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ERWIN SCHRÖDINGER E LA NUOVA EPISTEMOLOGIA DELLA

FISICA

Le riflessioni epistemologiche di Schrödinger muovevano dal ritorno ai presocratici e

ai problemi da essi affrontati, egli deplorava la divisione tra fisica e metafisica, che

ha portato gli scienziati a non occuparsi dei fondamenti filosofici ed epistemologici

delle loro teorie.

La nuova visione della scienza a portato a mettere in discussione i suoi concetti

“fondanti”, in primo luogo ciò che ne costituisce l’oggetto per eccellenza: la materia.

Parallelamente alla visione degli antichi atomisti oggi abbiamo la certezza, da loro

solo ipotizzata, che la materia è costituita da particelle, separate da distanze grandi

rispetto ad esse, e distribuite nello spazio vuoto. Contrariamente alle antiche visioni

che consideravano tali particelle come piccoli corpi individuali, identificabili, noi oggi

sappiamo che i costituenti ultimi della materia non possiedono per nulla una

“identità”, consapevolezza derivante dalla scoperta dell’impossibilità della ripetibilità

di un esperimento a questi livelli microscopici. Allora cos’è che spiega la transizione

da un mondo microscopico senza individualità e l’individualità dei corpi

macroscopici? Schrödinger avanza l’ipotesi che l’origine dell’individualità non risieda

nella materia ma nella forma che gli atomi assumono, nella struttura della loro

composizione,nella loro organizzazione strutturale, nella loro forma. Essi sono come

pure forme. Allora rispetto a ciò che noi osserviamo delle particelle ci riferiamo a

qualcosa di vero, di reale? Secondo Schrödinger possiamo solo affermare che si

tratta di una descrizione adeguata, ma per quanto riguarda la sua veridicità la

domanda da porre è se abbia la possibilità di essere vera o falsa, e risposta non c’è.

Inoltre ’imperfezione dei modelli teorici non è dovuta all’imperfezione degli strumenti

di indagine umana, ma dipende da ragioni “di principio”, come la teoria dei quanti ci

ha dimostrato.

La nuova teoria dei quanti ha messo in crisi la fiducia incondizionata nel concetto di

“continuità” dei fenomeni fisici. Gli stessi scienziati che sono giunti a questi risultati

hanno cercato prima di confutarli, poi di attenuarne l’effetto. Schrödinger nel 1950

tentò di spiegare l’atteggiamento dei colleghi. Planck stesso fu molto scontento della

sua scoperta, credeva nel presupposto di derivazione aristotelica che precludeva

“salti” alla natura, e molti insieme a lui. Schrödinger fu il primo ad abbandonare

questa convinzione cercando di dimostrare come questa convinzione traesse origine

dalla trasposizione di un concetto nato nell’astratto ambito della matematica agli

eventi reali. L’idea di intervallo continuo è una enorme estrapolazione di ciò che ci è

realmente accessibile, ci serve per parecchi scopi pratici, ma non dal punto vista

epistemologico della teoria della conoscenza. Le funzioni continue sono una

descrizione astratta, ma non possono essere considerate il corrispettivo del reale.

L’idea di discontinuità è antichissima, e cercare le origini del problema ha per lui un

preciso significato metodologico. L’ipotesi atomista rappresenta quindi una vera e

propria risposta ai problemi posti dalla filosofia precedente. In particolare

Anassimene con l’importanza attribuita ai processi di “rarefazione e condensazione”,

resi plausibili proprio dall’ipotesi atomista. Fornirono risposta anche all’idea che

contemporaneamente fornivano i matematici dell’epoca riguardo la linea come

formata da punti. Ossia il concetto che il reale è costituito da atomi e vuoto. Dunque

le difficoltà insite nel misterioso carattere del continuo hanno origine nel passato. E

questo spiega perché l’atomismo ha ha incontrato un successo così durevole e si è

dimostrato così indispensabile. Secondo Schrödinger anche la meccanica

ondulatoria/quantistica rappresenta l’ennesimo tentativo di sfuggire al dilemma

continuo/discontinuo. Spiega così l’azione degli “atomisti” del Novecento. Il motivo

che lo spinge è che i fatti da loro osservati sono inconciliabili con una descrizione

continua nello spazio e nel tempo, per cui da una descrizione incompleta non si

possono dedurre conclusioni chiare ed univoche e questo è inammissibile. La sua

proposta è di “dare una descrizione completa, continua nello spazio e nel tempo,

conformemente all’ideale classico, di qualche cosa. Ma non affermiamo che questo

qualche cosa siano i fatti osservati o osservabili né ciò che la natura è realmente.

L’unica meta perseguibile è la rigorosa coerenza formale relativa ai nessi e ai

collegamenti. In questo modo non ci sono lacune nel modello della meccanica

ondulatoria, anche nei riguardi delle cause, perché soddisfa l’esigenza classica di un

determinismo completo. L’utilità di tale modello è di fornire notizie sui fati osservabili

e le loro mutue dipendenze”. Ora, si può assumere una posizione ottimistica e dire

che tale teoria ci dia tutte notizie ottenibili sui fatti osservabili e la loro

interdipendenza e in modo complementare pessimistica perché tali notizie sono

incomplete. L’ambiguità risiede nel fatto che i fatti osservabili non sono in

corrispondenza biunivoca con la rappresentazione ondulatoria e sembra che non vi

si possa porre rimedio.

La posizione di Schrödinger rispetto al dualismo determinismo-indeterminismo fu

ambigua. Riguardo il concetto di causalità affermava che la sua utilizzazione era una

questione di opportunità, legata alle circostanze e alle contingenze del momento. Il

problema del determinismo non era solo una scelta di ordine metodologico ma

implicava la struttura oggettiva del reale. La plausibilità dell’indeterminatezza si

basava su affermazione ben precise, tuttavia affermava che non potesse avere

un’azione decisiva su un problema di così gran peso poiché non dimostrava

l’impossibilità che un’immagine determinata del mondo non rendesse anch’essa

conto dei fatti. Inoltre cercò di dimostrare che l’indeterminatezza non caratterizzava

solo la fisica moderna, ma anche la fisica classica, anche se implicitamente, quando

si superava ponendo la velocità iniziale fra le condizioni iniziali escludendola dai

calcoli. Solo che allora il superamento del determinismo era solo pratico, nella fisica

moderna si ammette che sia teorico. Quindi per Schrödinger non occorreva sostituire

inevitabilmente il determinismo con il suo contrario, bensì ammetteva che essa fosse

lecita e possibile. Rispetto al modo e alla possibilità di misurare i fenomeni egli

afferma che ogni osservazione eseguita a questo scopo è per sua natura

discontinua, con un grado di approssimazione reso possibile dallo strumento di

misurazione. Per superare questa discontinuità si ricorre all’interpolazione, cosicché

dai punti intermedi si arriva al concetto di traiettoria percorsa con continuità. Ma

questa non è il risultato di un’osservazione quantitativa immediata, ma è stata

giustificata con la supposizione che si giungerà con il progresso della tecnica ad

effettuare misurazioni sempre più precise. Questo tipo di supposizione non può

essere estesa al movimento dell’elettrone, poiché occorrerebbe uno strumento

costruito di ultramateria più piccola degli atomi per seguire lo spostamento

dell’elettrone nel tempo e nello spazio. Questa non è più una circostanza

accidentale, ma è una condizione inerente la natura stessa delle cose, per principio

impossibile. Detto questo non proponeva una soluzione al dilemma determinismo-

indeterminismo, e non pensava che la meccanica quantistica lo fornisse e ricordava

ai sostenitori delle due ipotesi che esse erano alla stessa maniera asserzioni pure e

semplici delle ipotesi non verificabili.

CAPITOLO 5

PASCUAL JORDAN EPISTEMOLOGO E FILOSOFO

Jordan ha apportato contributi teorici all’elaborazione matematica della fisica

quantistica, ma, come i colleghi sopracitati, ha espresso riflessioni metodologiche ed

epistemologiche a completamento dei modelli di interpretazione fisica. Ormai era

chiaro che la nuova immagine del mondo che la fisica quantistica forniva non

rispecchiava più una Realtà oggettiva, ma un modo contingente di descriverla e

manipolarla in modo più o meno efficace.

Egli fa riferimento al percorso di sviluppo della scienza come un processo di

accrescimento per accumulazione progressiva, che ha avuto inizio con la posa di

una solida base, come per un edificio, e contrappone ad esso un’altra metafora, che

sarebbe divenuta celebre con la versione datene da Popper. Secondo lui la scienza

naturale sarebbe paragonabile ad una costruzione iniziata in paludi infide, nella

quale la costruzione, non poggiando su basi rocciose, deve procedere

contemporaneamente verso l’alto e verso il basso, con un allargamento e un

rafforzamento continuo delle basi di appoggio. Occorre quindi una costante e vigile

attenzione, perché può accadere che una base precedentemente ritenuta affidabile

rispecchi una solidità limitata e per proseguire i lavori si debba trovare appoggi più

profondi e sicuri. Anche se i mutamenti possono essere profondi, il lavoro già

compiuto rimane il punto di partenza. Per cui l’epistemologia, intesa come il

chiarimento dei presupposti e dei problemi metodologici fondamentali della ricerca

scientifica, non deve solo precedere, ma deve sempre accompagnare il lavoro dello

scienziato. In nessun campo vi è infatti una base di conoscenza assolutamente

certa. Ciò vale anche per la matematica e a maggior ragione per le scienze naturali.

In queste ultime i singoli lavori scientifici derivano la loro validità dalla necessarietà

del metodo usato e i principi di questo metodo invece ricevono un rafforzamento a

posteriori dai risultati raggiunti.le considerazioni epistemologiche divengono poi

fondamentali quando occorre rendere esplicito un presupposto tacito che fino a quel

momento apparteneva ai fondamenti, non ancora utilizzati ma già messi alla prova. Il

legame stretto e immediato tra lavoro epistemologico e scientifico è determinante

per la loro fecondità e una forma di rafforzamento dei due momenti.

Con la teoria quantistica viene a cadere l’idea che aveva accompagnato lo sviluppo

della cultura occidentale secondo la quale vi sarebbe perfetta analogia tra

macrocosmo e microcosmo. L’accettazione di questo fatto comporta l’ammissione

che tra i due livelli di in

Dettagli
A.A. 2012-2013
38 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/02 Logica e filosofia della scienza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nicoletta.abramo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia della scienza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Gembillo Giuseppe.