Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
MICHAEL WELZER
“Sfere di giustizia”.
1983
rispetto alle teorie viste finora, questa introduce un’ulteriore nota di differenza rispetto
sia alle teorie deontologiche che teleologiche viste.
La prima caratteristica dell’approccio di Welzer è quella di porre la domanda come
prima domanda di ogni teoria della giustizia relativamente a chi sono i soggetti, i
destinatari della giustizia. Tutte le altre teorie questo problema lo davano per scontato,
erano i cittadini o in linea di principio chiunque si metta nella posizione originaria,
faccia il ragionamento dell’asta, nell’utilitarismo chiunque può essere una testa. Non
c’è una precisa delineazione.
Welzer problematizza questa cosa. Prima caratteristica che distingue la sua teoria: non
dà per scontato i destinatari.
Secondo aspetto che caratterizza la teoria riguarda che cosa c’è da distribuire, quali
sono i beni o le risorse che sono oggetto di distribuzione. Nelle teorie viste: beni
primari, risorse, diritti, utilità: la cosa che uniforma queste diverse concezioni è il fatto
che i beni fossero tutti organizzabili o identificabili secondo un indice (indice dei beni
primari, conchiglie). In ciascuna di queste teorie pur diverse c’è un metro all’interno
del quale, un criterio all’interno del quale i beni da distribuire sono omogeneizzati,
unificati, e proprio in quando omogenei sono distribuitili.
Welzer contesta questa riduzione della pluralità dei beni ad un indice comune, o a un
super bene che potrebbe essere il denaro.
In tutte le teorie viste la giustificazione del modello di distribuzione che veniva
proposto è sempre avvenuto utilizzando criteri di scelta di tipo universale (es.
posizione originaria) in cui le scelte fatte siano caratterizzabili come scelte razionali e
non siano dipendenti dalle caratteristiche individuali. La scelta giustifica un certo
modello e per essere collettiva deve fare a meno delle caratteristiche individuali. Idea
dell’ignoranza presente in Rawls, Dworkin ma anche Harshany. Modo per togliere dalle
scelte degli individui le caratteristiche individuali, la scelta diventa quella di un
individuo astretto razionale che può essere chiunque; modo di giustificare articolato in
queste teorie. La giustificazione più particolare è quella di Nozick, un po’ eccentrico
rispetto a queste altre teorie. Welzer non utilizza la scelta collettiva, un meccanismo di
tipo contrattuale, come giustificazione, ma la giustificazione dei meccanismi
distributivi dipende dalla tradizione (modello di giustificazione pre moderna), il
problema di questa giustificazione era un deficit di normatività; nel caso di Welzer la
tradizione non si auto giustifica in quanto tale, ma è il contesto all’interno del quale
dei valori universali vengono articolati. Valori universali articolati in tradizioni storiche
e sociali diverse che danno a questi valori un significato particolare. Non possiamo
dare giustificazioni valide universalmente, per chiunque in ogni luogo e tempo, ma
giustificazioni valide entro certi contesti utilizzando le interpretazioni all’interno di
certe tradizioni. Idea che la giustificazione non è semplicemente la fotografia della
tradizione, ma il lavoro del filosofo è nell’interpretazione, lavoro di tipo ermeneutico,
delle specifiche tradizione e nel contempo di coerentizzazione dei diversi valori
presenti in una stessa tradizione. Vengono articolate in programmi politici o di riforma
che abbiano la capacità di parlare alla comunità a cui si riferiscono. Uno dei problemi
di Welzer è la preoccupazione rispetto all’eccessiva distanza tra un discorso normativo
da un punto di vista archimedeo da cui valutare e giudicare tutta la società e la storia
e quindi un discorso di questo genere risulterebbe poco in sintonia con sensibilità,
abitudini e costumi delle persone che devono implementare una certa giustizia e
programma.
Il metodo della teoria non è un approccio di tipo deontologico, non è un metodo di tipo
universalistico ma piuttosto un metodo interpretativo e ricostruttivo di tradizioni.
è I destinatari della distribuzione
Nelle teorie viste sono i cittadini in senso lato e più in generale tutti coloro che si
mettono dal
punto di vista della posizione originaria, sono teorie profondamente universaliste nel
loro
impianto: si rivolgono a tutti gli esseri razionali e de facto ai cittadini dei diversi stati,
all’interno dei
quali avviene la distribuzione. Non si affronta il problema delle persone fuori dallo
stato.
Welzer è il primo che affronta questo problema di inclusione e esclusione dei soggetti
della
distribuzione del primo capitolo del suo libro dedicato all’appartenenza.
Sostiene che
l’appartenenza alla comunità politica è il primo bene da distribuire: pre condizione per
tutte le
altre condizioni. Riflettere sul bene appartenenza comporta una riflessione sui confini,
che non
c’era sulle altre teoria che si rivolgevano al versante interno senza mettere in
questione il fatto che
uno stato ha dei confini e esclude coloro che ne sono fuori.
Questo fatto è uno degli snodi problematici di tutta la teoria liberale democratica: ha
un impianto universalista alle sue origini ma è divisa in stati territorialmente definiti
con membri interni e persone al di fuori. Diritto di exit come una delle prove del
consenso implicito: la gente rimane nel territorio dello stato e quindi acconsente in
modo tacito, lo conferma il diritto di exit siccome comunque anche avendolo sta
dentro. Tutti i liberali riconoscono il diritto di uscita, bisogna ammettere che una
persona può non essere più d’accordo con il contratto sociale e ritirare l’assenso.
Tuttavia se al diritto di exit non corrisponde un diritto d’entrata da un’altra parte, si
crea un’asimmetria.
Welzer tematizza questo problema e sostiene che l’appartenenza è il primo bene
pubblico di ogni cittadino. Ha una posizione molto netta in questo scritto: sostiene che
le comunità politiche hanno diritto collettivo della comunità di decidere chi ammettere
e chi escludere (riprende una classica tesi del diritto internazionale rispetto a cui il
diritto degli stati è il diritto al controllo dei propri confini, riafferma questo fatto,
possibilità di scegliere la politica di immigrazione); tuttavia ritiene che una volta che
uno stato decide di ammettere delle persone in qualunque veste, nel momento in cui
sono ammesse nel terreno e iniziano ad interagire con la comunità locale, queste
persone devono avere immediatamente diritto di cittadinanza. Altrimenti sarebbe
come avere dei moderni meteci: erano gli stranieri ateniesi che non avevano diritto di
cittadinanza chiamati con un nome derogatorio. Significherebbe avere dei servi in casa
propria, le persone non partecipano alla legislazione, al processo democratico, ma lo
subiscono: sono sottoposti alla legge e non hanno la possibilità di esserne parte.
Rousseau aveva ipotizzato che l’asimmetria venisse dissolta dalla coincidenza tra
governati e governanti; se mettiamo dei meteci che hanno tutti gli obblighi dei
cittadini ma non hanno i diritto di decidere del proprio destino di cittadini è come
avere dei servi, persone che vivono in casa come servi: non possono decidere
dell’organizzazione, hanno solo obblighi di obbedienza. Per Welzer è moralmente
inaccettabile.
Diritto dello stato di decidere la politica di immigrazione ma dovere di far diventare
cittadino chi entra. no taxation without rappresentation.
Idea tradizionale della democrazia americana:
C’è successivamente una riflessione sulla stranezza di vivere in un posto e non essere
cittadino e quindi non partecipare a tutti i tavoli della distribuzione, ma solo ad alcuni.
Si instaurano regimi discriminatori, mentre le persone dovrebbero trattarsi da eguali.
Riflessione che ha aperto il terreno alle teorie della giustizia globale.
L’oggetto della distribuzione
Non è più qualcosa di omogeneo, ordinabile in un unico criterio e quindi divisibile, ma
è plurale: i beni da distribuire sono beni plurali tra loro incommensurabili, non
organizzabili secondo un metro costante. Tra di loro non possono essere negoziati
facilmente, sarebbe come sommare cose diverse tra loro.
I beni sono sociali: sono oggetti, beni che vengono desiderati dalle persone
collettivamente. Il valore del bene non è semplicemente quello per me individuo
isolato, ma il valore che la comunità di cui faccio parte attribuisce a questo bene.
Dimensione sociale del bene che dipende dal fatto che sono oggetto di valutazione
collettiva. Da società a società ci sono alcune cose più care a certe persone rispetto ad
altre società. I beni hanno natura sociale siccome desiderati dalle persone non solo per
valore d’uso immediato, ma per avere valore sociale nella comunità. Introno a questi
significati sociali che vengono attribuiti ai diversi beni si organizzano diverse sfere
sociali che si costituiscono attorno al bene stesso, sono intessute da questi significati e
da regole che presiedono alla distribuzione del bene stesso.
Esempio: istruzione. È un bene sociale, qualcosa che ciascuno vuole per sé ma che la
società vuole in generale. Ha un valore diverso da società a società e intorno
all’istruzione sono costruite una sfera sociale di regole ed istituzioni (scuole, ruoli:
insegnanti, studenti; metodi didattici, modalità di selezione): questo costituisce la
sfera sociale dell’istruzione, bene attorno cui si costruisce serie di valori, significati e
istituzioni che ne compongono la sfera. All’interno di una società ci sono diversi valori
e significati che confliggono, ma che comunque sono riconoscibili rispetto a quelli
presenti in altre comunità.
Un’altra sfera sociale può essere la sanità: la salute è un bene per tutti noi, ma anche
a cui diamo un valore sociale. Idea che sia un problema sociale e intorno alla salute si
sono costruite una serie di istituzioni, schemi assicurativi, … .
Sfera del mercato, sfera della politica, della famiglia e della vita privata, … . Tante
sfere sociali che si articolano attorno a beni sociali siccome il significato è tipico di
quella società ed è condiviso dalle persone di quella società: nelle varie differenze tra
le persone ci sono presupposti comuni.
L’oggetto da distribuire sono beni tra loro diversi per significato e tipo di istituzioni che
ci sono
intorno e quindi se i beni sono così diversi tra loro e costituiti per isole all’interno della
società, il
criterio di distribuzione non può essere unico, monista per tutti i beni tra loro diversi e
<