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FILOSOFIA ANTICA: Eraclito
Il filosofo greco Eraclito, visse tra il VI e il V secolo a.C., dal carattere chiuso ed enigmatico, venne soprannominato "Oscuro". Il suo contributo al pensiero filosofico dell'antica Grecia è legato alla sua originalità nell'aver esaltato il dinamismo della natura che i suoi predecessori, Anassimandro, Talete e Anassimene, avevano rilevato, ma non sottolineato nel giusto modo. Il tema fondamentale della sua visione filosofica è il concetto del divenire, il panta rhei, "tutto scorre", ovvero la metamorfosi originata dal conflitto degli opposti, che riporta direttamente alla vera essenza della realtà. Per Eraclito il divenire della natura non è affatto caotico, ma governato e ordinato dalla legge dei contrari, che non rappresentano altro che due diversi aspetti imprescindibili della realtà stessa e questa loro unità superiore non ne è altro che l'essenza.stessa.Nel mondo fenomenico il fuoco rappresenta il lógos, cioè la razionalità intrinseca dellecose che, in virtù di ciò, si manifestano nella forma regolare e ordinata, e da ciò neconsegue, che è il principio del mondo e del suo carattere divino. Ha origine la naturadella gnoseologia, la dottrina della conoscenza, che è correlata alla diretta conoscenzadel lógos-fuoco, che avvantaggia il sapere razionale rispetto a quello dei sensi, chepuò solamente opporsi alle cose nel particolare, ma non può opporsi all’armonia che simanifesta nella sintesi. La verità può essere colta solo con lo sguardo dell’intelletto,cioè con il pensiero razionale, ma anche con il discorso lógos totalmente utile ed aprescindere da chi lo ricerca. Anche la psicologia, secondo Eraclito, deriva dall’arché-fuoco, che concepisce l’anima dotata di ragione, lógos; dallapsicologia a sua volta proviene un’etica alla quale l’uomo non può lasciarsi andare alle passioni, ma deve agire in nome del lógos e del nómos (legge), che ne determinano la giusta misura e l’unico valido criterio di giudizio. Nel suo libro "Sulla natura" vi è una convinzione: che l'intera realtà sia governata da un solo principio a cui tutto è collegato. Questo è comune a tutti gli uomini, ma essi non sono in grado di comprenderlo perché restano rinchiusi nel loro orizzonte privato. Eraclito paragona questi uomini a coloro che dormono e li chiama "dormienti", in contrapposizione con coloro che sono desti: Quando siamo svegli siamo in grado di mettere in comune le esperienze. I dormienti quindi, nel caso degli uomini che Eraclito così definisce, sono coloro che rinunciano al logos cosmico, che ci consente di capire insieme la realtà. Logos vuol dire, tra le varie cose, discorso:
c'è l'idea di più parole che vengono tra loro legate per assumere un significato. Può anche significare "discorso interiore" in quanto prima di parlare, si effettua un ragionamento, un dialogo interno a noi stessi. Quindi passò a significare "ragionamento" e da qui "ragione", ossia la facoltà di effettuare ragionamenti. Per Eraclito però i significati della parola logos sono tre: 1) La ragione che governa l'universo 2) Il pensiero che comprende questa ragione universale 3) il discorso che esprime questa conoscenza. Eraclito nega l'esistenza di un dio, ma ammette quella di una ragione universale: c'è un nesso tra la ragione che governa il mondo e quella che governa la nostra mente: sono la stessa cosa.
PITAGORA: (575 a.C. – 490 a.C.) e i pitagorici Verso il 530 a.C., a Crotone nacque una nuova scuola filosofica fondata sulla dottrina che coniugava gli elementi mistici e religiosi con la
Matematica e la geometria: la scuola pitagorica. Pitagora identifica nel numero il principio di tutte le cose, nel mondo come "cosmo", ovvero ordine, per poter ricercare la struttura più intima e razionale del mondo, oltre quindi la sostanza di cui è composto. La scuola fondata da Pitagora era organizzata con regole piuttosto rigide, come il divieto di mangiare carne, o avere un abbigliamento molto semplice, e uno stile di vita frugale. I discepoli venivano iniziati con pratiche misteriche ed esoteriche, strutturando una precisa gerarchia e distinguendo gli "acusmatici" (i discepoli che ascoltano), per i quali era tassativa l'obbedienza e il silenzio, dai "matematici", che invece potevano interagire col maestro e quindi passare agli insegnamenti (máthema) più profondi. La scuola pitagorica ambiva alla rivelazione mistica di un comportamento di vita volto al raggiungimento della purezza: con il postulato
Dell'immortalità dell'anima, formula una dottrina della metempsicosi (trasmigrazione delle anime, dal greco psyche, da un corpo a un altro), cioè di un ciclo indispensabile per le reincarnazioni successive, per poter espiare la colpa originaria, portando l'anima alla catarsi e quindi alla purificazione ultima. Grazie alle loro conoscenze matematiche, contribuirono anche alla formulazione delle teorie musicali, con gli studi sull'armonia e sulle concordanze musicali e stabilendo dei rapporti numerici tra la lunghezza delle corde della lira e gli accordi musicali fondamentali. Il numero intero rappresenta il principio costitutivo della realtà e nella matematica ne stabilisce la forma primaria della conoscenza. Una tra le più importanti scoperte dei pitagorici fu il teorema di Pitagora, che afferma che nei triangoli rettangoli il quadrato costruito sull'ipotenusa, è pari alla somma dei quadrati costruiti sugli altri due lati o cateti.
Il pensiero pitagorico determinò un'evoluzione epocale anche nel pensiero scientifico antico e soprattutto per l'astronomia, anticipando le basi della teoria eliocentrica. L'ordine dell'universo viene spiegato dai pitagorici come un'armonia dei corpi posti in un'unica sfera che, muovendosi secondo un determinato schema numerico e con il movimento dei pianeti che producono dei suoni, si raggiungesse "l'armonia delle sfere".
LA SCUOLA DI ELEA: SENOFANE, PARMENIDE, ZENONE, MELISSO
Tra il VI e il V secolo a.C., nacque una nuova scuola filosofica in tutta la Grecia, un nuovo pensiero che si contrappone alla precedente scuola ionica e che contesta aspramente i concetti di Eraclito. Si tratta della scuola eleatica, secondo la quale l'universo consiste in un'entità immutabile, infinita nello spazio e nel tempo, che va oltre la conoscenza sensibile. Secondo questa posizione ideologica soltanto attraverso la riflessione filosofica si
raggiunge la verità ultima. Il termine "eleatico" si riferisce alla città greca Elea, da dove provengono i più importanti esponenti della scuola, Parmenide, Zenone e Senofane. La tradizione assegna a Senofane la fondazione della scuola eleatica, anche se il suo pensiero si discosta per le problematiche legate alle riflessioni morali e religiose, mentre la ricerca eleatica è principalmente rivolta all'essere in quanto tale. Senofane bisogna eliminare da ogni ricerca filosofica la concezione antropocentrico (l'uomo al centro dell'esistenza in senso ampio), per poterne affermare, al contrario, l'esistenza di un unico dio, senza le caratteristiche umane e fatto coincidere con il cosmo, dal quale dipende l'unità di tutti i fenomeni naturali. Tuttavia non si tratta di una forma di monoteismo, poiché Senofane non va oltre i limiti naturalistici e i suoi confini sono dovuti alle metafore filosofiche di ciò che siPuò concepire dell'universo come un tutto. Parmenide, fondatore della scuola eleatica, visse nella prima metà del V secolo a.C. Il suo pensiero fondante viene spiegato nel suo poema Sulla natura, nel quale descrive la dottrina delle verità e la dottrina dell'opinione. Nel poema Parmenide spiega che la filosofia deve essere considerata come rivelazione e ricerca razionale; la principale protagonista del poema è la dea della Verità, attraverso la quale il filosofo enuncia la differenziazione delle due vie, verità e falsità. Solamente la via della verità è quella percorribile, poiché solamente ciò che esiste può anche venir pensato e detto; la falsità invece fa riferimento alla negazione dell'essere, al suo non essere delle cose. Da ciò ne consegue che l'essere, in quanto immutabile, non si conosce grazie all'esperienza sensibile (di per sé mutevole), ma grazie
alla ragione, che rappresenta la base delle regole della logica. Inoltre, se la verità coincide con l'integralità assoluta, significa anche che tutte le cose di cui parlano gli uomini, comuni mortali, sono solo delle inique apparenze e non si riferiscono all'essere quanto tale, ma ne accettano il divenire e il loro mutamento che di conseguenza, determina il passaggio dall'essere al non essere e viceversa.
Discepolo di Parmenide, Zenone Per difendere le teorie paradossali formula un metodo per dimostrare con la dialettica, la prova della verità di una tesi dimostrando la falsità del suo contrario (antitesi). Realizza otto argomenti per dimostrare l'assoluta immobilità e unità dell'essere contrario al movimento e alla molteplicità:
Il paradosso di Zenone: un giorno Achille sfida la tartaruga in una gara di velocità. Le da un vantaggio iniziale e le dice: vediamo se riesci a non fartiraggiungere. Con un balzo
Achille raggiunge il punto in cui la tartaruga si trova, ma questa si è spostata un po' più avanti. Con un altro balzo la raggiunge, ma si risposta. La gara prosegue così: Achille non la raggiungerà mai. Questo significa che qualunque sia il tempo trascorso dall'inizio della gara, Achille sarà sempre dietro alla tartaruga. Achille ha compiuto un numero di balzi in avanti ancora non sufficiente per raggiungerla. Quindi qualunque tempo T decidiamo di aspettare, ci sarà una quantità n di tempi (dipendente da T) corrispondente ai balzi di Achille tale che t+t+t+t...>T. L'intento di zenone con questo paradosso era forse quello di provare che se si assume l'infinita suddivisibilità dello spazio e del tempo (come facevano i Pitagorici) allora il movimento è impossibile. In realtà con altri paradossi, egli provava che il movimento è impossibile anche se si assume vero il contrario. Le argomentazioni diParmenide avevano come obiettivo comprovare l'impossibilità logica del movimento; se i sensi ci portano a credere all'esistenza del movimento, bisogna concludere che essi sono illusori e riconosc