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Riduzionismo e distinzione analitico/sintetico

Riduzionismo e distinzione analitico/sintetico sono due dogmi che possono essere tranquillamente ripudiati senza documento per l'empirismo (teoria dell'evidenza, non della verità in senso fregeano!) il quale continuerà a esistere attraverso le tesi:

  1. Tutta l'evidenza di cui la scienza dispone è evidenza sensoriale
  2. L'instillazione dei significati delle parole poggia in ultima istanza sull'evidenza sensoriale.

Assenso e verità

Un enunciato è osservativo [cioè vero] nella misura in cui sul suo valore di verità, in qualsiasi occasione, si registra l'accordo di qualsiasi membro della comunità.

Il significato o rilevanza di un enunciato è collegato all'evidenza che determina l'assenso o il dissenso dei parlanti. Esso poggia in ultima istanza sull'evidenza sensoriale.

La convergenza d'assenso su un certo enunciato si genera dal momento che l'enunciato è vero.

Questo però non significa che tale convergenza abbia reso l'enunciato "eternamente vero". Il fatto che in epoca pre-galileiana vi fosse totale convergenza di giudizio sull'immobilità della terra non significa che la terra fosse realmente immobile. Il vero di cui stiamo parlando è quindi il "riconoscibile come vero in condizioni epistemicamente ideali".

Traduzione: Una traduzione soddisfacente dovrebbe accoppiare enunciati della lingua esotica con enunciati della lingua del traduttore che provocano le stesse reazioni di assenso e dissenso delle due comunità. Non c'è nulla che determini se l'enunciato d'occasione (enunciato il cui valore dipende dal contesto d'emissione) "gava ga i" sia da tradurre come "coscia di coniglio" o "cena della sera". La traduzione non è dunque solo indeterminata, bensì indeterminabile, nel senso che - per quanti dati teniamo in considerazione.

Non c'è nulla nelle disposizioni dei parlanti che aiuterebbe a dirimere un'assegnazione contrastante di valori di verità che due manuali danno dello stesso enunciato. Il contesto aiuta a scegliere il senso inteso, ma un certo grado di incertezza è eliminabile. Ogni traduzione è pertanto relativa alle ipotesi analitiche del traduttore. Due manuali di traduzione della lingua esotica in una lingua data M possono differire nell'assegnazione di valore di verità agli enunciati ed essere tuttavia entrambi empiricamente adeguati. Il principio di carità: Paolo mi ha frainteso? Preferiamo supporre che ad egli sfugga il significato esatto di una certa parola piuttosto che, conoscendolo, non si uniformi all'uso corrente e cerchi di imporre una sua accezione personale. Affermazioni palesemente false dipendono probabilmente da differenze linguistiche nascoste (principio di carità). Non esistono popoli illogici o pre-logici! Si è

spesso insinuato che la difficoltà di distinguere tra asserti analitici e sintetici nel linguaggio ordinario si deve alla vaghezza del linguaggio ordinario e che la distinzione è chiara quando abbiamo a che fare con un linguaggio artificiale con precise “regole semantiche” (Carnap). Si tratta però di una confusione: le regole contengono la parola analitico che noi non comprendiamo! Noi cioè grazie all’idea di Carnap possiamo capire a quali espressioni le regole attribuiscono analiticità, ma non capiamo che cosa le regole attribuiscano a tali espressioni.

Davidson

Interpretare

In ogni condotta linguistica è possibile discernere un disegno, una trama, una forma di agire intenzionale nonché un sfondo di credenze e desideri afferrati i quali razionalizziamo e comprendiamo ciò che ci viene detto.

Rinunciare a questo presupposto significa rinunciare a interpretare, anzi, significa rinunciare a trattare i nostri simili come

persone. Troviamo il corpus di informazioni che sarebbe sufficiente impartire a un interprete affinché questi sia in grado di capire una lingua esotica e di parlarla egli stesso (teoria dell’interpretazione radicale).

Conversare e interpretare sono attività fini! Cerca l'interpretazione che renda vero per te l'enunciato che l'interlocutore mostra di ritenere vero (principio di carità versione davidson).

Verità: "Essere un enunciato vero" cosa aggiunge al concetto "essere un enunciato aderente ai fatti"? Nessuna cosa potrà rendere un enunciato o una teoria vera!

La verità è un concetto primitivo indagando la cui struttura possiamo giungere al significato (Davidson 1984).

Indagando il concetto di significato possiamo risalire al concetto di verità (Tarsky 1933: l’enunciato "la neve è bianca" è vero sè è solo se la neve bianca).

Il terzo dogma da sfatare

primo dogmatico dualismo dell'empirismo (sistema di organizzazione/ materiale da organizzare) e al secondo(schema concettuale/contenuto empirico), se ne può aggiungere un terzo da rifiutare: il dualismo significato/stimolo.

Nuova teoria del riferimento o teoria del riferimento diretto

Introduzione

Per "teoria tradizionale" generalmente si intende la teoria "descrittiva" dei nomi, o teoria di Frege-Russell. La nuova teoria è invece una teoria storica, causale (Kripke), diretta e sociale (Putnam) del riferimento.

Il bersaglio dei nuovi teorici del riferimento è un'intera tradizione: la tradizione Frege-Carnap nel caso di Putnam, e la tradizione Frege-Russell nel caso Kripke.

Riabilitiamo la distinzione analitico-sintetico

La capacità dei parlanti di usare competentemente un nome proprio consiste nel capire la funzione semantica generale dei nomi propri, ma non richiede alcuna conoscenza specifica riguardante il senso del nome proprio impiegato.

Esiste cioè una differenza tra i fattori che contribuiscono a fissare il riferimento e quelli che determinano il significato dei nomi propri. Ciò che capiamo quando "afferriamo il senso di un nome proprio", ha valore conoscitivo, ma ciò che ci consente di determinare il riferimento non è propriamente una conoscenza! Ogni termine dunque ha sempre il suo riferimento, ma per individuarlo bisogna utilizzare altro che teorie.

Kripke

Nomi propri e descrizioni

Il nome proprio non ha un senso o connotazione, esso si rapporta in modo diretto al suo referente. Il suo ruolo è quello di mera etichetta.

Una descrizione può assolvere alla funzione di designare rigidamente un individuo nel mondo attuale e dunque avere un riferimento fisso al pari di un nome proprio, tuttavia il senso di una descrizione rigida non sarà mai eguagliabile al senso di un nome proprio.

L'intenzione che presiede all'uso di un nome proprio ("Madagascar")

non è tanto quella di soddisfare la descrizione o le descrizioni standard associate a quel nome nell'uso corrente della lingua ("l'isola sul lato destro dell'Africa"), quanto il fare riferimento a ciò che è all'origine della catena causale con cui il nome è stato trasmesso a colui che ne fa uso ("il luogo che è da sempre conosciuto con questo nome") [teoria causale del riferimento]. Fra le vicissitudini dei nomi propri vi è anche quella di essere trasferiti per errore ad individui diversi da quelli originari (con "Madagascar" alle origini si designava non l'isola ma la regione costiera di fronte all'isola) di conseguenza Evans1973 propone una correzione della formulazione di Kripke per ciò che riguarda l'intento dei parlanti: l'intento è far riferimento alla sorgente dominante di credenze in cui il termine è inserito. Il linguaggio scientifico.struttura fisica e il corredo dei cromosomi sono criteri di identità che fissano rigidamente il riferimento dei nomi di genere naturale e di persona. Le identità formulate dal linguaggio scientifico, se vere, sono necessarie. L'identità è una nozione primitiva, e parlare di criteri d'identità significa mescolare questioni metafisiche con questioni gnoseologiche. Gli individui non sono semplici "fasci di proprietà", se Aristotele non avesse scritto l'organon non avrebbe comunque diritto di chiamarsi lui e lui solo "Aristotele"! Il suo "diritto" di chiamarsi "Aristotele" non dipende dalle vicissitudini che subisce il nome o l'immagine associata a quel nome. Se perciò tutto ciò che si dice di superman alla fine si scopre essere vero per paperino, tutti gli enunciati in cui si parla di "superman supereroe" sono falsi, perché in verità supereroe lo

Era paperino. Il riferimento della parola "gatto" è determinato da ciò che i gatti sono scientificamente, o almeno da ciò che gli "esperti", e dunque la società nel suo complesso, ha stabilito far parte dell'estensione del termine. Così, un gattomarziano in tutto e per tutto uguale a quello terrestre ma, ovviamente, di ceppo diverso, non avrebbe il diritto dichiamarsi "gatto", sicché sarà vero l'enunciato: "Su marte non ci sono gatti".

Putnum

Il significato

L'accezione rilevante di "significato" non è quella psicologica o individualistica (significato = ciò che sta dentro la testa del singolo parlante), bensì quella pubblica della lingua, così come usata da una comunità di parlanti. Il significato di un termine viene quindi ad essere in parte prodotto dalla sua abituale estensione.

"I gatti sono animali": una verità

Come questa non fa parte della parola "gatto". Se scoprissimo che tutti i gatti sono in verità robot o alieni, il significato (sociale) della parola "gatto" non cambierebbe, perché il riferimento è rimasto lo stesso.

La scienza

Ogni comunità linguistica possiede alcuni termini i cui esatti criteri d'uso sono noti a un sottoinsieme di parlanti che acquisiscono questi termini e li comunicano agli altri parlanti attraverso una struttura cooperativa (ipotesi dell'universalità della divisione del lavoro linguistico).

Lo stereotipo

Lo stereotipo è una conoscenza pubblica riguardo a un termine di genere naturale dal significato, quindi dall'estensione, non perfettamente nota alla maggior parte delle persone.

Obiezione della Picardi

Non è possibile discriminare tra chi sa che cos'è davvero una tigre e chi - per effetto dell'ottima padronanza di uno stereotipo - è solo in grado di usare

Correttamente la parola tigre in qualsiasi discorso. Significato e riferimento divorziano, capire il significato di un termine non vuol necessariamente dire che se ne conosce il riferimento.

Dettagli
Publisher
A.A. 2008-2009
19 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze letterarie Prof.