Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 18
Riassunto esame Filosofia, prof. Boella, libro consigliato Trattato delle virtù, Jankèlèvitch Pag. 1 Riassunto esame Filosofia, prof. Boella, libro consigliato Trattato delle virtù, Jankèlèvitch Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Filosofia, prof. Boella, libro consigliato Trattato delle virtù, Jankèlèvitch Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Filosofia, prof. Boella, libro consigliato Trattato delle virtù, Jankèlèvitch Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Filosofia, prof. Boella, libro consigliato Trattato delle virtù, Jankèlèvitch Pag. 16
1 su 18
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

STESSO QUELLE RISORSE INSOSPETTABILI, QUELLA SORPRENDENTE E INCREDIBILE

ABNEGAZIONE. La virtù dovrebbe essere cronica, non si è virtuosi solo la domenica. LA VITA

MORALE E’ QUALCOSA CHE CONTINUA TUTTI I GIORNI DEL MESE E TUTTE LE ORE DI

OGNI GIORNO. La volontà etica non dovrebbe essere di tanto in tanto, ma sempre. La nostra virtù

porta in se stessa la contraddizione ironica: non c’è sanità che non sia minacciata da stupidità,

carità che assaporando se stessa si tramuti in sufficienza borghese. L’interessamento è una

motivazione psicologica che forma il contorno spesso e palpabile dell’intenzione. Ma non si potrà

mai sapere se un’intenzione è disinteressata, poiché il disinteresse sparisce nel momento in cui il

disinteressato ne prende coscienza e si muta seduta stante nel suo contrario. IL DISINTERESSE

INFATTI DURA SOLO UN ISTANTE. L’abitudine perfeziona la virtuosità dei gesti inaridendo il

cuore. LA VIRTU’ DEVE ESSERE PER NOI INNOCENZA E VERITA’, NON PSEUDOSAGGEZZA

O SIMILVIRTU’. Non può esistere una carità professionale, un umorismo professionale, una

gaiezza professionale. Tutti questi sono moti che esigono spontaneità. La virtù vuole che la si viva

per elezione e vocazione.

Il divenire è la propulsione per mezzo dell’istante, il movimento acquisito; è risonanza, memoria e

immanenza del passato al presente; l’uomo del rimorso lo sa fin troppo bene! L’inizio dipende da

noi, ma la continuazione dipende dall’inizio una volta posto e segue il suo corso anche se

cessiamo di volerla. Un umile moto di pietà, per quanti fuggevole, può prodigare le sue benedizioni

ad un lungo intervallo di tempo. Tre secondi di disinteresse costituiscono già una piccola virtù

infinitesimale. Virtù irradiante dell’amore: il tempo dell’amore, poiché è quello della giovinezza,

avrà avuto gioia per tutti gli anni che non ne hanno più, da vecchi ricordiamo con infinita

riconoscenza quel momento prezioso, quella stagione benedetta la cui generosità seguita ad

illuminare la nostra vecchiaia. LA VIRTU’ NON PUO’ PROCEDERE INDEFINITAMENTE DA

SOLA: H ABISOGNO DI RIPRENDERE SLANCIO SULLE INTENZIONI ESPRESSE DELLA

VOLONTA’. La mozione del moto buono deve ridare impetus alla virtù assopita. Per attuare la virtù

ci occorre uno spirito sciolto, delicatezza di ispirazione e fiducia nella risonanza del minuto

flagrante. Ci vuole molta pazienza, vigilanza senza fine per evitare le ricadute.

Il CORAGGIO E’ LA VIRTU’ DELL’ISANTE MENTRE LA FEDELTA’ E’ LA VIRTU’

DELL’INTERVALLO. L’intenzione è virtù germinale, un moto nascente e apparizione scomparente,

è appena virtuosa e la virtù non ha quasi più intenzione. La durata è anche intervallo e ogni

cambiamento inaugura un nuovo stadio. LA VIRTU’ NON E’ NE’ LA BUONA COSCIENZA

CONTENTA DI SE’ NE’ LA CATTIVA COSCIENZA MANIACA, MA LA CATTIVA COSCIENZA

CHE E’ BUONA COSCIENZA, O QUELLA BUONA CHE HA CATTIVA COSCIENZA, O MEGLIO,

LA CATTIVA COSCIENZA DI UNA BUONA COSCIENZA. NESSUNA VIRTU’ E’ VIRTUOSA PER

SE’, MA C’E’ UNA VIRTU’ IN SE’ E PER L’ALTRO; UNA VIRTU’ NELLA CATTIVA COSCIENZA

DI SE’ E L’INNOCENTE INCOSCIENZA DEL PROPRIO MERITO. BENCHE’ NEL SUO INTIMO E

NELLA SUA PERFETTA UMILTA’ ESSA SI RICONOSCA IMPURA, TENTATA, COLPEVOLE, LA

VIRTU’, COME I RIMORSI, SARA’ MERITORIA E DUREVOLE PERCHE’ NON NE AVRA’

SAPUTO NIENTE. SE LA VIRTU’ S’IMPARA

La virtù è o no una cosa che si impara? Secondo Platone la virtù va insegnata ed è lo stato che ha

il compito di questa pedagogia. Platone si basa su due postulati, uno pedagogico e uno

intellettualistico: il male è mancanza di essere. Si può sempre mettere qualcosa dove non c’è

niente. Il carattere è la tabula rasa su ci si scrive ciò che si vuole, l’educazione è un processo

aumentativo e un crescendo quantitativo. Il secondo postulato è questo: la virtù è scienza.

L’educazione è quindi un problema di insegnamento. Per Aristotele le virtù dianoetiche si

insegnano con il tempo e con l’esperienza, mentre le virtù etiche si acquisiscono con l’esercizio.

L’abitudine modifica la disposizione del volere, ma non le facoltà innate, qualità fisiologiche o

funzioni dei sensi. L’abitudine si esercita per natura e bisogna essere capaci di contrarre

un’abitudine. Bisogna comportarsi bene per diventare buoni, bisogna essere già buoni per agire

bene. La virtù, secondo Aristotele, va dall’azione all’azione attraverso le regole etiche: la virtù

confermata dagli atti va ad altri atti sempre più numerosi e sicuri.

La disposizione non è né dopo né prima: fu data nello stesso istante dell’atto in una sintesi

dinamica in cui la disposizione vertiginosamente si gonfia e diventa un talento -> ebbrezza di un

moto che vuole esistere sempre di più. La virtù tende ad agire ed agendo diventa sempre più

virtuosa, di modo che azione e disposizione si sviluppano a gara. Il lavoro morale esige un certo

abbandono, qualcosa di elastico e d’indifferente che riesce, senza che ci si pensi. La volontà non

ha bisogno, per amare il suo prossimo, di entrare in contorsione e inarcarsi contro chissà quali

resistenze. La grazia vuole delle anime distese e semplici, non esercitate o allenate, ma disposte

per l’operazione gratuita -> questo è lo stato di grazia. Lo stato di grazia è una felice disposizione

di tutta l’anima. Se ci si offre con dolcezza alla semplicità del moto buono, si ritrova la felice e

tranquilla spontaneità dell’innocenza. Ci vuole una scossa fuggevole, quasi impercettibile, che

rimette in moto tutta l’azione immobilizzata ad un punto morto. Basta un istante per mobilitare la

situazione stazionaria, risolvere il dilemma; in quell’istante la nostra decisione avvia il dibattito della

predisposizione e dell’atto. Il gesto iniziale può essere cieco e violento: il coraggio irrazionale è

necessario per osare avventurosamente e compiere tale passo. L’atto crea se stesso dal niente,

totale e completo, con la virtù che lo ispira e che esso ispira. Affermazione vertiginosa dell’estrema

straziante difficoltà dopo la quale tutto sarà sempre più facile e non si dovrà più tornare indietro. La

volontà facendo il salto mortale ha risolto di colpo le proprie esitazioni; ha scongiurato la sua abulia

paralizzante e i suoi scrupoli zenoniani.

IL CORAGGIO E LA FEDELTA’

BISOGNA COMINCIARE DALL’INIZIO E QUESTO INIZIO DI TUTTO E’ IL CORAGGIO. IL

CORAGGIO E’ LA VIRTU’ INAUGURALE DELL’INIZIO, COME LA FEDELTA’ E’ LA VIRTU’

DELLA CONTINUAZIONE E IL SACRIFICIO QUELLA DELLA FINE. La fedeltà si aggancia ad una

scelta iniziale fondatrice che il coraggio assume. Ci vuole coraggio per rimanere fedele; a ogni

istante, per persistere nella continuazione, la fedeltà esige delle piccole riprese di coraggio. La

fedeltà è un coraggio testardamente continuato, coraggio e eroismo dipendono di solito da

occasioni eccezionali, che innalzano la volontà al di sopra di se stessa, e la rivelano a sé: a

dispetto di questo occasionalismo, si può anche dire che l’avventuroso crea, attira, prolunga a sua

volta le avventure. IL CORAGGIO NON E’ UN SAPERE MA UNA DECISIONE

Secondo la saggezza greca il coraggio è una forma di scienza. L’essenza del coraggio partecipa

alla giustizia, questa della saggezza e questa della prudenza: il coraggio è, rispetto alle cose

temibili, un’energia giusta, saggia e prudente. Aristotele dice che il coraggio è una media tra paura

e temerarietà. Il coraggio è apprezzabile in funzione di circostanze, dell’ambiente, dello sforzo

fornito, del cammino percorso -> questi fattori impediscono l’installarsi di un coraggio abituale o

inerte, obbligano il coraggioso a rincominciare ogni volta dall’inizio, come se fosse la prima volta.

La virtù dell’inizio è la più discontinua: il coraggioso non può riposarsi sul moto acquisito del suo

coraggio senza diventare un automa. Non si vive della rendita del coraggio! L’organo-ostacolo che

impedisce il coraggio è anche ciò che lo fa vivere, la fuga verso il basso o indietro della carne

timorosa è il contrappeso che sviluppa la sua forza ascensionale e la sua forza progressiva ->

questa forza è il coraggi oil coraggio protesta contro il moto acquisito dell’inerte natura con il gesto

azzardato e assurdo del sacrificio: questo gesto sovrannaturale è la libertà. La codardia è la

disfatta di tale libertà. Nell’istante di un lampo si dispiega e riluce la scintilla della decisione eroica

che è un quasi niente, un non so che, che è un’apparizione scomparente. IL CORAGGIO E’

PENSIERO FOLLE, VERTIGINE DELLA RAGIONE E PERIGLIOSA AVVENTURA.

DELLA FEDELTA’

Esiste un coraggio-virtù, tale virtù è più durevole della fiamma di un fiammifero e il coraggio è

sempre coraggioso. LA FEDELTA’ E’ PIU’ DUREVOLE E CONSISTENTE DEL LAMPO DEL

CORAGGIO. La fedeltà, virtù dell’intervallo, è un modo di comportarsi. La persistenza in sé è

virtuosa? La coerenza ha un valore morale? La fedeltà è o non è lodevole (ad esempio la fedeltà al

rancore è una fedeltà all’odio)? DIPENDE DAI VALORI AI QUALI SI E’ FEDELI. La giustizia

potrebbe essere vista come una fedeltà obbligatoria, la fedeltà come una libera giustizia

spontanea. La fedeltà conserva un certo rapporto immutabile con l’altro e essa è questa stessa

conservazione. Essa è questa incrollabile amicizia. Se l’amore ha tutti i diritti la fedeltà non ha tutti i

diritti. La virtù che vogliamo è buona fedeltà e grande fedeltà. La distinguono l’aureola d’amore che

l’avvolge, ne addolcisce il rigore: la memoria deve essere un attaccamento affettuoso del cuore

fedele alla persona dell’altro. La gratitudine è grazia nascente e piccola carità, riconoscenza per il

favore reso. LA FEDELTA’ E’ VIRTU’ DEL TEMPO, MA NON E’ FEDELE AL TEMPO, MA A

QUALCUNO. L’ALTRO E’ LA SUA INTENZIONE TRANSITIVA. IL FEDELE E’ FEDELE

ALL’AMATO LA FEDELTA’ E’ UNA VIRTU’, U

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
18 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Itachi994 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Boella Laura.