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La svolta di Kant nel pensiero illuminista
Inizia menzionando KANT. Con Kant siamo nel secolo dei lumi XVIII. Kant ha dato una svolta al pensare, alla sequela di quella che era stata la svolta cartesiana, poiché egli ha messo al centro lo sguardo del soggetto. Se nel pensare fino a lui, era l'oggetto il centro del pensare (l'uomo, la natura, lo stato), la svolta (che è di Cartesio in Francia e poi in Europa e poi con Kant), cambia la messa a fuoco. Ciò che preoccupa i moderni, prima ancora dell'oggetto da studiare, è CHI è il soggetto che studia l'oggetto. L'uomo.
Cosa ci propone Kant? Una nuova caratterizzazione in senso morale al concetto di persona. "L'essere umano è persona": quindi, comprendiamo l'essere umano attraverso il dato personale. Non è la specie, la massa di tutti i viventi, no! È persona nella dimensione della sua specificità singolare. Distinzione da cosa; l'essere umano non
è una cosa, non è un oggetto, una resextensa. Gli esseri dotati di ragione – per i greci logos: capacità cosmica di tenere insieme→le parti – sono persone: la loro natura, modo di essere, ne fa già fini in sé non impiegabilisemplicemente come mezzi, ciò limita ogni arbitrio ed è oggetto di rispetto.→Sintesi di una tradizione ultramillennaria stiamo parlando di un lungo percorsointerpretativo dell’essere umano di sé: capisce sé stesso interpretandosi come persona,come essere ragionevole, che comprendendo sé stesso in quanto tale, capisce che il suoessere vivo implica immediatamente il non essere una cosa. Noi siamo viventi razionali,dunque dotati di un fine in sé; non un mezzo (il mezzo è ciò che è finalizzato ad altro. Ilcomputer è uno strumento, una cosa che serve, a mia disposizione, lo utilizzo come voglio,non ha una vita autonoma. Le persone non
La dignità dell'uomo
La natura delle persone non è strumentale, non sono guardabili come strumenti, perché sono in sé stesse fini, qualcosa che tende a una meta che è già il punto di arrivo, che continua a tendere verso ciò che si è (si nasce persona). Al di là dell'impegno di essere sempre più autenticamente umani, la dignità dell'uomo è previamente riconosciuta come un fine che, come tale, va rispettato, e che è fuori da ogni arbitrio. Io non posso usare una persona come uso una cosa, altrimenti diventa schiavizzare, calpestare il diritto del riconoscimento della persona, che mai è riducibile a oggetto strumentale, in nessun modo.
Kant è noto per alcuni imperativi categorici: elementi che per la loro logica formale risultano essere per l'umanità che siamo, INDISCUTIBILI. Uno dei suoi imperativi (libretto: "Fondazione metafisica dei costumi"): agisci (imperativo PRATICO, hanno questo tipo di esistenza).
comando morale, non un'istanza di comando esterno. Il Demone socratico ci detta qualcosa dall'interno), in modo di trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di chiunque altro, anche e sempre come fine e mai semplicemente come mezzo. (RISORSA: dire che siamo risorse significa ricevere un giudizio economicista, è qualcosa che SERVE ad una società, a un gruppo, ci rimanda alla dimensione della strumentalità, è un mezzo; dire che una persona è una risorsa per Kant non andrebbe affatto bene., così come pensare al lavoro, allo studio in termini di crediti e debiti è una distorsione della visione complessiva più alta di cosa significa formarsi. È pericolosa perché ci asservisce, cambia il nostro modo di guardare le cose). Insegnare a qualcuno a comportarsi in maniera meccanica → e non alla ricerca del vero lucratività immediata, es. seguo quel seminario perché midà un credito logica distorcente rispetto al significato. Meccanismo che ci fa perdere cosac'è in gioco davvero) La complessità è il dato di realtà: certo che siamo anche dei mezzi, dei mezzi a un fine. La mamma è il primo mezzo di sussistenza, di vita, per il bambino, ma la mamma non è solo soluzione. La complessità ci fa dire "siamo anche dei mezzi": il problema è tenere insieme la dialettica tra mezzo e fine. La persona è sempre un fine anche quando vale come mezzo; la prof è un mezzo di approfondimento culturale, aiuto alla formazione, esercita una funzione di "strumento", ma non smette di essere la persona che è e che vale come fine in sé. Quindi se anche esercito una funzione di strumento, non smetto di essere la persona che vale come fine in sé. Non c'è la possibilità di scindere; nel momento in cui ciò viene fatto, viene
Per il riconoscimento, il rispetto e la considerazione della dignità dell'umano. Esempio efficace: sfruttamento del lavoro fino alla schiavitù, teorizzato anche dagli antichi come necessario all'economia, quindi plausibile, ma non per questo moralmente accettabile. Anche oggi ci sono forme di sfruttamento lavorativo: non viene dato il giusto riconoscimento alla persona, la persona diventa un mezzo che viene sfruttata da un'altra persona, che la utilizza a suo uso e consumo come fosse una cosa, dimenticandosi che è persona (schiavi d'Egitto, oggi ricordiamo gli immigrati nelle campagne del sud Italia... bambini che estraggono i minerali). Se è facilmente intuibile che la persona è un fine, dobbiamo riconoscere che è anche un mezzo. Es: prostituzione (l'uomo utilizza il suo corpo, ma non vede la prostituta come persona), pedofilia (strumentalizza il corpo di un bambino, riducendolo a una cosa).
kantiana: mezzo/fine non disgiungibili, ma dobbiamo altresì accorgerci che quell'imperativo che mi comanda dal profondo della mia interiorità, che trovo in me, LA COSCIENZA MORALE in me (il Demone socratico), mi dice di trattare l'umanità che è in me43 come quella di chiunque altro; ciò significa che sono moralmente sempre obbligato a questo duplice riconoscimento. Che cosa c'è di umano? Dove lo trovo? Lo trovo in me, che sono persona, e in chiunque altro incontri che è come me, umano: non c'è distinzione. Nella stessa considerazione del medesimo imperativo, KANT ci insegna la stima per noi: non solo mi devo preoccupare che nessun altro sia ridotto a strumento e che venga calpestato, MA anche in me questo non deve accadere, anche io devo essere capace di coscienza morale in me, da sapere che nulla e nessuno mi può strumentalizzare. I giudici di Socrate avrebbero voluto strumentalizzarlo, piegandolo.
Ai loro voleri: Socrate ha difeso, a costo della propria vita, il fatto di essere un fine in sé. Non era un mezzo a disposizione di un certo tipo di potere politico, non c'era quella possibilità di strumentalizzare ciò che faceva e diceva, il modo in cui viveva.
A partire dalla persona che si è, questo principio morale deve valere per tutti, indiscutibilmente. Io devo accorgermi di essere un fine in sé, assolutamente valido, a prescindere. Il valore della persona che sono non dipende dalla mia età, genere sessuale, salute, condizione sociale, razza, dal fatto che sia buono o cattivo (moralmente inteso) o capace, di successo o no non sono elementi significativi dal punto di vista del riconoscimento e del rispetto.
Questo è una conquista di civiltà, non un'ovvietà: ci sono voluti millenni per giungere a questa comprensione, almeno a livello teorico. Purtroppo, a livello pratico, la persona ancora la vediamo calpestata.
In moltissime situazioni. A partire dalla persona, che ciascuno può dire di sé di essere ed è sempre un fine in sé, vale ASSOLUTAMENTE qualcosa di sciolto da qualunque elemento previo, libera, capace di sé, non dipendente da alcun elemento e senso. Questo vale per l'umanità che trovo in me, per la persona che sono: io sono un'espressione dell'umanità nel momento in cui mi accorgo di esserlo, sono anche capace di riconoscere questo negli altri, poiché così come non posso scindere mezzo e fine e non posso far sì che il fine venga negato in funzione della strumentalità, altrettanto non posso semplicemente occuparmi dell'umanità che è in me senza accorgermi dell'umanità che è nell'altro; e non posso nemmeno accorgermi dell'umanità dell'altro, consentendo che la mia venga calpestata (in tal caso, non ci sarebbe verità per).
la persona che sono, ovvero per l'umanità che esprimo e che è in me). L'uomo non è santo (Kant: "La critica della ragion pratica"), non è esente dal conflitto né dal coinvolgimento con la dimensione dell'errore, della caduta. Ma è SANTA l'umanità nella sua persona (l'uomo): non c'è umanità in senso generico e astratto, in termini di specie, l'umanità è sempre umanità che ogni singolo essere umano può esprimere, attraverso un Sé personale, una ipseità (principio che afferma l'identità dell'essere individuale con sé stesso), c'è sempre un portatore di umanità, sono io, è l'uomo che incontro, ma è sempre la specificità personale. Siamo cercatori di bene: sappiamo di essere dentro al conflitto e dunque dentro la possibilità di declinare, ma ciò che
cerchiamo di essere è questo→compimento di bene (questo significa SANTO = pienezza dell'umano, niente di meno ditutto ciò che potremo essere). 44Nell'intera creazione, tutto può essere adoperato come mezzo, tutto può essere asservito,ma l'uomo ad un certo punto della sua crescita spirituale, della sua comprensione, capisce di essere, attraverso la dimensione della creaturalità (→ il fatto di essere nati e non autoprodotti, misteriosamente presenti alla vita) e della razionalità, fine in sé. Nello sforzo del divenire della cultura, siamo arrivati a questa illuminazione: attraverso il dato della nostra creaturalità, il nostro essere dato e in continuo divenire, noi con l'uso della ragione possiamo dire che siamo dei fini in noi stessi e che nessuno può essere ridotto a mero strumento e a mezzo. 45 20/11LEZIONE 7PAG 42 TRENDELBURG Come creatura, l'uomo non è l'unico a disporre di
ilità rispetto agli altri organi del corpo umano. Il cervello è responsabile di molte funzioni vitali, come il controllo del movimento, la memoria, l'apprendimento, l'elaborazione delle informazioni sensoriali e molto altro ancora. Senza un cervello funzionante, non saremmo in grado di pensare, sentire, parlare o fare qualsiasi altra cosa che ci rende esseri umani. È un organo incredibilmente complesso e affascinante, che ancora oggi gli scienziati stanno cercando di comprendere appieno.