LA CURA DI SÉ
9) Fedro, 229 E-230 A
«Ancora non so conoscere me stesso, come prescrive il motto delfico (ton Delphikon gramma
ghnónai emautòn) e mi pare ridicolo (ghelòion dé moi phainetai), quando ancora non so questo,
indagare cose diverse da me (tà allòtria skopèin). Perciò, lasciando da parte e prestando fede a
quanto se ne dice..., indago non quelle, ma me stesso (skopó ou tàuta all'emautòn): per vedere se io
31
sia un mostro con mille membra e spire, pieno di voglie più di Tifone, o un essere meno aggressivo
e più semplice, partecipe per natura di sorte divina ed esente da superba arroganza».
Socrate e Fedro discutono dell'amore ma anche sul mito. Socrate ci crede ma dice che è ridicolo
occuparsi di cose diverse da noi stessi perché non abbiamo abbastanza tempo. Da qui il conosci te
stesso. Bisogna prima conoscere sé stessi per poi conoscere altro da sé.
Dio è l'unico vero essere eterno e noi uomini dobbiamo conoscere la nostra limitatezza. Dobbiamo
conoscere ciò che è divino in noi. L’uomo deve conoscere la sua finitezza. Conoscere ciò che vi è di
divino in noi per Socrate.
Ciò che vi è di più divino e affine a noi è la ragione.
Non c'è un tempo per l'anima, sia il mondo che l'anima sono eterni. Non c'è un prima o un dopo di
essi.
Timeo è stato usato come manuale di scienza per secoli. Inizia come prosecuzione della
repubblica, opera di etica.
LA CURA DI SÉ
•10) Apologia, 29 D-E:
«Finché avrò respiro e potrò, non smetterò di fare filosofia, di esortarvi e di provare a mostrarvi,
chiunque di voi incontri, dicendogli le cose che dico sempre: "Tu, che sei l'uomo migliore perché
sei di Atene, la città più grande e famosa per sapienza e potere, non ti vergogni di darti cura
(epimeloùmenos) delle ricchezze, perché te ne arrivino il più possibile, e della fama che hai e
dell'onore, mentre invece della saggezza e della verità (phronèsesos de kai alethèias) e della tua
anima, perché diventi migliore possibile, non ti dai cura (ouk epimelêi), né pensiero?».
"apologia": Socrate parla del prendersi cura di sé come cosa primaria. È ridicolo prenderci cura di
altre cose prima che di noi. Perché?
- la tradizione antica con Aristotele: idea che il metodo dev'essere flessibile perché l'oggetto di cui si
tratta mostra instabilità, come ci sono danni dati dalle ricchezze. Noi abbiamo beni che però sono
instabili e, in base all'uso che ne facciamo, sono positivi o negativi. Il bene morale è in sé il bene e
gli altri beni sono bene se usati bene con virtù.
I valori della ricchezza e della fama dipendono da come si utilizzano e in base a questo sono il bene.
Importanza del buon uso che dipende dalla fronesis. Il bene della ricchezza e della fama dipende
dalla fronesis.
Le cose acquistano un valore per noi in virtù di un valore ultimo. Tutte le azioni tendono ad un fine.
Identifichiamo cose come valori in base all'idea di cosa significhi una vita che riesce e di cos'è bene
o anche se abbiamo la prospettiva ultima di un fine e se non ce l'avessimo non daremmo valore a
nulla. Questa è una cosa spesso inconsapevole.
Nessuno può andare contro la struttura formale dell'agire che ha l'idea del bene a cui si dà valore. Se
non ci fosse questo orizzonte formale nulla avrebbe valore.
Bisogna mostrare che posto e ruolo hanno questi beni per essere valori. 32
Tematizzare in maniera esplicita. Aristotele dice che lo facciamo quando diventiamo adulti e non
parliamo di età.
Fronesis= prospettiva del fine ultimo di ogni atto e che non tematizziamo ma è ciò che gli dà un
senso quindi andrebbe fatto prima.
Che nesso ha la cura di sé con quella degli altri?
In Platone non c'è la nostra forma di amore che proviamo verso gli altri. Platone vuole trasformare
la natura umana ma è impossibile perché la politica riceve gli uomini che provengono dalla natura.
LA POLITICA DELLA CURA
13) Aristotele, Politica, II 3, 1261 b:
• «Oltre a ciò che si è detto presenta un altro inconveniente. Di quel che appartiene a molti (tò
koinòn) non si preoccupa (epimeleias) proprio nessuno perché gli uomini hanno cura soprattutto di
quello che è proprietà loro (tôn idiôn phrontizousin), di meno a quel che è possesso comune (tôn
koinôn), o, tutt'al più, nei limiti del loro personale interesse personale: piuttosto se ne
disinteressano, oltre il resto, perché suppongono che ci pensi un altro (etérou phrontìzontos)».
Nella "politica" di Aristotele:
Cosa lega gli individui in e di una comunità?
Aristotele dice che bisogna chiedersi qual è il vincolo comunitario che ci lega. Parla riferendosi a
Platone perché è colui che ne parla.
La prima cosa da fare è la trasformazione del linguaggio perché esso è l'espressione simbolica del
nuovo modello di soggettività che propone Platone. No legame esclusivo del proprio ma pensare a
livello comunitario - Platone vuole fare questo e mette in campo l'abolizione di tutto ciò che è
proprio, compresi i beni materiali. Quindi privatizzazione dei beni quindi dell'oikos e degli affetti.
Per Platone e Aristotele il desiderio è il motore dell'azione.
Oikos=casa, proprio, i miei.
Bisogna riorganizzare i meccanismi affettivi così che non gravitino più intorno al proprio. Per
Aristotele è assurdo perché elimina un dato di fondo umano. Dice che ciò esiste in natura è dato da
ciò che è legato al sé. La legge della natura è legata all'amore originario di sé.
Per natura cerchiamo tutto ciò che promuove il nostro bene.
L'attacco di Aristotele a Platone riguarda:
1. La cura
2. Tipologia di antropologia
Anche ciò su cui Aristotele è d'accordo dice che i mezzi non sono giusti. Pensa che Platone vuole
fare un symmetrion. Lo stato non è un'unità, un oikos. Lo stato è una pluralità di individui e ciò che
ci differenzia gli uni dagli altri è che ognuno di noi ha interessi individuali e in virtù di essi
partecipiamo liberamente e con uguaglianza alle attività statali e a definire gli obiettivi di comunità.
33
Una comunità ha cittadini con interessi e che concorrono ai fini della comunità. Bisogna tener
presente anche le diverse forme della costituzione e l'obiettivo è la felicità dei cittadini.
I cittadini hanno buone ragioni per occuparsi della politica e per considerarla come un bene per la
loro vita perché altrimenti dipendono dal caso o dalle scelte di altri e ciò significherebbe essere
schiavi secondo Aristotele. Nel secondo caso è una vita non felice e non autonoma. Bisogna essere
portatori di interessi e si parla di criterio di cittadinanza.
Solo i soggetti proprietari (i padroni di casa) devono concorrere a queste attività e funzioni
comunitarie. Gli altri cittadini hanno il diritto della tutela giuridica ma non partecipano attivamente.
(questo lo diceva anche Kant).
Platone, eliminando il proprio, rende impossibile qualsiasi cura perché toglie ciò che è primario.
L'esito finale è la delega anonima della comunità, della serie "ci penserà qualcun altro".
Aristotele ci dà il nesso tra il proprio e la cura ma anche il fatto che solo il proprio è oggetto di
amore, ovvero amiamo solo ciò che è di nostra proprietà perché la motivazione affettiva della cura
risiede nel proprio.
Ciò che è proprio e ciò che è caro: non va bene da solo.
Meglio un sistema dove si educano i cittadini nell'essere generosi e non nell'essere egoisti.
L'amore per sé stesso è naturale e amarsi non è egoismo, diventa egoismo quando diventa
eccessivo.
Per natura il legame originale nostro è appunto con noi stessi. Assurdo per Aristotele che Platone
voglia andare contro la legge della natura.
Nello stato platonico vengono meno la temperanza e la liberalità perché la temperanza è il rispetto
della proprietà e la liberalità è la generosità ed è importante perché l'uomo ha bisogno di compiere
atti di generosità così da vederla oggettivata fuori di sé, come riflesso negli altri ed è per questo che
chi lo è ama esserlo più di chi riceve questa generosità siccome il benefattore ama la sua opera
perché ama la sua stessa esistenza.
10/04/25
Esistenzialismo Heidegger
Il tema della cura è un tema antichissimo e filosofico. Quando si parla di cura c’è un antecedente
nobile che è Heidegger: è stato un filosofo che ha operato per tutto il primo cinquantennio del 900.
È stato parecchio attivo tra gli anni 20 e 40. Morirà nel 1976 solo sei mesi dopo la morte di Arendt,
sua amica, con la quale ebbe una relazione. È stato l’esponente di punta dell’esistenzialismo
tedesco. 34
L’esistenzialismo è stato un orientamento filosofico, un movimento, che trova terreno fertile in
Germania e lo splin teoretico è la letteratura della crisi Kafka, Dostoevskij. È un movimento che
prende interesse da Kierkegaard. Sarebbe da esplorare il link tra esistenzialismo e letteratura.
L’esistenzialismo trova respiro in Dostoevskij.
Non è una scuola. Prende avvio in Germania appunto. Avrà poi una cassa di risonanza nel resto
dell’Europa. Anche in Italia. Riflette sull’esistenza. L’esistenza ha valore per gli esistenzialisti. Si
assegna un valore all’esistenza. L’esistenza viene riconosciuta come unica, nella sua irripetibilità.
C’è un’idea di esistenza fluida, magmatica, che risente della realtà. Va a riflettere la dinamicità della
realtà. L’esistenzialismo assegnava quindi un valore unico all’esistenza personale. I filosofi
esistenzialisti hanno come focus di riflessione proprio l’esistenza intesa come percorso di vita e la
considerano sempre unica e irripetibile, perché le nostre esistenze sono individuali e in continuo
movimento, la fluidità dell’esistenza è una caratteristica peculiare.
L’esistenzialismo prende molta spinta dalla letteratura. Nasce nel primo dopoguerra. La grande
guerra fu una grande mattanza, questo lutto che si
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
-
Filosofia della persona
-
Filosofia, storia della filosofia
-
Appunti completi Storia della filosofia contemporanea
-
Filosofia - Fichte