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CRITICHE

La posizione filosofica di Rawls può dunque essere vista come una forma di liberalismo egalitario, il che ha reso per un certo tempo le sue tesi molto popolari tra i democratici americani. Un liberalismo attento alla questione dell'eguaglianza e delle pari opportunità è per Rawls il tratto distintivo e immancabile di un'idea di giustizia concepita come equità. Il tentativo rawlsiano di giungere a dei principi di giustizia attraverso una formulazione deduttiva ha suscitato grande ammirazione ma anche molte critiche; tra queste ricordiamo:
  • I comunitaristi come Michael Sandel sostengono l'impossibilità di concepire gli individui come astrattamente sradicati dai loro valori, dalle loro tradizioni e dall'appartenenza a una comunità;
  • I libertari come Robert Nozick pongono l'accento sulle eccessive restrizioni alla libertà individuale imposte dalle esigenze egualitarie del secondo principio;
  • Ronald...

Dworkin evidenzia la problematicità del modo in cui Rawls, attraverso la nozione di disposizione originaria, rivisita la tradizione contrattualista;

  • Susan Okin ha sottolineato la mancanza di attenzione verso istituzioni come la famiglia e verso forme di ingiustizia e discriminazione estranee all'ambito delle costrizioni della legge, affermando innanzi tutto la necessità di porre anche il genere (sesso) dell'individuo sotto il velo di ignoranza della posizione originaria.

RIASSUNTO

Teoria della Giustizia 1971

Il vero grande problema della filosofia politica è costituito, secondo John Rawls, non dalla ricerca del bene comune, ma da un'adeguata nozione di giustizia e da un'altrettanto adeguata procedura per comprendere come le nostre istituzioni possono essere più giuste.

L'intento dell'Autore è delineare i principi fondamentali di una società giusta, una società bene-ordinata nella quale i benefici e gli oneri siano

distribuiti equamente fra gli individui e nella quale ciascuno vorrebbe vivere, nell'ipotesi che gli fosse accordata una simile possibilità di scelta.

protagonista della rinascita del contrattualismo politicoTEORIA DELLA GIUSTIZIA 1971

I) Ricerca giustizia prioritario rispetto bene comune

II) Ricerca principi fondamentali di una società giusta

  • POSIZIONE ORIGINARIA (velo di ignoranza) sorta di stato di natura
  • Per scegliere correttamente i principi di una società giusta, secondo Rawls, è allora necessario porsi dal punto di vista della persona meno avvantaggiata, dal punto di vista di chi ha meno
  • Esiste un criterio di scelta che ci permette di raggiungere l'obiettivo: la regola del maximin (maximum minimorum); essa consiste nell'ottenere il maggior risultato utile dalla peggiore situazione possibile.
  • Ora, secondo Rawls, esistono due soli principi che possono condurre ad un simile risultato, e cioè il principio di
Formattazione del testo

III) Principi

  • PRINCIPIO DI LIBERTÀ Il primo principio di una società giusta, sostiene Rawls, è quello che prescrive la più ampia libertà per tutti: "Ogni persona ha un eguale diritto al più ampio sistema totale di eguali libertà fondamentali compatibilmente con un simile sistema di libertà per tutti".
  • PRINCIPIO DI EGUALIANZA riformula come principio di differenza: esso stabilisce che sono ammesse solo quelle disuguaglianze che si risolvono a favore dei meno avvantaggiati.
  • PRINCIPIO DI EQUA OPPORTUNITÀ Rawls prescrive poi che l'equa opportunità di accedere alle varie cariche sociali sia prioritaria rispetto alle ineguaglianze consentite dalla società, e che violazioni nell'eguaglianza di opportunità sono ammesse soltanto se accrescono le opportunità di coloro che ne hanno di meno.

RIPARAZIONE Le ineguaglianze immeritate (per doti naturali o posizioni sociali, sesso, razza, cultura) devono essere compensate

IV) Problema Pluralismo! necessità di una giustificazione meramente politica (partendo da Posizione originaria) consenso per intersezione

V) Critiche

DIRITTO DEI POPOLI 1999 più realistico giustizia internazionale obiettico SOCIETA' DEI POPOLI

- Società liberali

- Società decenti

- Società fuorilegge

COMUNITARISMO Le origini dei communitarians , Filippo Ronchi (2).url Comunitarismo è un termine nato nel mondo anglosassone alla fine del XX secolo per descrivere un movimento di opposizione al liberalismo e al capitalismo. Da questo identifica oggi un insieme di filosofie distinte ma unite dall'opposizione all'individualismo. Non necessariamente ostile alla socialdemocrazia, ha piuttosto un'enfasi differente sulle sue componenti, spostando l'attenzione dal singolo individuo alla

società ed alla comunità. Le origini dei communitarians Di communitarianism si è iniziato a parlare, nell'ambito della filosofia politica anglosassone, non prima degli anni ottanta. Il termine è servito a indicare le elaborazioni teoriche di alcuni pensatori tra loro piuttosto eterogenei- come Charles Taylor, Alasdair MacIntyre, Michael Sandel, Paul Selznick, Robert Bellah, Amitai Etzioni, e talvolta anche Roberto Mangabeira Unger e Michael Walzer - accomunati dalla forte insoddisfazione manifestata nei confronti del paradigma teorico dominante nel mondo anglosassone, accusato di fondarsi su un'antropologia atomistica e astratta. Se la data di nascita del comunitarismo, inteso come specifica corrente filosofico-politica, può essere collocata intorno al 1982, anno della pubblicazione di "Liberalism and the limits of justice" di Sandel. L'antiliberalismo dei communitarians veniva da lontano, e si configurava come il ripresentarsi, sotto mutate spoglie.di istanze e tematiche periodicamente affioranti nella storia del pensiero, piuttosto che come una corrente di idee autenticamente originale. Non a caso il communitarianism è stato via via interpretato ricorrendo a concetti preceduti dal prefisso neo-: come una forma di neo-aristotelismo, di neo-hegelismo o, nel caso di MacIntyre, di neo-tomismo. Il comunitarismo prima dei communitarians Come dovrebbe ormai risultare intuibile, il comunitarismo contemporaneo ha radici robuste, che affondano in profondità nella storia del pensiero filosofico, sociologico, antropologico. L'archeologia del concetto richiama immediatamente alla mente Ferdinand Tönnies, l'autore che ha indagato per la prima volta in modo analitico la categoria di comunità, opponendola a quella di società. Per Weber ad esempio la comunità è un tipo ideale di relazione sociale in cui "la disposizione all'agire sociale poggia [...] su una comune appartenenza".soggettivamente sentita (affettiva o tradizionale) degli individui che vi partecipano. Nell'età moderna, il primo a concepire la società come frutto di un patto che coinvolge i singoli individui, e non corpi collettivi come il 'popolo' o le 'famiglie' (come ancora accadeva fino a Jean Bodin) è Thomas Hobbes, non a caso considerato il fondatore del giusnaturalismo nella sua versione moderna. Contro Hobbes, Locke e gli illuministi, prima Rousseau - per certi versi - quindi Hegel e le correnti romantiche e storicistiche, faranno rivivere la ben più antica tradizione che afferma il primato logico e assiologico del collettivo sull'individuale. Andando più a fondo nella ricerca delle radici della contrapposizione tra liberalismo e comunitarismo, ci si imbatte in effetti in una 'grande dicotomia' che attraversa l'intera storia del pensiero, dall'antichità a oggi: quella tra meccanicismo e organicismo, oanche tra individualismo e olismo. Mentre la concezione organicistica del mondo consiste nell'immaginare la società sul modello di un corpo vivente, in cui il bene del tutto viene prima di quello delle parti che lo compongono, che non sarebbero neanche concepibili separatamente da questo (come una mano distaccata dal corpo), in una prospettiva meccanicistica la società - o lo Stato - vengono pensati come il risultato dell'armonia di elementi dotati di una propria autonomia, e suscettibili di essere eventualmente scomposti e ricomposti sino a formare un oggetto diverso (come gli ingranaggi di una macchina, per l'appunto). Nel primo caso la genesi della società politica è pensata in termini naturalistici - o anche storicistici, tenendo conto di come istituzioni e tradizioni sedimentatesi nei secoli possano apparire agli occhi delle singole generazioni come una sorta di 'seconda natura' -, nell'altro è concepita in termini prettamente artificialistici.come frutto della deliberazione umana. Ora, se il comunitarismo, nell'accezione più frequente del termine, è espressione di una concezione del mondo di tipo organicistico, che è stata largamente prevalente nel mondo antico e medioevale, appare nondimeno corretto non retrodatare troppo nel tempo la sua nascita come specifica ideologia politica. È solo a partire dall'età moderna, e in particolare in seguito alla Rivoluzione francese e alla rivoluzione industriale, frutti maturi di rivolgimenti teorici e politici avviatisi fin dal XVI e XVII secolo (riforma protestante, giusnaturalismo, rivoluzione scientifica, rivoluzione inglese), che il comunitarismo, da 'paradigma' diventa una vera e propria 'ideologia', trasformandosi in programma consapevolmente professato dal composito fronte degli scontenti dei cambiamenti in atto. Era in altre parole necessario che entrasse effettivamente in crisi l'ancien régime - lasocietà dei ceti delle corporazioni perché fiorisse una composita letteratura 'comunitarista', trasversale nelle sue aderenze ideologiche, ma unificata dall'antindividualismo, dall'avversione nei confronti dello spirito del contratto e del calcolo, dal sospetto verso le rivendicazioni astratte dei diritti dell'uomo e dalla ricerca di correttivi alla dissoluzione dei legami sociali tradizionali. 7a) Comunitarismo, tradizionalismo, conservatorismo Conflitto di lunga durata, avente per protagonisti il 'comunitarismo' medioevale, da un lato, e lo Stato moderno, dall'altro. Proprio la dissoluzione di quella fitta trama di 'corpi intermedi' che ancora Montesquieu aveva concepito come un argine di fronte alla degenerazione della monarchia in dispotismo - ranghi, ceti, corporazioni, chiese, comunità locali - è per Nisbet all'origine della solitudine e dello sradicamento dell'individuo moderno, indifeso di fronte.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
12 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Bebo52 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Valentini Tommaso.