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SACRIFICIO.
tutto il mondo euro –Indo – mediterraneo celebrava con grande cura i riti della fertilità, segno di
rispetto e di alleanza con la potenza generatrice della Grande Dea.
il sangue animale era sparso a profusione, per indicare il circolo eterno della morte e della vita, la
trasmutazione delle creature, la transitorietà degli individui e la permanenza dei gruppi. Nel mondo
clasico , qsti riri erano ancoracardini della coesione del gruppio e luoghi privilegiati di
comunicazione fra gli esseri umani e la natura. Le feste sacrificali si moltiplicavano durante le crisi,
le guerre,le carestie, le epidemie, i passaggi di governo.
Dioniso ad esso erano offerti gli animali in sacrificio. Gli ovini (pecore ecapre ) erano assai diffusi
e preziosi: con le loro pelli ci si proteggeva, con le loro carni ci si nutriva. Arieti e capri erano
ancora più preziosi : erano rari e fecondatori. Proprio per qsto divennero animali sacri e sacrificali.
nel rito greco tutto era congegnato per esprimere l’AMBIVALENZA DEL RITO SACRIFICALE.
1. l’atto sacrificale era sacro e ineluttabile.
2. allo stesso tempo, induceva all’orrore e al pentimento.
L’animale ucciso era sentito come un fratello. Talvolta, si giungeva a celebrare una risurrezione
simbolica. Recintando, ritualizzando, sublimando la violenza, si cercava una via d’uscita per uscire
dalla violenza stessa. La pratica sacrificale era intesa come una condizione necessaria perché la
violenza non si prorogasse al corpo sociale.
Ad Abdera , nella Grecia classica, l’intera comunità si purificava attribuendo ad un individuo
designato il ruolo del capro espiatorio: lo si nutriva abbondantemente e poi lo si inseguiva a colpi
di pietre fino ai confini del territorio della città.
non si tratta solo di rituali né di leggende . Rievocano un passato in cui erano gli stessi esseri
umani a essere sacrificati.
• Le antichissime tribù della fascia equatoriale del mondo, dall’Africa all’Oceania, dal Brasile
all’Asia sud – orientale, narrano una versione arcaica del mito della fine dell’Età dell’oro e
dell’origine della storia. L’età dell’oro che non conosceva nascite e morti, finì con un delitto.
• Dal corpo della vittima smembrato e sepolto, nacquero le prime piante alimentari che
diedero facoltà e argani riproduttivi a chi se ne fosse cibato.
• Dalla morte nacque la vita; dall’uccisione , la generazione.
• In ogni angolo della Terra , molte comunità raccontano in modo simile la loro origine.
Arrivò un visitatore straniero. Fu festeggiato. Ma poi fece qualcosa contro la comunità.
Dovette essere ucciso, da tutto il gruppo. Talvolta, riuscì a sfuggire. Ma dal momento
dell’espulsione o dell’uccisione fu venerato come un dio , o come antenato divino.
negli abissi del tempo , in varie parti del mondo, i re venivano immolati periodicamente , dopo un
certo periodo di anni. Non erano individui qualunque. Al contrario, erano gli individui più preziosi
per la collettività. Erano sacri: esaltati proprio per il valore simbolico della loro vita e della loro
morte, che garantivano la coesione della comunità. Venivano sepolti nelle viscere delle montagne ,
da dove avrebbero spiccato il volo verso le sfere celesti.
Vittime della purificazione e dell’espiazione collettiva erano talvolta individui segnati da qualche
diversità , da un particolare tratto fisico o da una difformità di comportamento. Tutti i membri di un
gruppo si uniscono contro una vittima designata: l’estraneo, lo straniero, il miserabile sono esposti
a scoppi di violenza improvvisa e distruttrice.
Pur tra violenze e prevaricazioni in nessun angolo d’Europa non c’è qualcosa di simile alla purezza
etnica. L’Europa è nata nel mètissage generalizzato: non soltanto di razze e di lingue ma, anche e
soprattutto, di culture.
la simbologia degli dei del cielo si sovrappose alla simbologia delle dee della terra, ma non la
annullò. Quest’ultima fu screditata , ma continuò a informare di sé l’arte e i miti.
Molti continuarono a celebrare i misteri antichi.
Fu un ‘età della duplice nostalgia per i vasti spazi delle steppe. L’Europa nacque nell’esperienza di
sradicamento: l’armonia tra suolo , gruppo e culto fu rotta per sempre.
Nel conflitto e nel compromesso , nell’ambivalenza e nella tensione nacquero i tratti più
caratteristici della nostra storia. Nacque una storia fatta di instabilità croniche , di etnie che
invadevano altre etnie , di imperi che sorgevano rapidamente e ce riunivano innumerevoli popoli ,
di assassini regali, di crolli clamorosi e di nuovi vincitori.
Ma nacque una storia in cui si fecero strada le idee di libero arbitrio, di autodeterminazione
dell’individuo, di autogoverno, di polis, di democrazia.
Nacque una storia così come la conosciamo: non una placida ripetizione del sempre identico , ma
un’avventura ignota in cui si producono novità, nascono coerenze e stati di stabilità, che poi si
trasformano e vengono meno.
la rottura del legame sacrale fra popolo e territorio spinse re ed eroi all’avventura. L’espansione
della civiltà urbana e del terreno agricolo portò a tagliare boschi, a radere al suolo intere foreste.
il legame immediato tra individuo, gruppo e natura si rescisse per sempre. lasciato solo a se stesso
l’individuo rifletté sulla responsabilità personale . nella caccia e nel sacrificio , questa non esisteva.
Era il gruppo in quanto tale che agiva. L’individuo sentì il peso della vita e della morte. la natura
diventò esterna.
molti atteggiamenti furono allora possibili: ricercare il legame originario con la natura, diventare
partner della natura, partecipare a essa, cercando di capire e interpretare le sue innumerevoli
forme. Tutti qsti atteggiamenti confluirono e si combatterono nell’attività umana che accompagnò
la nascita dell’individuo: la conoscenza.
i popoli nomadi delle steppe anche se prevaricarono sulla società agricole, furono costretti a
grandi compromessi. La cultura e i modi di vita derivarono dall’ibridazione contraddittoria fra due
mondi. L’interazione sinergica fra maschile e femminile fu contrastata e ingabbiata negli schemi di
una società androcratico. Ma non smise mai di fecondare le radici profonde di pensiero.
4. L’INTRECCIO DELLE DUALITA’
La tradizione spirituale dell’India non annulla e né contrappone le dualità , ma vive e ripercorre il
loro intreccio generativo.
questa cosmologia è espressa , dalla simbiosi fecondatrice fra Siva e la sua consorte Sakti : fra
- la divinità maschile, principio statico di ordine e di forma, coscienza pura che pervade tutto
quanto l’universo;
- la divinità femminile, espressione dinamica dell’energia, delle potenzialità generatrici insite
in ogni creatura e in ogni parte del cosmo.
SIVA che è desiderio si unisce con SAKTI che è tempo: il pensiero astratto può realizzarsi soltanto
attraverso la potenza creatrice.
un sapere senza azione è inutile.
siva senza sakti è un cadavere: esprime l’indissolubilità dell’intreccio duale.
in qsto quadro mitico e religioso è rispettato il culto della Grande Dea, popolare nel mondo
preariano e sopravissuto fiorente anche nell’India classica e moderna.
Sakti viene venerata in molti modi:
- SRI : la dea della prosperità e dell’abbondanza
- KALI : la dea terrifica che presiede alla nostra età cruenta
- ANNAPURNA: la donna che tiene lontana la carestia
- SARASVATI: la protettrice delle scienze e delle arti.
- In molte altre rappresentazioni assume proprio l’aspetto di siva , compreso quella
ermafrodita che quello androgino.
Oggi, il mondo preariano trovala sua continuazione più diretta nel mondo dravidici dell’India
meridionale e nell’Assam dove permangono popolazioni ancora più antiche.
Gli ariani si spinsero fino al Golfo del Bengala.
A contatto con i popoli delle nuove regioni , le loro visioni mitiche e cosmologiche subirono un
cambiamento di prospettiva.
Gli antichi dei vedici, che nel mondo indoeuropeo esprimevano le forze della natura, furono sempre
più interpretati come aspetti della personalità.
al mito naturalista si sostituì il mito psicologico, che avrebbe segnato la storia successiva della
civiltà indiana.
ogni personalità umana assume vastità e portata cosmica.
Ciò che è qui , è altrove; ciò che non è qui non è da nessuna parte: l’Individuo contiene in sé tutto
l’Universo. Le UPANISAD (i Veda più recenti) affermano l’identità del microcosmo individuale
con il macrocosmo universale.
Il CORPO e la MENTE di ogni essere umano costituiscono il luogo privilegiato in cui la dualità
cosmica originaria si incarna e si intreccia.
secondo l’anatomia e la fisiologia indiana tradizionali, il corpo degli individui è solcato da una
rete intricatissima di innumerevoli NADI che sono i canali attraverso i quali circola il PRANA,
l’energia vitale.
Due canali principali dell’energia vitale risalgono per tutto il corpo umano , sfociando nelle due
narici. Gran parte dell’iconografia li presenta intrecciati alla maniera di una doppia elica o di un
caduceo:
- un canale : IDA ha natura femminile. E’ associato a Chandra , la luna; la sua energia è
fresca;
- l’altro canale : PINGADA ha natura maschile. E’ associato a Surya, il sole: la sua energia è
infuocata.
I due canali sono attorcigliati attorno ad un altro canale che segna l’asse centrale del corpo,
percorrendo la colonna vertebrale dal basso verso l’alto. Qsto canale verticale è detto susumna o
canale di mezzo.
E’ sul CANALE DI MEZZO i una corrispondenza strategica con vari organi e ghiandole del corpo
umano, che sono collocati i 7 CHAKRA: i plessi energetici principali.
Sul piano fisiologico i chakra sono centri di incrocio e di distribuzione di molteplici nadi.
Sul piano simbolicosono centri di coscienza che indicano le varie dimensioni biologiche e
psicologiche della vita di un individuo.
la concatenazione ascensionale e progressiva dei Chakra definisce le soglie attraverso le quali
passa l’itinerario di trasformazione dell’individuo, le tappe attraverso le quali può aver luogo
l’esaltazione e l’espansione di tutte le potenzialità insite nell’incarnazione di ognuno.
la meta ultima è il risveglio progressivo dell’ENERGIA GENERATRICE, è destinata a incrociarsi