita solo da ENDOTELIO, tipica del
CAPILLARE, ad una più muscolare delle GRANDI-PICCOLE VENE, ad una
prevalentemente muscolare ed elastica della VENA CAVA (tab.pag.330).
Il percorso sanguigno nei diversi canali arteriosi-venosi della GRANDE
CIRCOLAZIONE (vedi tab.pag.331) nel percorso che porta il sangue
arterioso dall’AORTA ai CAPILLARI, si assiste ad una riduzione velocità
flusso sanguigno, ciò è dovuto ad un aumento AREA SEZIONE
TRASVERSA TOTALE (sebbene ciascun vaso, progressivamente più piccolo,
presenta singolarmente un AREA SEZ.TRASVERSA sempre più piccola), cioè
aumentando il numero dei vasi, aumenta la possibilità del sangue di potersi
distribuire su una superficie maggiore, ciò determina un rallentamento flusso
sanguigno. Tale condizione configura una situazione di relazione inversa
SEZ.TRASVERSA – VELOCITA’ FLUSSO. Si assiste inoltre ad una
progressiva riduzione pressione, con la MASSIMA CADUTA DI PRESSIONE
che si ha quando il sangue passa da PICCOLA ARTERIA – ARTERIOLA.
Nel percorso che riporta il sangue al cuore si assiste ad una diminuzione
AREA SEZ.TRASVERSA TOTALE - quindi ad un AUMENTO VELOCITA’
FLUSSO - riduzione PRESSIONE. L’AREA SEZ.TRASVERSA delle VENE CAVE è
maggiore di quella dell’AORTA, di conseguenza si avrà una VELOCITA’ DI
FLUSSO minore rispetto a quella presente nell’AORTA (nelle VENE il sangue
circola in maniera più rallentata rispetto ARTERIE) (tabella pag.330).
Descrizione dettagliata reazione flusso sanguigno nei vari canali
(grafico pag.331):
GRANDI ARTERIE piccola RESISTENZA FRIZIONALE, quindi alta
VELOCITA’ di flusso – sezione trasversa ridotta – alta PRESSIONE –
flusso sanguigno PULSATILE.
PICCOLE ARTERIE moderata RESIST.FRIZIONALE – sezione trasversa
totale più grande rispetto a SEZIONE TRASV. TOT. GRANDI ARTERIE, quindi
VELOCITA’ flusso più ridotta rispetto alle GRANDI ARTERIE – PRESSIONE +
bassa rispetto GRANDI ARTERIE - flusso sanguigno PULSATILE.
ARTERIOLE massima RESIST.FRIZIONALE – quindi massima CADUTA
PRESSIONE - sezione trasversa totale più grande rispetto alla SEZIONE
TRASVERSA TOTALE GRANDI-PICCOLE ARTERIE –quindi VELOCITA’
notevolmente ridotta (img.pag.331). La VELOCITA’ PIU’ RALLENTATA –
L’ESTENDIBILITA’ DELLE GRANDI ARTERIE (che permette durante la DIASTOLE
un RITORNO ELASTICO, responsabile della spinta avanti flusso sanguigno)
è responsabile di un flusso sanguigno non più PULSATILE, ma CONTINUO.
Gli aggiustamenti del grado di contrazione della muscolatura di questi piccoli
vasi, regolano il flusso sanguigno nel tessuto e svolgono un ruolo importante
nella regolaz. della PRESSIONE ARTERIOSA.
CAPILLARI sebbene il capillare presenta la più piccola sezione trasversa
rispetto a tutti gli altri vasi, ciò che conta è la sezione trasversa totale del
letto capillare (insieme di tutti i capillari) che risulta maggiore di tutti i
vasi. Di conseguenza, una volta che il sangue passa dall’ARTERIOLA
CAPILLARE si distribuisce su di un’area molto più ampia e ciò determina un
ulteriore rallentamento del flusso sanguigno– pressione bassa.
EMODINAMICA
Velocità del sangue
La velocità del sangue dipenda dal rapporto tra FLUSSO (Q)/AREA
SEZ.TRASVERSA (A): V=Q/A.
Da questo rapporto si nota come la VEL. SANGUE sia inversamente
proporz. all’AREA SEZ.TRASVERSA dei vasi: VELOCITA’ e maggiore nel
vaso con SEZ.TRASVERSA più piccola e viceversa nel vaso con SEZ.TRASVERSA
più grande.
A livello del SIST.VASCOLARE, avremo che la VELOCITA’ SANGUE si riduce
progressivamente quando il sangue attraversa SIST.ARTERIOSO, in
particolare, nei CAPILLARI avremo il valore minimo di velocità. Quando il
sangue attraversa il SIST.VENOSO, avremo invece un aumento progressivo
della velocità sangue.
Relazione VELOCITA’ – PRESSIONE SANGUE
La velocità del flusso sanguigno può avere importati effetti sulla pressione
all’interno del vaso.
La PRESSIONE TOTALE all’interno di un vaso è data dalla somma della
PRESSIONE DINAMICA + PRESSIONE STATICA. La PRESS.DINAMICA è
determinata anche dalla velocità flusso (formula pag.376), in particolar modo
essa risulta direttamente proporzionale alla PRESS.DINAMICA. La
velocità aumenta nei vasi con sez.trasversa più piccola, ciò determina un
incremento della P DINAMICA in quel vaso.
Relazione PRESSIONE – FLUSSO
Legge di Poiseuille attraverso un’equazione (pag.376) ci fornisce info
importati sui FATTORI DETERMINANTI del FLUSSO SANGUIGNO
attraverso il sist.vascolare.
Il flusso attraverso un condotto AUMENTA all’aumentare del GRADIENTE
PRESSORIO
DIMINUISCE all’aumentare VISCOSITA’ FLUIDO – LUNGHEZZA CONDOTTO.
Resistenza al flusso
Si intende la resistenze che il flusso incontra nel suo procedere. Secondo la
formula pag.377, si può comprendere come la resistenza dipenda dalle
CARATTERISTICHE DEL FLUIDO - DIMENSIONE DEL CONDOTTO. Il principale
fattore determinante la resistenze del flusso attraverso ogni singolo vaso è il
calibro del vaso. Dalla formula si nota come il raggio (r) sia inversamente
proporzionale alla resistenza al flusso, perciò ne deriva che:
AUMENTO CALIBRO ↓resist.flusso
DIMINUZIONE CALIBRO ↑resist.flusso
Nel sist.vascolare, se prendiamo in considerazione i SINGOLI VASI, notiamo
come vasi con il più piccolo calibro sono i capillari, nei quali si avrà perciò una
resistenza elevata, che tende a ridursi con l’aumentare del diametro
degli altri vasi più grossi (grafico pag.377). Dobbiamo però tenere in
considerazione la strutturazione dell’interno sist.vascolare, in quanto la
RESISTENZA varia a seconda che i canali vascolari, nei quali fluisce il sangue,
siano disposti in SERIE o in PARALLELO.
CANALI disposti in SERIE il FLUSSO TOTALE di sangue è lo stesso all’interno
dei vasi arteriosi disposti in serie. Avremo quindi che la RESISTENZA TOT. in
un sist. in serie è data dalla somma delle R presente in ogni vaso.
CANALI disposti in PARALLELO il FLUSSO TOTALE di sangue si divide x ogni
canale vascolare. La RESIST. TOTALE sarà data, anche in questo caso, dalla
somma delle resistenze di ogni singola componenti vascolare disposta
in parallelo. Solamente che ogni singola resistenza calcolata x ogni vaso =
1/R. Quindi la RESIST. TOT. sarà sempre più piccola della resistenza
calcolata x ogni singolo vaso disposto in parallelo (es.pag.379).
Detto ciò, considerando l’intero flusso si sangue passante nel sist. vascolare,
avremo che la maggiore resistenza sarà offerta non dai capillari, ma a
livello delle arteriole e piccole arterie. Il motivo risiede proprio nel fatto che
i CAPILLARI possiedono un numero notevolmente superiore di vasi
disposti in parallelo, rispetto alla ARTERIOLE.
La RESIST.VASCOLARE può essere modificata da stimoli naturali che
modificano il raggio dei vasi. Il fattore più importante che modifica il calibro
è lo stato di contrazione delle cell.muscolari lisce che circondano le
pareti vasi.
Flusso laminare e flusso turbolento
FLUSSO LAMINARE si intende quel tipo di movimento in cui il fluido si
muove come una serie di lamine individuali e ogni lamina si muove a
una velocità diversa da quella della lamina contigua (img.pag.376). Nel
FLUSSO LAMINARE attraverso un condotto, il fluido è come se fosse costituito
da una serie di lamine cilindriche coassiali, infinitamente sottili, che
scivolano l’una sull’altra.
La differenza di velocità che si riscontra nelle lamine di questo flusso e x il
quale il flusso assume una forma “parabolica”, è dovuta al fatto che le
lamine più esterne sono a contatto con la parete del condotto. Tale
contatto crea attrito, che rallenta la velocità di queste lamine più esterne. Le
lamine centrali si spostano invece più rapidamente e al centro avremo la
massima velocità della corrente.
FLUSSO TURBOLENTO all’aumentare del flusso di un fluido in un condotto
possono svilupparsi movimenti irregolari degli elementi del fluido; tale
tipo di flusso è denominato TURBOLENTO. A differenze del flusso laminare,
dove gli elementi del fluido rimangono in una lamina, in quelli TURBOLENTO gli
elementi del fluido non rimangono confinati nelle linee di flusso, ma si
mescolano (la parte centrale flusso si risvolta verso periferia). In queste
condizioni gli ATTRITI INTERNI, aumentano enormemente.
I fattori che provocano turbolenza sono: elevata densità fluido – bassa
viscosità sangue - diametri elevati condotti – elevate velocità. In
aggiunta altri fattori che provocano turbolenza sono: improvvise variazioni
dimensioni condotto o irregolarità della parete condotto. Avremo quindi
che nei GROSSI VASI il flusso può divenire TURBOLENTO, nei PICCOLI VASI
tende a rimanere LINEARE.
Per promuovere un dato flusso di fluido attraverso un condotto in condizioni di
turbolenza, è necessaria una pressione maggiore rispetto a quella del flusso
laminare. Pertanto, se si verifica una turbolenza, una pompa come il cuore
deve eseguire un lavoro considerevolmente maggiore x assicurare un
dato flusso.
Viscosità sangue
Per viscosità si intende la capacità liquidi di scorrere su se stesso. Per il
sangue, la viscosità può variare considerevolmente con le DIMENSIONI
CONDOTTO e con il FLUSSO. Il sangue è costituito da una sospensione
soprattutto di eritrociti in un liquido relativamente omogeneo costituito dal
PLASMA. Di conseguenza la viscosità del sangue varia in funzione del valore di
EMATOCRITO (x elevati valori di ematocrito si ha un aumento della viscosità
(grafico pag.381)).
Viscosità – dimensioni condotto Per un certo valore di EMATOCRITO, la
viscosità del sangue dipende dalle dimensioni del condotto: VISCOSITA’
diminuisce progressivamente come il diametro del condotto si riduce al di sotto
0,3mm (capillari, arteriole, hanno dimensioni minori). Tenendo in
considerazione la formula resistenza pag.377, vediamo come R sia dirett. prop.
alla viscosità, quindi in vasi sanguigni ad alta resistenza, come capillari e
arteriole, il fatto di avere una BASSA VISCOSITA’ riduce la resistenza. Il
motivo x cui il DIAMETNRO CONDOTTO influenza la VISCOSITA’, è dovuto in
parte a una variazione nella composizione sangue che scorre nei piccoli
condotti: in questi piccoli condotti si ha un flusso laminare. Nelle lamine
centrali del flusso (parte più veloce del flusso) si tendono a concentrare i
globuli rossi, mentre il plasma scorre nelle lamine periferiche (più
lente). Poiché le porzioni centrali del flusso contengono una quantità maggiore
di globuli rossi e si muovono a velocità maggiore, il tempo necessario x
attraversare un condotto sarà minore x i GLOBULI ROSSI che x il
PLASMA. Inoltre i VALORI DI EMATOCRITO nei piccoli condotti, risultano essere
inferiori rispetto ai condotti più grandi.
Viscosità – velocità flusso sono inversamente proporzionali,
all’aumentare velocità – diminuisce viscosità. Ciò è dovuto al fatto che a BASSE
VELOCITA’ si formano aggregati tra cellule, con conseguente ↑viscosità.
Questa tendenza si riduce progressivamente con l’aumentare velocità
(grafico pag.381). Altro motivo risiede nel fatto che ad ALTE VELOCITA’, gli
eritrociti tendono a concentrarsi nella lamina centrale più veloce, consentendo
una maggiore velocità con cui una lamina di fluido scorre sull’altra
contigua.
SISTEMA ARTERIOSO
Il sistema arterioso SISTEMICO e POLMONARE va a distribuire sangue ai letti
capillari del corpo.
Fattori determinanti PA
La PA può essere definita come PA media, in quanto è la media della
pressione nel tempo. Essa si divide in PA sistolica (max) – PA diastolica
(min). PA sistolica (max (110-119mmHg)) – PA diastolica (min (75-
79mmHg)) polso pressorio.
I fattori che determinano la PA sono:
Fattori FISICI:
V sangue presente nel sist.arterioso
o Caratteristiche elastiche del sistema (compliance)
o
Fattori FISIOLOGICI:
GC (FCxGS)
o Resistenze periferiche
o
Effetti del VOLUME SANGUE PRESENTE NEL SIST. ARTERIOSO esso
dipende a sua volta dai 2 fattori fisiologici: GC – RESIST.PERIFERICA.
Questi 2 fattori, determinano rispettivamente un altro paramento: velocità
influsso sangue (Qi) – velocità deflusso sangue (Q2).
Qi – Q2
Se l’INFLUSSO > DEFLUSSO sangue ↑ VOLUME ARTERIOSO e le pareti
arteriosi si distendono maggiormente con conseguente ↑PA. Per essere
maggiore l’INFLUSSO, significa che è ↑GC.
Se INFLUESSO < DEFLUSSO ↓ VOLUME ARTERIOSO e le pareti arteriosi
si distendono in misura minore con conseguente ↓PA. Per essere maggiore
il DEFLUSSO, significa che sono ↓RESIST.PERIFERICHE.
Se INFLUSSO = DEFLUSSO VOLUME ARTERIOSO costante e
conseguentemente una PA costante.
Da quanto detto, desumiamo che un aumento GC – RESIST.PERIFERICHE
↑PA. Una diminuzione GC – RESIST.PERIFERICHE ↓PA.
Durante l’EIEZIONE VENTRICOLARE (SISTOLE) si verifica una rapida e veloce
immissione nel sistema arterioso di sangue, il cui quantitativo è
superiore al volume di sangue che defluisce dalla arteriole (INFLUSSO
> DEFLUSSO). Ne consegue che il VOLUME SANGUE e PA aumentano a un
picco di pressione che rappresenta la PA SISTOLICA.
Durante la DIASTOLE, invece, l’EIEZIONE CARDIACA è nulla e quindi il
DEFLUSSO PERIFERICO è di molto maggiore. Ne consegue una RIDUZIONE
VOLUME SANGUIGNO ARTERIOSO che provoca una riduzione PA al valore
minimo (PA DIASTOLICA).
Effetti della COMPLIANCE ARTERIOSA L’AORTA – ARTERIA POLMONARE e
le loro principali branche, presentano una parete ad elevata presenza di
elastina, che rende questi vasi molto distendibili (elevata compilance).
Questa DISTENDIBILITA’ serve a smorzare la natura pulsatile del flusso
sanguigno, determinata dal pompaggi intermittente del cuore. Con
l’eiezione del sangue durante le sistole da parte dei ventricoli, questi vasi si
distendono (accumulano en.potenziale) e durante la DIASTOLE, spingono
il sangue in avanti grazie al ritorno elastico delle loro pareti
(img.pag.383). Pertanto, l’EIEZIONE INTERMITTENTE del cuore, viene
convertita nei capillari a FLUSSO STAZIONARIO.
La natura elastica delle grosse arterie riduce anche il lavoro del cuore. Se
queste arterie fossero rigide, la pressione incrementerebbe notevolmente
durante la SISTOLE. Questa incrementata pressione imporrebbe ai ventricoli
di pompare sangue contro un carico elevato (post-carico) e quindi
incrementerebbe il lavoro del cuore (img.pag.383). Invece, il fatto che
queste arterie sono elastiche, permettono loro di distendersi durante la
SISTOLE, e il risultato sarebbe un incremento della press.sistolica in
misura minore rispetto a quanto si avrebbe nelle arterie rigide. Ne
consegue anche un lavoro cardiaco di minore intensità.
Propagazione onda di pressione
L’eiezione del ventricolo sx nell’aorta, provoca l’insorgenza di un’onda di
pressione che si propaga lungo l’AORTA e le sue branche. Essa viaggia
ad una velocità che è molto più elevata delle velocità con cui avviene il
reale movimento in avanti del sangue. È quest’onda di pressione
propagata che si percepisce come “polso” palpando un’arteria periferica.
La VELOCITA’ TRASMISSIONE ONDA PRESSIONE varia in modo inversamente
proporzionale alla COMPLIANCE VASCOLARE. In genere, la velocità di
trasmissione aumenta con l’età, confermando come le arterie diventano
meno elastiche con l’invecchiamento.
Inoltre la velocità di trasmissione aumenta quando l’onda pressoria passa
dall’AORTA alle ARTERIE PERIFERICHE e ciò dimostra come la compliance
vascolare tende a diminuire nelle porzioni arteriose più distali.
SISTEMA VENOSO
Le vene sono gli elementi del sist.circolatorio che trasferiscono sangue dai
tessuti al cuore. Le vene, inoltre, costituiscono un serbatoio molto ampio
che contiene circa il 70% del sangue in circolo. Questa funzione di
serbatoio, consente alle vene di aggiustare il volume di sangue che
ritorna al cuore (variando quindi il PRE-CARICO), in modo tale che siano
soddisfatte le necessità dell’organismo quando la GC è alterata.
Le vene sono molto distendibili e offrono una bassa resistenza al flusso
sanguigno. La bassa resist., favorisce il flusso di sangue dalle VENE
PERIFERICHE CUORE.
La distendibilità delle vene (compliance), varia con la posizione del corpo,
tanto che le VENE ARTI INFERIORI hanno una compliance inferiore a quella
delle vene che si trovano a livello o sopra cuore. Le VENE ARTI INFERIORI,
sono inoltre più spesse delle VENE ARTI SUPERIORI o VENE CERVELLO. La
COMPLIANCE vene si riduce con l’età e l’ISPESSIMENTO che si verifica è
accompagnato da una diminuzione elastina – aumento collagene.
Variazioni del ritorno venoso si ottengono x aggiustamenti TONO
VENOMOTORE – ATT.RESPIRATORIA – STRESS ORTOSTATICO (GRAVITA’).
Gravità
Le FORZE GRAVITAZIONALI possono esercitare notevoli effetti sulla GC
(es.pag.389).
Viene spesso riferito che quanto una persona è in staz.eretta, le F gravità
agiscono contro F che di norma promuovono il ritorno venoso al cuore.
Quest’affermazione è incompleta, in quanto ignora:
il fatto che ogni F gravitazionale esercita impedimento al flusso
o sul versante venoso, è esattamente bilanciata dal fatto che essa
favorisce il flusso sul versante arterioso.
Non prende in considerazione gli effetti della gravità nel
o determinare l’accumulo venoso. A tal proposito, durante la
staz.eretta, la GRAVITA’ provoca accumulo di sangue negli arti
inferiori, e distende sia ARTERIE che VENE. Poiché la COMPLIANCE
VENOSA è maggiore di quella ARTERIOSA, questa distensione sarà
maggiore nel lato venoso rispetto a quello arterioso. Ciò provoca
effetti che assomigliano a quelli che si riscontrano durante l’emorrargia.
Quest’accumulo, provoca infatti una riduzione GC, al quale seguono
aggiustamenti compensatori (identici a quelli che si attuano in
situazioni di emorragia) che consentono all’uomo di adattarsi alla
staz.eretta.
Att.muscolare e valvole venose
Quando si passa dalla posizione SUPINA alla STAZ.ERETTA e si rimane immobili,
si assiste ad un aumento pressione a livello delle vene degli arti
inferiori.
Nelle gambe, la PRESSIONE VENOSA aumenta gradualmente e non
raggiunge un valore stabile se non dopo almeno 1 min di staz.eretta.
Questo aumento graduale di pressione venosa è attribuibile alle VALVOLE
localizzate nelle vene, che permettono il flusso in una sola direzione
del cuore. Quando una persona assume una staz.eretta, le valvole
impediscono che il sangue venoso dai livelli più elevati, refluiscano ai
piedi. Avremo quindi che la colonna di sangue venoso è sostenuta a più livelli
da queste valvole, le quali la dividono in diversi segmenti separati. Il
sangue proveniente dalle venule e altre piccole vene, continua ad entrare nei
singoli segmenti della colonna, provocando un aumento pressorio. Non
appena la pressione di un segmento diventa superiore a quella del
SEGMENTO SOPRASTANTE, le VALVOLE vengono aperte. Alla fine, tutte
le valvole saranno aperte e la colonna diviene CONTINUA.
Quando si comincia a CAMMINARE, la PRESSIONE VENOSA negli arti inferiori si
riduce in modo apprezzabile (img.pag.389). Ciò è dovuto al fatto che,
all’azione delle valvole, si aggiunge la COMPRESSIONE VENOSA
intermittente prodotta dalla CONTRAZIONE MUSCOLARE, favorendo la
spinta del sangue in direzione del CUORE.
La CONTRAZIONE MUSCOLARE, va quindi a ridurre la PRESSIONE VENOSA
MEDIA e serve come pompa ausiliaria x favorire il ritorno venoso. In
questo modo, previene l’accumulo venoso e riduce la pressione
idrostatica capillare riducendo cosi, durante la staz.eretta, la
tendenza alla formazione di edemi nei tess. delle regioni inferiori
corpo.
MICROCIRCOLAZIONE
Compito del sist.circolatorio è quello di fornire ai tessuti una quantità di
sangue adeguata alle loro richieste di OSSIGENO – SOST.NUTRITIZE.
Per MICROCIRCOLAZIONE si intende la circolazione del sangue attraverso i
vasi più piccoli: ARTERIOLE – CAPILLARI – VENULE. Le ARTERIOLE hanno
uno spesso strato m.liscia, possono:
dare direttamente origine ai capillari. Le arteriole che danno
direttamente origine ai capillari, costituiscono i principali vasi di
resistenza e regolano il flusso ai letti capillari, attraverso
COSTRIZIONI – DILATAZIONI della muscolatura.
I CAPILLARI sono costituiti da un singolo strato ENDOTELIO, che
consente un rapido scambio GAS – ACQUA – SOLUTI con il liquido
interstiziale. I capillari formano una rete intercomunicante di piccoli
condotti di diversa lunghezza.
oppure possono presentare comunicazioni diretta con le venule
oppure possono andare a costituire le METARTERIOLE, condotti nel
quale scorre il sangue, passando direttamente dalla parte arteriosa a
quella venosa, evitando i capillari, oppure andando ad alimentare il
letto capillare (img.pag.390)
Le VENE – PICCOLE VENE servono principalmente come condotti di raccolta
e deposito.
Proprietà funzionali dei capillari
Nei tessuti con elevata att.metabolica (cuore – muscolo sch.), i capillari
sono molto numerosi, mentre risultano in densità minore nei tessuti
meno attivi (tess.subcutaneo – cartilagine).
Non tutti i capillari hanno lo stesso diametro, ce ne so alcuni con dimensioni più
piccole degli ERITROCITI e ciò determina che quest’ultimi x poter passare in
questi condotti devono deformarsi (normalmente sono flessibli).
Il flusso sanguigno nei capillari NON è UNIFORME e dipende
principalmente dallo STATO CONTRATTILE delle ARTERIOLE le
variazioni di velocità del flusso capillare possono essere di tipo CASUALE o
possono mostrare un COMPORTAMENTO OSCILLATORIO (RITMICO)
provocato dalla contrazione-rilasciamento delle arteriole o piccole arterie
(VASOMOTILITA’).
Questa VASOMOTILITA’ è determinata dallo stato di contrazione della
m.liscia delle arteriole-piccole arterie e NON dipende da FATT.ESTERNI,
ma bensì da FATT.INTERNI come ad esempio la variazione PRESSIONE
TRANSMURALE. Tale variazioni vanno proprio ad influenzare lo stato di
contrazione delle arteriole:
↑PRESS.TRANSUMARALE provoca contrazione ARTERIOLE al
o punto in cui si originano i capillari.
↓ PRESS.TRANSUMARALE provoca rilasciamento ARTERIOLE al
o punto in cui si originano i capillari.
Oltre alla PRESS.TRANSMURALE, variazioni della vasomotilità possono
dipendere da fatt.umorali (es.pag.391) – forse fatt. nervosi.
Possiamo quindi dire come la VELOCITA’ FLUSSO CAPILLARE possa
avvenire in maniera CASUALE, oppure essere determinata da
MODIFICHE VASOMOTOLITA’ ARTERIOLE.
Flusso nutrizionale – non nutrizionale Il flusso ematico passante x i
capillari viene definito FLUSSO NUTRIZIONALE
Il flusso ematico che cortocircuita i capillari, passando dal LATO ARTERIOSO a
quello VENOSO FLUSSO NON-NUTRIZIONALE (FLUSSO
CORTOCIRCUITATO).
La scelta delle METARTERIOLE di far fluire sangue dal LATO ARTERIOSO ..>
VENOSO oppure andare ad ALIMETARE LETTO CAPILLARE, è determinato
dall’intensità dell’attività metabolica:
BASSA ATT.METABOLICA il flusso passa dal LATO ARTERIOSO ..>
o VENOSO, in quando molte ARTERIOLE risultano chiuse.
AUMENTO ATT.METABOLICA le arteriole che prima erano chiuse si
o aprono e il sangue che passa nelle metarteriole si rende disponibile x la
perfusione capillare.
I capillari sono privi di m.liscio e quindi non sono dotati della capacità di
modificare attivamente il loro diametro. Tuttavia le cell.endoteliali,
contengono ACT-MIO e possono modificare la loro forma in risp. a certi stimoli
chimici.
La sottile parete dei capillari può contrastare le ELEVATE PRESS.
INTERNE (PRESS. INTRAVASCOLARI) senza rompersi, in seguito al loro
lume molto piccolo Questa proprietà è spiegata dalla Legge Laplace:
T=Pr. T sta per TENSIONE della parete e rappresenta la forza che si
oppone alla FORZA DI DISTENSIONE che tende a separare un’ipotetica
fessura del vaso.
Il piccolo raggio del lume, permette di fornire una FORZA DISTENSIONE piccola.
A pressioni aortiche-capillari normali, la TENSIONE PARETE AORTICA è circa
12.000 volte maggiore della TENSIONE PARETE CAPILLARE (es.pag.392).
Il diametro delle arteriole è determinato dall’equilibrio tra FORZA
CONTRATTILE MUSCOLO LISCIO VASCOLARE – FORZA DISTENDENTE
(prodotta da P intraluminale):
↑F CONTRATTILE M.LISCIA di un’arteriola ↓ sarà il diametro, fino a
o quando non si raggiunge un punto (nel caso delle piccole arterie) in cui si
ha l’occlusione completa del vaso.
↓ progressiva P INTRALUMINALE ↓diametro vaso (si riduce anche
o la TENSIONE parete vaso) e il flusso sanguigno eventualmente si
arresta. Il livello di pressione che provoca arresto del flusso viene
chiamata, PRESSIONE CRITICA DI CHIUSURA.
Ruolo vasoattivo dell’endotelio capillare Oltre a svolgere la funzione
passiva di consentire il passaggio di acqua – piccole molecole attraverso
la parete del vaso e, trattenere cell.sangue – macromolecole, svolge
anche quella attiva di essere una fonte di sostanze capaci di provocare
contrazione – rilasciamento del m.liscio vascolare.
Queste sostanze sono:
PROSTACICLINA (PGI ), facente parte delle PROSTAGLANDINE. Viene
2
prodotta dall’endotelio a partire dall’AC.ARACHIDONICO. La principale
funzione è inbire l’adesione delle piastrine all’endotelio e la loro
aggregazione, evitando quindi formazione trombi. Altra funzione è
quella di provocare il rilasciamento del m.liscio vascolare.
NO (monossido azoto), componente del fatt.rilasciante di origine
endoteliale. Il rilascio di NO può essere provocato: stimolazione
cel.endoteliali con Ach o altre sost. (ATP, brachidina, serotonina,ecc) –
flusso sangue che provoca una TENSIONE TAGLIO sull’endotelio. La
stimolazione delle cell.endoteliali, provoca attivazione canali Ca ,
2+
permettendo entrata Ca e quindi ↑Ca che attiva NO sintasi, il quale
2+ 2+
ricava NO a partire da L-ARGININA. NO esce dalle cell.endotelio e
entra nelle cell.muscolari lisce dei vasi (in quanto in grado di
attraversare membrana da solo poiché ha dimensioni piccole) dove
attiva la GUANILATO CICLASI che andrà ad idrolizzare GTP cGMP.
↑cGMP attiva PROTEINA CHINASI (PKG) che va a fosforilare diverse
proteine di membrana, tra cui:
canali Ca ↓[Ca ]
2+ 2+
o canali K ↑[K ] iperpolarizz.membrana
+ +
o SERCA aumenta sua attività, con conseguente maggior
o sequestro di Ca cistosolico nel RSarcoplasmatico.
2+
Tutto ciò provoca VASODILATAZIONE.
ENDOTELINA potende peptide vasocostrittore, sintetizzato
dall’endotelio. Può provocare modifiche TONO VASOMOTORE –
PRESS.SANGUIGNA. Inoltre è coinvolto in eventi patologici come
aterosclerosi, ipertensione polmonare, insuff.renale, ecc.
Altre sost. vasodilatatrici come: H - CO2 – K , liberati da
+ +
tess.parenchimali.
Ruolo passivo dell’endotelio capillare il solvente e il soluto si muovono
attraverso la parete endoteliale del capillare x:
Diffusione: è il processo più importante. La diffusione è il fattore
chiave che provvede allo scambio di sostanze nutritive – rifiuto tra
capillari e cell.tessuti.
DIFF.MOLECOLE INSOLUBILI NEI LIPIDI nei capillari, la diffusione delle
molecole INSOLUBILI NEI LIPIDI, non avviene liberamente, ma è
limitata dai canali o pori contenenti acqua. Il movimento di soluti
attraverso l’endotelio, non dipende solo dal gradiente di
concentrazione, ma anche da fenomeni di attrazione tra molecole
di soluto e solvente – interazione tra molecole soluto –
configurazione dei pori e cariche delle molecole in relazione alle
cariche delle cell.endoteliali. Maggiori sono le dimensioni delle
molecole insolubili nei lipidi, minore è la diffusione attraverso
capillari, perciò la diffusione attraverso il capillare, rappresenta il
fattore limitante (trasporto limitato dalla diffusione). Le piccole
molecole INSOLUBLI, diffondono molto velocemente nel tessuto, e il
solo fattore limitante è rappresentato dalla distanza CAPILLARE –
PARENCHIMA (in seguito a edema o bassa densità capillari).
DIFF.MOLECOLE SOLUBILI NEI LIPIDI tali molecole possono passare
direttamente attraverso la memb.lipidica dell’endotelio capillare,
a velocità elevate.
O2 – CO2 sono entrambi solubili nei lipidi e possono passare
facilmente attraverso le cell.endoteliali.
Filtrazione la permeabilità della memb.endoteliale dei capillari non è
uguale in tutti i tessuti (es.pag.395). Anche lungo il capillare la
permeabilità non è uniforme: nel CAPO VENOSO la permeabilità è
> che nel CAPO ARTERIOSO ed è max nelle VENULE. Questa
maggiore permeabilità nel TERMINALE VENOSO DEI CAPILLARI e nelle
VENULE, è dovuto al maggior numero di PORI presenti nella parete
endoteliale.
Il numero di PORI presenti nei capillari non è lo stesso x tutti, esso può
infatti variare a seconda della tipologia di capillare, ad es. nei capillari
cerebrali dove è presente la BARRIERA EMATOENCEFALICA, i PORI sono
ASSENTI e viene impedito il passaggio soprattutto di MOLECOLE GRANDI
DIMENSIONI, le quali trovano nei PORI un punto di passaggio. I capillari
renali e dell’intestino, sono tra i più porosi e presentano fenestrature
ampie. Altri come i capillari fegato presentano capillari con un
endotelio discontinuo.
La DIREZIONE e il MOVIMENTO di liquido attraverso la parete
capillare è determinata dalla PRESSIONE IDROSTATICA –
OSMOTICA esistenti attraverso la memb.:
PRESSIONE IDROSTATICA non è costante nei capillari e
o dipende da:
PA ↑PA determinano ↑PRESSIONE IDROSTATICA
Pvenosa ↑Pvenosa determinano ↑PRESSIONE
IDROSTATICA
RESIST. ARTERIOLE ↑Resist.Art. (e chisura arteriole)
determina ↓PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE.
RESIST. VENULE (PICCOLE VENE) ↑Resist.Venule
determina ↑PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE.
Variazioni della RESISTENZA VENOSA, determina modifiche della
PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE più di quanto non facciano
le variazioni RESIST.ART.
La PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE varia da tess. a tess. e anche
nello stesso tess.
La P TISSUTALE all’esterno del capillare, svolge la funzione di
opporsi alla filtrazione capillare, ma in condizioni normali la P
TISSUTALE è prossimo a ZERO, perciò la PRESS.CAPILLARE (che
permette la spinta dei liquido da CAPILLARE ..> TESSUTI)
non risulta influenzata.
PRESSIONE OSMOTICA il fattore più importante che
o impedisce l’uscita di liquido dai capillari è la
PRESS.OSMOTICA delle PROTEINE PLASMATICHE
(PRESSIONE ONCOTICA). Tale pressione ha un ruolo importante
nello scambio di liquido attraverso la parete capillare, in quanto le
PROT.PLASMATICHE rimangono essenzialmente confinate nello
spazio INTRAvascolare, mentre gli ELETTROLITI hanno uguale
concentrazione ai lati dell’endotelio.
Tra le proteine plasmatiche, l’ALBUMINA ha un effetto
preponderante nel determinare la press.osmotica. Il motivo
risiede nel fatto che essa esercita una forza osmotica
superiore a quella che dovrebbe essere esercitata sulla
base della sua concentrazione nel plasma. La forza osmotica
aumenta ulteriormente ad ALTE CONCENTARZIONI di ALBUMINA
(come nel plasma). Una spiegazione di questo comportamento
dell’albumina è da ricercarsi nella sua carica negativa presente a
pH ematico normale. L’albumina lega un piccolo numero di Cl -
che aumentano ulteriormente la sua carica negativa e, qiundi
presenta una maggiore capacità di trattenere all’interno del
capillare Na . Questo comportamento permette al plasma di
+
avere una concentrazione di elettroliti superiore rispetto a
quella del liquido interstiziale, aumentando così la FORZA
OSMOTICA.
Equilibrio tra FORZE IDROSTATICHE – OSMOTICHE la relazione tra
PRESS.IDROSTATICA – OSMOTICA è descritto dall’equazione di Starglin
(pag.398). A seconda della prevalenza di quei fattori responsabili della
FORZA IDROSTATICA – OSMOTICA, si avrà filtrazione – riassorbimento.
Ad es. x avere RIASSORBIMETNO dovremo avere o un ridotto valore
PRESSIONE IDROSTATICA CAPILLARE o un alto valore PRESSIONE
ONCOTICA LIQ.INTERSTIZIALE (es.pag.398).
Pinocitosi le vescicole pinocitotiche, sono formate da introflessioni
della memb.plasmatica delle cell.endoteliali, e permettono di
assumere sostanze da un lato della parete capillare, muoversi attraverso
la cellula e depositare il loro contenuto nel’altro lato. La quantità di
materiale trasportato, risulta però notevolmente piccolo rispetto a
quella che si muove x diffusione. Tuttavia, tale processo può essere
importante x consentire il passaggio di grosse molecole insolubili nei
lipidi. Il numero di vescicole pinocitotiche presenti nell’endotelio, varia
con il tessuto (muscolo > polmoni > cervello).
CIRCOLAZIONE NEL MUSCOLO SCHELETRICO
La velocità del flusso sanguigno nel m.sch. è in relazione diretta con il livello
att.contrattile del tessuto e varia a seconda tipo muscolo: ↑flusso –
densità capillari nelle FIBRE ROSSE rispetto alle BIANCHE.
A RIPOSO ARTERIOLE PRE-CAPILLARI si contraggono e rilasciano a
intermittenza, di conseguenza avremo momenti in cui gran parte del letto
CAPILLARE non è perfuso. Pertanto, il flusso ematico totale nel m.sch. a
riposo è basso.
ATTIVITA’ la resistenza vascolare si ↓ e ↑ flusso ematico. L’entità
dell’aumento dipende dall’intensità del lavoro muscolare.
Regolazione del flusso ematico nel m.sch.
La circolazione muscolare è controllata da FATTORI NERVOSI – LOCALI. Nel
muscolo ATTIVO, prevale una regolazione da fatt.locali (metabolici), mentre
nel muscolo RIPOSO, prevalgono i fatt.nervosi. I meccanismi nervosi e locali
che regolano il flusso sanguigno hanno azioni tra loro opposte (es. durante
la CONTRAZIONE MUSC. prevale meccanismo vasodilatatore indotto da
fatt.locali; tuttavia una forte STIMOLAZIONE SIMPATICA, durante
l’att.muscolare, può provocare una lieve riduzione della vasodilatazione
indotta dai metaboliti locali).
FATTORI NERVOSI La stimolazione delle FIBRE SIMPATICHE, provoca il
rilascio di NA, il quale ha effetti vasocostrittori. L’ADRENALINA, invece,
interagisce sia con i recettori ALFA sia con quelli BETA. A basse dosi
sul sistema vascolare prevalgono gli effetti BETA (vasodilatazione),
mentre ad alte dosi sono più forti gli effetti ALFA (vasocostrizione).
Poiché il muscolo rappresenta il principale costituente della massa corporea e
costituisce quindi il letto vascolare più ampio, i vasi che lo irrorano svolgono
importanti funzioni nei meccanismi che mantengono costante la PA.
Oltre a questi fattori nervosi-locali, anche il m.sch, come gli altri tessuti viene
influenzato da fatt.fisici (PA – P tessuto – viscosità sangue). Tuttavia nel
corso della contrazione entra in gioco anche un altro fatto fisico: l’azione di
compressione esercitata sui vasi dal muscolo che si contrae.
Se le contrazioni sono di tipo INTERMITTENTE durante ogni contrazione di
breve durata si osserva una ↓flusso arterioso - ↑drenaggio venoso. Se le
contrazioni sono PROLUNGATE – INTENSE i capillari muscolari risultano
compressi e il flusso sanguigno può temporaneamente arrestarsi.
REGOLAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE PERIFERICA
La CIRCOLAZIONE PERIFERICA è sottoposta a un duplice controllo:
Controllo origine CENTRALE: mediato dal SN.
Controllo origine LOCALE: si attua a livello del tessuto x mezzo di
fattori presenti o liberati in prossimità dei vasi sanguigni.
A seconda del tipo di tessuto può essere predominante un tipo di
meccanismo sull’altro.
Importanza del m.liscio vascolare nella regolazione sanguigna le
arteriole offrono la maggior resistenza al flusso sanguigno, pompato nei
Questa
tessuti dal cuore e sono perciò importanti nel mantenere la PA.
funzione è possibile in quanto la parete di questi vasi è costituita in gran
parte da cell.muscolari lisce che, contraendosi, vanno a regolare il lume
del vaso. Il lume può variare da una situazione di chiusura pressoché
completa ..> dovuta a forte contrazione del m.liscio – massima dilatazione
..> x completo rilasciamento del m.liscio vascolare.
Il m.liscio vascolare è perciò responsabile del controllo della resistenza
periferica tot. – tono arterioso/venoso – distribuzione flusso sangue
attraverso il corpo. Di conseguenza agendo su di esso, si va a regolare la
circolazione periferica. Il controllo sul m.liscio vascolare può avvenire
attraverso un:
Controllo INTRINSECO:
Autoregolazione e regolazione miogenica variazione di PA si
o associano variazioni della RESIST.VASCOLARE che tendono a
mantenere costante il FLUSSO SANGUIGNO. A incrementi o
diminuzioni di PA ne conseguono, rispettivamente, aumenti o
diminuzioni FLUSSO EMATICO. Mantenendo la PA al suo nuovo
livello x circa 30-60 sec, si assiste ad un ritorno del FLUSSO
verso VALORI DI CONTROLLO.
Queste variazioni del flusso sono dovute a variazioni della
muscolatura liscia: x un’ ELEVATA DIFF. DI PRESSIONE attraverso
la parete del vaso sanguigno (PRESSIONE TRANSUMARALE), il
muscolo si contrae, mentre si rilascia in risposta a una
RIDUZIONE PRESS.TRANSMURALE. Non è stato ancora stabilito
come la distensione dei vasi possa promuovere la loro contrazione
ma, poiché con lo stiramento del m.liscio vascolare si ha un
incremento di Ca intracellulare, è stato proposto che un
2+
↑PRESS.TRANSMURALE attiva i CANALI Ca presenti su
2+
memb.plasmatica. Tale meccanismo risulta comunque
indipendente dall’endotelio.
La PA in sogg. normali è mantenuta a un livello più o meno
costante prevalentemente attraverso RIFLESSI BAROCETTIVI, di
conseguenza l’intervento di questo meccanismo risulta minimo.
Tuttavia, quando si cambia posizione (da supina a eretta) si verifica
un’ampia variazione della PRESS.TRANSMURALE alle
estremità inferiori e di conseguenza ARTERIOLE si
contraggono.
Regolazione mediata da endotelio l’endotelio può produrre
o sostanze con conseguenze sulla m.liscia vascolare.
Regolazione metabolica in alcuni tessuti il FLUSSO EMATICO è
o regolato dal livello di att.metabolica presente in quel
tessuto. Ogni intervento che provoca un apporto di O2
inadeguato (troppo o poco) alle necessità del tessuto, provoca
anche la formazione di metaboliti vasodilatatori. Questi
metaboliti sono liberati dal tessuto e agiscono localmente
dilatando i vasi di resistenza.
Tra le sost. vasodilatatrici più importanti si hanno: ac.lattico – CO2
– H .
+
Contrariamente al m.sch., il TONO BASALE del m.liscio vascolare
non è determinato dal SN. Pertanto x mantenere questo tono
deve intervenire qualche fattore metabolico (potrebbero essere:
att.m.liscio vascolare in risposta allo stiramento imposto dalla
pressione – alta tensione di O2 nel sangue arterioso – presenza di
Ca ).
2+
Un FATT.METABOLICO, sembra essere presente anche
nell’IPEREMIA REATTIVA è una condizione che si crea quando
il flusso arterioso di un distretto viene temporaneamente bloccato,
subito dopo la rimozione dell’occlusione il flusso ematico è
superiore al flusso esistente prima dell’occlusione, x poi
ritornare gradualmente ai livelli di controllo.
Quando il m.liscio vascolare delle ARTERIOLE si rilascia in risposta
ai metaboliti vasodilatatori, rilasciati in seguito a riduzione
apporto O2, la resistenza delle ARTERIE che alimentano queste
arteriole, può ridursi. Ciò può essere dovuto al fatto che, la
dilatazione delle ARTERIOLE accelera il flusso ematico, che sarà
conseguentemente accelerato anche nelle ARTERIE, aumentando
così la tensione di taglio sull’endotelio delle arterie,
provocando vasodilatazione e rilascio NO.
Controllo ESTRINSECO:
Influenze nervose SIMPATICHE nel BULBO sono presenti
o alcune regioni che influenzano l’att. cardiovascolare. Alcune di
queste regioni, vanno a provocare: VASOCOSTRIZIONE - ↑FC -
↑att.miocardio. Un’altra regione provoca ↓PA. Queste regioni
menzionante, non sono intese in termini anatomici come un
aggregato circoscritto di neuroni, ma tale definizione viene fatta in
termini fisiologici.
Le REGIONI VASOCOSTRITTRICI, sono tonicamente attive e gli
stimoli riflessi e umorali ne aumentano l’att., provocando
incremento della FREQ.DEGLI IMPULSI che raggiungo i
terminali nervosi a livello dei vasi, dove viene liberata NA che
provoca VASOCOSTRIZIONE delle arteriole (agendo su rec. alfa-
adrenergici).
L’inibizione di queste regioni vasocostrittrici, diminuisce la loro
att.tonica e quindi si ↓FREQ.IMPULSI nelle fibre nervosi che
raggiungo i vasi, provocando VASODILATAZIONE. Di conseguenza
la regolazione nervosa della circolaz.periferica si attua
principalmente x modificazione della FREQ.SCARICA delle
FIBRE NERVOSE SIMPATICHE VASOCOSTRITTRICI, destinate ai
vasi (es.pag.439).
Differenza degli effetti dell’innervazione simpatica sui VASI
DI RESISTENZA (arteriole) e CAPACITA’ (vene) le influenze
nervose esercitate sui VASI PIU’ GROSSI, hanno un significato
funzionale di minor importanza rispetto alle influenze esercitate
sulle ARTERIOLE e PICCOLE ARTERIE. Rispetto ai VASI DI
RESISTENZA, i VASI DI CAPACITA’ (vene), sembrano essere più
reattivi alla stimolazione dei nervi simpatici, in quanto
raggiungono il massimo livello di costrizione x freq. di
stimolazione più basse.
Influenze nervose PARASIMPATICHE solo una piccola
o porzione di arteriole del corpo, ricevono fibre
parasimpatiche (es.m.sch. e cute non possiedono
innervaz.parasimaptica). Pertanto l’effetto di queste fibre sulla
resist.vascolare totale è di modesta entità.
Fattori umorali ADRENALINA e NA esercitano un potente
o effetto sui vasi sanguigni.
ADRENALINA nel m.sch,. in BASSE CONCENTRAZIONI ..> dilata
le arteriole (agendo su rec. beta-adrenergici), mentre ad ALTE
CONCENTRAZIONI ..> costrizione arteriole (agendo su rec. alfa-
adrenergici).
NA in tutti tessuti l’effetto principale è la vasocostrizione.
ADRENALINA e NA sono liberate da FIBRE SIMPATICHE, ma possono
essere prodotte e rilasciante anche dalla ghiandola del surrene.
Tuttavia in condizioni fisiologiche l’effetto di queste catecolamine
liberate dalla ghiandola surrene è trascurabile se paragonato con
l’effetto provocato dalla NA liberata da FIBRE SIMPATICHE.
Riflessi vascolari ci sono zone del BULBO che provocano
o riflessi vascolari in seguito ad afferenze che provengono da
BAROCETTORI – CHEMOCETTORI PERIFERICI – IPOTALAMO –
CORTECCIA CEREBRALE – CUTE, producendo diversi tipi di riflessi.
Barocettori arteriosi (pressocettori) sono rec. da
stiramento localizzati nei SENI CAROTIDEI – ARCO AORTA
(img.pag.441). Gli impulsi che arrivano dai rec. posti nei SENI
CAROTIDEI, decorrono nel NERVO SENO CAROTIDEO
(N.HERING), fino al N.GLOSSOFARINGEO (IX nervo cranico) e
attraverso quest’ultimo raggiunge il NUCLEO DEL TRATTO
SOLITARIO (NTS) nel BULBO. Questo nucleo è la staz. di arrivo
x gli impulsi che vengono dai BAROCETTORI e
CHEMOCETTORI. I rec. dell’ARCO AORTICO, raggiungono il
BULBO attraverso i N.VAGHI. L’eccitazione di questo nucleo
provoca inibizione att.simpatica destinata ai vasi
(lesioni di questo nucleo provoca
sanguigni IPOTENSIONE
vasocostrizione (IPERTENSIONE).
I terminali delle fibre dei barocettori, rispondono allo
stiramento e alla deformazione della parete vasale
indotta dalla PA:
↑PA ↑FREQ.SCARICA inibizione delle regioni
vasocostrittrici provocando VASODILATAZIONE -
↓PA.
↓PA ↓FREQ.SCARICA.
I BAROCETTORI del SENO CAROTIDEO – ARCO AORTA, non
possiedono capacità identiche di modificare le
resistenze periferiche: BAROCETTORI DEL SENO
CAROTIDEO sono più sensibili di quell’dell’ARCO AORTA –
variazioni di PA avvertite dai REC. SENO CAROTIDEO
provocano effetti superiori a quelli provocati da
variaz.equivalenti della PA nell’ARCO AORTICO.
Per quanto riguarda il SENO CAROTIDEO, la SENSIBILITA’ del
riflesso può essere modificata: applicazioni di NA o
stimolazioni fibre nervose simpatiche destinate al
SENO CAROTIDEO ↑sensibilità dei REC.SENO,
provocando una risposta depressoria maggiore sulle fibre
simpatiche dirette all’innervazione vasi sanguigni (forte
vasodilatazione). Questa SENSIBILITA’, si riduce
nell’ipertensione, in quanto il SENO CAROTIDEO diventa
più rigido e, quindi, meno deformabile. In queste
condizioni i REC. del SENO hanno una sensibilità minore,
tant’è che ↑PA sul SENO provoca un effetto di ↓PA meno
intenso (vasodilatazione poco intensa).
Questi BAROCETTORI (sia del SENO che ARCO AORTA), hanno
un ruolo chiave negli aggiustamenti a breve termine
della PA (come quando, nell’eser fisico, si verificano rapide
variaz. V sanguigno, GC, resist.periferiche). Tuttavia il
controllo a lungo termine della PA è dato da equilibrio
tra ASSUNZIONE – PERDITA LIQUIDI, equilibrio
controllato da RENE.
Barocettori cardiopolmonari sono localizzati negli ATRI
– VENTRICOLI – VASI POLMONARI. Questi barocettori sono
innervati da fibre afferenti vagali e simpatiche. I riflessi
cardiopolmonari sono tonicamente attivi e possono
modificare le resist.periferiche quando si modificano le
pressioni intracardiache – venosa – polmonare. In
particolar modo, negli atri, sono presenti 2 tipi di
BAROCETTORI CARDIOPOLMONARI:
Rec. A ..> attivati dalla tensione sviluppata
durante la contrazione atriale.
Rec. B ..> attivati dallo stiramento della parete
atriale durante il suo riempimento.
Gli impulsi rilevati da questi rec.atriali vengono inviati
attraverso i N.VAGHI ai CENTRI BULBARI DEL VAGO. Ne
consegue una riduzione att.simpatica destinata al rene e
un incremento di quella destinata al nodo SA.
Chemocettori periferici sono contenuti in piccoli corpi
(glomi), situati nell’ARCO AORTICO e SENI CAROTIDEI
(img.pag.441). Sono sensibili a: variazioni tensione CO2 –
O2 – pH sangue.
Sebbene partecipino principalmente alla
regolaz.respirazione, questi rec. x via riflessa esercitano
anche una certa influenza sulle regioni vasomotrici:
↓tensione O2 nel sangue stimola chemocettori e
l’aumento di freq.scarica delle loro fibre, inducono
stimolazione regioni vasocostrittrici, provocando un
↑tono nelle ARTERIOLE e VENE.
Rispondono in maniera meno marcata ad aumento CO2 e
riduzinoe pH.
Alcuni di questi chemocettori presenti nel cuore e innervati
da fibre simpatiche, sono attivati nell’ischemia e trasmettono
il dolore cardiaco (angina pectoris).
Ipotalamo la completa attuazione dei riflessi
cardiovascolari, richiede l’integrità delle STRUTTURE PONTINE
e IPOTALAMICHE. Quest’ultime sono anche responsabili del
controllo comportamentale ed emozionale del
sist.cardiovascolare.
Cervello stimolazioni aree motorie e pre-motorie possono
provocare VASOCOSTRIZIONE. Si può avere anche
VASODILATZIONE in risposta a stimoli emozionali.
Riflessi polmonari espansione dei polmoni provoca x via
riflessa vasodilatazione sistemica e ↓PA, in quanto le
fibre afferenti si attivano in seguito a distensione pareti
polmonari, andando ad inibire le aree vasomotorie.
L’ampiezza della risp.depressoria dipende dal grado
distensione polmoni e dal preesistente tono
vasocostrittore. Viceversa, il collasso polmoni induce
vasocostrizione sistemica.
Equilibrio tra FATT.INTRINSECI ed ESTRINSECI nella regolazione del
FLUSSO SANGUIGNO PERIFERICO
Il duplice controllo dei vasi periferici dovuto a meccanismi ESTRINSECI – INTRINSECI,
permette di apportare aggiustamenti vascolari, atti a deviare il flusso sanguigno verso
regioni che richiedono un maggior apporto di sangue, sottranedolo alle aree le cui
immediate necessità sono inferiori.
Si hanno tessuti in cui è maggiore l’efficacia di un meccanismo estrinseco o
intrinseco, in altri tale predominanza è determinata dallo stato di attività di
quel tessuto: CUORE e CERVELLO, che sono organi vitali che non tollerano
ridotti apporti di sangue, predominano MECCANISMI INTRINSECI.
CUTE, predominano MECCANISMI ESTRINSECI.
M.SCH. esiste un intergioco tra MECC.INTRINSECI – ESTRINSECI. Nel M. a
RIPOSO il controllo nervoso (tono vaso costrittore) è dominante
(MEC.ESTRINSECO). All’inizio eser. muscolare, il MECC.INTRINSECO diventa
dominante e, a causa dell’aumento locali metaboliti, si verifica
VASODILATAZIONE nei m.attivi. In questi m.attivi arrivano comunque gli
IMPULSI COSTRITTORI delle fibre simpatiche, in quanto tonicamente attive,
ma tali impulsi risultano inferiori a quelli derivanti dall’azione dei metaboliti.
ADATTAMENTI DELLA FUNZIONE CARDIOCIRCOLATORIA ALL’ATT.FISICA
E ALLENAMENTO
Le modificazioni cadivoascolare durante il lavoro muscolare dipendono dalla
combinazione e interazione di:
FATTORI NERVOSI: includono:
Comando centrale è l’attivazione corticocerebrale del SN
o SIMPATICO che provoca ↑FC - ↑F CONTRATTILE CUORE –
VASOCOSTRIZIONE PERIFERICA.
Riflessi iniziati dai m.attivi possono essere attivati negli
o stessi muscoli x stimolazione MECCANOCETTORI (in seguito
stiramento, tensione) – CHEMOCETTORI (da parte prodotti
metabolismo) in risposta a contrazione muscolare.
Riflessi barocettivi
o
FATTORI LOCALI (CHIMICI)
Esercizio fisico LIEVE o MODERATO
Nell’uomo, la preparazione a compiere att.fisica inibisce l’att.nervosa
vagale destinata al cuore e provoca attivazione di quella simpatica. Gli
effetti coordinati dell’INBIZIONE CENTRI VAGALI e dell’ATTIVAZIONE DI QUELLI
SIMPATICI, provocano ↑FC e ↑CONTRATTILITA’ MIOCARDIO.
↑FC + ↑CONTRATTILITA’ MIOCARDIO ↑GC.
Resistenze periferiche contemporaneamente alla stimolazione cardiaca, il
SIMPATICO provoca variazione delle resist.vascolari periferiche. Nella cute,
rene, regioni splaniche, M.INATTIVI, si verifica vasocostrizione simpatica, che
aumenta resistenze vascolare, provocando deviazione di sangue nei M.ATTIVI.
L’aumentata resistenza vascolare nei TESS.INATTIVI, persiste x tutto il periodo
di att.fisica.
La GC e il FLUSSO EMATICO aumenta nei M.ATTIVI con l’incremento
dell’intensità dell’eser.fisico.
Il flusso ematico attraverso il miocardio aumenta, mentre rimane immodificato
nel cervello.
Le principali VARIAZ.EMODINAMICHE in corso di eser.fisico prolungato,
avvengono nei VASI dei M.ATTIVI. Uno delle cause di queste variazioni
emodinamiche dirette ai vasi dei m.attivi, è la formazione locale di
METABOLITI VASOATTIVI, che provocano una notevole dilatazione delle
ARTERIOLE. Questa vasodilatazione, aumenta all’aumentare
dell’intensità dell’eser. Tra le sost. vasodilatatrici liberate durante la
contrazione, si hanno: K , responsabile dell’iniziale riduzione della resistenza
+
vascolare dei M.ATTIVI; ADENOSINA; ↓pH.
Questa vasodilatazione dei vasi dei m.attivi, permette di
↓RESIST.PERIFERICA, tale riduzione consente al cuore di pompare una
quantità maggiore di sangue contro un carico minore e con un
rendimento maggiore rispetto a quello che si avrebbe se la
RESIST.PERIFERICA rimanesse immodificata.
Oltre alla vasodilatazione, si verificano anche marcate variazioni della
circolazione capillare. A riposo solo pochi capillari sono pervi, mentre
nell’eser. tutti o quasi tutti i capillari sono ripieni di sangue, la superficie
disponibile x lo scambio di sostanze (gas, acqua, soluti) viene incrementata
di molte volte. Inoltre, il rilasciamento delle ARTERIOLE, favorisce un
↑PRESS.IDROSTATICA nei capillari e ciò contribuisce al movimento netto di
sostanze dai CAPILLARI TESSUTI. Tale pressione nei capillari (press.tissutale),
aumenta e rimane elevata durante tutto l’eser. Ciò provoca anche un aumento
del flusso linfatico, favorito anche dall’effetto massaggio esercitato dai m. che
si contraggono sui vasi linfatici.
Il muscolo che si contrae, estrea avidamente O2 necessario dal sangue e
quindi ↑Δ(a-v).
Inoltre il rilascio di O2 dal sangue è facilitato da una maggiore tendenza
alla dissociazione di O2 dall’EMOGLOBINA, di conseguenza i globuli rossi
tratterranno sempre una minore quantità di O2 e si avrà una più
efficace rimozione di O2 dal sangue.
Il consumo di O2 può aumentare fino a 60 volte con un incremento della GC di
sole 4 volte.
La MIOGLOBINA nel m., svolge un’importante riserva di O2 nel corso
dell’att.muscolare. La MIOGLOBINA libera O2 solo a press.parziali molto
basse, che probabilmente sono raggiunte solo nel m. che si contrae
attivamente. Inoltre, può facilitare il trasporto di O2 dai CAPILLARI
MITOCONDRI, funzionando come trasportatore di O2.
GC GS x FC. FC ..> A livello del nodo SA, ↑stimolazione simpatica -
↓inibizione parasimpatica, persistono x tutta la durata dell’eser. e, di
conseguenza, anche la tachicardia persiste. Se il carico di lavoro è
MODERATO ma rimane COSTANTE, la FC raggiungerà un certo livello e
rimarrà poi costante x tutto il resto del periodo di attività. Tuttavia, se il
↑CARICO LAVORO concomitante ↑ FC, che nell’eser.molto intenso può
raggiungere il valore max.
GS ..> al contrario della FC, la GS aumenta solo del 10-35% e i valori maggiori
si osservano solo nei soggetti allenati (grafico pag.463). Negli atleti ben allenati
x le gare di fondo, la GC può arrivare fino a 6-7 volte il valore di riposo,
mentre la GS raggiunge circa il doppio del valore di riposo.
(nota pag.463).
Pertanto ↑GC è dovuta principalmente al ↑FC.
Ritorno venoso oltre al contributo dato dalla costrizione delle VENE
(mediata dal simpatico) sia nelle regioni corporee implicate nell’eser. sia in
quelle non implicate, il RITORNO VENOSO viene facilitato dall’azione POMPA
svolta dai muscoli che lavorano e dai m.respiratori. In particolar modo, la
contrazione intermittente dei muscoli comprime i vasi che decorrono al
loro interno e, nel caso delle vene, favoriscono il flusso di sangue verso il cuore,
grazie a della valvole disposte in maniera tale da garantire l’unidirezionalità
verso l’atrio dx.
Gli atti respiratori più profondi e frequenti, contribuiscono a facilitare il
flusso di sangue verso il cuore, aumentando il gradiente pressorio tra
VENE TORACICHE e ADDOMINALI.
Le riserve di sangue presenti nelle vene (RITORNO VENOSO), non
contribuiscono in maniera significativa all’incremento del volume
sangue circolate (GS). Tant’è, che il V SANGUE è di norma leggermente
ridotto nell’eser.fisico, in seguito a perdita LIQUIDO all’esterno, con
sudorazione, ventilazione e all’interno del m. che si contrae. Tali perdite
sono tuttavia contrastate in vari modi (es. ridotta formazione di urine da
parte del rene).
L’elevato volume di sangue che dalle vene torna al cuore (RITORNO VENOSO),
viene pompato così efficacemente attraverso il circolo polmonare e poi
sistemico, che la P venosa centrale rimane praticamente costante.
Perciò, durante l’eser.moderato il RITORNO VENOSO non determina un
maggiore volume di sangue che implica l’attuazione del meccanismo Frank-
Starling (es.pag.464).
Nello sforzo max invece, la P atrio dx e il V tele-diastolico ventricolare
aumentano, consentendo l’attuazione del meccanismo Frank-Starling che
contribuisce all’↑GS.
PA se all’eser.partecipa gran parte della muscolatura (corsa, nuoto), si avrà
una vasodilatazione più diffusa, con conseguente ↓RESIST.VASCOLAR.
TOT. Nonostante ciò, la PA media aumenta con l’inizio dell’eser. e continua
ad aumentare parallelamente all’aumento dell’intensità eser. Per far si
che ciò avvenga, la GC deve essere proporzionalmente superiore alla
RIDUZIONE RESIST.VASC.TOT.
La vasocostrizione che si ha nei TESS.INATTIVI è importante x mantenere
gli elevati livelli di PA.
Inoltre, si assiste ad una certa vasocostrizione nei m.sch.attivi, quando
vengono reclutati altri muscoli (es.pag.464).
La vasodilatazione della cute che avviene durante l’eser. in seguito ad
aumento della temperatura (grafico pag.462), determinerebbe un’ulteriori
RIDUZIONE PA. Ciò viene scongiurato in quanto si assiste ad un ↑GC –
costrizione arteriole renali, splanchinche e altri tess.inattivi.
L’effetto di forte aumento della GC, viene comunque tamponata dalla
concomitante riduzione RESIST.VASC.TOT., di conseguenza avremo che la
PA aumenta di poco
La PAmedia raggiunta durante l’eser., è il risultato di un equilibrio tra
GC –RESIST.PERIFERICA.TOT.
La P sist aumenta più della P diast, in seguito soprattutto al maggior V
sist.
Esercizio intenso
Vicino all’esaurimento, i meccanismi compensatori diventano insufficienti. La
FC raggiunge il max livello e la GS raggiunge il plateu (grafico pag.463). In
queste condizioni si verifica:
Disidratazione
vasocostrizione dei vasi cutanei (grafico pag.462) provocando
problematiche nella dispersione di calore. Infatti, la temperatura
corporea risulta elevata e una riduzione della perdita di calore,
provocata dalla vasocostrizione dei vasi cutanei, porta a una temp.
corporea molto elevata che si associa a sensazione di malessere
acuto.
↓pH tissutale – ematico in seguito ad aumentata presenza di
ac.lattico – CO2. Questa riduzione del pH rappresenta il fattore
chiave che limita la max capacità di lavoro che un individuo può
eseguire, in quanto provoca dolore muscolare – sensazione
soggettiva di esaurimento – incapacità o perdita della volontà di
continuare il lavoro fisico.
Fase di recupero post-esercizio l’interruzione dell’eser., provoca una
↓FC - ↓GC e la stimolazione simpatica del cuore viene rimossa. La
RESIST.VASC.TOT., rimane ridotta x un certo periodo di tempo dopo
l’eser. e ciò sembra essere dovuto ai METABOLITI VASODILATATORI che si
sono accumulati nel m. durante il periodo di att. La ridotta GC e la
bassa RPT, provocano una caduta di PA, x un breve periodo al di sotto del
livello precedente di att.
Subito dopo la PA si stabilisce a livelli di normalità, grazie all’attivazione
RIFLESSI BAROCETTIVI.
Limite delle prestazioni fisiche
I 2 principali fattori che limitano le capacità del lavoro muscolare sono:
velocità di utilizzazione di O2 da parte del m. e rifornimento O2 allo
stesso muscolo (vale a dire la GS). Quest’ultimo sembrerebbe essere il
fattore limitante principale. Tale limitazione potrebbe essere dovuta
all’incapacità del cuore di aumentare la GC oltre un certo livello,
principalmente a causa dei limiti della GS, visto che la FC raggiunge il max
ancor prima che si raggiunga VO2max.
Allenamento fisico e condizionamento
Con l’allenamento regolare, l’app.cardiovascolare dà in risposta un: aumento
sue capacità di fornire O2 ai m.attivi e migliore utilizzazione di O2 da
parte muscoli.
In un certo individuo la VO2 max è abbastanza costante, ma può
modificarsi con l’allenamento, permettendo di raggiungere valori di VO2
max progressivamente crescenti. Il plateu viene raggiunto quanod il
condizionamento atletico raggiunge il suo livello max.
Gli effetti evidenti negli atleti ben allenati, che possiedono quindi alto livello di
VO2max sono:
FC a riposo più basse ciò è dovuto ad un più elevato tono vagale
e alla minore att. del simpatico. Poi durante l’att.fisica, la FCmax degli
allenati è la stessa dei NON ALLENATI, solamente che essa viene
raggiunta, nel sogg.allenato, x livelli di att.fisica più elevati.
GS maggiore
Resist. periferiche minori rispetto ai valori osservabili nel pre-
post allenamento potrebbe essere legato ad un altro effetto
dell’allenamento prolungato, vale a dire l’aumentata densità di
capillari nei m.sch. al quale dovrebbe seguire anche un aumento del
num. delle ARTERIOLE (vasi di resistenza), giustificando così le basse
resist.vascolari riscontrate nell’app.muscolare.
Aumenta differenza artero-venosa si ha una maggiore
estrazione di O2 dal sangue da parte dei muscoli.
Aumenta densità capillari nei m.sch.
↑num.mitocondri
↑enzimi ossidativi presenti nei mitocondri
↑att. ATPasica
↑mioglobina
↑enzimi metabolismo lipidico
SISTEMA LINFATICO
È composto da vasi linfatici – linfonodi – tess.linfoide. Questo sistema
trasporta linfa e i materiali che trasudano dai vasi sanguigni. La
composizione chimica della linfa varia a seconda dei tessuti e degli organi
in cui si trova (per esempio la linfa che si forma durante la digestione
contiene un ricco contenuto di sostanze grasse, differenziandosi quindi dalla
linfa che si forma a digiuno). Generalmente ha una composizione simile a
quella del plasma sanguigno, con la presenza di globuli bianchi. La linfa si
forma a livello dei capillari arteriosi, dalle cui pareti trasuda il plasma per
effetto della pressione arteriosa e si diffonde nei piccoli spazi fra le
cellule.
La circolazione della linfa differisce dalla circolazione sanguigna in quanto i
vasi linfatici NON formano un circuito chiuso, ma un SISTEMA A SENSO
UNICO.
I capillari linfatici, sono molto diffusi e presentano un’alta permeabilità.
Hanno un aspetto simile a quello dei capillari sanguigni, con la differenza che:
sono privi di tihgt junction tra cell.endoteliali – possiedono sottili
filamenti che li ancorano al tess.connettivo circostante.
Con la contrazione muscolare questi SOTTILI FILAMENTI, possono distorcere i
vasi linfatici e quindi aprire gli spazi tra cell.endoteliali, consentendo
l’ingresso di proteine e grosse particelle presenti nel liquido
interstiziale. I CAPILLARI LINFATICI, drenano nei VASI LINFATICI
progressivamente più grandi, che alla fine si immettono a livello della vena
succlavia dx-sx, in prossimità della giunzioni con le rispettive VENE
GIUGULARI INTERNE.
Solo CARTILAGINE – OSSO – EPITELIO – TESS.SIST.NERVOSO sono privi di vasi
lifnatici. La funzione di qeusti vasi è restituire alla cricoalzione sanguigna
il plasma filtrato dai capillari. Questo compito viene eseguito grazie alla
presenza della pressione tissutale - facilitato grazie alla contrazione
muscolare sch. e presenza di valvole che permette uni direzionalità
flusso. A tal proposito, infatti, i VASI LINFATICI assomigliano alle VENE, con la
differenza che contengono una piccola quantità TESS.ELASTICO –
M.LISCIO.
I vasi linfatici sono l’unico mezzo con cui le proteine che escono dal
compartimento vascolare, possono ritornarvici all’interno. Se le
proteine non venissero ad essere raccolte dai linfatici, si accumulerebbero nello
spazio interstiziale, richiamando liquido dai capillari e creando edema.
Inoltre le proteine uscite, non potrebbero ritornare all’interno dei vasi sanguigni
x diffusione, in seguito alla presenza di un gradiente di concentraz.proteica
non favorevole.
Oltre a riportare liquido e proteine nei vasi sanguigni, il sist.linfatico filtra la
linfa a livello dei linfonodi, rimuovendo particelle estranee (batteri).
Il vaso linfatico più grande è il DOTTO TORACICO, il quale non solo drena la
linfa proveniente dagli arti inferiori, ma restituisce anche le proteine perse
attraverso i capillari epatici, molto permeabili e trasporta le sost.
assorbite dal tratto gastrointestinale, principalmente LIPIDI, racchiusi
all’interno dei chilomicroni.
Il flusso linfatico, varia in modo considerevole: è quasi nullo nel m.sch a
riposo, ma aumenta durante eser. in proporzione a livello di intensità
muscolare – aumenta in seguito a meccanismi che incrementano la
VELOCITA’ FILTRAZIONE CAPILLARE: ↑pressione capillari -
↑permeabilità capillari. Il V liquido trasportato nei linfatici in 24 ore è circa
uguale al V plasmatico tot. del corpo.
Quando il V liquido interstiziale supera capacità drenaggio sist.linfatico, il
LIQUIDO INTERSTIZ. Si accumula, specie nei tess. più lassi, producendo
EDEMA.
SISTEMA RESPIRATORIO
Funzioni polmoni:
Scambio di gas immissione O2 – rimozione CO2 (funz.primaria)
Barriera tra mondo esterno – interno
Polmone come organo metabolico che sintetizza e metabolizza
diversi composti
ANATOMIA SIST.RESP.
Il sist.resp. inizia con il NASO e termina all’interno dei POLMONI, negli ALVEOLI.
Possiamo distinguere gli organi che costituiscono il sist. resp. in 2 porzioni:
Vie aeree superiori: NASO – SENI – FARINGE – LARINGE. La principale
o funzione di questa prima parte è quella di condizionare l’area
inspirata, in maniera che quando l’aria arriva alla trachea, risulta
umidificata e con la stessa temp. del corpo.
Il NASO funziona anche x filtrare, trattenere ed eliminare particelle
di dimensioni superiori ai 10μm e x il senso odorato. Attraverso il
naso si realizza anche una resistenza al flusso aereo, che risulta
essere il 50% della resist.tot. del sist.respiratorio. Tale resistenza
aumenta nelle infezioni virali e con l’aumentare flusso, come
accade durante eser.fisico. Quando la resp. nasale diventa troppo
elevata, inizia la respirazione attraverso la bocca.
I SENI PARANASALI svolgono 2 principali funzioni: alleggeriscono il
cranio, rendendo la postura eretta e più agevole – offrono una
risonanza x la voce – possono anche proteggere il cervello in casi
di traumi frontali.
Sia il NASO che i SENI PARANASALI, sono ricoperti da MUCOSA
RESPIRATORIAcostituito da un epitelio di rivestimento
batiprismatico pseudostratificato con numerose cellule calciformi
mucipare. Le cellule + alte sono dotate di CIGLIA VIBRATILI. La lamina
propria della mucosa, accoglie GHIANDOLE NASALI, è riccamente
vascolarizzata.
La funzione della MUCOSA RESPIRATORIA è quella di trattenere ed
eliminare il pulviscolo atmosferico che arriva dall’aria inspirata.
Le CELLULE CALCIFORMI e le GHIANDOLE della lamina propria secernano
un muco denso che trattiene il pulviscolo la cui espulsione è
facilitata dal movimento delle ciglia che lo spingono verso la
faringe. Inoltre il muco umidifica l’aria atmosferica, facendolo
giungere alle vie aeree inferiori satura di vapore acqueo. La ricca
vascolarizzazione della mucosa permette, liberando calore, di riscaldare
l’aria atmosferica.
La LARINGE è un condotto cilindrico di natura cartilaginea mantenuta in
posizione da numerosi muscoli e legamenti. Le sue funzioni sono di
consentire il passaggio di aria alle vie aeree inferiori –
produzione di suoni, grazie alla presenza delle corde vocali, l’aria
passa x queste corde e vibrando emettono suoni che variano a seconda
della tensione laringe. Importante è anche la presenza dell’epiglottide,
la quale permette di chiudere il passaggio attraverso la GLOTTIDE,
durante la masticazione, impedendo che il cibo possa penetrare
nelle vie aeree inferiori. L’atto della deglutizione del cibo dopo
masticazione di norma si verifica in 2 sec, ed è sincronizzato con riflessi
muscolari che coordinano la chiusura e l’apertura delle vie aeree.
Vie aeree inferiori: TRACHEA – BRONCHI – POLMONI. La TRACHEA fa
o seguito alla LARINGE, è un canale formato da 15-20 anelli cartilaginei
(ialina) incompleti posteriormente, ma in regolare successione. Nella
parte terminale del canale, la trachea si biforca nei 2 BRONCHI (DX-
SX). I BRONCHI originano dalla biforcazione della TRACHEA in direzione
basso-laterale e si distinguono in DX e SX, ognuno dei quali andrà verso
il rispettivo POLMONE (DX o SX). I bronchi presenti all’esterno del
polmone vengono definiti EXTRAPOLMONARI mentre quelli che entrano
all’interno del polmone si definiscono INTRAPOLMONARI.
Essendo l’ilo del POLMONE SX più lontano rispetto al DX, il bronco DX è
+ corto del SX, ed è anche di calibro maggiore in maniera da
permettere al POLMONE DX che è + voluminoso, una ventilazione
adeguata. I bronchi si vanno ad inserire nell’ilo dei polmoni DX-SX
divenendo BRONCHI INTRAPOLMONARI e via via crea generazioni di
bronchi sempre più piccoli, quindi aventi un diametro minore, ma
un’area di superficie complessiva sempre maggiore , fino a
terminare negli ALVEOLI.
I POLMONI sono organi pieni, situati nella cavità toracica ai lati del
mediastino. Sono la sede nei quali hanno luogo gli scambi gassosi fra aria
e sangue. I POLMONI hanno la forma di coni, consistenza spugnosa ed
elastica.
La superficie esterna dei polmoni è percorsa da profonde scissure
interlobari, che dividono il polmone DX in 3 lobi, mentre il SX in 2 lobi.
Per ciascun lobo, si dirigono 1 BRONCO LOBARE.
L’aerea di superficie x lo scambio di gas ha le dimensioni di un campo da
tennis (circa 85m ). Quest’aerea di superficie è costituita da
2
numerosissime unità respiratorie (ALVEOLI) che funzionano in
modo indipendente. L’unità respiratoria (unità fisiologica) è costituita
dai BRONCHIOLI RESPIRATORI – DOTTI ALVEOLARI – ALVEOLI
(img.pag.478). Contrariamente al cuore, ma come i reni, i polmoni
presentano delle unità funzionali che dimostrano unitarietà funzionale,
vale a dire che ciascuna unità è strutturalmente identica e
funziona come tutte le altre unità. Ci sono poi BRONCHIOLI che non
contengono gli alveoli e sono perciò definiti come BRONCHIOLI NON
RESPIRATORI e sono condotti x il passaggio di aria dall’ambiente
esterno all’alveolo, ma non partecipano allo scambio gassoso,
formano perciò lo spazio morto anatomico.
La caratteristica dell’UNITA’ RESP. è quella di avere una lunghezza di
5mm circa, ma un V tot (x ogni singola unità) più grande di quello dei
polmoni (circa 2500ml=.
Gli alveoli sono costituiti da epitelio pavimentoso semplice con 2 tipi
di cellule:
PICCOLE CELLULE ALVEOLARI (pneumociti di I°tipo)
occupano circa il 96-98% dell’alveolo e rappresentano la cellula
principalmente responsabile dello scambio gassoso. Il sottile
citoplasma di queste cell. è ideale x la diffusione dei gas, inoltre la
loro membrane è fusa con quelle dell’endotelio capillare,
facilitando lo scambio gassoso in quanto lo spessore risulta
notevolmente ridotto.
GRANDI CELLULE ALVEOLARI (pneumociti di II°tipo)
presentano circa il 2% epitelio, hanno forma rotondeggiante con
grosse vescicole citoplasmatiche rotondeggianti che contengono i
corpi multi lamellari, che riversano all’interno dell’alveolo il loro
secreto, cioè una sostanza tensioattiva (TENSIOATTIVO
POLMONARE) che riduce la tensione superficiale
dell’alveolo, impedendo l’eccessiva distensione dell’alveolo
nell’inspirazione e il suo collasso nell’espirazione. Queste cellule
sono in grado di differenziarsi in tipo 1, qualora si presenti una
lesione dell’epitelio.
Lo scambio gassoso avviene negli alveoli attraverso una densa rete di
capillari attorno agli alveoli, chiamata rete alveolo-capillare. L’O2
e CO2 diffondo passivamente attraverso la barriera.
Gli alveoli sono suddivisi tra loro dalla presenza di un tessuto
interstiziale, costituito principalmente da tess.connetivo (fibre
collagene polmonare) – m.liscio – vasi linfatici – capillari – altre
cellule. Solitamente è uno spazio molto piccolo, ma può allargarsi in
condizioni patologiche in seguito a migrazione cell.infiammatorie, liquido
edema.ù
Pleure ciascun polmone è avvolto da una membrana sierosa a
doppia parete, la PLEURE. I 2 foglietti che la costituiscono sono:
Pleura viscerale (interno):aderisce intimamente alla superficie,
e esterna del polmone
Pleura parietale (esterna): è in rapporto con le pareti della
cavità toracica e diaframma.
Tra i 2 foglietti è presente uno spazio definito cavità pleurica,
contenente il liquido pleurico, prodotto dalle cellule mesoteliali che
costituisce l’epitelio pavimentoso semplice (mesotelio) della
PLEURE, il quale regola lo scorrimento dei 2 foglietti durante la
respirazione, impedendo la loro adesione.
Inoltre i 2 foglietti sono in continuazione tra loro anche in prossimità
dell’ILO.
Circolazione sanguigna polmonare
I polmoni sono dotati di una duplice circolazione:
Circolazione polmonare trasporta sangue deossigenato dal
VENTRICOLO DX alle UNITA’ RESPIRATORIE, dove avviene lo scambio
gassoso: si assume O2 e rimosso CO2. Il sangue poi viene portato
all’ATRIO SX mediante le vene polmonari, x poi essere distribuito al resto
del corpo. Caratteristica di questa circolazione è: capacità di
accomodare grandi volumi di sangue a bassa pressione. Infatti, le
VENE POLMONARI funzionano come grande riserva di sangue, e
possono aumentare/diminuire la loro capacità x fornire una portata
COSTANTE al ventricolo sx, a fronte di un flusso variabile nell’arteria
polmonare. Tale regolazione viene fatta agendo sul proprio diametro,
grazie alla presenza di m.liscio, andando così a modificare la
resistenza al flusso sanguigno.
Il letto capillare polmonare è il più ampio letto vascolare dell’intero
organismo. Il volume di sangue passante x questo letto, aumenta da
70ml in condizioni di riposo, a 200ml in condizioni di eser. Tale
incremento è reso possibile, in parte, grazie al reclutamento di
segmenti capillari chiusi, in seguito all’aumento della P vascolare
polmonare conseguente all’incremento della portata cardiaca e,
grazie all’aumento del loro diametro (x incremento della P interna).
Circolazione bronchiale nasce dall’aorta e fornisce sangue nutritizio
al parenchima polmonare. Circa 1/3 del sangue ritorno all’ATRIO DX
tramite le vene bronchiali, mentre la restante parte drena nell’ATRIO SX
attraverso vene polmonari.
INNERVAZIONE
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rumiana di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Anatomia e fisiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Carlo Bo - Uniurb o del prof Cuppini Riccardo.
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