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FILOSOFIA TEORETICA
Che cos’è la filosofia?
PARTE 1: PLATONE: la filosofia come modo di vivere
Introduzione
Filosofia - ῖ
φιλε ν ( philêin), "amare", e σοφία (sophía), "sapienza ”.
Nacque nella Grecia antica. I primi filosofi furono i cosiddetti “sette sapienti” e
successivamente Anassimandro ed Anassimene. Questi dicevano che la
filosofia nasce dallo stupore di fronte al mondo, ma la nascita di questa
disciplina fu permessa soprattutto dalla grande libertà di pensiero e di
espressione presenti in quella Grecia.
Per i filosofi definiti presocratici, la filosofia rappresentava la ricerca del
PRINCIPIO ULTIMO DELLA REALTA’, il cosiddetto ARCHE’. A partire da
Socrate e poi Platone, la disciplina subisce una modificazione fondamentale
e si trasforma in una conoscenza inscindibile da un determinato modo di
vivere.
A partire dall’ “illuminismo greco” le ricerche filosofiche si concentrarono
soprattutto sull’uomo come singolo individuo. Infatti i cosiddetti sofisti
ridussero notevolmente le possibilità della conoscenza, riducendola alla mera
sensibilità umana e dunque ad un forte relativismo. Rimane celebre la
sentenza protagorea: “L’UOMO E’ MISURA DI TUTTE LE COSE”, che tanto
fu criticata da Socrate e Platone.
In primis Socrate si oppose a queste false conoscenze sofiste, che venivano
spacciato come conoscenze assolute. Socrate non fece altro che introdurre
una filosofia negativa, quella del “sapere di non sapere” e grazie al suo
metodo maieutico, basato sull’elenchos (confutazione) e sull’ironia. Platone
invece costruì tutto un sistema positivo, per eliminare il cosiddetto positivismo
giuridico e gnoseologico dei sofisti. Per fare ciò distinse tra Saggi e Filosofi: i
primi sono coloro la cui conoscenza non è soggetta al divenire, ma questi
sono solo gli dei; i secondi sono coloro che hanno una conoscenza in
divenire, che possono però innalzarsi verso l’assoluto. I sofisti per P. però non
sono, come amavano autodefinirsi, saggi, poiché sono detentori di una
conoscenza falsa che viene commerciata a prezzi altissimi e soprattutto
riescono soltanto a rendere forte il discorso debole, ma non potranno mai
raggiungere una conoscenza assoluta, delle idee del bene.
Platone poi si oppose fortemente alla massima protagorea, dicendo:
Se l’uomo è inteso come l’uomo singolo, allora la conoscenza è ridotta
• alla mera sensibilità e quindi tutti hanno ragione e quindi non ha senso
che una persona debba pagare per ricevere insegnamenti dai sofisti
Se l’uomo è inteso come la specie umana, allora si cade nel relativismo
• specifico, ovvero che la specie umana è misura di tutte le cose.
Se invece si traduce la frase grammaticalmente, viene fuori “l’uomo è
• misura di tutte le sue produzioni” e in questo caso non sarebbe una
massimo negativa.
Dalla filosofia socratica e poi da quella platonica, si evince che il filosofo
non è un uomo come gli altri, infatti Socrate si considerava come
“atopos” ovvero senza luogo, poiché lui pensava di essere come
un’ostetrica che non può più procreare, ma può aiutare gli altri a
generare nuove vite e nel caso specifico nuove verità.
Dunque il filosofo è quella persona che è costretta a vivere su questa
terra, ma che riesce a tendere, con una sorta di amore, all’intelligibile. È
un intermediario tra sensibilità ed intelligibilità, ma non può mai
estraniarsi dalla propria società dal proprio mondo, proprio come fece
Socrate quando preferì la morte all’esilio.
Ma se il filosofo spazialmente è atopos, in senso temporale è un
DYNAMIS, poiché Platone lo presenta come dotato di un organo
intellettivo che trascende tutti gli organi di senso, l’anima, che gli
permette di avere una conoscenza in fio, che lo fa tendere naturalmente
verso il mondo ideale, l’iperuranio, ed in particolare verso il Bene.
Platone infatti nel Simposio, quando presenta il mito della nascita di
Eros, lo presenta come il figlio di POVERTA’ ed ESPEDIENTE, nato il
giorno stesso Afrodite. Questo dunque è un povero, che però con una
tensione amorosa cerca di raggiungere grazie alle proprie possibilità la
conoscenza assoluta, che cerca di innalzarsi al di sopra della propria
condizione. Ecco il filosofo è questo.
Dunque ci sono due livelli fondamentali di conoscenza: l’ignoranza e la
conoscenza piena (propria degli dei). Il filosofo si colloca in mezzo.
La figura del filosofo serve a Platone anche per opporsi ai sofisti, poiché
la filosofia platonica è anche e soprattutto una ricerca antropologica,
poiché per lui sono inscindibili filosofia politica e ed etica.
Platone nella repubblica si oppone in particolare al positivismo giuridico
dei sofisti, chiedendosi CHE COSA SIA LA GIUSTIZIA, poiché questi
falsi sapienti la identificavano con le leggi (DIKAION=NOMIMON).
Introduce dunque il concetto di DIKAIOSYNE, che non è più una
semplice giustizio estranea all’uomo, ma è una giustizia ETICA, che
trascende le leggi e la concezione limitata di giustizia che in questo
mondo. E’ l’ideale i giustizia, quello che vive nell’iperuranio, la giustizia
ideale, dunque il METRO A CUI TUTTO SI DEVE RIFARE SULLA
TERRA.
La Repubblica dunque, anche se criticata come opera totalitaria, si
impone come opera di critica agli stati di fatto e di ricerca della libertà
umana all’interno della società.
Infine nella Repubblica si denota la teoria della conoscenza platonica,
che viene presentata nel mito della caverna, che come il mito della biga
alata deve essere poi proiettato sulla società.
In questa teoria Platone propone un’ascesa dal sensibile all’intelligibile,
attraverso quattro gradi di conoscenza: EIKASIA →
PISTIS→DIANOIA→NOESIS.
C’è un nesso fondamentale tra vista e conoscenza noetica, infatti per
Platone conoscere il mondo delle idee significa averlo visto e idea
etimologicamente è riconducibile alla vista. La differenza è che la vista
è un senso empirico mentre ciò che coglie le idee è l’anima. Serve
comunque un intermediario tra anima e idee e se nel mondo sensibile
questo è il Sole on la sua luce, nel mondo delle idee, è il BENE.
“LA REPUBBLICA” (libro VII)
La verità ora non è più aleteia, ma ortotes ed implica una adeguatio rei
et intellectus.
MITO DELLA CAVERNA (duplicità prospettiva Socrate- Glaucone)
Platone descrive questa situazione di schiavitù come la realtà di tutti gli
uomini. Sostiene che noi tutti siamo costretti a contemplare le ombre
delle cose reali, a causa delle costrizioni sensibili, rappresentate dalle
catene. Dietro questi uomini c’è un muretto dietro al quale alcuni uomini
innalzano delle statuette che grazie ad un fuoco riflettono le proprie
ombre sulla parete della caverna.
Queste statuette rappresentano le cose in sé, rispetto alle ombre
proiettate nella caverna. Gli schiavi si specializzano nella conoscenza
delle ombre e si dividono anche tra più preparati e meno preparati.
Se caso mai uno di questi schiavi si liberasse, questo passaggio
sarebbe assolutamente naturale, poiché la liberazione dalle costrizioni
sensibili in Platone è una cosa necessaria. Quasi come se libertà e
necessità corrispondessero, nel senso che è necessario che l’uomo si
liberi.
Quando lo schiavo si libera, inizialmente continuerà a credere che la
realtà sia quella delle ombre, per cui c’è bisogno che qualcuno lo
costringa a voltarsi (conoscenza come conversione) e che gli faccia
capire che le ombre non sono altro che mere proiezioni delle statuette.
Questo processo di liberazione è dunque faticoso, ma porta alla
conoscenza delle idee e del Bene, dopo aver contemplato le statuette,
poi le ombre fuori dalla caverna e di conseguenza i riflessi nell’acqua, il
cielo stellato e la natura ed infine il sole in sé.
Una volta contemplato il Sole (Bene), il filosofo non vorrebbe più
ridiscendere nella caverna, perché qui sarebbe deriso od addirittura
ucciso dagli schiavi ancora incatenati, poiché lui mostrerebbe un altro
livello di conoscenza che questi non capirebbero.
Il filosofo del mito della caverna deve comunque essere inserito
all’interno della realtà, de contesto sociale. In questo caso dopo aver
contemplato l’idea di Bene e di Giustizia, si sentirebbe a disagio
nell’usare le leggi di questo mondo, dettate dalla sensibilità.
Deve però essere costretto a ridiscendere in questo mondo e a questo
proposito Platone apre una grossa digressione sull’educazione: per lui
non è una tecnica che viene infusa, ma è la riscoperta di verità già
conosciute, già contemplate in un altro mondo e dunque deve essere
questo processo naturale di liberazione del singolo individuo dalle
catene imposte dalla nostra fallace conoscenza sensibile.
E’ importante che la società investa nell’educazione perché bisogna
essere in grado di creare nuovi filosofi che porteranno avanti lo Stato.
Solo questi possono governare perché lo faranno controvoglia e quindi
per DOVERE e non per VOGLIA DI POTERE.
CURRICULUM STUDIORUM:
MUSICA-GINNASTICA
1. MATEMATICA: deriva direttamente dalla musica, non dalla
2. tecnica musicale, ma dalla scienza della musica. Per P. (di
evidente educazione pitagorica) la matematica è la scienza
teorica che unifica tutte le altre scienze applicate. La matematica
è necessaria a tutti, poiché è presente in ogni scienza anche nelle
arti militari.
La matematica dunque serve a permettere l’uscita dalla caverna,
poiché proietta lo schiavo nel mondo intelligibile, anche se come
disciplina è ancora ipotetica. Quando lo schiavo viene liberato,
sente l’ambivalenza delle cose e non capisce quale sia reale, se
le statuette o le ombre. L’aritmetica interviene per risolvere questo
problema, permettendo allo schiavo di trascendere la realtà
empirica, andando alla ricerca della concezione ideale ed unica
della realtà ambivalente. Serve dunque ad andare oltre il
sensibile, a trovare l’unità, eliminando il divenire.
GEOMETRIA: serve al capo dell’esercito per la disposizione degli
3. accampamenti etc., ma anche e soprattutto al filosofo per
percorrere la propria strada verso il mondo delle idee