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BOBBIO: DIRITTO COME REGOLA DI CONDOTTA

Il diritto è un insieme di norme o regole di condotta e la nostra vita si svolge e si sviluppa nella rete di queste. Gli argini della storia sono queste regole, religiose, morali, giuridiche, sociali: esse hanno contenuto istinti e passioni ed hanno permesso il formarsi di società stabili che chiamiamo civiltà. La storia è dunque un complesso di ordinamenti normativi che si succedono, sovrappongono, contrappongono e integrano, e studiare una società dal punto normativo significa capire quali azioni fossero proibite, comandate o permesse. Il mondo normativo è vario e molteplice (religioso, morale, sociale, giuridico) in quanto ogni individuo fa parte di diversi gruppi sociali ognuno dei quali ha sue regole di condotta; esse si diversificano per i fini a cui tendono, per tipi d'obbligazione, per ambito di validità e per i soggetti a cui sono rivolte; ma hanno in comune l'essere proposizioni aventi fine di.

Influenzare il comportamento di individui e gruppi, e di dirigere le loro azioni verso certi obiettivi piuttosto che verso altri. Vi sono due diverse teorie da quella normativa: teoria del diritto come istituzione e quella del diritto come rapporto. Nel libro "L'ordinamento giuridico" di Santi Romani si polemizza la teoria normativa e si contrappone la concezione istituzionale per la quale il concetto di diritto deve ricondursi a quello di società (ubi ius ibi societas) e contenere l'idea dell'ordine sociale, e l'ordine non è dato dall'esistenza di norme che disciplinano i rapporti sociali: esso non esclude queste norme ma le supera, il che vuol dire che prima di essere norma è organizzazione e struttura della stessa società in cui si svolge. Riassumendo:

  1. società come base di fatto su cui il diritto viene ad esistenza
  2. ordine come fine a cui il diritto tende
  3. organizzazione (fase più importante)
comemezzo per realizzare l'ordine.Per lui si ha diritto quando vi è una organizzazione disocietà ordinata che Romano chiama Istituzione.Il passaggio da fase inorganica adorganica è chiamato "istituzionalizzazione",con l'organizzazione si arriva ad unordinamento giuridico.L'incongruenza della sua dottrina sta nel fatto che non si puòammettere che ogni società sia giuridica.Pluralismo giuridico:La teoria dell'istituzione haspezzato il cerchio chiuso della teoria statualistica che identifica l'ambito del diritto conquello dello Stato.La statualistica è il prodotto storico della formazione dei grandi statimoderni,sorti dalla dissoluzione della società medioevale(composta da pluralità diordinamenti giuridici).Lo Stato moderno si è formato da eliminazione o assorbimento diordinamenti giuridici superiori o inf. Alla società nazionale,con un processo chiamato"monopolizzazione

della produzione giuridica”;la formazione dello Stato va di paripasso con quella di un potere coattivo sempre più accentrato(consapevolezza teorica del processo è Hegel,nel quale lo Stato è dio terreno).La dottrina dell’istituzione è reazioneallo statalismo,prendiamola in esame come teoria scientifica,cioè come teoria la quale sipropone di offrire mezzi di comprensione del fenomeno giuridico diversi e migliori diquella normativa.La polemica tra pluralisti e monisti ha base nella considerazione deldiritto come prodotto dello stato o di gruppi sociali diversi.La teoria istituzionalecredendo di combattere la teoria normativa demolendo quella statualistica si pone falsobersaglio in quanto son diverse(mentre quella statualistica è teoria normativa ristretta,lateoria normativa in sé può esser compatibile con il pluralismo).Inoltre non è vero che ildiritto prima che sia norma è organizzazione:devono esistere

regole di condotta che determinino fini, mezzi e funzioni, e grazie a queste si ha l'organizzazione; quindi la teoria istituzionale include quella normativa. Giannini afferma che vi può essere normazione senza organizzazione, ma non viceversa. Dunque la produzione di norme è fenomeno originario. La teoria istituzionale ha comunque avuto il merito di rilevare il fatto che si può parlare di diritto ove vi sia complesso di norme formanti ordinamento, il diritto è insieme di norme. Diritto come rapporto intersoggettivo: Ciò deriva dal fatto che il diritto è fenomeno sociale. La teoria istituzionale critica anche la teoria del rapporto intersoggettivo, ritenendola ispirata ad una concezione individualistica di corrente giusnaturalistica del diritto, e affermando che oltre al fatto che la relazione si instauri tra soggetti è necessario che il rapporto sia inserito nell'istituzione. Per gli istituzionalisti, si parla di realtà del gruppo sociale come

realtà distinta da quella dei singoli individui che la compongono, per loro il diritto guarda alla società nel suo complesso. Kant dà esempio dell'affermazione istituzionalista secondo cui la teoria del rapporto affonda radici nell'astratto individualismo illuminista: egli parla di rapporto che per esser giuridico deve esser rapporto tra due arbitrii di uomini aventi entrambi diritti e doveri. Anche Del Vecchio vede la bilateralità della norma giuridica, guardando il diritto come insieme di rapporti tra soggetti di cui se uno ha il potere di compiere un'azione, l'altro ha dovere di non impedirla. Più recente teoria del diritto come rapporto giuridico è quella del Levi, il quale ne parla come concetto fondamentale dell'ordinamento, e momento giuridico dello Spirito umano. Per rapporto giuridico il Levi intende quello intersoggettivo (uno titolare di obbligo, l'altro di diritto). Ma il fatto che lui consideri la norma fonte ideale delrapporto giuridico, che non esiste diritto al di fuori dal diritto oggettivo, significherebbe contraddire che la giuridicità sia intrinseca al rapporto, in quanto nasce da norma. Inoltre, egli indica come note costitutive del rapporto giuridico (non di un qualsiasi intersoggettivo) la tutela, sanzione, pretesa e prestazione. Ma le note non sono caratteristiche del rapporto intersoggettivo di per sé considerato, ma sono desunte dal fatto che quel rapporto è regolato da una norma giuridica. Ci si chiede allora se ciò che contraddistingue il rapporto giuridico sia la norma che lo regola. Il rapporto giuridico si instaura tra soggetti, dei quali il soggetto attivo è titolare di diritto, mentre il passivo di obbligo. Il diritto è riflesso soggettivo di una norma autorizzativa, mentre il dovere è riflesso di norma imperativa, e l'attribuzione di un diritto ad un soggetto implica sempre dei doveri ad altri soggetti (prima di questo momento viene detto rapporto di fatto). Pertanto, ilrapportogiuridico si distingue da altri rapporti in quanto regolato da norma giuridica, quindi ciò che lo caratterizza non è il contenuto (interessi) ma la forma. La conclusione è che anche la teoria del rapporto come quella istituzionale include la teoria normativa. Le 3 teorie si integrano: quella del rapporto evidenzia l'aspetto intersoggettivo, quella istituzionale l'aspetto organizzativo sociale, e quella normativa la regolarità. Tra i 3 aspetti quello fondamentale rimane il normativo, il quale è condizione necessaria e sufficiente. GIUSTIZIA; VALIDITÀ; EFFICACIA Il triplice ordine di problemi difronte ad una norma giuridica: Giustizia: Ogni ordinamento persegue dei fini che rappresentano valori alla cui attuazione, il legislatore dirige la propria opera. Nel caso si ritenga vi siano dei valori supremi oggettivamente evidenti, il domandarsi la giustizia di una norma significa domandarsi se essa sia atta ad attuare quei valori. Il problema della

La giustizia o meno di una norma equivale a porsi il problema della corrispondenza tra reale e ideale (problema deontologico del diritto).

Validità: problema dell'esistenza della regola in quanto tale, il problema è risolto con un giudizio di fatto, si tratta di constatare se la regola esista come regola giuridica. Per fare ciò occorre condurre ricerche di tipo empirico-razionale. Bisogna accertare che l'autorità abbia avuto potere legittimo di emanare norme, cioè norme vincolanti nell'ordinamento - accertare che non sia stata abrogata - accertare che sia compatibile con altre norme del sistema (abrogazione implicita), in particolare con una norma gerarchicamente superiore, poiché due norme incompatibili non possono essere entrambe valide (problema ontologico del diritto).

Efficacia: problema se la norma sia seguita o no dalle persone a cui è diretta (destinatari) e, nel caso sia violata, sia fatta valere con mezzi coercitivi.

dall'autorità che l'ha posta. Alcune norme sono seguite universalmente in modo spontaneo, altre solo in quanto provviste di coazione, altre violate lo stesso anche se presente coazione. La ricerca è di tipo storico-sociologico e si rivolge allo studio del comportamento dei membri di un determinato gruppo sociale (problema fenomenologico del diritto). I 3 criteri sono indipendenti e si riassumono in 6 proposizioni: una norma può essere giusta non essendo valida; valida senza esser giusta (in passato leggi razziali); valida senza esser efficace; efficace senza esser valida (norme sociali seguite per abitudine, buona educazione: il diritto consuetudinario ha molte norme che acquistano validità giuridica solo attraverso la loro efficacia, ma non tutte); giusta senza essere efficace; efficace senza esser giusta (fatto storico della schiavitù, praticato da tutti i popoli civili). Confusioni tra criteri: La tripartizione dei problemi corrisponde alla distinzione dei tre compiti.delle filosofia del diritto: deontologico, ontologico, fenomenologico. Maynez, messicano e seguace del "prospettivismo giuridico", dice che per diritti si intendono 3 cose: diritto formalmente valido (regole di condotta considerate vincolanti dall'autorità), intrinsecamente valido (ideale di giustizia condiviso dagli uomini), e il diritto positivo o efficace (regole di condotta che determinano effettivamente la vita di una società in un determinato periodo storico). Per Stone, professore all'università di Sidney di diritto contemporaneo, lo studio del diritto è diviso in tre parti: giurisprudenza analitica, critica o etica e sociologica. I tre problemi sono tre diversi aspetti di un solo problema centrale: la migliore organizzazione degli uomini associati. La loro confusione è dannosa, e si può parlare di riduzionismo: ridurre validità a giustizia affermando che una norma è valida solo se giusta (diritto naturale); ridurre la giustizia ainvalidazione di aspetti importanti della norma stessa. La validità di una norma non può essere ridotta esclusivamente alla sua conformità a un sistema giuridico positivo, poiché ciò non tiene conto di altri elementi fondamentali come l'etica, la giustizia e i valori morali. Allo stesso modo, ridurre la validità di una norma all'efficacia significa considerarla valida solo se produce risultati concreti e tangibili, senza considerare la sua coerenza con principi e valori più elevati. Inoltre, tutte e tre le concezioni sono affette da un errore di riduzionismo, poiché tendono a semplificare e limitare la complessità e la ricchezza delle norme giuridiche. È quindi necessario adottare una visione più ampia e integrata della validità delle norme, che tenga conto di tutti gli aspetti rilevanti e che promuova una giustizia equa e sostenibile.
Dettagli
Publisher
A.A. 2006-2007
33 pagine
12 download
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del Diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Pintore Anna.