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RELATIVITA' GENERALE
Qui non si hanno più sistemi inerziali, ma sistemi di riferimento in moto accelerato tra
loro.. oppure, ed è il principio di equivalenza, due sistemi inerziali in cui in uno agisce
un campo gravitazionale, che quindi accelera un corpo a se.
In MRG si riscrive il campo gravitazionale.. si ridefinisce il moto di un corpo soggetto a
tale campo.. per farla semplice, si conclude che un corpo dotato di massa ha la
proprietà di curvare lo spazio-tempo attorno ad esso, di conseguenza il corpo si muove
sulle linee (geodetiche) di questo spazio deformato..
è come se metti un pallone di 3 kg (la famosa palla medica) su un tappeto elastico.. il
tappeto si deforma.. esattamente come lo spazio soggetto ad una massa.
TESTI CHE PARLANO IN MODO GENERALE DELLA RELATIVITA' DI EINSTEIN 34
PRIMO TESTO: La teoria della relatività è un'interpretazione complessa, che abbraccia
la natura dello spazio, del tempo, dell'energia e della gravitazione; fu formulata da A.
Einstein nel tentativo di unificare i fenomeni meccanici, che sottostavano alle leggi
della meccanica classica di Newton, e i fenomeni elettrici e magnetici, descritti dalla
teoria dell'elettromagnetismo di Maxwell. I due gruppi di equazioni erano basati su due
ipotesi fondamentalmente diverse. Secondo la meccanica classica i concetti di spazio
e di tempo sono concetti assoluti e le leggi che regolano il moto dei corpi devono
valere, invariate, per un osservatore in quiete e per un osservatore in moto rettilineo
uniforme. Secondo l'elettromagnetismo le onde elettromagnetiche si propagano con
una velocità finita, la velocità della luce, indipendente dal moto della sorgente, e ciò
appare in contrasto con le leggi della meccanica classica.
All'inizio del XX secolo i fisici teorici si impegnarono nel tentativo di superare il
dualismo tra i fenomeni meccanici e quelli elettromagnetici e di inquadrarli entro un
unico schema, adattando i secondi alle leggi della meccanica classica. Einstein intuì
che non erano le leggi dell'elettromagnetismo che dovevano essere cambiate, bensì
quelle della meccanica, introducendo i concetti di spazio e di tempo relativi; in
particolare, egli comprese come devono essere descritti gli eventi quando vengono
osservati da due diversi sistemi di riferimento. La prima parte della teoria della
relatività di Einstein, enunciata nel 1905 e applicata ai sistemi in moto rettilineo
uniforme, viene detta teoria della relatività ristretta (o speciale) e fu estesa ai sistemi
in moto accelerato nel 1915, con la teoria della relatività generale.
SECONDO TESTO: Il principio della relatività classica di Galileo e Newton, per cui il
moto di un grave non è assoluto, ma dipende dal sistema di riferimento che si assume,
è stato ripreso e ampliato da Einstein. Lo scienziato tedesco (1879-1955) ha esteso
questo concetto non solo alla meccanica, ma a tutti i fenomeni fisici, ottici e
elettromagnetici. Per Einstein la propagazione della luce nel vuoto avviene a velocità
costante, indipendentemente dal fatto che la fonte luminosa, o l'osservatore, siano
fermi o in movimento. Da ciò consegue che sia lo spazio che il tempo sono due
concetti relativi, in altre parole, non si possono considerare indipendentemente dal
moto di un corpo. Due eventi che avvengono contemporaneamente all'interno di un
sistema di riferimento, per esempio, possono non esserlo rispetto a un altro sistema di
riferimento. O ancora, il tempo, in un sistema di riferimento fermo, passa più
velocemente che in un sistema di riferimento in moto. Le conseguenze della relatività
einsteniana sono difficili da comprendere: se un'astronauta viaggiasse alla velocità
della luce per un breve periodo, per esempio, quando tornerebbe sulla Terra per lui
sarebbero passati pochi istanti, mentre sulla Terra sarebbero passati molti anni.
L'universo di Newton basato sulla geometria di Euclide e sui concetti assoluti di spazio
e tempo, si trasforma in un universo differente: ogni evento non avviene più nello
spazio in un preciso momento, come siamo portati a immaginare, ma in uno
spazio-tempo relativo, dove la costante è la velocità della luce.
5. LA MECCANICA QUANTISTICA
La natura della luce
La meccanica quantistica fu un’impresa collettiva a cui lavorarono tutti i migliori fisici
del primo ‘900. Anche qui tutto ebbe inizio con la luce. Fino al 1800 si pensava che la
luce fosse composta di particelle, scoprendo poi grazie a Young che fosse composta da
onde. Prima si pensava che l’energia fosse una grandezza continua, ma il 14 dicembre
1900 Planck dimostrò che essa era quantizzata: poteva assumere valori che siano
multipli interi di una certa grandezza detta costante di Planck. Egli spiega il fenomeno
della radiazione di un corpo nero: esso assorbe tutte le radiazioni senza rifletterle ne
trasmetterle, per poi riemetterla su tutta la gamma dello spettro elettromagnetico. Nel
1905 Einstein, nel suo primo articolo illustrò come indirizzando un fascio di luce su un
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pezzo di metallo inserito in un circuito , il quale produceva corrente elettrica, l’energia
degli elettroni in movimento era uguale per tutti e non dipendeva dall’intensità della
luce: ciò dipendeva dal suo colore, cioè dalla sua frequenza. Einstein spiegò che ciò si
verifica perché sia la corrente elettrica che la luce sono quantizzate, composte
rispettivamente da elettroni fotoni. Ciasciun elettrone per staccarsi dal proprio atomo
ha bisogno di una certa energia critica e perché l’energia possa generarsi sarà
necessario che l’energia già presente in ciascun fotone sia superiore a quella critica.
L’intensità del fascio dipenderà dal numero di elettroni liberati. L’interpretazione di
Einstein portò alla dimostrazione dell’esistenza degli elettroni e quindi all’esistenza
degli atomi.
La nascita della teoria atomica
Nel 1808 Dalton enuncia la “legge delle proporzioni multiple”: quando si fa reagire un
quantitativo fisso con un altro per formare composti, le masse del secondo elemento
stanno tra loro in un rapporto che è sempre esprimibile mediante numeri interi e
piccoli. In favore dell’atomismo venne scoperta la tavola periodica degli elementi nel
1869: essa mostrava somiglianze chimiche tra i vari elementi e quindi presupponeva
l’esistenza di una struttura uguale. In campo della fisica i primi grandi contributi si
ebbero con la scoperta della radioattività e con l’identificazione dell’elettrone.
L’accettazione dell’atomismo venne grazie ad Einstein che nel 1905 ne aveva posto le
premesse, sia con l’articolo sul fotoelettrico, sia con la spiegazione del moto
browniano: se in un liquido sono presenti piccole impurità, queste, viste al
microscopio, si muovono anche se il liquido è in quiete. Questo movimento è causato
dal movimento delle particelle che compongono il liquido, gli atomi. Gli atomi erano le
vere entità della natura perché contenevano particelle con carica elettrica positiva
(protoni) e negativa (elettroni). Il problema era capire come le cariche positive e
negative fossero disposte. Furono avanzate diverse proposte:
• Nel 1903 Von Lenard vedeva le cariche positive e negative unite in coppie
chiamate dinamiti;
• Nel 19010 Stark proponeva un modello in cui le cariche positive si alternavano
alle negative formando un anello;
• Nel 1904 Nagaoka sosteneva che gli elettroni si trovano disposti ad anello
intorno al nucleo;
• Nel 1904 Thomson propose il modello a “plum-pudding” nel quale la carica
positiva era diffusa in una sfera a bassa densità entro la quale erano inglobati
gli elettroni;
• Rutherford dimostrò che l’unica opzione possibile fosse quella in cui vi era un
nucleo pesante costituito da cariche positive, con gli elettroni che gli ruotavano
attorno;
• Nel 1913 Bohr propose l’ipotesi che gli elettroni possano orbitare intorno al
nucleo a distanze determinate: anche le orbite degli elettroni sono quantizzate.
Le orbite più esterne hanno un livello energetico superiore e per raggiungerle gli
elettroni devono ricevere energia sotto forma di fotoni (stato eccitato) che poi
riemettono quanto tornano ad un livello più basso (salto quantico). Quando tutti
gli elettroni si trovano al livello energetico più basso possibile (stato
fondamentale) l’atomo è stabile e non può irradiare.
Quest’ultima fu quella che venne accettata per 10 anni.
La strana natura dei quanti
Compton nel 1923 scoprì la diffusione del fotone: la luce interagendo con gli elettroni
era capace di produrre un effetto analogo a quello dell’urto tra due palline con l’unica
differenza che una palla in movimento urtandone una ferma perde velocità, mentre la
luce rimedia perdendo energia,cioè scendendo di frequenza (effetto Compton). Ciò
dimostrava la tesi di Einstein che non solo l’energia viene scambiata per quanti
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indivisibili, ma che essa è sempre costituita da tali quanti che esibiscono un
comportamento corpuscolare, anche quando viaggia nello spazio sotto forma di onde.
Nel 1924 De Broglie dimostrò l’opposto deducendo l’esistenza di un aspetto
ondulatorio associato alla materia.
A seguito di queste due scoperte:
• Si stabilì il dualismo onda-corpuscolo: tutto ciò che esiste appare per un verso
come particella, per un altro come onda. A causa del loro aspetto ondulatorio gli
elettroni possono stare solo su orbite di lunghezze tali da essere multipli interi
della loro lunghezza d’onda, altrimenti si creerebbe un’auto-interferenza
distruttiva;
• Le orbite permessi si dispongono in gruppi posti a diverse distanze dal nucleo su
ciascuno dei quali non possono mai trovarsi più di 8 elettroni.
Con questo era nata la teoria atomica moderna.
L’indeterminismo quantistico e i suoi paradossi
Born nel 1923 notò che una particella quantistica non ha più una posizione precisa in
conseguenza della sua duplice natura, ma si trova dispersa su tutto l’arco dell’onda.
La descrizione del suo moto è dat da una funzione d’onda Ψ,contenuta nell’equazione
di Schrodinger che stabilisce che la particella ha una possibilità maggiore di essere
trovata dove la funzione d’onda ha maggiore ampiezza, ma può anche trovarsi in altri
punti di essa. Potremmo stabilire dove si trova tramite l’esperimento, ma più
precisamente conosceremo la sua posizione, tanto meno precisamente conosceremo
la velocità e viceversa. Esse vengono dette grandezze complementari: questo è il
principio di indeterminazione di Heisenberg. La meccanica quantis