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Helmholtz
ammette il concetto e il problema dell’a priori ma rischia di ridurlo ad un fatto della nostra organizzazione fisico-‐psichica, Kries traccia in maniera netta il confine tra problematica trascendentale e quella fisiologico-‐psicologica. Egli ritiene che si tratti di un fatto singolare e vergognoso che, il rinnovatore dell’ottica fisiologica, in questo punto, abbia potuto credere di colpire con la sua lotta contro
l'innatismo psicologico anche l'idea fondamentale dell'estetica trascendentale. La fondazione più rigorosa di questa tesi non può più seguire la via della psicologia e della fisiologia, ma deve seguire solo la via della logica. Questa procede formalmente, non dividendo i giudizi, ma cercando solo di determinarli secondo il loro genere di validità e di ripararli in definite classi principali. Come suddivisione
fondamentale
si
ha
in
Kries
la
distinzione
in
giudizi
di
realtà
e
giudizi
di
riflessione.
I
primi
sono
relativi
ad
un
descrizione
della
realtà
ad
un’indicazione
di
cosa
si
è
verificato.
Ai
secondi,
invece,
appartengono
non
solo
i
principi
logici
e
le
semplici
illustrazioni
dei
concetti,
ma
anche
i
principi
della
matematica.
Kries
cerca
di
evidenziare
il
confine
rispetto
allo
psicologismo
attraverso
la
concezione
che
la
rappresentazione
non
debba
essere
considerata
come
un
atto
psichico
delimitato
da
un
punto
di
vista
temporale,
ma
considerata
come
puro
accadere.
Ogni
giudizio
riflessivo
pone
e
afferma
una
relazione
atemporale.
Se
nella
struttura
effettiva
del
nostro
pensiero,
ogni
giudizio
si
presenta
come
un
processo
temporalmente
esteso,
questo
non
ci
deve
indurre
a
mettere
sullo
stesso
piano
il
giudizio
con
la
serialità
temporale
dei
suoi
elementi.
Se
Schlick
mette
in
evidenza
il
carattere
definito
semiotico
di
ogni
pensare
e
conoscere,
e
se
vuole
dedurre
non
solo
la
nullità
del
concetto
metafisico,
ma
anche
del
concetto
critico
dell’oggettività,
allora
sembra
che
egli
nella
determinazione
stessa
dia
rilievo
solo
al
momento
negativo,
solo
all’arbitrarietà
del
segno,
al
suo
carattere
convenzionale.
Ma
l’analisi
più
approfondita
di questa funzione ci porta a comprendere che se il suono del linguaggio viene considerato solo dal punto di vista della sua presenza come tintinnio o rumore, non sarà mai segno: diventa cosa sensibile in quanto noi le attribuiamo un senso al quale si rivolge e attraverso il quale diventa significativa. In che modo una cosa sensibile diventa portatrice di un senso rappresenta uno dei problemi piùdifficili
della
critica
della
conoscenza.
La
questione
dell’oggettività
delle
cose
si
inscrive
in
questo
problema.
La
domanda
che
Kant
nella
sua
lettera
a
Herz
ha
indicato
come
chiave
dell’intero
enigma
della
metafisica,
la
domanda
sul
cui
fondamento
si
basa
la
relazione
dell’oggetto
di
ciò
che
in
noi
si
chiama
rappresentazione,
nelle
conseguenze
che
ad
essa
si
collegano,
ha
spostato
dal
suo
fondamento
il
concetto
stesso
di
metafisica.
La
metafisica
in
quanto
tale
non
era
condannata
ma
doveva
prima
esser
costituita
come
scienza.
Questo
rinnovamento
partiva
dalla
rivoluzione
copernicana,
a
seguito
della
quale
veniva
capovolto
l’ordine
sistematico
durato
fino
ad
allora
e
l’ordine
gerarchico
dei
problemi.
L’analisi
del
concetto
di
conoscenza
non
doveva
seguire
quella
del
concetto
di
essere,
ma
la
doveva
precedere:
i
suoi
risultati
dovevano
esser
tali
che
in
essi,
l'analisi
del
concetto
di
conoscenza
doveva
trovare
il
suo
contenuto
e
la
sua
fondazione.
In
questo
modo
sembrava
cadere
la
forza
della
vecchia
ontologia
e
la
sua
pretesa
di
essere
la
vera
scienza
fondamentale
della
metafisica.
Oggi
non
mancano
pensatori
che,
considerando
questa
modestia
di
Kant
come
una
falsa
e
affrettata
autolimitazione,
affermano
di
nuovo
il
primato
dell'ontologia
gnoseologia.
Hartmann
nella
sua
espressione
del
problema
si
allontana
da
Kant,
ma
quanto
più
si
allontana
da
Kant
tanto
più
si
avverte
in
ogni
parte
del
suo
libro
una
grande
influenza
della
scuola
metodica
kantiana,
attraverso
la
scuola
della
filosofia
trascendentale.
In
nessun
momento
domina
la
metafisica
che
Kant
ha
respinto
ma
prevale
lo
spirito
di
un’analisi
rigorosa,
che
ci
mostra
in
modo
molto
chiaro
i
problemi,
cercando
anche
di
approfondirli.
Per
Hartmann
esiste
una
doppia
conseguenza:
la
conseguenza
del
sistema,
della
costruita
immagine
del
mondo,
e
una
conseguenza
del
problema,
della
ricerca
e
del
trattamento
del
suo
contenuto
come
tale.
Ma
solo
un
intelletto
infinito
in
grado
di
valutare
tutte
le
linee
problematiche
sarebbe
in
grado
di
unificare
le
due
conseguenze.
Al
contrario,
per
noi
con
l'intelletto
finito,
ogni
formazione
di
sistema
è
solo
un’anticipazione
della
totalità
rispetto
alla
sua
reale
penetrazione
e
visione
d’insieme.
È
importante
verificare
la
fedeltà
alla
norma
che
egli
stesso
ha
posto,
fino
a
che
punto