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GIUSPOSITIVISMO: CARATTERI PRINCIPALI
I caratteri principali di questa teoria sono stati definiti da Norberto Bobbio, uno dei massimi esponenti di questo movimento di pensiero, ha scritto anche dei testi e il più importante si intitola proprio "Il positivismo giuridico". Nell'ambito del dibattito internazionale, invece, il massimo esponente è Hans Kelsen, autore austriaco non contemporaneo.
- Metodo: approccio scientifico al diritto (come) - neutralità / avalutatività
Il metodo che il positivismo giuridico applica nello studio del diritto è il metodo scientifico. Bobbio afferma che il giuspositivismo è lo studio del diritto così come è, quindi il giurista dovrebbe essere uno scienziato del diritto e deve osservare il diritto come fatto. Secondo la teoria positivista il giurista è un vero scienziato del diritto, cioè applica rigorosamente il metodo scientifico studiando il diritto, se e solo se assume un atteggiamento
Di neutralità. Essere neutrale significa che il giurista-scienziato è colui che si limita a prendere atto del diritto come è e non esprime mai giudizi di valore ma solo giudizi di fatto. Il giudizio di fatto è una proposizione che si limita a descrivere i fatti, il giudizio di valore è una proposizione che contiene riferimenti a valori, cioè a ciò che è bene e ciò che è male, quindi prendere una posizione. Il giurista, quindi, non deve prendere una posizione rispetto al diritto ma deve essere neutrale. Infatti la teoria del giuspositivismo separa in modo radicale il diritto dall'etica per poter applicare rigorosamente il metodo scientifico. Inoltre, il positivismo giuridico è un approccio scientifico al diritto neutrale e dunque avalutativo: A come alfa privativo, quindi non valutativo. Il giurista non deve valutare, cioè non deve esprimere giudizi di valore.
Definizione del diritto: nominale o ontica
Secondo il positivismo giuridico la descrizione del diritto deve essere descrittiva perché si pone con un approccio scientifico rispetto al diritto, cioè una definizione ontica; una definizione nominale, cioè che non va oltre ciò che mi appare, non cerca la sostanza. Nell'ambito della definizione descrittiva ci sono due modi di descrivere il diritto: un modo formale e un modo empirico. Una definizione descrittiva formale, cioè che si limita alla forma, descrive solo l'aspetto esterno del diritto e si limita a verificare la validità del diritto. Una norma è valida quando appartiene ad un ordinamento giuridico ovviamente positivo. Il giurista-scienziato, che guarda il diritto dalla prospettiva formale, è colui che va a verificare se una norma fa parte oppure no di un ordinamento giuridico, se evidentemente è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale o se non è stata abrogata,
Cioè se è stata emanata secondo procedure formalmente corrette. Ma se mi limito ad una descrizione formale del diritto, mi limito a guardarlo solo come involucro, cioè non guardo i contenuti della norma. Infatti Kelsen, massimo esponente del positivismo giuridico formale, dice che il diritto è un involucro che può essere riempito di qualsiasi contenuto, questa è la definizione più formale che si possa immaginare del diritto. Il giurista deve infatti essere neutrale, non valutare quindi non deve preoccuparsi dei contenuti. Ad esempio, nel periodo nazista Hitler aveva emanato delle leggi che erano vigenti e tra queste c'era anche la legge per lo sterminio della razza ebraica e l'affermazione della superiorità della razza ariana sugli ebrei; un giurista, che si limita a verificare la validità della norma senza entrare nel merito dei contenuti, esamina questa norma dal punto di vista formale e dichiara la norma valida.
perché è stata emanata dal potere politico in modo formalmente corretto, quindi è una legge vigente esistente. L'analisi scientifica puramente formale del diritto ha delle conseguenze, diceva Kelsen che il diritto è un involucro ma il pericolo è che venga riempito di contenuti problematici rispetto ai valori perché il formalismo li mette da parte. Questa è una definizione sicuramente riduttiva perché il giurista deve controllare anche i contenuti oltre alla validità della norma. L'altro percorso è un percorso empirico e un'espressione che lo definisce è realismo. È la corrente di pensiero sempre nata all'interno del positivismo giuridico che ritiene che l'unico vero diritto sia il diritto positivo ma il criterio centrale non è più la validità ma l'efficacia, cioè secondo il realismo giuridico il vero diritto è il diritto efficace. Secondo
Il realismo giuridico per sapere se una norma è efficace oppure no ci sono due modi: osservare come si comportano i cittadini, perché verifico se è applicata oppure no; verificare se il giudice applica la norma oppure no. Quindi il criterio è vedere i comportamenti dei cittadini e/o dei giudici, è un criterio empirico perché non guarda la forma, realista perché guarda la realtà (si parla spesso di diritto reale). Un'espressione tipica di questo orientamento è diritto vivente invece che vigente, cioè un diritto che vive nella società e nelle aule dei tribunali. Il positivismo giuridico formalista si è sviluppato soprattutto nei paesi dove vige un sistema di state law, cioè lo stato-legge è la fonte prioritaria del diritto, mentre nei paesi anglosassoni si è maggiormente diffusa l'anima empiristica poiché vige un sistema di common law.
3) fonte: legislatore /
comportamenti sociali - giudiceLa fonte del diritto per il positivismo giuridico formalista è il legislatore, cioè la fonte di qualificazione del diritto. Il legislatore è colui che pone le norme giuridiche e dunque distingue tra ciò che è diritto positivo valido e ciò che non lo è. Per l'anima realista del positivismo giuridico la fonte del diritto sono i comportamenti sociali e il comportamento dei giudici.
4) obbedienza: forza (coazione: paura della sanzione) / comportamento diffuso
L'obbedienza è importante per capire come si rapporta una teoria rispetto ai destinatari della norma. Secondo il positivismo giuridico il cittadino deve obbedire alle norme giuridiche perché sono poste dal legislatore e perché se disobbedisce sarà punito. Ma ricevere una norma che limita la libertà richiede una risposta più ampia che deve dare una ragione. La risposta formale è: l'unica motivazione.
dell'obbedienza è data dalla forza, cioè dalla autorità che pone una sanzione, dalla coazione cioè il cittadino si sente costretto ad obbedire alla norma perché ha paura della sanzione. Oppure il realismo dà come risposta che il cittadino deve obbedire alla norma perché questo è un comportamento diffuso nella società. In questa prospettiva non si parla di un obbligo interiore ma di un obbligo esterno, di una coazione quindi c'è un'imposizione delle norme da una autorità che prevede delle sanzioni in caso di disobbedienza. Sarebbe meglio obbedire perché se ne capiscono le ragioni piuttosto che perché sia imposta dall'alto e perché prevede delle sanzioni.
GIUSNATURALISMO (Filosofia del diritto)
Il giusnaturalismo è la dottrina che propone un approccio filosofico al diritto. I due punti fondamentali del giusnaturalismo sono:
- irriducibilità del diritto a solo
diritto positivo
Il giusnaturalismo ritiene che il diritto non è solo il diritto positivo, la visione di chi dice che il diritto è solo il diritto positivo è una visione riduttiva. Ma usare l'espressione "non è solo diritto positivo" implica che c'è anche un altro diritto senza però negare il diritto positivo, a differenza del positivismo giuridico.
- esistenza di un diritto meta - positivo (moralmente superiore)
Secondo il giusnaturalismo esiste anche un diritto meta - positivo, cioè che va al di là del diritto positivo, e che è moralmente superiore, cioè se c'è un conflitto tra diritto positivo e diritto meta - positivo quello che prevale è il diritto meta - positivo o diritto naturale perché è moralmente superiore. C'è quindi una sorta di gerarchia evidente tra diritto positivo e diritto naturale, l'ideale sarebbe farli
coincidere (es. Antigone).diritto naturale = radicato nella natura
Il diritto naturale è il diritto non posto dagli uomini e radicato nella natura, moralmente superiore rispetto al diritto positivo. Il diritto naturale deriva addirittura dall'età classica con Aristotele, sicuramente un giusnaturalista che già parlava del conflitto tra diritto naturale e positivo; un altro giusnaturalista dell'epoca medievale è S. Tommaso e diceva che la legge naturale è superiore rispetto a quella positiva. In realtà il giusnaturalismo è estremamente attuale già dalla seconda metà del novecento, quindi dopo il secondo conflitto mondiale, e non è un caso che il giusnaturalismo abbia influenzato la stesura della Dichiarazione universale dei diritti umani perché è sicuramente il modo attuale per parlare di diritti naturali. I diritti umani sono diritti che hanno un valore, perché sono radicati nella storia dell'uomo,
indipendentemente se sono posti dal legislatore oppure no.
17 ottobre
GIUSNATURALISMO: CARATTERI
Il giusnaturalismo, o dottrina del diritto naturale, è un termine che è nato nell'età moderna ma come teoria è nato nell'epoca classica (es. Antigone).
- metodo: approccio filosofico al diritto (perché)
Il giusnaturalismo è nato con la filosofia, infatti è un approccio al diritto di tipo filosofico, cioè non si limita a studiare in modo descrittivo come è il diritto in quanto fenomeno sociale ma studia perché il diritto, la ragion d'essere del diritto.
- definizione del diritto: sostanziale o ontologica (contenuto: essenza, verità, valore)
Sicuramente nel contesto di una teoria giusnaturalistica troviamo una definizione del diritto non formale o empirica ma sostanziale o ontologica. Il giusnaturalismo non si accontenta di una definizione formale, ma la definizione giusnaturalista mira a cercare
L'essenza del diritto, la verità filosofica del diritto. Es. Il diritto è un insieme di norme giuste. La giustizia è il valore, l'essenza del diritto.
Fonte: natura