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SNS).
Solitamente, l’ipossia porta a vasodilatazione e conseguente diminuzione della
pressione arteriosa, ma la forte stimolazione del SNS provoca un aumento della
Fc con aumento della pressione arterioso; questo facilita l’aumento della
velocità del flusso di sangue ai tessuti per compensare la desaturazione
arteriosa e quindi bassa PO2 con perdita di ossigeno.
Esposizione all’altitudine
Aumento graduale dell’attività del SNS-adrenergico (a riposo e in attività) che
correla con l’aumento della Fc, della pressione ematica della resistenza
periferica e maggior consumo di carbo.
Il volume plasmatico diminuisce nelle prime ore di esposizione e si stabilizza in
poche settimane (riduzione del 25%).
Andando in alta quota l’aria che si respira ha una quantità di acqua molto
bassa, ambiente più secco, e questo fa si che con l’iperventilazione si perda
una quantità importante di acqua con la respirazione e dunque, in ambiente
secco e con iperventilazione ne perdiamo di più. Altra perdita di acqua avviene
con le urine. Tutto ciò porta ad una riduzione del volume plasmatico e
all’aumento dell’ematocrito.
Nel tempo rimendo in alta quota, il volume plasmatico torna alla norma e
aumentano i globuli rossi sotto lo stimolo dell’eritropoietina (prodotta dai reni in
risposta all’ipossia già dopo 3 ore di esposizione).
Questo succede anche durante l’esercizio fisico, diminuisce il plasma e
aumenta l’ematocrito.
L’eritropoietina stimola la formazione di globuli rossi dal midollo delle ossa
lunghe durante tutta la permanenza in alta quota, perciò dopo un periodo
passato in alta quota ci ritroviamo ad avere un ematocrito elevato.
In alta quota, durante le prime ore, vi è un abbassamento del volume
plasmatico e quindi vi è un abbassamento della volemia e un aumento della Fc
per mantenere la gittata cardiaca costante. Nei giorni successivi la gittata
cardiaca può diminuire perché l’organismo si adatta e i muscoli riescono a
captare meglio l’ossigeno e viene trasportato meglio.
Nelle prime fasi di stazionamento in alta quota (o durante un esercizio
massimale) diminuisce il massimo volume di scarica sistolica in conseguenza
alla diminuzione della volemia e diminuisce anche la Fcmax in quanto c’è una
minor sensibilità dei ß-recettori adrenergici. 48
Esercizio submassimale: aumenta la gittata cardiaca per compensare l’ipossia.
Esercizio massimale: non si riesce a compensare e quindi diminuisce la
VO2max.
Paradosso lattato: dopo settimane in alta quota, diminuisce la produzione del
lattato, a causa dell’alcalosi respiratoria iniziale diminuisce la capacità tampone
del sangue con conseguente accumulo di ioni H e inibizione della glicolisi
anaerobica. Anche per la minor capacità delle catecolamine di innescare tale
metabolismo e minor glicogenolisi nel fegato.
Il paradosso del lattato si vede dopo qualche settimana ad alta quota.
A livello polmonare
Aumenta la pressione nelle arterie polmonari durante l’esercizio in alta quota,
in conseguenza all’aumento della pressione arteriosa che aumenta la porzione
di polmone che lavora e permette di ottenere gli scambi gassosi. Questo
permette di aumentare la captazione di ossigeno.
A livello del mare l’organismo lavora solo con una porzione di polmone,
andando in alta quota, l’organismo riesce a sfruttare l’aumento di pressione
arteriosa anche a livello polmonare per captare più ossigeno a lavorare con una
parte maggiore di polmone. Una porzione maggiore di polmone viene irrorata e
di conseguenza aumenta l’area di interfaccia totale sangue-area alveolare.
Acclimatazione con l’esposizione prolungata all’alta quota
Atleti che vivono in alta quota per anni non raggiungono il VO2max che
potrebbero avere a livello del mare.
Adattamenti del sangue: dopo 3h aumenta l’eritropoietina (picco massimo
dopo 24-48h). questo porta ad un aumento di globuli rossi in maniera
sproporzionale rispetto all’aumento del plasma (ematocrito più alto).
La risposta acuta del sangue è un aumento istantaneo dell’ematocrito per una
diminuzione di plasma. Poi a lungo andare, il plasma viene ristabilito, anzi,
aumenta anche leggermente e i globuli rossi aumentano drasticamente (+
volemia e + ematocrito).
Altro adattamento è dato dall’aumento di 2,3-DPG all’interno dei globuli rossi,
con l’esposizione prolungata all’alta quota. L’aumento del 2,3-DPG diminuisce
l’affinità dell’emo con l’ossigeno, spostando la curva di dissociazione verso dx;
la minor affinità con l’ossigeno favorisce il rilascio di ossigeno ai tessuti.
Si verificano però 2 effetti opposti:
-aumento 2,3-DPG, aumento dell’affinità
-alcalosi respiratoria, diminuisce l’affinità.
Le 2 attività, perciò, si bilanciano e l’affinità che abbiamo è simile a quella del
livello del mare.
Ad altitudini molto elevate, vi è un leggero spostamento della curva verso sx
con una facilitazione per la captazione dell’ossigeno a livello alveolare (il
fattore determinante in questo diventa l’alcalosi respiratoria).
In sintesi, in alta quota è possibile rendere efficienti i meccanismi di captazione
e di cessazione dell’ossigeno a livello dei tessuti grazie all’aumento di:
-ventialazione
-Fc a riposo
-gittata cardiaca
-pressione arteriosa polmonare
-mioglobina muscolare
-densità capillare 49
-attività simpatica.
Diminuzione di Fcmax e gittata cardiaca massima.
Allenamento
Gruppi sperimentali:
1.vivere a 2500m e allenarsi a 1250
2.vivere e allenarsi a 2500m
3.vivere e allenarsi a 150m
il VO2max risulta aumentato nei gruppi 1 e 2, solo il gruppo 1 ha migliorato la
prestazione sulla corsa. Dunque, la condizione 1 è la migliore.
Rischi per la salute con l’esposizione acuta all’alta quota:
-mal di montagna: mal di testa (aumento del flusso cerebrale), nausea, vomito,
dispnea, insonnia, edema periferico, ridotta sensazione di fame e sete. I più
colpiti sono i soggetti con risposta ventilatoria minore all’ipossia
-edema polmonare: causa non nota, respirazione difficoltosa, labbra e punta
delle dita blu
-edema cerebrale: casi rari, confusione mentale, coma, morte
-malattia cronica da montagna: policitemia eccessiva (sangue troppo denso e
non riesce a passare nei capillari, quindi la distribuzione di ossigeno è
compromessa), letargia (debolezza e sonno eccessivo), debolezza, disturbi del
sonno, cianosi dovuta ad una risposta eccessiva dell’epo ad ipossia
-emorragia retinica da quota: rottura dei vasi per aumento del flusso ematico
cerebrale (sopra i 6700m).
In sintesi
In alta montagna la composizione dell’aria è uguale a quella che si respira a
livello del mare, la differenza sta nella diversa pressione barometrica che
diminuisce in proporzione inversa alla quota.
In alta quota l’ossigeno non diminuisce, ma c’è meno pressione ed è proprio
questa minor pressione che rende più difficile la respirazione e gli scambi
gassosi, che avvengono nei polmoni per mezzo delle diverse pressioni che ci
sono tra sangue e aria (svolgere attività fisica in alta quota richiede più
dispendio e provoca più fatica).
Il corpo umano ad ogni modo, dopo un primo impatto con il nuovo ambiente,
reagisce alla nuova situazione mettendo in moto un sistema di compensazione
che attenua le difficoltà causate dall’altezza. Tale periodo di adeguamento (7
giorni in genere) è definito periodo di acclimatazione.
Questa fase tra le varie modifiche che intervengono sono 2 i mutamenti più
importanti, che consentono al nostro corpo un miglior utilizzo dell’ossigeno:
-i polmoni acconsentono più velocemente il transito di aria dagli alveoli verso il
sangue e viceversa
-il sangue si arricchisce di globuli rossi e quindi di emo.
La pressione più bassa dell’ossigeno va a stimolare la produzione di
eritropoietina, che spinge il midollo osseo a produrre più globuli rossi.
Nei casi proprio estremi di un mancato adeguamento all’alta quota, il nostro
corpo può manifestare dei sintomi di malessere, quali cefalea, nausea, vomito
e vertigini.
Dipendenza da esercizio fisico
L’esercizio è inversamente correlato ad ansia e depressione. 50
Le dipendenze sono mantenute dalla valorizzazione dell’effetto positivo, ad
esempio, l’esercizio aerobico migliora lo stato d’animo sviluppando una
maggior autostima.
Circa il 15-20% degli individui dipendenti da esercizio hanno anche altre forme
di dipendenze (sesso, caffeina, acquisti, disturbi alimentari); il 40-50% di
individui con dipendenza da esercizio, presentano anche disturbi alimentari
(anoressia).
Distinguere l’appassionato che frequenta palestre ogni giorni e un soggetto
dipendente:
-tolleranza: aumentare la quantità di esercizio fisico per percepire l’effetto
desiderato, sia esso un senso di euforia o di realizzazione
-cessazione di somministrazione: in assenza di esercizio fisico, la persona
sperimenta effetti negativi, ansia, irritabilità, irrequietezza e disturbi del sonno
-mancanza di controllo: insuccesso nei tentativi di ridurre il livello di esercizio o
smettere di allenarsi per un certo periodo di tempo
-effetti intenzionali: eseguire le proprie routine di allenamento superando ogni
volta la quantità di tempo dedicata alla stessa rispetto a quanto prestabilito
-tempo: una grande quantità di tempo viene spesa per la preparazione, la
programmazione e il pensiero di riprendere ad esercitarsi
-riduzione delle altre attività: partecipazione a attività ricreative
-continuità: continuare ad allenarsi pur sapendo che quest’attività crea o
aggrava problemi fisici, psicologici e interpersonali.
Ipotesi termo-cranica: L’esercizio fisico aumenta la temperatura corporea,
riducendo così l’ansia, vi è una correlazione ad un aumento di temperatura in
determinate regioni del cervello.
Ipotesi catecolamminergica: l’esercizio fisico rilascia catecolamine, che sono
fortemente implicate nel controllo dell’umore, dell’attenzione e del movimento.
Ipotesi endorfinica: l’esercizio fisico porta al rilascio di endorfine, oppioidi
rilasciati naturalmente dal nostro organismo.
Termoregolazione
Gli animali omeotermi sono in grado di regolare la loro temperatura corporea
(es. bassa temperatura dell’ambiente porta ad un aumento della
termoproduzione e ad una riduzione della termodispersione).
termocettori cutanei neuroni
I informano sull’ambiente esterno, me