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I meccanismi evolutivi individuati nell’Origine vengono applicati agli adattamenti umani; inoltre le prove
evoluzionistiche raccolte nella terza parte dell’Origine venivano estese con rigore metodologico al mammifero
umano, comparato alle altre forme animali. Darwin aveva deciso di attaccare la cittadella inviolata della mente
umana.
La formulazione indipendente della teoria non aveva dato adito ad alcuna polemica di priorità con Wallace,
poiché egli fu pronto a riconoscere che Darwin vi lavorava da più tempo. Ma i rapporti rischiarono di incrinarsi
dieci anni dopo, quando nel 1869 la corrispondenza fra i due cominciò ad essere perturbata da quella che
Wallace definiva eresia. Egli aveva iniziato a postulare alcune limitazioni di principio al potere della selezione
naturale, si era convinto che il cervello e altre caratteristiche umane non potessero essere spiegati attraverso
un meccanismo selettivo. La rinuncia di Wallace al naturalismo metodologico fu dovuta al suo bisogno di
garantire un fondamento al libero arbitrio nell’agire umano e al crescente interesse per lo spiritismo. Il
paradosso di Wallace, selezionista su tutto tranne che per le facoltà intellettuali e morali dell’uomo, abbia
avuto successo in seguito, divenendo un argomento per eccezione di tipo discontinuista che non cessa di
essere evocato in chiave anti-naturalista da chi pensa che la coscienza introspettiva umana o il linguaggio
articolato non possano trovare una spiegazione evoluzionistica a causa della loro inarrivabile complessità
Il progetto darwiniano si fonda su una sequenza interpretativa che può essere sintetizzata in tre passaggi:
-continuità nella discendenza comune;
-gradualità nell’evoluzione;
-diversità nei risultati.
Il punto di appiglio era la constatazione dell’evidente condivisione sia di strutture muscolari sia di espressioni
facciali nella manifestazione delle emozioni primarie da parte dei primati e degli esseri umani. Per
associazione abituale, il processo di evoluzione per selezione naturale e sessuale ha fissato queste
espressioni nel nostro patrimonio biologico e comportamentale. Più le emozioni sono istintive più la loro
sedimentazione evolutiva deve essere profonda. Opponendosi ad ogni forma di dualismo delle sostanze,
Darwin afferma che le emozioni non hanno alcunché di immateriale: scaturiscono dal corpo e sono comuni a
tutti gli esseri viventi; per Darwin le emozioni sono anche il brodo di coltura per le capacità superiori della
mente e per il senso morale, non essendovi alcuna dicotomia fra una razionalità astratta da una parte e il
mondo irrazionale delle emozioni corporee dall’altra. L’universalità delle emozioni nell’uomo non esclude che
in culture diverse esse possano sviluppare divergenze specifiche. Le ipotesi darwiniane sull’espressione delle
emozioni si inseriscono nel solco della continuità più stretta fra animali e specie umana, a seguito di un
processo in cui ogni tanto non deve essere utile in ogni momento. La continuità naturale stretta fra le modalità
di espressione delle emozioni negli animali e negli esseri umani viene mostrata ricorrendo a osservazioni
comparative fra i primati e uomini, allo studio dei comportamenti dei malati di mente e alla comparazione fra le
espressioni delle emozioni nelle popolazioni umane. Ancora una volta l’evoluzione è intesa come un bricolage
flessibile di strutture e di funzioni nella continuità di un processo che non ha salti
La continuità del processo di acquisizione naturale di tutti i comportamenti e di tutte le facoltà umane si
estende in Darwin oltre i confini delle emozioni e coinvolge il linguaggio e l’intelligenza. Tutti gli animali
comunicano. Dunque anche i linguaggi si sono evoluti in una sequenza continuativa di diversificazioni,
seguendo le esigenze dell’ambiente fisico e sociale, talvolta differenziandoli da gruppo a gruppo. L’intelligenza
è distribuita per gradi e sfumature in natura, tanto che è ben difficile applicare a essa aggettivi di superiorità o
inferiorità in quella o in quell’altra specie. Anche l’intelligenza richiede un’indagine circa le cause remote e il
ruolo della selezione naturale. Nell’origine dell’uomo argomenta le sue tesi circa la storia naturale continuativa
della coscienza morale. La specificità umana deve molto alla nostra socialità. In questo modo conquista la sua
centralità la nozione di istinto mutuata in parte dalla lettura giovanile di Davi Hume, ovvero di un’istanza
interna profonda che riemerge dal tempo e muove dall’azione, che Darwin definisce come ragione dimenticata
o sedimentata. Si prova piacere a obbedire ai propri istinti. Il loro fondamento sta nella loro evoluzione
continuativa all’interno della peculiare socialità di ogni specie.
Charles Robert Darwin 2
Per capire la natura umana, interessa il meccanismo selettivo sospinto dalla sopravvivenza differenziale e
dagli interessi riproduttivi. Darwin osserva che molti caratteri si sono sviluppati non per garantire una migliore
sopravvivenza, ma grazie a un vantaggio direttamente riproduttivo. Mentre nella selezione naturale il successo
riproduttivo differenziale è una conseguenza della capacità di sopravvivere meglio e di raggiungere l’età
riproduttiva, nella selezione sessuale si compete direttamente per il successo riproduttivo. Il premio della
selezione è direttamente il successo riproduttivo. In questi fenomeni di competizione riproduttiva e di selezione
sessuale rinveniamo una forza complementare rispetto alla selezione naturale: la strategia è adattiva rispetto
alla riproduzione. Tuttavia il meccanismo a tre stadi – variazione, ereditarietà e selezione – è lo stesso della
selezione naturale e in entrambi i casi si tratta di una competizione tra individui della stessa specie. La
selezione intrasessuale sarà tanto più aggressiva quanto minore è il numero di maschi che si accoppiano con
più femmine. Nei casi di poliandria , il dimorfismo sessuale sarà invertito: dimensioni e ornamenti per
conquistare il maschio saranno esibiti dalle femmine; dove invece la monogamia promuove la comunione dei
beni la selezione sessuale avrà un’influenza inferiore. Non vi è una spiegazione univoca del perché le
femmine comincino a sviluppare le loro preferenze, scatenando l’esibizionismo. La spiegazione più plausibile
rimane quella secondo cui il carattere prescelto nel maschio viene selezionato perché conferisce un qualche
vantaggio; la scelta femminile rafforza la selezione aggiungendovi il vantaggio nell’accoppiamento. Quando la
selezione sessuale prevale su quella naturale, il carattere diventa disadattivo perché il vantaggio
nell’accoppiamento sopravanza il costo in termini di sopravvivenza. La selezione sessuale ha avuto un ruolo
centrale nell’evoluzione di numerosi comportamenti, preferenze e predisposizioni umani; è la principale
responsabile della definizione dei caratteri sessuali nella specie umana.
Su questi temi, Darwin appare contraddittorio; in quelle pagine si trovano affermazioni circa le disparità e i
conflitti tra popoli, la cui durezza è tipica del senso comune delle classi dominanti dell’impero britannico. La
concorrenza è sempre un bene, ma le nazioni più civili sono quelle che smettono di sterminarsi fra loro come
selvaggi. La distribuzione geografica delle razze sembrava indicare a Darwin che i caratteri esteriori umani
non fossero adattamenti a una condizione climatica particolare, né che avessero alcuna utilità in termini di
sopravvivenza. Wallace aveva cercato di spiegare l’origine e l’apparente stabilità delle differenze fisiche tra
razze umane attraverso la sola azione della dura selezione naturale in tempi remoti.
Darwin scopriva la logica continuativa e graduale del processo selettivo e modificava la sua prospettiva circa
le trasformazioni delle specie. Per alimentare la tendenza a piccoli cambiamenti nella lotta per l’esistenza,
minuscoli vantaggi cumulativi sono sufficienti per dare carburante al motore della selezione. Nel potere
esplicativo della selezione naturale una debolezza, dato che per essere efficace il processo di selezione
richiede due restrizioni teoriche
1) Una stretta continuità generazionale, unita all’uniformità nel ritmo di discendenza
2) Un vantaggio individuale, che possa accrescere la frequenza di una variante in una popolazione
in virtù del tasso differenziale positivo di riproduzione dei suoi portatori
Gradualità e interessi individuali. La selezione agisce solo per il bene degli individui. Nessuna interazione può
essere all’insegna di un’altruistica gratuità o reciprocità, poiché la sopravvivenza differenziale riguarda soltanto
gli interessi concorrenziali. L’ipotesi darwiniana è che la selezione naturale promuova il vantaggio individuale;
eppure è ugualmente evidente che i comportamenti animali sono frequentemente altruistici. Una parte di
questi comportamenti solidali può essere interpretata alla luce della selezione naturale classica, in quanto essi
offrono vantaggi individuali e di gruppo. Un rafforzamento dell’ipotesi darwiniana classica verrà dalla scoperta
della kin selection, cioè delle selezione di parentela che fa sì che un individuo si comporti in modo
apparentemente altruistico nei confronti di membri del suo gruppo, ma perché questi hanno elevate probabilità
di essere suoi parenti di diverso grado. È più difficile spiegare l’origine di comportamenti sociali che appaiono
altruistici, poiché essi producono uno svantaggio per l’altruista e un vantaggio indiretto per l’egoista, che può
approfittare delle azioni degli altruisti attorno a lui senza costi per se stesso. La difficoltà però non sta nel
capire come funziona oggi, bensì nel capire perché il processo di selezione naturale sia stato tollerante
all’inizio verso una prole non riproduttiva. Il paradosso della gradualità di comparsa e della funzionalità
dell’altruismo sembra aver bisogno di una soluzione a più livelli. La nozione centrale è quella di istinto sociale,
che si sviluppa per selezione naturale da stadi più elementari a espressioni più complesse: il fondamento delle
qualità morali e sociali risiede negli istinti sociali più raffinati.
VI . Un tranquillo ribelle di campagna
Dopo l’Origine si dedicò all’estensione antropologica della sua visione del mondo naturale e un complesso di
monografie sperimentali e descrittive di grande prego metodologico e teorico. Nel 1862 uscì un con un volume
sugli espedienti attraverso i quali le orchidee sono fecondate dagli insetti. Gli apparecchi che per Paley
Charles