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La decisione è l'attuazione di una scelta positiva o negativa. Il noi è qualcosa che ha
il carattere della decisione. Come sia di volta in volta il noi dipende dalla nostra decisione. Il
singolo in tal modo si decide. L'uomo è un soggetto che decide e si decide. La decisione si
fa apertura perché non è decidere sul prima o sull'ora, ma è orientare il futuro.
Nell'apertura-decidente l'uomo è rinviato all'accadere futuro. L'apertura-decidente dà al
nostro essere un'impronta ben determinata, contribuisce a determinare ogni accadere.
L'apertura-decidente è uno speciale accadere dentro l'accadere.
La domanda sull'essenza della storia.
Con l'apertura-decidente siamo nella sfera della storia. Solo l'uomo ha storia, ma che
cos'è la storia? La determinazione dell'essenza della storia poggia sul carattere storico di
volta in volta corrente. In questo modo non esisterebbe una verità assoluta. Non dobbiamo
però, a causa di ciò, trarre la conseguenza che per noi non esista alcuna verità in generale.
La tesi iniziale è stata “la storia è il tratto distintivo dell'essere dell'uomo”. Contro questa
teoria sorgono delle obiezioni. Anche sfere estranee all'uomo hanno storia, come la storia
della Terra o l'evoluzione degli animali. Il concetto di storia ha dunque vari significati.
Il concetto ampio di storia indica la serie temporale che retrocede verso il passato.
Ciò che cogliamo come storia si riferisce ad ogni genere di mutamento, è il concetto più
generale del movimento. Il movimento si divide in tre tipologie: decorso (riguarda la
Terra), processo (riguarda la vita), accadere (riguarda l'uomo).
Accade storia solo quando vi è l'uomo, non come essere vivente ma l'uomo come
uomo. Il muoversi dell'uomo accade come movimento intenzionale e quindi consapevole.
Il muoversi è una notizia, e non vi è storia senza notizie (historie). La storia è quella
particolare modalità di movimento caratterizzata dalla notizia. Benché la storia sia
consapevole, volere e sapere non determinano la storia. Tale agire è condizionato dalle
circostanze e dalla casualità. Non è possibile determinare la storia in modo preciso in
quanto: 1) Bisogna che la storia sia accaduta prima di entrare in una notizia; 2) La storia
può accadere senza averne notizia, accadono molte cose di cui non siamo consapevoli.
La scienza storica è la configurazione di una notizia storica attraverso l'ordine,
mirando a una connessione chiusa degli avvenimenti. La scienza storica pone la notizia in
un contesto compiuto. La scienza storica è tanto poco necessaria quanto le altre scienze, in
quanto ciò che può essere sbagliato per la scienza storica può essere valido per altro. Con
storiografia s'intende il modo in cui si manifesta un'epoca nella storia. La scienza storica
dà una determinata forma alla notizia, la ordina servendosi di prove e procedimenti critici,
ma non garantisce l'accesso alla storia. L'uomo si trova in mezzo alla storia: per questo si è
manifestata l'esigenza di ricorrere a psicologia e caratterologia per capirne di più.
L'esigenza di riferirsi alla storia genera dubbi, in quando nella storia vi è sempre un tratto
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non-storico: l'inevitabile, il quotidiano. L'accadere è dunque sia storico che non-storico: la
storia cela in sé quest'ambiguità.
Heidegger procede ad analizzare il rapporto della storia con il tempo. Presente e
passato caratterizzano la storia. Viene così escluso dalla storia il futuro, in quanto non si
può chiedere allo storico di riferirsi al futuro. Eppure la storia e l'essere storico non
possono essere realizzate senza il futuro. Questo rapporto di storia e tempo è in grado di
determinare l'essenza stessa della storia. Il fattore tempo interviene nella determinazione
di ogni accadere, di ogni tipo di movimento, quindi non riusciamo a cogliere il tratto
caratteristico della storia. Non vediamo in questo modo la differenza tra accadere naturale
e storico. Il tempo determina la storia, non la natura. Non diciamo che la natura è il
passato o il futuro, mentre lo possiamo dire di una città.
Il passato no né semplicemente qualcosa che passa, ma qualcosa che ancora agisce.
Pensando al passato notiamo lo scivolare via del tempo dal presente al passato. Perché la
caratterizzazione della storia viene associata al passato? Heidegger fornisce due
spiegazioni. 1) Il predominio della concezione cristiana del mondo, secondo cui il tempo è
creato e quindi transitorio, le cose transitorie passano. 2) La direzione della riflessione di
Aristotele sul tempo in quanto, da Aristotele in poi, lo scomparire è la sostanza del tempo.
Il tempo sarebbe responsabile del fatto che qualcosa si corrompa. Anche Hegel affermerà
che il tempo è il consumarsi delle cose.
Il passato è concluso, concluso è qualcosa che sta alle spalle. L'arretramento verso
il passato è rafforzato dalla tendenza alla ricerca delle cause. Il passato viene poi associato
a un oggetto. Si congiungono qui l'attenzione per il transitorio e per l'oggettivo. Accadere e
tempo sono segnati dalla caratteristica di svanire nel passato. Nasce così il compito di
custodirli in qualche forma.
Essere storicamente significa essere gettati all'interno della rete connettiva della
storia. Per un certo lasso di tempo abbiamo un luogo qui sulla Terra, una dimora. Il nostro
dimorare è il nostro essere. Stiamo e siamo nel tempo, iniziamo ad essere in un certo punto
del tempo e finiamo in un altro. Il nostro essere, per noi, è qualcosa di ovvio. Noi mutiamo,
ma il nostro essere rimane, non sottostà al mutamento. Quel che chiamiamo accadere è
movimento, divenire. Se ci chiediamo “siamo storicamente?” ci chiediamo se il nostro
essere è un accadere. Questa è una domanda impossibile giacché accadere è divenire e
divenire è l'opposto di essere. Questa contrapposizione ha origine dai Greci: ciò che diviene
allora non è. Ci si deve dunque chiedere se un autentico essere storico sia possibile e, se sì,
come esso sia possibile.
Essere storicamente è un decidere che si rinnova continuamente. Ogni epoca ha la
sua non-essenza, la sua non-storia, ed è giusto che sia così. La non-essenza ha la proprietà
di impedire l'emersione dell'essenza, di cercare di apparire essa stessa come l'essenza. Il
futuro si determina a partire dal farsi-essenza da cose precedenti, che ha oltrepassato
qualsiasi attualità e s'impone come tradizione. La tradizione è l'intimo carattere della nostra
storicità. Il futuro non ci raggiunge sempre e comunque, ma ci raggiunge solo se siamo in
grado di seguire la tradizione, di farcene carico. Il nostro esser-già-stato e il nostro futuro
non hanno carattere di due spazi temporali separati; il nostro esser proprio è il farsi-essenza
attraverso cose precedenti inteso come futuro, è essere anticipatamente gettati verso il
futuro: il tempo è originariamente unico e autentico.
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Il tempo originario.
Il tempo non è un susseguirsi di spazi temporali. Nell'originarietà del tempo risiede
il vero carattere di divenire dell'accadere in quanto storia. Ci accorgiamo che l'esser-già-
stato ha futuro perché si estende al di fuori di noi e sopraggiunge su di noi. L'estendersi
stesso è futuro. Il tentativo di Heidegger è quello di afferrare l'essenza della storia intesa
come accadere. Sono state individuate tre determinazioni: 1) Storia in quanto passato; 2)
Storia non come mero passare, passato come esser-divenuto; 3) Esser-già-stato come farsi
essenza da cose precedenti, colto come l'oggi di volta in volta. Il farsi-essenza non può
essere afferrato come qualcosa che ci sta davanti, ma può essere determinato a partire dal
futuro, ciò con cui ci mettiamo in vista di qualcosa da raggiungere. La storia si tramanda
verso il futuro. Esser-già-stato e futuro non sono dunque due spazi di tempo, ma sono due
caratteristiche del tempo unite che determinano il presente e governano il nostro essere in
quanto storico. Accadere non è processo, ma tradizione. Il rispondere ha carattere di
decisione, in quanto non è una constatazione ma un rispondere responsabile.
L'essenza della storicità dell'uomo in relazione col tempo.
Cogliere l'essenza della storia è possibile solo mutando la relazione con il tempo, in
un'esperienza originaria del tempo. Quest'ultima non è l'esperienza che facciamo quando
guardiamo l'orologio come uno scorrere misurabile. Facciamo esperienza del tempo solo se
portiamo all'esperienza la nostra determinazione. In origine la rappresentazione abituale
del succedersi dell'ora, serviva allo scopo di misurare l'alternanza di giorno e notte. Nel
corso del tempo questa rappresentazione è stata snaturata fino a degenerare al concetto
fisico del tempo ridotto a t. Questa rappresentazione non è falsa, è necessaria; essa non
coglie però l'essenza della temporalità. La temporalità deriva dal tempo originario, che
cogliamo nella determinazione del nostro essere. Il nostro essere è determinato in tre
modi: carico e mandato, il lavoro, la tonalità emotiva.
Non intendiamo la determinazione come qualcosa di cui siamo dotati, intendiamo
ciò per cui noi stessi ci determiniamo, ciò che ricaviamo come nostro carico (esser-
determinato). Il carico ci è destinato anticipatamente dal mandato fin dal tratto
antecedente nella nostra essenza. Il carico come mandato è la determinazione in senso
originario.
Il produrre la determinazione si dice lavoro (determinatezza). Il lavoro è il presente
dell'uomo storico, giacché nel lavoro il nostro fare giunge ad essere concreto. Il presente in
quanto determinatezza è l'attuarsi dell'attimo.
La tonalità emotiva è la potenza fondamentale dell'esserci. Le tonalità emotive non
sono un mero surrogato della nostra vita psichica, ma avvenimenti fondamentali della
potenza del tempo nei quali il nostro essere è originariamente.
Con questa determinazione siamo in grado di cogliere la temporalità nella sua
essenza originaria. Il tempo è l'ambito prevalente in cui comprendiamo l'essere. Nei tre
significati della determinazione cogliamo il nostro essere come temporalità. Anche le piante
e gli animali sono, ma il loro essere non è esserci ma vita. Anche le figure geometriche
sono, ma sono semplici sostanz