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L’etica accetta che le norme possano essere modificabili e migliorabili solo nella misura in cui
si sforzano di rispettare un p.d.v morale. Quest’ultima affermazione è esemplificata nel libro
“della Repubblica” di Platone in cui il confronto tra Socrate ed i suoi vari interlocutori mette in
evidenza l’inadeguatezza dell’etica di ciascun partecipante rispetto al p.d.v. morale oggettivo.
Platone
Il libro “Della Repubblica” di è un’esemplificazione di una molteplicità di etiche; è
una rassegna delle diverse concezioni della giustizia e dell’etica prese in esame da Socrate:
a) Etica particolaristica e perbenistica: per Cefalo, l’uomo assume come criterio del
esperienza particolare.
giusto la sua stessa
Socrate confuta la tesi dicendo che i dati e le esperienze personali/particolari non
possono valere anche per esperienze di altro genere. restituire a
b) Etica di gruppo: Polermaco reinterpreta la tesi della giustizia come dare o
ciascuno ciò che gli spetta , sostenendo che gli amici devono aiutare i propri amici e
danneggiare i nemici. In questo modo diritti e doveri vengono stabiliti sulla base
dell’appartenenza o meno al gruppo medesimo.
S. obietta che si potrebbe erroneamente considerare amico chi è nostro nemico e
viceversa, ed in qualsiasi caso non è mai giusto danneggiare alcuno poiché il male
peggiora solo la natura degli uomini.
c) Etica dell’utile sul più forte: l’utile del più forte.
c.1) Etica legalistica: per Trasimaco la giustizia è Ciò che è giusto
corrisponde alla legge, e la legge è fissata da chi detiene il potere, ovvero il più forte. Il
quale decide il criterio del giusto e persegue in tal modo il proprio interesse anche a
discapito degli altri.
c.2) Etica della convenienza: gli uomini giusti vengono definiti degli “autentici ingenui”
poiché non conviene essere giusti servendo gli uomini al potere, a discapito del proprio
più
utile. Dedicarsi alla giustizia è controproducente e non porta alla felicità, è quindi
conveniente essere ingiusti e perseguire il proprio utile. un’arte
d) Etica come tecnica (prima obiezione di Socrate a Trasimaco): Governare è
(techne) che dovrebbe avere per fine il bene di coloro che ne sono sottoposti e non
l’utile del più forte. L’uomo politico, è l’unica figura preposta a stabilire il bene del
cittadino e in quanto tale deve perseguirlo. (Trasimaco risponde che anche l’arte del
pastore ha come fine il bene delle pecore ma in realtà vengono ingrassate per poi
essere mangiate)
e) Etica minimale (seconda obiezione di Socrate a Trasimaco): l’assunzione del criterio
d’ingiustizia e la sua radicalizzazione renderebbero impossibile l’agire del singolo, del
necessario un minimum di giustizia
gruppo e dell’intera polis, perciò è . Vi è un primato
della giustizia sull’ingiustizia e vi è una maggior convenienza nell’essere giusti, poiché
l’ingiustizia porta unicamente a divisioni, conflitti e lotte che agli estremi
provocherebbero una mutua distruzione di tutti i soggetti.
f) Etica retributiva (terza obiezione di Socrate a Trasimaco): Socrate stabilisce
un’analogia tra uomo giusto e gli dei, che per natura sono buoni; l’uomo giusto è quindi
amico degli dei e l’ingiusto loro nemico. 3
g) Eteronomia ed etica della paura: Glaucone si chiede se la giustizia abbia valore in
sé e per sé o se dipenda da fattori estrinseci quali la paura di essere vittime
dell’ingiustizia: il pericolo in cui si incorre è che il comportamento morale non sia
dettato da intime convinzioni ma dal timore della sanzione. Nessuno, per G. è giusto di
costretto.
proposito ma in quanto vi è
h) Eteronomia e mistificazione dell’etica: Adimanto teorizza che si faccia il bene per
premio puniti.
desiderio del che si riceverà dagli dei o per timore di essere da loro
Eteronomia= Condizione in cui
l'azione del soggetto non è
La decisione di prendere in esame le varie rappresentazioni dell’etica e della giustizia,
guidata da un criterio autonomo
corrisponde ad una scelta metodologica ben precisa, comprensibile sin dalle prime righe
ma è determinata dall'esterno
dell’opera, nelle parole “…discesi al Pireo”: la discesa è un momento necessario per rendere
possibile la risalita.
L’analisi delle molteplici raffigurazioni della giustizia è volta ad evidenziare le inadeguatezze,
le distorsioni e le mistificazioni; vien da chiedersi se tale critica avvenga nel nome di un’unica
etica già ben delineata. l’Idea del Bene
Verso la fine del libro la discussione sul giusto chiama in causa , e viene
posta la domanda se non vi sia qualcosa che è misura di tutte le cose e che è maggiore della
giustizia e delle altre virtù (temperanza, coraggio, sapienza; espressione dell’anima
concupiscibile, irascibile, razionale).
Anche se non è possibile conoscere direttamente il Bene
(perché l’inesauribilità del bene è impossibile da
comprendere nella sua totalità per l’uomo finito e limitato) è
comunque l’oggetto che ogni anima persegue ed è
fondamentale riuscire a conoscere la relazione che vi è tra
esso e le cose buone.
La riflessione etica, attraverso una continua opera di giudizio critico, mette in guardia verso la
possibilità che il criterio del bene e del giusto si identifichi in una persona, gruppo o Stato.
CAP. 2 L’ESPERIENZA ETICA
Hegel
- Per i termini “morale” ed “etica” non si equivalgono.
quell’ambito
Allude a Allude a quell’ambito morale in cui
personale,
prettamente intimo, la libertà viene colta nel suo
coscienziale contraddistinto oggettivarsi nei costumi, nelle
dalla libertà e dal senso di consuetudini, nelle istituzioni, nella
realtà in cui il soggetto vive.
responsabilità.
La distinzione è funzionale ad affermare il primato della morale sull’etica.
Paul Ricoeur
- Mentre distingue tra etica e morale per affermare il primato dell’etica
(vista come la dimensione in cui il desiderio di realizzazione di sé si traduce nella cura di sé,
mentre la morale è vista come la dimensione dell’imperativo in cui l’agire dell’uomo si
sottopone alla regolazione della norma).
Ciò che contraddistingue la nostra esperienza di soggetti che agiscono e scelgono è il
desiderio di vivere bene. senso teleologico;
L’esperienza etica viene compresa come orientata in essa è
accompagnata da:
Momento Riflessivo
1. un che Ricoeur chiama “stima di sé” durante il quale valutiamo il
nostro agire e apprezzandolo apprezziamo anche noi stessi. Stabilendo dei nessi tra le
nostre preferenze e le valutazioni del nostro agire e dei nostri piani di vita, noi situiamo
aspirazioni parziali aspirazione complessiva
delle che sono comprese nella nostra
alla vita buona, l’unica che ci può condurre all’eudaimonia. Questa aspirazione non
va intesa in senso individualistico poiché dal piano personale trapassa in quello
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interpersonale; questo perché l’identità personale incorpora in sé un riferimento
all’alterità. Si può infatti parlare di identità secondo l’idem/medesimezza
(permanenza nel tempo di un IO che resta identico a sé) e secondo l’ipse (guardare sé
stessi come a un altro da sè; indispensabilità dell’aprirsi all’altro). L’alterità è quindi
inclusa nell’ipseità. Perciò quando si parla di aspirazione alla vita buona del sé e
quando si dice che qualcuno stima se stesso come un altro, significa che egli stima se
stesso come se fosse un altro.
2. A questo punto s’incontra la seconda componente dell’aspirazione etica, ossia la
Sollecitudine per l’altro: riconoscere l’altro e scorgere in lui un essere che sceglie e
decide. Il desiderio di una vita buona attraverso la cura di sé, è anche il desiderio di
vivere bene con e per gli altri.
Aspirazione a vivere all’interno di istituzioni giuste
3. : le istituzioni si presentano come
strutture che dimostrano di non poter prescindere dalle relazioni interpersonali e dalla
sollecitudine per l’altro, in quanto i compiti affidati loro sono: riconoscere diritti e
doveri, redistribuire redditi, garantire la giustizia secondo una esigenza di uguaglianza.
La giustizia, in questo modo viene ricondotta a quella dimensione etica costituita
dall’aspirazione alla vita buona, tale aspirazione ha bisogno di esser sostenuta da
principi, norme e regole di
carattere universale, ovvero dalla norma morale. (Ricoeur stabilisce una linea di
continuità fra l’aspirazione etica e l’obbligazione morale, sottraendo l’aspirazione ad
una declinazione volontaristica ma evitando, al tempo stesso, che l’obbligazione venga
concepita come coercitiva)
Riassumendo queste prime considerazioni, si può dire che:
a) Il Dovere (ovvero la dimensione normativa obbligatoria) non è la prima parola
dell’etica
b) Il Bene è l’elemento che contraddistingue l’esperienza etica: l’aspirazione alla vita
buona e la ricerca delle modalità attraverso le quali essa si può realizzare
c) L’esperienza etica è costituita da una pluralità di dimensioni che si integrano fra loro
(dimensione soggettiva, intersoggettiva, pubblica,..)
d) L’etica è chiamata a valorizzare la ricchezza e la complessità dell’esperienza pratica,
considerando come questa prenda avvio dall’aspirazione al bene e dalla cura di sé
- Ma Ricoeur non è l’unico nel dibattito contemporaneo a dire che non è possibile ridurre
Iris Murdoch
l’etica alla sola dimensione normativa/obbligante. Per (romanziera e filosofa
influenzata dal pensiero di Wittgenstein) l’etica è una forma di conoscenza del reale; la vita
etica è frutto del modo in cui guardiamo alla realtà, alle cose e agli altri. Il soggetto è
attenzione al reale,
chiamato a guardare al mondo con attenzione prima di tutto. Dall’ e della
minore o maggiore qualità di essa, dipende il valore della scelta. Ma l’uomo non potrà mai,
considerata la sua finitezza, conoscere integralmente il reale: egli potrà solo esperire in modo
parziale del bene e realizzarlo. Questa esperienza limitata del bene è possibile solo se
preliminarmente si esercita una capacità di discernimento mora