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La rivincita di Dio
In un suo noto libro, Samuel Huntington, riprendendo una formula dello studioso dell'Islam Gille Kepel, sostiene che "la rivincita di Dio", cioè la rinascita dell'interesse per la religione si è avuta, a partire dalla metà del 900, in quei contesti democratici europei che nel corso della storia si sono caratterizzati per il loro agnosticismo e non hanno mai prodotto, a differenza dell'Oriente, nessuna religione universalistica. Ma poiché l'espressione politica della civiltà occidentale è la democrazia, l'emergente stato universale della civiltà occidentale non è un impero ma piuttosto un complesso di federazioni, confederazioni e regimi e organizzazioni internazionali. Le grandi ideologie politiche del XX secolo comprendono il liberalismo, il socialismo, la socialdemocrazia, il conservatorismo, il nazionalismo, il fascismo, la democrazia d'ispirazione cristiana. Tuttequeste ideologie hanno un elemento in comune: sono prodotti della civiltà occidentale. Nessun'altra civiltà ha dato vita a un'ideologia politica di rilievo. L'Occidente, dal canto suo, non ha mai prodotto una grande religione. Tra le maggiori religioni del mondo nessuna nasce in occidente e tutte, nella maggior parte dei casi, sono antecedenti a esso. Via via che il mondo esce dalla sua fase occidentale, le ideologie che hanno caratterizzato l'epoca più recente di questa civiltà tendono a declinare e il loro posto è preso dalle religioni e da altre espressioni culturali di identità e di appartenenza. La separazione westfaliana tra religione e politica internazionale, un prodotto idiosincratico della civiltà occidentale, si sta ormai avviando alla fine e la religione, come osserva Edward Mortimer, "penetrerà probabilmente in misura sempre maggiore negli affari internazionali". Lo scontro di ideologie
sviluppatosi nell'ambito della civiltà occidentale, sta lasciando il posto a uno scontro di culture e di religioni tra civiltà diverse. Nella prima metà del XX secolo, le élite intellettuali hanno di norma creduto che la modernizzazione economica e sociale dovesse portare alla scomparsa della religione quale elemento significativo dell'esistenza umana. Tale convinzione era comune tanto a chi l'applaudiva quanto a chi la deplorava. I laicisti modernizzatori guardavano con soddisfazione al fatto che la scienza, il razionalismo e il pragmatismo stessero spazzando via le superstizioni, i miti, gli irrazionalismi e i rituali che erano alla base delle religioni esistenti. La società emergente sarebbe stata tollerante, razionale, pragmatica, progressista, umanistica e laica. Dal canto loro, i conservatori mettevano in guardia contro le terribili conseguenze che avrebbero accompagnato la scomparsa delle credenze e delle istituzioni religiose e dellatag html:guida morale offerta dalla religione al comportamento umano individuale e collettivo. Il risultato finale sarebbe stato anarchia, depravazione, distruzione della vita civile. “Se non avrai Dio (e Lui è un Dio geloso)”, disse T.S. Eliot, “allora dovrai ossequiare Hitler o Stalin”.
La seconda metà del XX secolo ha dimostrato l’infondatezza di quelle speranze come di quelle paure. La modernizzazione economica e sociale ha raggiunto dimensioni mondiali, eppure al tempo stesso si è verificata una generale rinascita religiosa. Questo fenomeno, la revenche de Dieu, come l’ha definita Gille Kepel, ha interessato tutti i continenti, tutte le civiltà, praticamente tutti i paesi. A metà degli anni Settanta, osserva Kepel, la tendenza alla secolarizzazione e all’adattamento della religione al laicismo imperante “invertì la rotta. Venne alla luce un nuovo approccio religioso, volto non più a un adeguamento ai
valori laici, bensì al recupero della sacralità invece come fondamento dell'organizzazione della società, se necessario anche attraverso un cambiamento della società stessa. Questa posizione, variamente articolata, invocava il distacco da un modernismo rivelatosi fallace nel momento in cui aveva voluto allontanarsi da Dio. Il punto in questione non era più un aggiornamento, ma una "seconda "evangelizzazione dell'Europa". L'obiettivo insomma non era più modernizzare l'Islam ma "islamizzare la modernità"."S. Huntington Lo scontro delle civiltà L'occidente visto dall'Islam
In Europa siamo abituati, quando parliamo di Oriente ed Occidente, ad indicare due realtà diverse, tanto dal punto di vista geografico che culturale. Nell'Islam, invece, quando si parla di Occidente si intende la parte occidentale del mondo islamico; non una realtà altra, ma
Unadimensione interna all'Islam. Ciononstante, come sottolinea la Mernissi, nella prospettiva islamica l'Occidente è sinonimo di "estraneità". Gharb, la parola araba che traduce Occidente, indica anche il luogo dell'oscurità e dell'incomprensibile, che mette sempre paura. Gharb è il territorio di ciò che è strano, straniero (gharib). Tutto ciò che non capiamo ci fa paura. "Essere estraneo, straniero" in arabo ha una connotazione spaziale molto forte, essendo gharb il luogo dove il sole tramonta e dove l'oscurità incombe. È un Occidente che la notte addenta il sole e lo inghiotte; quindi tutte le cose più terrificanti sono possibili. È là che la gharaba (stranezza) ha preso dimora. Quando mia zia Halima introduceva nei suoi racconti del venerdì sera una persona di nome Gharib, l'estraneo, mio cugino 'Aziz mi tirava le trecce e io tiravo
Quelle di Mina; improvvisamente facevamo fatica a respirare e smettevamo di masticare i ceci tostati. Realizzavamo istintivamente che sarebbero accadute delle cose terribili nel tranquillo salotto della nostra vecchia zia. Nel gharabtutto viene divorato dall'oscurità. Non si riesce a vedere più nulla; ci si deve fidare degli altri sensi per intuire cosa si muove, cosa potrebbe essere pericoloso. Il luogo del tramonto è sempre distante, diverso da dove noi viviamo. È anche il territorio della notte. In arabo, "corvo" si dice giura, e porta sfortuna perché il suo colore annuncia cecità. Il territorio del tramonto è anche il territorio della lontananza, di ciò che è altrove. Il Maghreb è il paese del tramonto. Nelle Mille e una notte i maghrebini usavano la magia e tutto ciò che l'Islam proibisce. Il nome accettato per il Marocco è al-maghrib al-aqsa, l'estremo Occidente.
All’interno della comunità araba, noi maghrebini siamo percepiti dalla gente di al-mashriq (il luogo dove sorge il sole), come essenzialmente sospetti; vivendo vicino al mondo cristiano, apparteniamo al territorio di frontiera. F. Mernissi, Islam e Democrazia12
La legislazione come strumento di controllo delle donne
In queste pagine di Guolo vengono riassunti e richiamati una serie di problemi aperti, almeno secondo la prospettiva occidentale, che riguardano il ruolo delle donne nei paesi islamici ed una serie di questioni di ambito familiare, lavorativo e, più in generale, che concernono la dimensione della parità tra uomo e donna.
Nella cultura occidentale l’osservanza del’etica religiosa è oggi lasciata all’autonomia dei singoli.
Nel mondo islamico la legislazione continua, invece, a regolare rigidamente la sfera privata e delle relazioni interpersonali. I rapporti sessuali extramatrimoniali restano punibili. Nella cultura olistica tipica
delle società musulmane, l'adulterio e la fornicazione sono considerati una vera e propria rottura di senso che riguarda la comunità più che i singoli individui o la coppia; anche se, oramai, in molti paesi, le norme sono applicate solo se un coniuge presenta prove e testimonianze attendibili sul reato. In taluni stati che invocano la stretta adesione al messaggio coranico, come l'Arabia Saudita, ma anche alcune aree settentrionali della Nigeria - come ricordano i casi di Safiya e Amina - e, fino al 2001, l'Afghanistan dei Taleban, le donne "devianti" sono invece sottoposte alle pene corporali previste dalla shari'a: non solo fustigazione ma, nei casi più gravi, anche lapidazione e flagellazione. Queste misure hanno la funzione, sottolineata dalla loro esecuzione pubblica, di riaffermare esemplarmente l'unità del corpo sociale maschile attraverso lo smembramento del corpo femminile. Il diritto di famiglia resta la.Cartina al tornasole dell'emancipazione femminile negata. Sebbene in materia di matrimonio, ripudio, divorzio, poligamia, età matrimoniale, adozione della shari'a come base legislativa matrimoniale, matrimoni misti, la situazione sia diversa da paese a paese, a conferma del differente riferimento culturale, nessuna legislazione, con l'eccezione della Tunisia, è in qualche modo equiparabile agli statuti di famiglia tipici delle società occidentali. Con diversi gradi di intensità e poche eccezioni, ciascuna di esse prevede diversi diritti per l'uomo e la donna. La "prigione scritturale" permette ai custodi dell'ortodossia religiosa o ai movimenti islamisti di condannare e, spesso, ottenere, il blocco di una giurisprudenza innovativa in materia. Il valore paritario della testimonianza giudiziaria resta un tabù. Nel campo del lavoro molte professioni sono ancora inibite alle donne perché si svolgono necessariamente.
In ambienti misti. L'esempio radicale di questa parossistica mixofobia di genere è stato l'Afghanistan dei Taleban. È però all'uso del velo, più che alla funzione afflittiva delle pene corporali, che il modo islamico affida la separazione tra puro e impuro nella società: simbolo dal significato polisemico, rivendicato in talune situazioni in forma identitaria dalle donne musulmane in contrapposizione alla "mercificazione dei corpi" veicolata dalla cultura occidentale, il velo può diventare anche un incubo per le donne. In alcuni paesi la possibilità di scegliere se indossare o meno il velo non esiste: l'hijab viene imposto normativamente. È il caso dell'Arabia Saudita, dell'Iran, del Sudan, dell'Afghanistan dei Taleban. Laddove la scelta non è dettata da uno stato tradizionalista o islamista, i movimenti islamisti attivano una forte pressione sociale per imporre la copertura femminile,
almeno nelle città o nelle aree urbanemetropolitane in cui sono in grado di esercitare un forte controllo sociale.R. Guolo, L'Islam è compatibile con la democrazia?
L'Islam e l