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LA DISCUSSIONE DELLE ANTINOMIE COSMOLOGICHE KANTIANE IN HEGEL

Nel primo capitolo della seconda sezione della “Scienza della logica” intitolato “La quantità” Hegel, dopo aver

trattato la quantità pura, prende in considerazione la seconda delle quattro antinomie cosmologiche

kantiane, relativa alle opposte concezioni della materia in quanto composta di parti o infinitamente divisibile.

Dopo aver brevemente riconosciuto il valore di queste antinomie nella scelta di evidenziare la nullità del finito

dal lato del contenuto piuttosto che da quello formale di una presunta relatività soggettiva, Hegel passa a

esporne più ampiamente i limiti:

1) La forma della esposizione;

l’esposizione risulta contorta e artificiosa, a causa del tentativo di provare due posizioni

semplicemente assertorie con una dimostrazione apparente, costruita sulla presupposizione di ciò

1

che dev’ essere dimostrato secondo un procedimento che Hegel definisce “apagogico” .

2) Il contenuto dell’opposizione;

le antinomie cosmologiche cadono nell’errore di considerare la contraddizione non già nel concetto

stesso ma nelle determinazioni più concrete di materia, spazio, tempo…etc.etc., come avremo modo

di vedere anche in seguito. Secondo Hegel la contraddizione avrebbe invece origine nel concetto

stesso di quantità, prima di ogni sua applicazione particolare.

3) La struttura delle antinomie;

le antinomie cosmologiche sono quattro perché inscritte entro uno schema costruito in analogia a

quello delle categorie o concetti puri dell’intelletto. Si tratterebbe però di una sistematicità soltanto

apparente perché esteriore alla natura dialettica della ragione in cui la contraddizione è

onnipresente, costituendo il contenuto proprio di ogni concetto

4) Il risultato della dialettica trascendentale;

Kant cerca di dimostrare attraverso una serie di antinomie ripartite nei tre campi della psicologia

razionale, della cosmologia razionale e della teologia trascendentale che il conoscere si regga su

categorie finite, incapaci di superare le contraddizioni in cui cade anche dopo averle riconosciute

2

come tali . Hegel è invece dell’idea che le contraddizioni possano risolversi nella più alta unità del

concetto, in cui soltanto hanno la loro verità.

A questo punto possiamo leggere la seconda antinomia cosmologica per come è formulata da Kant, e

considerare quindi la critica di Hegel.

SECONDO CONTRASTO DELLE IDEE TRASCENDENTALI

Tesi

1 L'apagoge è una figura retorica utilizzata in particolare in campo filosofico, logico e giuridico assimilabile

alla reductio ad absurdum di Zenone di Elea, anche se più propriamente la apagoge non è una

dimostrazione bensì la giustificazione della falsità di un'affermazione sottolineando l'assurdità delle

conseguenze applicative

2 «Una proposizione dialetticamente dogmatica della ragion pura deve perciò avere in sé la caratteristica

(che la distingue da tutte le proposizioni sofistiche), di non riguardare una questione gratuita, la quale venga

sollevata soltanto per un certo scopo arbitrario, ma di riferirsi ad una questione tale, che ogni ragione umana,

nel suo progresso, debba necessariamente imbattersi in essa. In secondo luogo una proposizione della

natura suddetta, assieme alla proposizione ad essa contraria, deve avere la caratteristica di portare con sé

non semplicemente un’illusione artificiosa, che si dissolve subito non appena scoperta, ma un’illusione

naturale e inevitabile, la quale, anche quando non si è più ingannati da essa, illude ancor sempre, pur non

riuscendo a raggirarci, e può quindi venir resa innocua, ma non potrà mai essere annientata» (Critica della

Ragion pura, pag. 480)

Se si ammettesse che non esistono enti semplici e si eliminassero con il pensiero tutte le composizioni, non

resterebbe nulla di ciò che è reale. Ma il reale esiste, dunque esistono enti semplici a suo fondamento.

L’unica obiezione ammessa è che non sia possibile eliminare tutte le composizioni con il pensiero, ma essa

viene confutata mostrando come presupponga ciò che nega, cioè l’esistenza di enti semplici; le composizioni

che il pensiero non potrebbe eliminare sono infatti tali in quanto composizioni di sostanze legate da una

relazione contingente rispetto alla loro identità di enti in sé permanenti (semplici).

Antitesi

Se si ammettesse l’esistenza di enti semplici a fondamento delle composizioni di cui abbiamo esperienza, si

dovrebbe ammettere anche una loro estensione dello spazio in quanto condizione della composizione

stessa. Gli enti semplici occuperebbero dunque uno spazio allo stesso modo degli enti reali e sarebbero

come questi composti, il che è contraddittorio. Non è dunque possibile esperienza di enti semplici. Kant

sottolinea infatti come questa tesi non sia la negazione degli enti semplici tout court ma della loro esperibilità,

e questo in due passi:

1) Non abbiamo alcuna esperienza di enti semplici

2) Non possiamo avere alcuna esperienza di enti semplici.

Il passaggio da 1) a 2) è sorretto dal ragionamento seguente: anche ammesso che si riesca ad avere

esperienza di un ente semplice, questa assenza del molteplice non potrebbe essere estesa ad ogni

intuizione di ogni oggetto, essendo relativa a un oggetto particolare. Mancherebbero cioè le condizioni per

3

fare di quell’ente semplice un ente assolutamente semplice .

CRITICA DI HEGEL

Hegel si sofferma innanzitutto sul carattere tautologico della tesi; è infatti implicito nel concetto del composto

che esso sia composto di altro, e l’altro del composto è il semplice. Altra questione è se le parti di cui si

compone il composto siano soltanto relativamente semplici e a loro volta composte, ma se così fosse non

avremmo più a che fare con il composto in quanto tale, “determinazione che rispetto a quella del continuo

sta molto indietro”. Il seguito dell’esposizione non migliora la posizione di Kant, accusato di aver dispiegato

un’argomentazione del tutto fittizia, viziata dalla presupposizione di ciò che doveva essere dimostrato. Si

ammette infatti una possibilità di confutazione della tesi, quella che il pensiero non possa togliere via ogni

composizione (reductio ad absurdum) e così riconoscere la necessità del semplice per l’esistenza delle

sostanze, ma subito dopo la si esclude affermando che se così fosse non avremmo più sostanze (proc.

apagogico). Ecco il modo in cui Hegel intende la questione: se alcune composizioni non possono esser tolte

dal pensiero, questo significherebbe che sono permanenti; la permanenza delle composizioni esclude però

quella delle sostanze che sono appunto tali in quanto necessarie rispetto all’accidentalità delle loro relazioni

o composizioni. Non si può cioè ammettere l’esistenza delle sostanze e di composti permanenti, e la

confutazione manca il suo obiettivo: a fondamento della realtà troviamo enti semplici.

Tuttavia l’argomento kantiano è costruito artificiosamente sulla accidentalità delle composizioni, ammessa

senza alcuna giustificazione e in modo surrettizio (la proposizione è racchiusa entro paentesi). Hegel è

anche disposto a riconoscere che il carattere accidentale della composizione è qualcosa che si comprende

da sé, ma afferma anche che in questo modo si perde di vista la stessa antinomia: se l’insieme delle parti è

qualcosa di accidentale rispetto ad esse, allora la tesi della semplicità non risulta affatto problematica; il

problema è infatti quello di stabilire quando e perché il processo di suddivisione della materia debba

arrestarsi. Che poi si abbia a che fare con un ragionamento soltanto apparente è dimostrato anche dal fatto

che la tesi dell’accidentalità della composizione, prima ammessa come prova della semplicità delle sostanze,

torna nella conclusione come conseguenza della stessa ; Hegel ha dunque buoni motivi per definire

l’esposizione kantiana un “inutile tormentoso viluppo”.

3 Discorso che in Hegel ha un precedente nella concezione dell’ “acqua taletica” _cfr. pag. 160

La situazione non cambia dal lato dell’antitesi, inerente all’infinita divisibilità degli oggetti nello spazio, questa

volta descritta come un “intero nido di procedimenti viziosi”, espressione per altro presa a prestito da Kant.

Le obiezioni si concentrano in particolar modo sui seguenti due punti:

1) Identificazione delle sostanze con le parti infinitamente divisibili dello spazio, cioè con parti che sono

a loro volta spazi;

fino a questo momento abbiamo considerato i due concetti di ente semplice e sostanza come

equivalenti, cioè accomunati da una stessa indivisibilità, esteriorità, necessità … etc.etc. A questo

punto però Kant, per quanto all’interno di una dimostrazione per assurdo, modifica il concetto di

sostanza fino a farne la parte di un ente reale che, in quanto esteso nello spazio e dunque conforme

alla sua infinita divisibilità, risulta non poter essere semplice. Questa riconfigurazione di significati

non è irrilevante perché induce a credere che la “sostanza” persista anche quando sia venuto meno

il “semplice”, condividendone nel contempo le caratteristiche (le sostanze sarebbero infatti un

“molteplice reciprocamente estrinseco” e ciò di cui è “composto” l’ente).

2) Identificazione di composizione e continuità;

probabilmente a causa della confusione intorno al concetto di sostanza Kant continua a intendere la

relazione delle parti in cui è diviso l’ente come una “composizione”, usando lo stesso termine della

tesi in un contesto del tutto differente che esclude il significato avuto in precedenza.

A ben vedere si tratta però in entrambi i casi di errori grossolani e occasionali, trascurabili nel più ampio

quadro dell’opera kantiana e, soprattutto, della concezione dello spazio in essa contenuta. Lo spazio in

quanto “forma pura dell’intuizione” esclude una composizione di elementi ad esso anteriori come sembrano

essere le sostanze in questo caso, e proprio in questo Kant fa consistere la differenza dai cosiddetti “concetti

discorsivi”, che Hegel tende per altro a sminuire. La discussione dell’antitesi si conclude con un suo

restringimento entro il solo ambito sensibile-fenomenico, dall’infinita divisibilità del quale sarebbero dunque

escluse le sostanze in quanto concetto.

Hegel trae dall’esposizione kantiana una lezione intorno alla necessità di prendere assieme i due momenti

della quantit&ag

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A.A. 2010-2011
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/01 Filosofia teoretica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gennaro Caruso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia teoretica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Dottori Riccardo.