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CAPITOLO V – LA VALIDITA’

Dire che una norma è valida significa dire che è vincolante, che è obbligatoria. Se consideriamo il

sistema giuridico nel suo insieme allora tale obbligatorietà è detta validità mentre se parliamo di

singole norme la validità equivale ad appartenenza al sistema.

Concezione assiologia della validità: una norma è valida in quanto è giusta. Tale concezione è tipica

del giusnaturalismo, in questa concezione giustizia, validità, obbligatorietà sono saldate insieme e il

diritto positivo deve rispettare il modello rappresentato dal diritto naturale.

Con il positivismo giuridico la prospettiva cambia, infatti il principio fondamentale del positivismo

è la separazione tra diritto e morale e tra diritto e giustizia.

All’origine di tale esigenza vi è la convinzione che la sola attività del sovrano illuminato

permettesse un accordo tra diritto positivo e diritto naturale per cui qualsiasi controllo veniva

considerato superfluo. Inoltre, con il positivismo giuridico cambia l’equazione giustizia, validità,

obbligatorietà in quanto si perde il primo fattore ossia giustizia. Si è reso necessario trovarne un

altro che lo sostituisse.

La volontà vincolante dello Stato (autori tedeschi): secondo questi autori la volontà dello Stato si

sostituirebbe alla giustizia. Lo stato è inteso come una realtà spirituale, un ente morale. La critica a

tale teorie risiede nella affermazione che nella vita reale esistono solo gli individui che non hanno

una univoca volontà rappresentata dallo stato.

John Austin – la concezione fattuale della validità (corrente analitica inglese): l’esistenza di

una norma giuridica, la sua validità e la sua obbligatorietà sono tutte definite in termini di efficacia.

La norma giuridica è tale se è un comando del sovrano, il sovrano è tale se riceve abitualmente

obbedienza.

Quindi la validità dipende dall’esistenza di un potere in grado di imporre dei comportamenti

mediante sanzioni. A questo tipo di concezione vengono mosse varie critiche:

Austin afferma che il diritto per essere giusto deve mirare all’utilità sociale.

Hart: criticava la concezione dell’obbligo e della validità basata esclusivamente sulla previsione

della sanzione.

Anche Olivercrona attacca osservando che essere obbligati vale a dire sperimentare la forza

vincolante del diritto, in altri termini il concetto di obbligo e validità non possono esaurirsi nella

paura della sanzione o nella probabilità di incorrere in essa.

Kelsen e la concezione formalistica della validità: Kelsen intende staccarsi sia dalla prospettiva

giusnaturalista che da quella fattuale. Contro l’ipotesi del diritto naturale sostiene una teoria non

cognitivista della giustizia. Kelsen insiste sul carattere relativo dei valori. La coercizione è legata al

comportamento mediante il verbo dover essere. La validità delle norme consiste nel dover essere il

quale ha carattere formale. Per comprendere come funzione il dover essere Kelsen introduce due

distinzioni.

1) tra nomo statica e nomo dinamica

2) tra sistema statico e sistema dinamico

la nomostatica si occupa della singola norma, nella sua struttura formale. Secondo la nomo statica

la norma è un giudizio ipotetico che ricollega una conseguenza ad un comportamento mediante il

dover essere.

La nomodinamica esamina il modo in cui la norma si collega con le altre.

Nei sistemi normativi statici le norme costituiscono un sistema. Dal contenuto della norma base si

possono ricavare tutte le altre.

Il diritto è un sistema normativo dinamico, il che significa che le norme che formano un sistema

nel senso che derivano da una norma fondamentale ma non nel suo contenuto bensì da una serie di

deleghe, di autorizzazioni.

Nel sistema normativo dinamico vi è una norma fondamentale la cui funzione è quella di conferire

il potere di creare diritto all’atto del primo legislatore e a tutti gli altri atti basati sul primo atto. Il

dover essere e quindi la categoria della validità è un dover essere formale. La funzione della norma

fondamentale è quella di conferire il potere di creare diritto. Secondo Kelsen l’unica soluzione

possibile consiste nel presupporre la validità dalla norma fondamentale, concependo appunto il

dovere essere come categoria formale.

Alf Ross scrive: pensare giuridicamente secondo Kelsen è pensare in termini di dover essere

(sollen) e non in ciò che è (sein) e la scienza del diritto è una dottrina normativa e non sociale.

Olivercrona definisce il dover essere Kelsiano il grande mistero

Validità e legittimità: Kelsen parla della legittimità come sinonimo di legalità, una norma è valida

quando viene emanata secondo quanto previsto dalla norma immediatamente superiore e così via.

Questo procedimento viene definito da Kelsen il principio di legittimità.

La debolezza della teoria del dover essere risiede nella considerazione a accettare la norma

fondamentale in maniera astratta come puro dover essere, questo rappresenta un problema quando si

deve decidere quali siano le regole da seguire in concreto.

La risposta di Kelsen rimanda all’effettività, la norma fondamentale presupposta valida cioè come

categoria trascendentale.

Si finisce per cadere nella fallacia naturalistica della legittimità.

Le trasformazioni della Costituzione. Il puzzle della norma fondamentale: secondo Kelsen la

trasformazione, ossia il passaggio da un regime politico all’altro, si può verificare in due modi, uno

legale, che si ha quando la norma fondamentale prevede le modalità del suo cambiamento. L’altro

modo è quello rivoluzionario, in modo cioè non prescritto dall’ordinamento. Se il tentativo

rivoluzionario ha successo, vi sarà una nuova norma costituzionale, se viceversa il tentativo non

avrà successo, rimarrà in vigore la vecchia Costituzione.

Della trasformazione legale si è occupato Alf Ross; nel suo “Diritto e giustizia” (1958) l’autore

criticava tale possibilità argomentando che esistono anche norme di competenza le quali

stabiliscono la creazione delle norme: in questo modo sorge un complicato sistema di autorità. In

definitiva, la modificazione è un fatto meramente psicologico-sociale, al di fuori di ogni procedura

giuridica. In un altro lavoro (One self reference and puzzle in costitutional law) Ross suggerisce

tuttavia una possibile soluzione al problema affermando che la norma fondamentale vera e propria

consisterebbe in una norma non scritta. Occorre rendersi conto del fatto che alla base di qualsiasi

trasformazione della norma fondamentale vi è una scelta politica, e non soltanto l’applicazione di

una norma espressa o tacita che sia.

Norberto Bobbio ritiene il problema della validità un problema indipendente dal giudizio di valore.

Bisogna compiere tre operazioni: 1- accertare se l’autorità che ha emanato la norma ha il potere

legittimo di emanare norme giuridiche; 2- accertare che non sia stata abrogata; 3- accertare che non

sia incompatibile con una norma gerarchicamente superiore o successiva.

La validità nel realismo scandinavo: i due movimenti realisti, quello scandinavo e quello

americano, tendono a smontare il sistema formalistico kelsiano rispettivamente con un approccio

psicologico fattuale e comportamentista. Il realismo è l’elemento che accomuna i vari pensatori

delle due scuole.

La tesi della realtà (scandinavo): il realismo scandinavo comprende la corrente svedese

rappresentata da Hagerstrom, Lunndstedt e Olivercrona e la corrente danese rappresentata da Alf

Ross. Il realismo giuridico scandinavo deriva dalla cosiddetta tesi della realtà di Hagerstrom:

secondo l’autore, l’unica realtà possibile è quella empirica. Secondo la teoria, se i principi del diritto

si riferiscono ad una qualche realtà empirica, ha senso studiarli, altrimenti sono da considerarsi dei

concetti metafisici. La loro critica si appunta sui concetti giuridici dei giuspositivisti e la concusione

a cui arrivano è che anche questi sono concetti metafisici. Ad esempio, la nozione di validità, per i

realisti, non è obbligatoria perché si tratta di un dovere morale né perché esiste una volontà dello

stato superiore. Hagerstrom osserva che non è affatto vero che tutti gli individui rispettano le norme

e soprattutto che non tutti conoscono le norme, per cui è impossibile pensare che i destinatari

possano volerne l’applicazione.

La forza vincolante del diritto (scandinavi): per i realisti scandinavi il diritto è un insieme di

regole di comportamento espresso in forma imperativa che riesce a provocare nel destinatario un

senso di costrizione.

La forza vincolante del diritto è una nozione puramente immaginaria, un tipo di coercizione

psicologica. Le sue origini risalgono al mondo magico-religioso delle società primordiali.

L’applicazione delle sanzioni aumenta il senso del dovere, la nozione della forza vincolante o

validità del diritto è di primaria importanza: senza la sua applicazione a livello psicologico l’azione

del diritto sarebbe addirittura impossibile.

In definitiva per i realisti scandinavi la validità non dipende dalla giustizia; essi colgono, oltre alla

organizzazione della forza, la dimensione psicologica. Senza il senso del dovere, senza le

convinzioni degli uomini e i loro atteggiamenti psicologici, la distribuzione imperativa dei valori

nella società si dovrebbe basare solo sulla minaccia delle sanzioni.

La forza psicologica della costituzione (scandinavi): Olivercrona si pone il problema del

rapporto tra ordinamento giuridico nel suo complesso e le singole norme. La spiegazione va cercata

nella forza psicologica della Costituzione.

Tra i fatti, e la validità come nozione indicante una doverosità, si interne l’elemento psicologico,

ossia la credenza in un obbligo oggettivo. Infatti senza questa credenza sarebbe complicato e

dispendioso mantenere in vita una società civile.

D’altra parte, questa credenza è puramente immaginaria: nella realtà c’è soltanto il funzionamento

della macchina del diritto.

Certo, il meccanismo psicologico esiste, ma si basa su una menzogna. I realisti continuano a dare

per scontato questo aspetto, ma dal punto di vista scientifico ed etico, è evidente che dietro

all’obbligo giuridico si nasconde, come diceva Machiavelli, un’utile menzogna.

La soluzione consiste nel puntare su un sistema politico democratico, in modo che si rafforzino i

motivi per rispettare le leggi e diminuisca il timore conscio o inconscio delle sanzioni.

La va

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Publisher
A.A. 2012-2013
16 pagine
9 download
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher geminusis di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Palombella Gianluigi.