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E D
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rE = rA + (rA – rD) * D/E Formula di Modigliani – Miller
Sia r che il B si possono stimare utilizzando la formula del CAPM, ovvero r = rf + MRP * B
Il B si può anche stimare ricorrendo all’evidenza storica, ovvero guardando in media di quanto è variato il
rendimento del titolo al variare del rendimento dell’indice di mercato azionario, utilizzando la regressione lineare.
Un altro metodo per la stima del B è utilizzare i comparable, ovvero cercando di minimizzare gli errori per la stima
dei B analizzandone una moltitudine, ovvero un settore, considerandolo di rischio simile a quello dell’impresa;
oppure si può trovare il B guardando ai prezzi del titolo passati.
Se l’attività non è negoziata sul mercato e non è possibile calcolare un B di settore, occorre dare un giudizio
soggettivo utilizzando però 3 criteri:
1) Valutare le determinanti del B delle attività: ci sono caratteristiche dell’impresa che, se presenti,
aumentano (ceteris paribus) il B delle attività, ovvero la ciclicità dei ricavi: quanto più i ricavi variano in
relazione all’andamento del ciclo economico, quanto più alto sarà il B (ATTENZIONE! Non in base alla
variabilità dei ricavi, perché ciò potrebbe essere un rischio diversificabile!); la leva operativa: avere
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un’elevata quota di costi fissi aumenta il B coloro a cui vengono pagati i costi fissi ricevono un
pagamento fisso, mentre coloro che ricevono un flusso di cassa al netto dei CF sono come gli azionisti,
ricevono un flusso di cassa per la parte residua; ora, siccome le attività non sono altro che i ricavi al netto
di tutti i costi, sia variabili che fissi, il B delle attività è:
Br = Ba * (V. A. Attività)/(V. A. Ricavi) + Bcf * (V. A. Costi Fissi)/(V. A. Ricavi) + Bcv * (V. A. Costi
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Variabili)/(V. A. Ricavi) sapendo che il beta dei costi fissi è zero, visto che il loro pagamento è fisso,
mentre i beta dei ricavi e dei costi variabili sono del tutto simili perché connessi alla stessa variabile (Q
Prodotta), si ha: Ba = Br * (V. A. Ricavi – V. A. Costi Variabili)/(V. A. Attività);
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perciò diventa Ba = Br * (1+(V. A. Costi Fissi)/(V. A. Attività)).
Ciò significa che, all’aumentare dei costi fissi, aumenta proporzionalmente anche il B; Infine, considerare
gli ultimi fattori di rischio, come la lunghezza del periodo: quanto più un progetto è a lunga scadenza,
quanto più potrebbe essere soggetto a variazioni di r (in base a variazioni del tasso privo di rischio);
perciò, quanto più una variabile accresce le probabilità di un aumento futuro di r, quanto più sarà alto il B.
2) Non essere influenzati dal rischio diversificabile: il B non corrisponde ai rischi identificabili come la
probabilità generica che le cose possano andar male, perché questi non sono altro che rischi
diversificabili, ovvero possibilità derivanti da eventi fortuiti e che non possono (e non devono)
influenzare la stima dell’attualizzazione dei flussi di cassa.
3) Evitare distorsioni del tasso di attualizzazione: per considerare dei fattori quali la possibilità di veder
diminuire i flussi di cassa futuri, non bisogna cercare un tasso di attualizzazione che riesca a considerare
questa distorsione, bensì considerare tutti i flussi di cassa futuri ponderati per una loro probabilità di
realizzo e, quindi, calcolare un tasso che possa comprendere questa stima. Perciò, bisogna evitare di
aggiungere fattori di correzione ai tassi di attualizzazione, mentre è opportuno considerare con il
dovuto peso sia i fattori positivi che quelli negativi.
Una variazione della struttura finanziaria non incide in alcun modo nel costo del capitale aziendale (senza
considerare l’effetto del beneficio fiscale). Infatti, se i debiti diminuiscono in percentuale rispetto all’Equity, i
creditori saranno più sereni e pretenderanno tassi uguali o inferiori, mentre il rendimento dell’equity salirà per
effetto di una minore quota di debito. Per cui, l’effetto è compensativo ed il rendimento del capitale aziendale
non subirà alcuna variazione.
Ciò vale anche per i B, perché, al diminuire della leva finanziaria (D su E), il rischio diminuisce sia per D che per E,
per cui creditori ed azionisti chiederanno rendimenti inferiori; ora però l’equity corrisponde ad una maggiore
quota rispetto al totale attività, per cui il B varierà di più verso il suo B e rimarrà costante al livello precedente.
Capitolo 14
Le imprese possono reperire il capitale corrispondente al fabbisogno finanziario mediante l’utilizzo dei mezzi
propri oppure mediante il ricorso al debito.
Dal punto di vista dell’Equity, si distingue tra Autofinanziamento (fondi interni) ed Aumento di Capitale (fondi
esterni). L’autofinanziamento, essendo per sua natura meno costoso rispetto al ricorso al finanziamento esterno
(emissione di azioni o indebitamento), è in genere il metodo più usato dai manager che vogliono evitare
preoccupazioni particolari derivanti dal mercato, oppure per risparmiare sui costi di emissione o evitare segnali
negativi dovuti dall’emissione di azioni (l’emissione potrebbe dichiarare la necessità di liquidità da parte
dell’impresa, cosa che fa pensare che quest’ultima sia in dissesto). Tuttavia, puntando soltanto sui fondi interni si
limita fortemente lo spettro delle forme di finanziamento, rischiando di rifiutare (per le poche risorse finanziarie
disponibili) diverse opportunità di investimento a VAN positivi, auto imponendosi un razionamento del capitale.
EQUITY
L’equity garantisce una responsabilità limitata agli azionisti verso i debiti aziendali; dà diritto di voto al
proprietario, tuttavia non conferisce anche un diritto al dividendo né il diritto alla restituzione ; l’equity è
suddiviso in azioni, e queste sono presenti in diverse tipologie nel capitale di un’impresa, poiché ci sono:
- Azioni ordinarie: sono sempre presenti nel capitale di un’impresa e conferiscono al proprietario il diritto
di voto in assemblea (ordinaria e straordinaria) e diritti residuali sul patrimonio una volta pagati tutti i
debiti; il loro valore è composto da due segmenti: investment segment, dato dal valore attuale dei flussi
di cassa futuri dati facenti capo all’azione, e vote segment, che comprende il premio per il diritto di voto;
- Azioni di risparmio: prevedono maggiori dividendi rispetto alle azioni ordinarie, tuttavia rispetto a queste
non prevedono alcun tipo di diritto di voto; ne esiste una sottocategoria, ovvero quelle convertibili, che
hanno i privilegi delle azioni privilegiate e possono essere convertite in azioni ordinarie ad una o più
scadenze, e quotano a premio rispetto a quelle ordinarie;
Le azioni di risparmio “normali” quotano in genere a sconto rispetto alle azioni ordinarie, e questo perché
sono del tutto prive del vote segment, sebbene il loro investment segment sia superiore; l’unico caso in
cui potrebbero essere quotate a premio rispetto alle azioni ordinarie è qualora l’impresa dovesse trovarsi
in dissesto, visto che i privilegi patrimoniali delle azioni di risparmio diventerebbero ben più rilevanti
rispetto a quelli delle azioni ordinarie;
- Azioni privilegiate: al costo di un diritto di voto limitato alle sole assemblee straordinarie, queste azioni
consentono a chi le possiede di essere privilegiati nell’ottenimento delle remunerazioni (dividendi e
rimborso del capitale); sono in genere quotate a sconto rispetto alle azioni ordinarie, ma a premio
rispetto alle azioni di risparmio, per via di un risibile ma presente diritto di voto;
- Azioni a voto plurimo: sono azioni vietate dall’ordinamento italiano per le società quotate, mentre per le
non quotate ciò è possibile ma nei limiti di 3 diritti per ogni azione; è però presente una legge del c. c. che
dice che, previo il possedimento del titolo per almeno 24 mesi, di vedere una maggiorazione di voto per le
azioni ordinarie fino a 2 diritti anche nelle società quotate (loyalty shares).
Il diritto di voto di un’azione ha valore sia perché consente ai possessori di godere di determinati benefici
privati (poter essere nominati consiglieri di Amministrazione, poter spostarsi con le auto aziendali, eccetera),
ma non solo: infatti, il valore del diritto di voto è dato anche dalla presenza dell’azione nel pacchetto di
azioni di controllo o dalla possibilità futura di entrarci. Per cui, laddove ci siano tutele specifiche agli azionisti
di minoranza il diritto sarà minore perché difficilmente quell’azione diventerà una partecipazione di controllo,
mentre sarà maggiore quanto più sarà possibile effettuare un’OPA per scalare la proprietà dell’impresa.
DEBITO
I creditori di un’impresa ricevono un pagamento fisso ed un rimborso a scadenza, per cui, a differenza di quanto
vale per le azioni, il management si deve preoccupare di restituire la somma del debito a scadenza. Tuttavia,
rispetto a quanto vale per l’equity, il ricorso al debito permette anche un’agevolazione fiscale, in quanto genera
interessi che sono poi detratti dal reddito d’esercizio e riducono la base imponibile IRES.
Non esiste un livello di indebitamento ideale (esempio del libro sui limiti di velocità). I debiti si presentano sotto
diverse forme, e si distinguono per la scadenza (breve o lunga), la modalità di rimborso (rate o soluzione unica), le
garanzie per i creditori (privilegi, ipoteche, ecc..), modalità di collocamento (pubblico o privato), tassi di interesse
(fissi o variabili ed agganciati ad altri indicatori), valuta (nazionale o estera), riconoscibilità come debiti fuori o
dentro il bilancio, oppure per la natura (pura o ibrida) del titolo.
Capitolo 15
Venture Capitalist: sono fondi (in genere chiusi) di investimento che effettuano finanziamenti per imprese in via
di sviluppo e nella fase dello Start Up, visto che questo tipo di imprese fanno più fatica a racimolare liquidità dalle
banche viste le loro scarse garanzie; al fine di ottenere un finanziamento di Venture Capital, le imprese devono
redigere un business plan, che contiene al suo interno informazioni utili ai finanziatori in relazione al prodotto,
alla tecnologia, ecc.. dell’impresa considerata; ciò che sarà rilevante è la credibilità del Business Plan. Siccome
un’impresa riesce ad avere successo soprattutto grazie al lavoro dei manager, i venture capitalist stilano degli
accordi che consentano a questi ultimi di lavorare sodo; inoltre, i venture capitalist non concedono mai in un
unico momento tutto il capitale che necessita un’impresa, ma soltanto