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L'ARTE.
Arte/tecnica
Bisogna considerare che l'estetica è relativa anche alla natura, non solo all'arte. Originariamente
arte si accosta al termine dunque tecnica, anche se spesso si discute sulla loro
τεχνή,
comparabilità. Allora l'arte poteva infatti anche essere confusa con l'artigianato, e solo più avanti ci
si concentra sull'arte bella. A partire da questa riflessione terminologica, si può dire che
nell'antichità l'arte bella fosse un abilità nel soddisfare determinate tecniche, regole. Questa
concezione di arte rimane fino al Rinascimento: di fatto si assiste ad una serie di cataloghi e regole
per la produzione artistiche, come quelle per la proporzione, la prospettiva o la retorica.
Età antica.
La riflessione sull'arte ha inizio con Platone. Quello che compare fin dall'inizio è che l'arte si
distingue dalla natura, fin dall'accusa platonica all'arte, che la vedeva addirittura come copia della
copia. Uno dei primi ambiti in cui si vede veramente l'arte è la poesia, che già nel Gorgia inizia ad
avere una specificità tutta sua, perchè non è né copia della realtà, e quindi non viene da Platone
condannata, ma non è nemmeno un sapere tecnico. È piuttosto considerata una sorta di profezia o
un pensiero che si avvicina a quello filosofico. Tatarkiewicz sottolinea come in Platone la poesia
appaia già come un sapere non tecnico ma intuitivo e irrazionale, di contro all'arte retorica, basata
invece sull'esperienza e sul ragionamento empirico. La poesia infatti mira a comprendere l'essenza
dell'essere, e per questo si distingue sostanzialmente dall'arte.
Con Aristotele il concetto di arte si restringe molto: comincia a delinearsi l'idea di un'arte che sia
imitazione del reale ma che allo stesso tempo è distinta dalla scienza, la quale ha a che fare con la
necessità, mentre l'arte ha a che fare con l'ambito del possibile. Comincia a emergere anche la
specificità dell'arte, che non riguarda le cose che sono necessariamente, ma solo la possibilità,
che è invece oggetto di produzione; si tratta sempre di attività tecnica, che però diventa anche
attività poietica in contrasto con quella scientifica. L'arte resta comunque forma di abilità (rientra
nelle arti anche la medicina), ma di sicuro non è scienza. Si contrappone poi alla natura e alla
conoscenza, perchè è attività pratica e non teoretica; e allo stesso tempo contrappone alla pratica
stessa, dato che è imitativa e non ha uno scopo.
Medioevo.
Il medioevo continua a mantenere questa idea di arte, vista ancora come abilità pratica e tecnica,
che deve produrre oggetti in vista di un fine determinato.
Varrone comincia a parlare di arti liberali, come contrapposte alle arti meccaniche.
Ugo di San Vittore inizia a ragionare sui problemi della bellezza e dell'arte.
Si sviluppa nel medioevo anche un'altra via, quella della scuola neoplatonica, che riflette sul fatto
che la bellezza possa essere intesa come mezzo di conoscenza del divino e così le arti possono
essere sottomesse alla scienza di dio. Sono il mezzo ideale, in quanto bellezza visibile, per
condurre ai valori dello spirito e alla conoscenza di sé stessi e poi al divino, al contrario delle arti
meccaniche. Le arti liberali infatti favoriscono il distacco dalle cose delle materiali, e permettono il
ritorno dello spirito a sé stesso.
Tommaso d'Aquino distingue tra arti liberali e manuali, di fatto collocando le prime al di sopra, in
quanto non soggette all'attività corporea. Sono un'abilità tecnica di agire su un materiale non
corporeo, non perchè non possiedono corpo ma perchè spingono all'esercizio dello spirito. La
materia nell'opera d'arte non è intesa come pura materia ma modellata come forma accidentale. È
l'artista che piegandosi alla materia riesce a darle una forma accidentale.
Rinascimento.
Nel Rinascimento c'è una maggiore autonomia dell'arte, che rimane comunque sottoposta ad una
regolamentazione. Si inizia a ricondurre il valore dell'arte anche all'abilità del singolo artista.
Nel Cinquecento si tende ancora a ragionare sulle regole della pittura, della scultura ecc, perchè
ancora non si sapeva definire l'arte indipendentemente dalla sua realizzazione; iniziano però ad
esserci dispute, alla fine del secolo, per cui si inizia a discutere della parentela delle varie arti.
Vasari inizia a ragionare sull'arte come concetto generale, non più singolarmente sulle singole arti.
La sua riflessione conoscerà una svolta decisiva nel 1746, quando si inizierà a pensare di
identificare un concetto di arte che sia superiore alla specificità delle singole arti.
Settecento.
Nel 1746 esce il testo di Batteaux, Le belle arti ricondotte ad un unico principio. Le belle arti
sarebbero secondo Batteaux cinque:
pittura,
scultura,
musica,
poesia,
danza.
Si inizia a pensare anche al tema dell'espressione: l'arte non è più mera copia del reale e quindi
non conta più troppo la tecnica dell'artista. La riuscita di un'opera d'arte dipende dalla capacità
dell'artista di esprimere qualcosa. Si inizia anche a dire che le arti belle non hanno uno scopo utile,
e che hanno la loro ragion d'essere semplicemente nel procurare piacere.
L'arte si svincola ufficialmente dal concetto di tecnica e comincia ad accostarsi al termine
espressione, anche se Diderot riaccosta i due termini, affermando che se non si accosta l'arte alla
tecnica manca sostanzialmente un criterio valutativo. Definisce infatti l'arte come l'industria umana,
legata quindi ad un sapere tecnico e applicata ai prodotti della natura per bisogno, lusso,
divertimento o curiosità. Non considera per nulla quindi la questione dell'espressione. Ma tra le
due, si impone l'idea di arte di Batteaux.
Lessing, sempre negli anni '50 del Settecento, riprende i termini di Batteaux per le arti belle.
Ritiene che le arti belle debbano essere distinte tra figurative e poetiche, quelle cioè che hanno a
che fare con lo spazio e quelle che hanno a che fare col tempo. Riprende anche il tema oraziano
per cui la poesia può restituire un'immagine quanto la pittura. Le arti figurative costringono a
fissare in un'istantanea, quindi l'artista delle arti figurative è costretto a eliminare lo scorrere del
tempo e deve cogliere l'istante fecondo, il momento che precede di poco il culmine dell'azione.
Kant dice che l'arte meccanica è sostanzialmente quella tecnica, quella che veniva descritta
nell'antichità come rispondente a determinate regole. Si ha in modo esplicito l'idea che produzione
di oggetti secondo regole determinate non sia passibile di giudizio estetico, che si rivolge solo
all'arte bella, quella che ha come scopo il sentimento del piacere e che ha cioè il proprio scopo in
sé stessa e fornire un piacere disinteressato. L'elemento tecnico da Kant non scompare, prende
semplicemente un'altra direzione.
Dopo Kant la tecnica viene interpretata come qualcosa di anti artistico; l'opera d'arte è
espressione e quindi libera produzione dell'immaginazione, senza regole, è libertà del genio e
iniziativa della creatività. La tecnica è ormai solo secondaria. Si inizia a valorizzare la figura
dell'artista e a vedere arte come espressione di un genio creativo. La capacità tecnica è ora
sottomessa alla capacità espressiva, per cui la tecnica artistica serve solamente all'espressione,
serve a dare corpo all'idea, ma nulla più di questo.
Questa concezione raggiunge il suo culmine nel Novecento con Croce, che esclude qualsiasi
principio tecnico dal significato dell'opera d'arte. È colui che in modo più esplicito espunge la
tecnica dall'opera d'arte. Secondo Croce infatti non si può dare una dottrina o una
regolamentazione dei mezzi artistici: l'estetica è sostanzialmente scienza dell'espressione. L'opera
d'arte non è più sapere pratico ma unicamente teoreticità. Ragiona però come Kant sempre in
termini teorici, senza confrontarsi con la realtà artistica.
Novecento.
Nel momento in cui l'estetica prende atto dei suoi principi teorici le cose cambiano. Il termine
tecnica però si è evoluto, e se ne parla ora in termini di tecnica di produzione; l'opera d'arte inizia
ad essere prodotta con strumenti propri dell'industria, si inizia a vedere una produzione artistica
alimentata dalla produzione industriale. Iniziano infatti a imporsi altre forme d'altre, come la
fotografia e il cinema, quindi non è perseguibile il progetto crociano di intendere l'arte come pura
teoreticità. Ci sono due movimenti artistici che costringono l'estetica a ripensare alla relazione tra
arte e tecnica: Arts and Craft e Bauhaus. Il primo è un movimento che prova a mettere in crisi il
rapporto tra le due, mettendo in discussione il fatto che l'arte sia una modalità di lavoro intellettuale
opposta a quella intellettuale; la seconda prova a eliminare la dicotomia tra artista e artigiano. In
entrambi i casi questo nuovo apparentamento tra arte tecnica che segue alla rivoluzione industriale
ed è figlio di quel momento storico vuole essere un'opera d'arte in relazione ai movimenti sociali. I
primi sono socialisti, i secondi sono una forma di democrazia applicata. Gli autori che riflettono su
questi temi sono Adorno (Teoria estetica ,1970, postuma) e Benjamin (L'opera d'arte nell'epoca
della sua producibilità tecnica, 1936).
Benjamin concede alla tecnica un ruolo liberatorio. Vede infatti positivamente questo nuovo
accostamento tra arte e tecnica, perchè il fatto che l'opera d'arte sia ora tecnicamente riproducibile
fa si che questa venga come laicizzata. La tecnica non è solo tecnica di riproduzione come quella
in serie, ma anche prodotto di nuove arti, e questo porta tra l'altro ad un nuovo atteggiamento
creativo; quello che viene a mancare però è l'aura, la forma di unicità e irripetibilità, l'autenticità
assoluta dell'opera d'arte, l'hic et nunc. Le nuove tecniche fanno sì che l'arte non sia quasi più un
oggetto sacro e unico; la sua autenticità si perde in favore della sua riproducibilità tecnica.
Adorno investe l'opera d'arte anche di un ruolo storico, e si sottrae al dominio della tecnica, alla
riproduzione tecnica. L'arte è tale nel momento in cui esprime un conten