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SOGGETTO-AUTORE DELLA PAROLA E' SOLO L'UOMO, 'CHI' PARLANTE, E NON ILLINGUAGGIO NELLA SUA PRESUNTA AUTOLOGIA.

Tuttavia l'uomo non padroneggia la struttura del linguaggio come è mostrato dall'impossibilità di disporre sia della separazione tra il versante del significato e quello del significante, sia del principio di non contraddizione. Nella tesi di Aristotele il principio di non-contraddizione consiste nel prendere atto che: "è impossibile che la stessa cosa inerisca e non inerisca alla medesima cosa e secondo il medesimo rispetto".

L'uomo si manifesta nel linguaggio, ma non è il principio del linguaggio, pur compiendo un'opera di continua appropriazione originale del senso, consistente nel dire discorsivo, attraversato dal dirsi di ogni singolo soggetto.

L'UOMO, IL LINGUAGGIO E IL DISCORSO SONO L'UN L'ALTRO IN UN RAPPORTO DICO-ESSENZIALITA' => questo rapporto ha la

medesima struttura del Nodo Borromeo; Lancan ricorda: questo tipo di nodo è tale perché unisce tre anelli di corda in modo tale che la rottura di uno dei tre anelli comporta anche la rottura del legame con gli altri due => non si può dire nulla del linguaggio se non si pensa l'esercizio della soggettività del parlante e se non la si analizza nello svolgimento del discorso e dunque nell'intersoggettività comunicativa nella trialità del logos, custodita nella terzietà del nomos. Questa unità-distinzione del soggetto parlante, del linguaggio e del discorso è illuminata da una fenomenologia del diritto che mostra come il soggetto sia tale, abbia rilievo giuridico, nella relazione con l'altro, strutturata secondo il modello del linguaggio esercitato come discorso. Il soggetto manifesta la sua responsabilità, il suo essere giuridicamente imputabile, mostrandosi come soggetto del linguaggio, esercitato in undire che è un dirsi, ovvero è un dire se stesso a un altro soggetto, nello spazio terzo si un'ermeneutica della ricerca-creazione di senso. L'uomo si lega al linguaggio ed al discorso perché rischia la sua libertà nel selezionare i contenuti del suo parlare e li enuncia per dire se stesso ad un altro soggetto del discorso, nel medio della relazione IO-TU. In questa relazione – dice Buber – si coesiste nello spazio esistenziale dello spirito, manifestantesi nel suo eccedere lo psicofisico, così da differenziare il diritto dell'uomo dalle leggi degli animali, secondo l'ordine della qualità. Il soggetto si volge alla pienezza della comunicazione che muove da quel che Buber chiama la coppia Io-Tu orientata alla gratuità del senso della relazione nello spirito. La dimensione del gratuito è custodita nella disfunzionalità del Tu, illuminata dallo spirito. L'unità di uomo, linguaggio eIl discorso si manifesta nel rinvio all'opposizione tra la verità e la falsità, tra il dire il vero e il mentire. In Buber si legge: "la menzogna è il male peculiare che l'uomo ha introdotto in natura, la menzogna è una nostra invenzione specifica, che differisce da qualsiasi tipi di inganno gli animali riescano a ordire. Nella menzogna lo spirito commette un tradimento contro se stesso". "la falsità non può mai presentarsi come tale, ma sempre come verità, perché lo scambio tra il parlare vero e il parlare falso possa avvenire". "L'operazione di falsità - continua Baccari - non si può fare su se stessi dove è possibile l'errore, ma non un consapevole auto-inganno teorico, ma su altri e consiste nel nascondere loro l'imputabilità del proprio dire.. Chi inganna.. nasconde ad altri la sua intima responsabilità, per presentarne una di

comodo”. Il parlante pone in parole il rapportarsi alla verità e compie quest’opera in un linguaggio che manifesta, nel discorso con l’altro, la responsabilità nel selezionare la verità dalla falsità. QUANDO SI NOMINA L’OPERA DELLA VERITA’, SI NOMINA IL PORRE IN GIOCO LA QUALITA’ DELLA RELAZIONE CON L’ALTRO e dunque l’alternativa tra a) la ricerca della struttura dialogica Io-Tu e b) l’impostazione di un tener per vero destinato ad usare l’altro, incontrato solo come un Esso. Nel discorso dei parlanti transitano i contenuti che prendono luce e si qualificano nello spazio dello spirito, presentato dalla relazione IO-TU che sorprende nella sua non pre- calcolabilità, generando quella condizione di stupore dove il singolo parlante avverte di essere esposto ad esercitare la RESPONSABILITA’ NEL SELELZIONARE I CONTENUTI E LA QUALITA’ DEL SUO COMUNICARE CON L’ALTRO. Il linguaggio del

è pertanto discorso e chiama il parlante alla responsabilità, riproponendo la coalescenza del logos e del nomos.

LA VERITÀ VIENE COESISTITA COME GIUSTA QUALITÀ DI UNA RELAZIONE ESISTENZIALE (tu), LA MENZOGNA COME INGIUSTA QUALITÀ DI UN RAPPORTO USATO NELLA FUNZIONALITÀ (esso).

Il diritto non scade in un meccanismo pre-post-umano perché custodisce nei ruoli (Esso=funzionalità) l'originalità (Tu=disfunzionalità) e così mantiene il linguaggio nella struttura dialogica nel discorso tra i parlanti.

Nelle operazioni dei diversi sistemi di funzione si svolge un transito di contenuti di un linguaggio che, essendo il discorso dei soggetti parlanti, non può essere chiuso ed esaurito in una funzionalità sistemica, come esigerebbero le analisi di Luhmann.

Nell'uomo - in quanto soggetto parlante - nel linguaggio e nel discorso, il senso è irriducibile ad un significato definito.

perché il senso è esistito dal parlante come desiderio di senso ed in quanto tale è qualificato temporalmente dal futuro scelto e progettato; non ha uno stadio di chiusura nel passato o nel presente, ma rimane sempre aperto alla non anticipabilità esistenziale del futuro, alla gratuità del suo presentarsi, però nell'esercizio della sua responsabilità. Il linguaggio discorsivo degli uomini rischia l'imputabilità e la responsabilità della ricerca di senso, che costituisce la struttura stessa della soggettività, nel suo non essere esauribile nell'acquisizione di un definito risultato, perché lo eccede permanendo sempre nella condizione propria del trascendersi dell'io nel desiderio di senso. Lacan: "un essere completamente preso nella realtà, come l'animale, non ha alcuna specie di idea, non si apre all'ordine simbolico, perché ciò che è propriamente

simbolico introduce nella realtà umana qualcosa di altro, di differente che costituisce tutti gli oggetti primitivi della verità". La soggettività giuridica dell'uomo e la libertà, comunicata in un linguaggio strutturato come discorso, non hanno una spiegazione scientifica, non costituiscono gli oggetti osservati dalle tecniche dello zoologo; sono invece il terreno dell'arte del giurista. Si chiarisce l'unità-distinzione tra il parlante, il linguaggio e la relazionalità del discorso se si chiarisce che la parola è polisensa e dunque si presenta come una domanda in quella direzione dove si guadagna consapevolezza che il domandare è tale perché non è il domandare a se stessi, ma è il domandare rivolto all'altro in un 'rapporto dialogico' => UN' IPOTESI è FORMULATA DA UN SINGOLO SOGGETTO QUANDO HA LA CONSAPEVOLEZZA DI FORMULARLA E QUESTA CONSAPEVOLEZZA NASCE CON IL

L'essenzialità dell'opera dell'interpretazione, che costituiscono le due dimensioni formative di una fenomenologia del linguaggio-discorso. Ricoeur: "l'oggetto della fenomenologia è il senso dell'esperienza e la prima decisione della fenomenologia è di far scaturire un ambito di senso". Da tale convinzione si afferma:

  1. la fenomenologia appartiene agli uomini
  2. la fenomenologia si svolge nella chiarificazione dei problemi del senso, operando come l'aprirsi empatico dell'io e dell'altro nell'esercitare la loro personale, infungibile responsabilità.

Queste affermazioni si giovano anche delle analisi della scissione tra il piano dei motivi e quello delle cause, dunque del confine che distingue la motivazione esistenziale della causalità operazionale. Quando compare il motivo allora si presenta anche l'io; la motivazione delle condotte umane è imputabile, anche giuridicamente.

all'esercizio della libertà, non è invece riconducibile né all'ordine delle cause, né a quello dei casi. La motivazione e la libertà si coappartengono e si illuminano reciprocamente nel questionare sul senso, che si presenta nel movimento del domandare e del rispondere, situati in un linguaggio che è discorso e dunque ha una struttura dialogica del comunicare. Per la loro struttura polisensa le parole sono avvicinate all'arte dell'interpretazione. Fabro: "L'io è prima del mio; il mio è mio in quanto ce l'ho io". Le questioni sulla proprietà, dei beni materiali o immateriali, e sulle norme giuridiche che la disciplinano possono essere trattate solo se "il mio viene interpretato nell'io" e dunque solo se si supera una visione oggettivante e scientifica della proprietà. A questo superamento risponde il compito di una fenomenologia del diritto che si libera.dall'indifferenza verso i contenuti normativi, non discussa nelle costruzioni di Kelsen, dove la domanda di giustizia è detta "impura" davanti alla "pure" autologia, sia della formalità vuota de
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Publisher
A.A. 2007-2008
9 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Romano Bruno.