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ENRICO FERRI
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“ Sociologia criminale”
Avvocato, co-fondatore del PSI, allievo di Lombroso.
Introduce la categoria dei delinquenti abituali (truffatore, spacciatore...). Studio e analisi
più approfondita e ragionata sulla criminalità e sui soggetti delinquenti.
L'attività criminale è un fatto, un evento complesso determinato da una pluralità di
fattori:
1) individuali;
2) cosmici (zona geografica, temperatura, stagione...);
3) sociali.
Non tutti e tre i fattori si combinano nello stesso modo: a seconda della combinazione (più
uno rispetto ad un altro fattore) si ha un tipo particolare di delinquenza.
Idea della pena con finalità non repressive ma riabilitative, di trattamento del delinquente.
Pene modulate sulla pericolosità concreta dell'individuo criminale.
Ferri è stato decisivo per affermare il principio del “doppio binario”, la giustificazione
teorica delle misure di sicurezza, introdotte dal codice Rocco a fianco alle pene, detentive
o non detentive.
Il carcere deve avere una funzione di rieducazione, di risocializzazione nei confronti del
socio che ha sbagliato.
L’Art. 27.3 Cost. deriva dalle idee di Ferri e della criminologia socialista.
Anche la legge sull'ordinamento penitenziario del 1975 è influenzato da questo pensiero.
Le teorie del positivismo criminologico fanno particolare attenzione alle cause sociali,
segnalando la necessità di tenere insieme elementi diversi.
Punti di contatto tra i criminologi fino a qui considerati con la scuola
classica, l'illuminismo giuridico penale.
La maggior parte degli illuministi sono retributivisti (teoria retributiva della pena): se il
reato nega il diritto, la pena nega il reato doppia negazione che dovrebbe riaffermare il
→
diritto nell'ordine sociale.
Filangieri e Beccaria, invece, vedono l'efficacia deterrente della pena.
Carrara vede nelle pene un sistema di difesa sociale del diritto nel suo complesso.
La misura penale deve avere una funzione di neutralizzazione della devianza, di
prevenzione generale (come aveva iniziato a sostenere Bentham). Al reato non si può
rimediare. Si possono mettere in campo, oltre le pene, un sistema di prevenzione.
Comune a queste due correnti di pensiero un'ideologia della difesa sociale: reato è un
male da cui dobbiamo difenderci.
Punti qualificanti =
• Lo Stato è rappresentante della società ed è autorizzato a difendersi dalla
criminalità;
• principio del bene e del male : criminale come elemento negativo cresciuto
all'interno della società;
• principio di colpa: il reato esprime un atteggiamento interiore riprovevole,
condizionato da fattori patogeni individuali o psico-sociali. Il reato esprime un
atteggiamento sociale che va stigmatizzato e curato.
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Funzionalismo nel panorama delle scienze sociali è un paradigma maggioritario.
Funzione di prevenzione generale positiva: pena come messaggio indirizzato soprattutto
alla coscienza degli onesti rivoluzione sostanzialmente ignorata dai giuristi.
→
Il funzionalismo afferma che:
1) Le cause del reato non sono da ricercare in fattori antropologici, sociali o naturali,
ma il reato dipende da una decisione sociale che pone una linea di demarcazione
tra ciò che è lecito e ciò che dev’essere considerato illecito, deviante.
Il pensiero sociale è elaborato dalla coscienza collettiva, anche in modo
irrazionale. La funzione della coscienza collettiva è porre una demarcazione tra il
diritto e il non diritto. La coscienza collettiva si posa dove vuole. Periodo per
periodo, gruppo per gruppo, nasce una decisione sulla liceità di un comportamento.
Il diritto serve a stabilizzare delle aspettative di comportamento. L'uomo è un
animale desiderante, può desiderare all'infinito, in particolare una certa disciplina di
rapporti sociali. Il diritto mette ordine nelle aspettative normative. Si riduce la
complessità della vita sociale: si dice cosa si può fare o no, cosa e giusto e cosa
no, a prescindere dalla razionalità di queste scelte. Le cause del reato dipendono
da una determinazione originaria da parte del pensiero sociale, ma questa è
un'indicazione fortemente relativa (al tempo, agli usi, alle società...).
2) Il reato è un fenomeno normale di ogni organizzazione collettiva, non ci sono
società senza comportamenti devianti o irregolari. Dice Durkheim che non esiste
società che possa essere considerata un “chiostro perfetto”.
3) La devianza è utile: se non ci fosse il comportamento deviante e il suo
comportamento, la coscienza morale collettiva sarebbe indotta a rilassarsi. La
coscienza collettiva ha bisogno di un pungolo per mantenere le proprie convinzioni
etiche fondamentali, se no tende a rilassarsi. Dice Durkheim che il deviante è un
agente regolatore della vita collettiva. 07/03/2013
DURKHEIM
Il problema della Pena.
“ La divisione del lavoro sociale”:
Terzo modello di Durkheim che ha avuto una continuità nel tempo delle discipline delle
scienze sociali, cioè il pensiero funzionalistico. Tre opere:
1) “La divisione del lavoro sociale”, 1893;
L’oggetto del libro è il titolo stesso. Una divisione del lavoro sociale intesa in senso
molto ampio, non soltanto nel senso degli economisti (cioè come processo di
differenziazione dei lavori), Durkheim si occupa della divisione del lavoro anche
sotto l’aspetto delle funzioni politiche, (la tesi di dottorato di Durkheim era ispirato a
Montesquieu e Rousseau), divisione del lavoro anche in campo scientifico.
L’obiettivo di questo libro è accertare il valore morale della divisione del lavoro
sociale, ovvero se tale fatto è positivo o negativo per la società moderna. Il quesito
se la divisione del lavoro ha o meno una valenza pratica, prima era risolto dagli
economisti che gli attribuivano una valenza positiva (con enormi progressi materiali
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e maggior soddisfacimento dei bisogni, da Smith in avanti), Durkheim che però non
si vuole limitare solo a questi discorsi, vuole sapere se la divisione del lavoro
sociale sia un fenomeno moralmente sottoscrivile, perché si erano sollevate molte
voci rispetto a questo problema (urbanizzazione, la crisi delle famigli, l’aumento
degli infanticidi, dei suicidi ecc). Per Durkheim la risposta è positiva poiché si
ritiene che la divisione del lavoro sia la fonte principale della solidarietà, della
coesione delle nostre comunità politiche. Tale forma di solidarietà è definita
dall’autore organica.
2) La seconda “Le regole del metodo sociologico” 1895, grande libro di
epistemologia sociologica, ovvero come si costruisce una teoria della conoscenza
del fatto sociale;
3) terza opera è un lungo articolo chiamato “Le due leggi dell'evoluzione penale”.
Religioni totemiche, le forme elementari della vita religiosa, libro importante di
Durkheim che non studiamo.
Durkheim si occupa della divisione del lavoro sociale anche dal punto di vista del potere
amministrativo, con la separazione dei poteri di Montesquieu, ma anche dal punto di vista
del lavoro scientifico, che viene diviso fra medici, biologici, antropologi, filosofi.
L’evento epocale della storia del pensiero occidentale per quanto riguarda la divisione del
lavoro, cui tutti gli autori, Spencer, Durkheim, Carl Marx, che hanno individuato la vera
rivoluzione copernicana avviene nel 1859, con “L’origine della specie di Darwin”.
Durkheim fa riferimento al processo della “Rivoluzione industriale”, che ha un secolo di
vita, non è molto indietro nel tempo. Si pensa a ciò che è avvenuto, quindi in Inghilterra,
con la Rivoluzione industriale, con la fine della manifattura, ossia il lavoro umano,
manuale, si introduce in ambiente molto grande l’uomo e la macchina, formando una sorta
di collaborazione fra l’uomo e gli attrezzi, ma non manuali industriali, grandi macchinari,
all’interno di grandi città industriali.
L’obiettivo di Durkheim è quello di accertare il valore morale, la desiderabilità della
divisione del lavoro, decidendo se la divisione del lavoro è un fatto positivo o negativo per
le società moderne. Movimenti anticapitalistici sono presenti ancora adesso tra l’altro.
La risposta degli economisti della scuola classica di economia, Smith, e anche Marx, ma
anche l’economia a fine dell’800, è una risposta standard, poiché consiste in una risposta
positiva, nel fatto che il capitalismo rappresenti un grande progresso rispetto al passato
dal punto di vista qualitativo. Bisogna vedere se soddisfi anche una soluzione di tipo
morale.
Vi era infatti anche una lettura scettica nei confronti del capitalismo, che proveniva proprio
dagli ambienti inglesi, in particolare da Charles Dickens, in cui si ha la rappresentazione
dei grandi mali dell’umanità, lo sfruttamento delle donne, il problema dei bambini operai, il
dramma dell’alcolismo, del consumo di sostanze ecc.
Il primo libro di Durkheim del 1893, “La divisione del lavoro sociale” oltre a soddisfare
un bisogno economico, dei bisogni di consumo, di alimentazione dell’individuo, deve esser
anche considerata la fonte (così come sostenuto da Comte e da San Simon) della
coesione sociale, della solidarietà sociale, e in modo particolare della solidarietà più
evoluta, tipica del mondo contemporaneo, ossia la solidarietà organica.
Il problema è in primo luogo un problema di tipo epistemologico, perché la coesione, la
solidarietà, e l’integrazione è un fenomeno morale, che non si presta immediatamente
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all’osservazione, ad esser visto, recepito, e nemmeno ad esser misurato. Quanto siamo
coesi? È difficile trovare una risposta.
Durkheim mette in atto una strategia epistemologica, ossia di teoria della conoscenza,
per cui occorre ricercare un segno esterno, percepibile, visibile della solidarietà, che in
qualche misura bisogna misurare.
Levi Strauss fa riferimento alla metafora delle formiche ordinate, che si può vedere anche
in Lucrezio nel De rerum Natura, per cui si notano delle file, dei movimenti, degli
spostamenti di persone, per cui ci rendiamo conto sempre in modo più preciso che questi
movimenti sono determinati da certe regole di condotta. Levi Strauss dice che bisogna
studiare gli uomini come se fossero formiche.
Durkheim dice che ciò che percepiamo all’interno delle relazioni sociali non è l’ordine, la
coesione, la solidarietà, ma percepiamo dei movimenti, all’interno delle nostre comun