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Aprile 1559 annuncia la nascita di un tipo di linea nuova, ci si accordò che le relazioni di

pace sarebbero state valide soltanto al di qua di una determinata linea, mentre al di là

avrebbe regnato il più forte. Nascevano le linee di amicizia, e l’idea che tutto ciò che

accadeva al di là della linea, si poneva al di là di tutte le valutazioni giuridiche. Le linee

d’amicizia del 16esimo secolo permettono di distinguere due spazi, uno spazio di terra

libera, il Nuovo Mondo, e l’altro di libero mare, l’oceano appena scoperto (definito campo

libero). Sui mari viene fatta poi l’amity line inglese, che ha un carattere di gare, ed è la

conseguenza che tra le potenze conquistatrici non sussiste un principio di spartizione

comune. L’ultimo esempio di applicazione di queste linee è la conferenza di Berlino sul

Congo, l’obiettivo era neutralizzare il bacino del Congo, alla quale le guerre tra le potenze

europee non potevano interessare, però nella grande guerra, né inglesi né francesi

rispettarono questa linea d’amicizia. La linea americana dell’Emisfero Occidentale invece

non è ne una raya ne una amity line. Tutte le linee si riferiscono a conquiste territoriali, la

linea americana invece, ha un carattere difensivo e rappresenta una protesta contro ogni

ulteriore conquista territoriale sul suolo americano. In questo modo venne creato un

margine d’azione per le conquiste territoriali americane su un suolo ancora in vasta misura

libera, era dunque una linea di auto isolamento. L’America non era più un teatro di lotte,

ma al contrario una terra di pace, mentre il resto del mondo è un unico scenario di guerra,

cui l’America non prende parte. Soltanto il suolo americano gode di una situazione che

rende possibili il diritto e la pace, Jefferson individua il giudizio di condanna morale risvolto

contro il sistema politico. L’Emisfero Occidentale considera come avversario l’Europa, non

l’Asia né l’Africa, il nuovo Occidente contro il vecchio, il diritto internazionale cessa di

avere il fulcro nella vecchia Europa, spostando il centro. In questo periodo migliaia di

europei delusi infatti, lasciano la vecchia Europa ed emigrano in America. Ma tutto cambia

quando in politica estera l’invasione di Cuba da il segnale che annuncia al mondo la svolta

verso l’imperialismo, il continente americano si trova ormai nella medesima situazione

della vecchia Europa. Si dissolse dall’interno l’antica fede nel Nuovo Mondo, quello che

era un mondo libero diventò sempre più simile al vecchio mondo. Nel corso della storia è

già accaduto che popoli e imperi si isolassero dal resto del mondo mediante una linea di

difesa, il limes è un fenomeno della storia. Ma finisce per rappresentare una costante sfida

alla parte rimanente del pianeta, la linea auto isolazionista si trasforma nel suo esatto

opposto (a nessuno sono sfuggite le contraddizioni di questo sviluppo). E’ la pretesa di

eliminare l’avversario politico bollandolo come un criminale che agisce contro il mondo

intero, il governo di Washington pretende di difendersi da un avversario politico, e vuole

anche squalificarlo. Durante la prima guerra mondiale Wilson ha oscillato tra gli estremi

dell’auto isolamento e dell’intervento planetario, ma con la dichiarazione del 2 Aprile 1917

Wilson cambiò totalmente atteggiamento, annunciando apertamente la fine del momento

della neutralità. La neutralità si basa sulla medesima amicizia nei confronti di entrambi i

contendenti. (Viene a crearsi una contraddizione tra isolazionismo e interventismo). Il

diritto internazionale europeo ha creato un’istituzione che cerca di collegare l’interesse

dello stato, con il principio del non intervento nei problemi dello stato riconosciuto. Sia la

dottrina che la prassi sono interventiste, nel caso degli USA, e mirano a far si che il

governo Washington mantenga il controllo su tutti i cambi di governo e mutamenti dei

restanti stati americani. Il mito dell’Emisfero Occidentale sfocia in un interventismo

illimitato, il cui strumento è il “riconoscimento” giuridico, non solo il riconoscimento di nuovi

stati, infatti con la dottrina di Simson, il governo USA si riserva il diritto di negare il proprio

riconoscimento a tutti i mutamenti di possesso realizzati tramite un’azione violenta. Ciò

significa che gli Stati Uniti, si arrogano il diritto di decidere sul carattere lecito o illecito di

ogni mutamento territoriale. Con la prassi del riconoscimento degli Stati Uniti e con la loro

presunzione di intervenire in qualsiasi spazio viene a cadere il diritto dell’autodifesa per

tutti gli altri governi. La pretesa di egemonia mondiale spinge gli Stati Uniti all’intervento

armato, oggi gli USA cercano di installarsi in Africa e nel vicino Oriente. Dall’altra parte del

globo allungano la mano verso la Cina, e ricoprono la terra con un sistema di basi militari,

proclamando un “secolo americano”. E’ la fine della relativa struttura di diritto

internazionale. Le linee globali caratterizzano il primo stadio di una lotta per il nomos della

terra.

Schmitt e l’età globale.

Il testo chiave della produzione internazionalistica di Schmitt, ha suscitato un’attenzione

mondiale. Il pensiero di Schmitt descrive fenomeni che oggi sono sotto gli occhi di tutti: la

scomparsa dell’equilibrio fra terra e mare; il trionfo di fattori politici universalistici su quelli

determinati spazialmente; la crisi delle distinzioni fra pace e guerra, fra criminale e nemico.

Tutto il pensiero di Schmitt è uno sguardo critico radicale sulle forme politiche moderne,

perché si possa dire che il pensiero di Schmitt è adeguato all’oggi, bisogna chiedersi se si

tratta della medesima crisi, e se le categorie di cui si serve Schmitt per interpretarla

provengono da esperienze politiche che noi possiamo riconoscere come nostre. Si tratta

insomma di capire che cosa è vivo e che cosa è morto di Schmitt. Il suo pensiero è

l’estrema decostruzione della teoria politica moderna, il “politico” è crisi e anche ordine. Lo

stato capace di porre confini, di separare ordine e disordine, deve essere aperto, deve

cioè saper attivare la coazione alla forma di ordine e disordine. All’interno di questo ordine

politico cresce una società che vede nello stato il nemico da abbattere, così, dentro lo

stato si formano forze politiche (liberalismo, liberaldemocratici) che lo privano della sua

capacità ordinativa sovrana, e a questa crisi dello stato corrisponde inefficacia interna,

esterna. Le analisi schmittiane della politica esterna hanno come sfondo la crisi dello stato.

La distinzione fra interno ed esterno, giungendo al termine, provoca la confusione fra

guerra e crimine: con la pace di Versailles la guerra cessa infatti di essere un diritto di

sovranità dello stato, e diventa un crimine di diritto internazionale. Schmitt mette a punto

una seconda interpretazione del Moderno, la prima è centrata sulla decisione, la sovranità,

il politico, l’ordine; la seconda analizza invece la dimensione spaziale della politica (terra e

mare). Il via a questa riflessione e a tutto il resto è stato dato dalla scoperta dell’America,

che ha spalancato un nuovo mondo all’Europa.

La civiltà europea esiste perché è in grado di impossessarsi del nuovo mondo; la ricerca

del katechon e il riconoscimento di una crisi originaria, il nomos non è universalistico. La

crisi della modernità sta nel fatto che la forma politica è fatta dalla combinazione tra

funzioni e forze molto diverse fra loro, ad es. razionalismo ed individualismo, moralismo e

normativismo. Schmitt mostra che il passaggio dall’isolazionismo all’interventismo non è

che una variante dell’eccezionalismo statunitense (eccezionalismo: si riferisce alla dottrina

che ritiene gli Stati Uniti differenti qualitativamente da ogni altra nazione). Schmitt aveva

interpretato la guerra discriminatoria come guerra e pace, ossia di quella “situazione

intermedia” che egli accetta, ma non vuole lasciare gestire solo dalle potenze

anglosassoni, dato che la loro tendenza alla criminalizzazione genera una guerra senza

senso, che coinvolge anche fattori extramilitari. Alla guerra totale discriminatoria oppone la

guerra totale concreta, condotta dallo stato totale, e in seguito da Imperi che accettano il

politico, così riconoscendolo ne fanno l’origine di una nuova forma politica. La sconfitta del

terzo Reich implica il fallimento dell’ipotesi dei grandi spazi imperiali, nella sua forma

totalitaria.

Nel confronto fra USA e URSS, Schmitt non scorge un nomos, secondo lui: capitalisti e

comunisti sono in realtà fratelli, sono in guerra ma entrambi figli di un unico universalismo.

Ma benché a lui il mondo diviso in due, appaia un mondo disorientato, sa bene che la sfida

politica reale del dopoguerra è data dall’incomponibilità di quella contrapposizione. Che il

mondo sia conflittuale è dimostrato dal fatto che, vi si sovrappongono molteplici spazi

politici (es:Americano) : il territorio degli USA, le sfere di difesa della Nato, lo spazio

dell’Onu. La guerra fredda è una guerra rivoluzionaria, tutt’altro che chiara e distinta. Il

moderno è ancora alla ricerca di un katechon e di un nomos della terra, che sia post-

europeo, non solo americano né solo sovietico. L’ordinamento dopo la seconda guerra

mondiale di Schmitt consiste nell’indicare che alla fase (dualistica) del dopoguerra,

incapace di dare ordine spaziale al mondo, si andrebbe sostituendo una fase (pluralistica)

nella quale il nuovo nomos è dato dalla divisione della terra in regioni industrialmente

sviluppate. Un’altra modalità è esposta in Teoria del partigiano, dove Schmitt abbozza

l’ultima figura, una figura tanto dell’inimicizia quanto dell’ordine. Infatti tra le caratteristiche

c’è un carattere politico intensivo, non essere un privato, ricollegarsi a un fronte ampio di

combattenti; essere un irregolare, portatore di una propria mobilità, diversa da quella degli

eserciti; di essere legato alla terra. Connotato da questi tratti salienti, il partigiano è

portatore di un’ostilità propriamente politica, il partigiano è la figura dell’agire politico ma è

anche figura del sapere più proprio della politica. Il partigiano è un katechon. Mao affida al

partigiano, quasi tutto il peso della guerra, per lui, la guerra di liberazione è ideologica, una

guerra civile limitata. Invece, i partigiani russi sono concepiti come subordinati all’esercito.

Il partigiano di Mao è molto più determinato spazialmente, quello di Lenin è

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A.A. 2016-2017
10 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fabri95_oft di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Giannini Gianluca.