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VN
Obbligazione Zero Coupon Vo = T
( 1 + r )
T C VN
T
Σ
Obbligazione con Cedola Vo = +
t = 1 T T
( 1 + r ) ( 1 + r )
Vo Prezzo dell’Obbligazione
VN Valore Nominale
r Tasso di Mercato ( coerente con il rischio del titolo )
C Cedola
T
T Duration
La cedola esprime un tasso di interesse i diverso da r che, invece, riflette il rendimento
atteso dal mercato. Il tasso d’interesse i dipende dal titolo ed è applicato sul valore nominale,
mentre, r è un tasso espresso dal mercato e quindi coerente al rischio. Il tasso r fa oscillare il
prezzo dell’obbligazione in quanto rappresenta il fattore su cui convergono tutte le
informazioni sull’emittente disponibili sul mercato.
Equity. La valutazione di questo macro aggregato segue la medesima logica esposta in
precedenza. Il prezzo di un’azione dipende da due variabili: capacità di creazione degli utili e
propensione alla distribuzione degli utili. Il prezzo di un azione Po, quindi, dipende dalla parte
di utile che l’impresa fa pervenire al mercato.
P T
HP: No Dividendi Po = t
( 1 + r )
∞ DIV
t
Σ
HP: Dividendi Po = t = 1 t
( 1 + r )
e
DIV
= K Po = r
HP: DIV
t e 12
Po Prezzo dell’Azione r Rendimento Atteso dai Soci DIV Dividendo
e
Dalla seconda formula si evince come il prezzo di un’azione dipenda dalla capacità
dell’impresa di produrre utili. Il terzo caso rappresenta una formulazione particolare del
secondo, infatti, sotto l’ipotesi di dividendi costanti nel tempo il prezzo di un azione equivale
all’accumulazione di una rendita perpetua. Il tasso di attualizzazione r esprime le attese di
e
rimunerazione avanzate dai soci della società.
L’ipotesi di un dividendo costante nel tempo è molto semplificativa. Il dividendo
infatti si presenta come un dato difficilmente stimabile in quando dipende da altri due fattori:
utile e payout ratio. Inoltre un dividendo costante individua un’impresa stabile nel tempo,
un’impresa che non cresce. In un’impresa che cresce, invece, le formule riportate in
precedenza dovranno anche considerare la crescita dell’azienda, complicando la
determinazione del prezzo dell’azione.
∞ t-1
DIV (1+g) DIV
1 1
Σ
HP: Crescita = K Po = =
t
t = 1 ( 1 + r ) r - g
e e
Il modello di valutazione appena riportato prende il nome di modello ad unico stadio
perché presuppone che l’impresa cresca ad un tasso g costante nel tempo vi sono anche altri
modelli, che partono da presupposti diversi. Il modello più utilizzato è quello a due stadi,
mentre da
dove si ipotizza che tra 0 e t il dividendo staccato dall’impresa cresca ad un tasso g
1
t+1 in poi il dividendo cresce ad un tasso g .
2 DIV
T+1
T r – g
t-1 2
DIV ( 1+g )
1 1
Σ
HP: 2 stadi di crescita Po = +
t t
( 1 + r ) ( 1 + r )
e e
t = 1
Tutti i modelli finora considerati contemplano un’azienda che non dispone di capitale
di terzi ma lavora solo con capitale proprio.
Stima di g. I modelli appena descritti risultano molto semplici dal punto di vista
matematico. La difficoltà sta nella stima dei parametri che vi sono inseriti. Un primo
parametro da stimare è quello relativo alla crescita dell’impresa, vale a dire g. 13
La stima di tale parametro parte dall’ipotesi che se tutti gli utili vengono distribuiti agli
azionisti, allora, l’impresa non cresce. La distribuzione totale degli utili non fa crescere
l’impresa perché, in assenza di debito, l’impresa non potrà effettuare nuovi investimenti ma
soltanto quelli necessari al mantenimento della struttura produttiva.
HP: 100% Utili Distribuiti Impresa Non Cresce g = 0
Cosa accade quindi se l’impresa decide di reinvestire parte degli utili? Il
reinvestimento produrrà un incremento degli utili futuri. Vediamo in formule cosa accade:
U = U + U * r U = 1 + U * r
T+1 T acc acc T+1 acc acc
U U
T T
1 + g = 1 + ( 1- Payout Ratio ) * r
acc
e
g = ( 1 – d ) * r g = ( 1 – d ) * ROE
acc
U Utile al tempo T
T
U Utile al tempo T + 1
T+1
U Utile Accantonato
acc
r Rendimento dell’Utile Accantonato
acc
d Payout Ratio
g Tasso di Crescita dell’impresa
e
ROE ROE atteso
Dall’ultima formula si vede come il tasso di crescita g sia stimabile attraverso la stima
del payout ratio e la determinazione di un ROE medio storico basato sui risultati conseguiti in
passato dall’azienda. 14
4. TEOREMA DI MODIGLIANI-MILLER
Modigliani e Miller studiarono il capitale d’azienda e giunsero alla formulazione del
seguente teorema: “Il costo del capitale di un impresa non indebitata ( 100% Unlevered ) è
pari al costo del capitale di un’impresa completamente indebitata ( 100% Levered )”. In
sostanza qualsiasi sia la struttura finanziaria dell’impresa, il costo del capitale rimane
costante. Queste affermazioni sono veritiere sotto le ipotesi generali di assenza di imposte e
mercati efficienti. Il fondamento logico sta nel fatto che più un’impresa è indebitata e più
aumenta il rischio sia nella sua dimensione operativa che nella sua dimensione finanziaria.
L’elevata rischiosità aziendale giustifica un progressivo aumento delle pretese dei finanziatori
fino a raggiungere la soglia rappresentata dalle attese dei soci qualora il capitale investito
risulti interamente finanziato da terzi. Quanto finora detto è raffigurato nel grafico sottostante.
r HP: Assenza di Imposte
Mercati Efficienti
r e ROI
r o
r bond CT / CP
100% CP 100% CT Coefficiente di
Indebitamento
Il primo passaggio del MOMI esclude imposte ed indebitamento e fornisce un quadro
delle caratteristiche dell’impresa a queste condizioni. UTILE MON
HP: No Debito, No Tax r = r ROE = ROI =
e o CP CI 15
Come si può notare dalle formule appena riportate sotto la condizione di assenza di
imposte ed indebitamento avremo che MON e Utile coincidono al pari del CP e del Capitale
Investito. Altra conclusione fondamentale in tale situazione sta nella coincidenza tra ROI e
ROE. Cambiamo ora una delle ipotesi di fondo ed introduciamo l’indebitamento, vediamo
cosa accade alle precedenti formulazioni. CT
HP: No Tax r = r + ( r – r ) *
e o o bond CP
Se l’impresa inizia ad indebitarsi la rimunerazione del capitale proprio verrà
incrementata perché l’investimento sarà più rischioso e maggiori saranno le attese dei soci.
L’incremento è definito in parte dall’incidenza della leva finanziaria ( coefficiente di
indebitamento ).
Come ultima variante al teorema vengono introdotte le imposte. Sul costo del capitale
proprio la situazione rimane invariata, ciò che cambia riguarda il trattamento degli oneri
finanziari generati dall’indebitamento. Gli oneri finanziari sono fiscalmente deducibili quindi
vanno a decrementare l’imponibile tassabile ( MOL ) realizzando un valore incrementale per
l’azienda che prende il nome di scudo fiscale. Lo scudo fiscale è quindi definito come un
risparmio di imposta. Questo fatto produce una situazione paradossale in cui c’è un’effettiva
convenienza a raggiungere la situazione estrema di totale indebitamento. Questo tuttavia non
accade in quanto oltre certe soglie, gli oneri finanziari non sono più deducibili. La situazione
finora descritta impone all’impresa la ricerca di una struttura finanziaria ottimale che
massimizzi i benefici provenienti dalla piena deducibilità degli oneri finanziari. Altro effetto
generato dall’introduzione delle imposte è la riduzione reale del costo del debito.
La riduzione del costo del debito produce a sua volta un effetto sul costo complessivo
del capitale che non risulterà più costante ma subirà una flessione in concomitanza con il
livello ottimale di struttura finanziaria. 16
Punto ottimale di
indebitamento
r r e
r ROI
o
r bond
r bond ( 1 – t ) CT / CP
100% CP 100% CT Coefficiente di
Indebitamento
In Italia il punto ottimale è fissato a livelli molto alti di indebitamento ( 80% ) mentre
negli Stati Uniti il livello è attestato sul 50%. Con l’apertura dei mercati finanziari il punto di
ottimo si sta progressivamente spostando verso sinistra, quindi verso coefficienti di
indebitamento più bassi.
Perché è necessario raggiungere una situazione ottimale? Il costo del capitale, come
già detto, è al contempo il fattore di attualizzazione in sede di valutazione dell’azienda. Più il
fattore è basso e più vale l’impresa. Ridurre il costo del capitale equivale a creare valore per
l’impresa. Perché il capitale proprio rende di più in presenza di deducibilità fiscale degli oneri
finanziari? A questa domanda offre risposta una nuova modellazione delle formulazioni
precedenti: CT
ROE = ROI + ( ROI – i ( 1 – t ) ) * CP
Nella nuova formulazione compare il fattore t che indica l’aliquota fiscale a sconto del
tasso i che rappresenta il costo del debito. L’aliquota fiscale t si applica sul MOL. Per la
creazione di valore, l’impresa deve massimizzare il ROI e contenere il costo del capitale. Il
ROI viene massimizzato raggiungendo un certo livello di efficienza operativa mentre il
contenimento del costo del capitale può avvenire attraverso un’attenta comunicazione in
modo da non alimentare forti aspettative tra il pubblico degli investitori. In funzione dello
scudo fiscale l’impresa aumenta di valore secondo il seguente modello che ricorda la
formulazione del VANOC precedentemente considerata. 17
FREE CASH
FLOW
V = + CT * t
WACC
La formula evidenzia l’incremento di valore derivante dall’indebitamento e dalla
relativa aliquota, il cosiddetto scudo fiscale.
5. COSTO DEL CAPITALE STATO PAT.
BOND INTERESSI
ASSET
MARGINI EQUITY ATTESE SOCI
WACC = r CP + r ( 1- t ) CT
e b
CI CI
Quando si parla di costo del capitale ci si riferisce al capitale investito nell’azienda. Il
capitale investito è suddiviso in capitale proprio ( CP ) e capitale di terzi ( CT ). Ognuno di
questi ha un proprio costo rappresentato dalle attese di rimunerazione per i soci e negli
interessi per i conferenti capitale di prestito. Il WACC esprime la media ponderata del costo
dei capitali di prestito e dei capitali propri. Come si rimunerano i conferenti di capitale?
Sul versante dell’attivo il capitale investito si traduce in asset. Gli asset dell’azienda
devono essere in grado di produrre margi