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C S
Ricordando la definizione del vettore densità di corrente, tale che valga
Z ~j · ·
I = n dS (16)
b
S
e applicando il Teorema di Stokes al termine integrale del Teorema di Ampère,
risulta: I Z Z
~
~ ~ ~j
· · · · ·
B d l = rot( B) n dS = µ n dS (17)
0
b b
C S S
dato che la superficie di integrazione è la stessa per ambo i termini deve
risultare l’uguaglianza delle funzioni integrande:
~ ~j
rot(
B) = µ (18)
0
che è l’espressione differenziale puntuale del Teorema di Ampère e costituisce
la terza equazione di Maxwell per il caso delle correnti stazionarie.
Considerazioni sul caso non stazionario e corrente di sposta-
mento
Nel caso di correnti non stazionarie che variano nel tempo, Maxwell evidenziò
la non applicabilità del Teorema di Ampère cosı̀ formulato, che risultava in-
completo e quindi non valido. Le criticità mostrate dal teorema in questa
forma sono sia di tipo analitico che di tipo teorico. Mostriamo prima di tutto
le incompatibilità dal punto di vista analitico. Dobbiamo anzitutto osservare
che nel caso di correnti stazionarie, stando alla relazione (16) e al teorema della
~j)
divergenza, risulta che div( = 0.
Per il caso non stazionario dobbiamo invece considerare un flusso di carica
variabile che supponiamo attraversi la superficie che circonda un elemento di
−
volume V in un intervallo ∆t = t t ; all’interno di questo volume si rinverrà
f 0
quindi una quantità di carica dQ variabile anch’essa nel tempo. Osserviamo
che un flusso di carica in ingresso nella superficie (senza uscita) determina
un accumulo di carica per cui Q all’istante t risulta chiaramente maggiore in
f
modulo di Q all’istante iniziale t . Viceversa se il flusso di carica fosse in uscita
0
dalla superficie. La descrizione analitica di questo fenomeno non stazionario
5
è contenuta nell’equazione di continuità della corrente ad un generico
elemento di volume attraversato dalla nostra corrente I :
dQ dQ
⇒ −I
+ I =0 = (19)
dt dt
dove la convenzione dei segni nasce dal presupposto fisico che se la corrente at-
traversa la superificie di bordo del nostro elemento di volume per un intervallo
di tempo finito ∆t in ingresso, determina un accumulo positivo di carica.
~j
Siccome I si scrive come il flusso di attraverso S, nell’ipotesi di una corrente
entrante in S il termine di flusso sarebbe negativo, come già osservato, da cui
il segno meno che rende positiva la quantità; viceversa in uscita.
L’equazione di continuità in termini integrali diventa :
Z Z
d ~j
− · ·
ρdV = n dS (20)
b
dt V S
Applicando il teorema della divergenza al secondo termine, risulta
∂ρ
~j) − (21)
div( = ∂t
dove la derivata totale a primo termine fatta rispetto al tempo è sostituita
da una derivata parziale, perchè integrando su un volume ρ può variare anche
~j
con la posizione. Generalmente, la divergenza di nel caso non stazionario è
diversa da zero, dato che la densità volumetrica di carica è sicuramente non
costante se la corrente varia.
Risulta importante fare una considerazione che deriva dall’analisi e riguarda i
~
∀
campi vettoriali, che applicheremo al campo magnetico. F campo vettoriale,
si ha: ~
div(rot F ) = 0 (22)
~ ~j
·
ricordando dal t. di Ampère che rot(
B) = µ allora
0
~ ~j) ~j)
· ·
div(rot(
B)) = div(µ = µ div( = 0 (23)
0 0
~j)
che nel caso stazionario, poichè div( = 0, è immediatamente verificata;
nel caso non stazionario, considerando valido il teorema di Amperè nella forma
∂ρ
~j) 6
− = 0 la relazione (23) non risulterebbe verificata, il
(18), poichè div( = ∂t
che viola la (22). Risulta necessario modificare il teorema di Ampère nel caso
non stazionario per far quadrare i conti. L’aggiunta di un termine a secondo
membro nell’equazione originaria è dovuta proprio a Maxwell, che propose la
seguente modifica, di cui daremo le ragioni teoriche in conclusione e di cui ci
limitiamo ora ad osservare la validità analitica.
I dΦ
E
d~l
~ ·
B = µ I + µ (24)
0 concatenata 0 0 dt
C 6
che in termini differenziali, procedendo in maniera esattamente analoga a
quanto fatto in precedenza, si scrive come: ~
∂ E
~ ~j
rot(
B) = µ + µ (25)
0 0 0 ∂t
La (24) e la (25) sono le forme integrali e differenziali della terza legge di
Maxwell generalizzata al caso non stazionario, ma che facilmente permettono
di ottenere le corrispettive equazioni per il caso stazionario viste sopra, osser-
~
vando che in regime stazionario il termine di variazione di E nel tempo è nullo.
~
∂ E
Il termine µ prende il nome di densità di corrente di spostamento e
0 0 ∂t dΦ
E
la corrispettiva grandezza µ quello di corrente di spostamento che,
0 0 dt
come è bene osservare, non si riferiscono ad alcun flusso di carica nonostante
il nome.
Mediante la (25), il teorema dell’analisi (22) risulta pienamente verificato:
~ ∂
∂ E ~
~ ~j)
~j ) = µ div( + µ div(
E) (26)
div(rot( B)) = div(µ + µ 0 0 0
0 0 0 ∂t ∂t
∂ρ ρ
~
~j) −
div( = ; div( E) = (27)
∂t
0
da cui 1
∂ρ ∂ρ
~ −µ + µ ( ) = 0 (28)
div(rot( B)) = 0 0
0 ∂t ∂t
0
come deve risultare.
Dal punto di vista teorico, l’aggiunta del termine della corrente di spostamento
tiene conto del fatto che non sono solo le correnti a generare campi magnetici,
ma anche i campi elettrici variabili nel tempo, come si può osservare nelle
vicinanze di un condensatore durante i processi di carica/scarica.Il teorema di
Ampère, che di fatto sancisce il legame generativo dei campi magnetici dalle
correnti, per descrivere i fenomeni nella loro completezza deve essere integrato
di quel termine aggiunto da Maxwell.
Legge Faraday-Neumann-Lenz dell’induzione elettromag-
netica
L’esperienza di Faraday permise di osservare che, simmetricamente al fatto
che cariche elettriche in moto o campi elettrici variabili producono un campo
magnetico, allo stesso modo un campo magnetico variabile nel tempo induce
una forza elettromotrice (nient’altro che una d.d.p.) in un circuito (o in un
conduttore) esposto alla variazione del campo, in cui si osserva pertanto, per
effetto di questa f.e.m indotta, il passaggio di corrente. La grandezza fisica
7
da considerare è sempre il flusso del campo magnetico e la relazione ricavata
grazie ai contributi dei tre scienziati citati nel titolo è:
dΦ B
−
ε(f.e.m.) = (29)
dt
Tradizionalmente, il segno meno presente davanti al termine di velocità di vari-
azione del flusso del campo magnetico è il contributo della cosiddetta Legge
di Lenz, che dà una informazione preziosa sul fenomeno dell’induzione elet-
tromagnetica:
Il verso della corrente indotta è tale per cui il flusso del campo
magnetico da essa generato si opponga alla variazione del flusso del
campo magnetico originario.
ed esprime una sorta di fenomeno inerziale di ”conservazione” del campo mag-
netico originario rispetto alle sue variazioni. Ricaviamo l’espressione differen-
ziale della legge dell’induzione elettromagnetica ricordando la definizione di
Potenziale del campo elettrico in forma integrale:
I d~l
~ ·
E (30)
ε = C
Ricordando che il flusso del campo magnetico è
Z ~ · ·
Φ = B n dS (31)
B b
S
sostituendo nella (29) I Z
d
d~l
~ ~
· − · ·
E = B n dS (32)
b
dt
C S
dal teorema di Stokes applicato al primo membro
Z Z
d
~ ~
· · − · ·
rot(
E) n dS = B n dS (33)
b b
dt
S S
da cui per l’uguaglianza delle integrande risulta:
~
∂ B
~ −
rot(
E) = (34)
∂t
dove la derivata totale a secondo membro fatta rispetto al tempo è sostituita
da una derivata parziale, perché il campo magnetico può variare anche con
la posizione. Quest’ultima è la forma differenziale della quarta equazione di
Maxwell.
Sommario delle equazioni in forma differenziale
ρ
~
1. div E = ε 0
~
2. div B = 0 ~
∂ E
~ ~j
3. rot(
B) = µ + µ
0 0 0 ∂t
~
∂ B
~ −
4. rot(
E) = ∂t 8
Derivazione delle equazioni classiche delle onde e.m. nel
vuoto
Si vuole mostrare in questa sezione come ricavare le equazioni differenziali che
tradizionalmente sono indicate come equazioni classiche delle onde elettromag-
netiche nel vuoto, le quali rappresentano la diretta manifestazione dell’unità
dei fenomeni elettrici e magnetici in natura. Le trattazioni teoriche sulle pro-
prietà dei campi elettromagnetici e la produzione delle onde e.m. esulano da
questa sezione e si rimandano ai testi in bibliografia.
Dall’analisi è nota la seguente relazione fra gli operatori differenziali diver-
genza e rotore: ~ ~ ~
2
∇(div( − ∇
rot(rot(
F )) = F )) (
F ) (35)
2
∇ ∇
dove è il gradiente del campo e è il laplaciano del campo, e vale per ogni
~
campo vettoriale F . Il laplaciano o operatore di Laplace nel caso di un campo
3
<
vettoriale su è esprimibile come 2 2 2
∂ F ∂ F ∂ F
~
2
∇ (
F ) = + + (36)
2 2 2
∂x ∂y ∂z
Nel nostro caso in esame, si considera lo spazio vuoto per cui
~
∂ E
~ ~j
rot(
B) = µ + µ (37)
0 0 0 ∂t
~
∂ E
~ , dato che non esistono materialmente por-
si riscrive come rot( B) = µ
0 0 ∂t
tatori di carica e quindi la densità di corrente è nulla. Calcoliamo
~
~ 2
∂ E ∂ ∂ B
~ ~ −µ
rot(rot( B)) = rot(µ ) = µ rot( E) = (38)
0 0 0 0 0 0 2
∂t ∂t ∂t
~
Siccome è noto che div(
B) = 0, sostituendo la (38) nella (35) si ottiene
~
2
∂ B
~
2
∇ (
B) = µ (39)
0 0 2
∂t
Similmente, se si conduce la stessa operazione per il campo elettrico si ottiene:
~
2
∂ E
~
2
∇ (
E) = µ (40)
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