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Beckett and the Incommunicability in "Waiting for Godot"
Beckett, an Irish writer, describes the incommunicability saying "there is no communication because there aren't vehicles of communication" and he expresses it in "Waiting for Godot" in which the characters try to hold the terrible silence at bay talking nonsense. We can define Beckett like the teacher of the eloquent silence since he managed to convey his existential doubts through a minimal language and long pauses made up of just silence!
The author chooses two tramps because sees in them the realistic portrait of the human being with no purpose apart from an endless waiting for a change (Godot). Indeed the characters are obsessed by the meaninglessness of their own life and by the nostalgia for past meanings. They occupy themselves somehow not to remain in silence because otherwise they don't know what to do with their monotonous and boring life.
Joyce published Dubliners in 1914, collection of short stories in which a significant theme in all the stories
The theme of paralysis is prominent in James Joyce's Dubliners. Many characters in the collection experience a sense of paralysis due to their adherence to narrow-minded cultural and social traditions. This theme is also reflected in their relationships.
Joyce famously described Dublin as "the centre of paralysis," highlighting the pervasive nature of this feeling among the characters. Silence and an internal longing dominate their lives. In one story, the protagonist Eveline works tirelessly to support her family financially. She falls in love with Frank, a sailor, who proposes they escape to Buenos Aires together. However, when the time comes to leave Dublin, Eveline remains silent and does not answer Frank. In the end, Frank leaves alone.
The characters in Dubliners lack the courage to break free from the chains that bind them. They are weak and afraid of change, progress, and the future. They are paralyzed by their silent acceptance and obedience to moral rules. Unlike Beckett's tramps, who embrace silence as a means of expressing their awareness of the futility of words, the characters in Dubliners do not actively seek change, despite their unspoken desires for it.
The meaninglessness of life without Godot. Il silenzio dei vivi "Vittoria mutilata", uno slogan della propaganda nazionalista. Significava che i sacrifici compiuti in guerra e il sangue versato non avevano trovato nei tratti di pace una giusta ricompensa: al popolo italiano era stato sottratto con la frode il meritato premio della vittoria. Lo stato d'animo dominante era l'amarezza. Benito Mussolini cercò di trarre profitto dallo scontento diffuso nella società italiana fondando un nuovo partito, il partito fascista. Tale partito prometteva di far tornare l'ordine in Italia e dichiarava di proporsi, al di sopra di ogni altro fine, il bene della patria. Nell'ottobre del 1922 i capi fascisti organizzavano una marcia su Roma per costringere il governo, presieduto da Luigi Facta, alle dimissioni. Il re rifiutò di inviare l'esercito contro i ribelli e dimessosi Facta invitò Mussolini a formare un nuovo governo. Il nuovo governo
Così, all'opinione pubblica Mussolini sembrò un eroe che sfidava il mondo per la grandezza della patria. L'Italia rafforzò i legami economici e politici con la Germania. La Germania del 1936 era il terzo Reich di Hitler, nazionalista, razzista e disposto alla guerra. Questo legame rafforzò una tendenza antiebraica già presente nel movimento fascista e nel 1938, Mussolini stesso elaborò dei provvedimenti persecutori contro gli ebrei: le leggi razziali. Secondo Hitler, il popolo tedesco appartiene a una razza dominatrice, quella "ariana", ma si è mescolato con razze inferiori come quella ebraica. Così è cominciata la sua decadenza. Giunto al potere Hitler si dedicò alla realizzazione del programma politico che aveva preannunciato nei suoi scritti: l'annessione e l'unificazione con la Germania di tutte le comunità di cultura e lingua tedesca che si trovano negli stati europei confinanti con.
la Germania (cioè significava occupare l'Austria e ampie regioni della Cecoslovacchia e della Polonia); la creazione da parte della razza dominante di uno spazio vitale, mediante un'espansione ad est, in territorio polacco e russo. Hitler divenne capo indiscusso. Servendosi delle sue squadre di protezione SS e della polizia segreta di stato, eliminò ogni opposizione. Frattanto le istituzioni del partito nazista e dello stato tedesco si dedicavano sistematicamente alla persecuzione degli ebrei. I primi passi furono provvedimenti che li discriminavano e li separavano dagli altri cittadini tedeschi. Proibiti i matrimoni misti, essi furono cacciati dalle forze armate e dagli impieghi pubblici. Poi furono espropriati dei loro beni e fatti oggetto di umiliazioni e di violenze di ogni genere. Tale processo in pochi anni va a concludersi con la concentrazione degli ebrei d'Europa nei ghetti e, infine, con il loro annientamento nei campi di sterminio. Il silenzio dei vivi.fronte a questi morti si trasforma in omertà, cioè in una solidale intesa con il governo germanico, e in ubbidienza, sottomissione al sovrano, al fuhrer, al nazismo. Nessuno osava criticare il duce perché farlo significava per chiunque esporre a morte certa se stesso e i propri familiari. La maggioranza dei tedeschi, in realtà, seguì il fuhrer, soggiogata dalla sua personalità e abbagliata dai sogni di grandezza e dai sogni di vendetta per la pace punitiva della prima guerra mondiale. Il silenzio di un'esistenza vuota Nelle pagine letterarie, come quelle di Sartre, la precarietà dell'esistenza emerge dallo scontro con qualcosa di incomprensibile e di estraneo, che getta l'individuo nell'angoscia, nell'insignificanza, nella solitudine: nel silenzio. Un tono cupo e angosciato pervade tutte le pagine del romanzo di Jean-Paul Sartre, La nausea, pubblicato nel 1938, che ci mostra un personaggio soffocato da un mondo cheappare ai suoi occhi sempre più piatto e insignificante. L'esperienza della nausea, definita come l'oscuro malessere che si prova di fronte all'infondatezza del reale e all'assurdo da cui ci si sente circondati, è il tema conduttore dell'esistenza di Antonio Roquentin, il protagonista del romanzo, che vive in una modesta città di provincia nella quale intende completare una ricerca storica. Egli sviluppa una sottile e accurata analisi sulla sua esperienza psicologica, giungendo alla consapevolezza della propria e altrui inutilità, che non può essere riscattata né cercando rifugio nella tranquillità di rasserenati rapporti familiari, né nel volgersi al proprio egoistico interesse. Descrivendo se stesso, Roquentin afferma "Forse che io conosco qualche ragione di vivere? Io non sono disperato perché non mi aspettavo gran che. Piuttosto io sono [...] stupito, dinanzi a questa vita che mi viene data."
“per niente”. Il romanzo, che utilizza una prosa rigorosa nella descrizione dei differenti stati d’animo e che non manca di venature ironiche, giunge all’affermazione che la situazione dell’uomo nel mondo è quella di sentirsi di troppo, in una realtà che appare nello stesso tempo troppo piena e incomprensibile nella sua infondatezza. Nell’esperienza della nausea traspare anche un’ansia di superamento, che viene tuttavia sempre soffocata, rimandando a un incerto domani ogni decisione.
La Nausea scopre “l’inferno del quotidiano”, le cui categorie non sono il nulla e il vuoto bensì la nullità e la vacuità di ciò che “è di troppo”.
“La Nausea non è in me: io la sento laggiù nel muro, sulle bretelle, dappertutto attorno a me. Fa tutt’uno col caffè, son io che sono in essa”.
La Nausea è una dimensione metafisica ed un atteggiamento
psicologico nei confronti dell'esistenza, che ci pervade completamente, al punto che le cose, l'in-sé, hanno un'incidenza enorme sulla coscienza, il per-sé: le sensazioni suscitate dalle cose sono anzitutto ribrezzo e disgusto, giustificati dal fatto che ciò che ci circonda ci tocca, nostro malgrado, e ci opprime. Gli oggetti che quotidianamente osserviamo intorno a noi costituiscono un "troppo", posseggono una tale pienezza e "gonfiezza" da risultare soffocanti e ributtanti.
"Tutto è gratuito, questo giardino, questa città, io stesso. E quando vi capita di rendervene conto, vi si rivolta lo stomaco e tutto si mette a fluttuare... ecco la Nausea".
La vita di Roquentin si scopre dunque priva di senso; nessun scopo riesce più ad orientarla; egli esiste come una cosa, come tutte le cose che emergono, nell'esperienza della nausea, nella loro gratuità ed assurdità. Sono di troppo, tutti lo siamo.
Solo che non possiamo impedirci di esistere, né di pensare: anzi, è proprio in virtù del nostro pensare all'assurdità dell'esistere che siamo colti dalla Nausea; fino a pochi istanti fa, si nuotava in un mare tiepido e pacato e poi di colpo, non appena si riflette sull'esistenza, ci si sente sospesi sopra un abisso. Ma come si può fuggire da questa situazione esasperante? Una donna che era stata l'amica di Roquentin, Anny, suggeriva una scappatoia con i "momenti perfetti"; non ci possiamo avvalere di nessun aiuto esterno, dobbiamo cavarcela da soli, in balia di noi stessi e della Nausea. Ed ecco che in questa situazione disperata finiscono per affiorare in Roquentin interessi (la monografia del personaggio storico) e ricordi, un sentimento amoroso non sopito (l'amica Anny), un moto di pietà, di simpatia umana e, infine, la possibilità di accettarsi, di accettare l'