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L'efficacia delle norme giuridiche

Solo in un caso l'efficacia intesa come primaria e quella intesa come secondaria, tendono a coincidere. Ciò si verifica quando la norma secondaria non è stata osservata e la norma primaria non è stata applicata come avrebbe dovuto. Entrambe le norme risultano essere inefficaci. Naturalmente però, l'efficacia della norma primaria fonda sull'inefficacia della norma secondaria in quanto l'organo applica la sanzione (norma primaria) quando si verifica l'illecito cioè il comportamento contrario alla norma secondaria.

Il tentativo di rendere superflue le norme secondarie è fallito, infatti Kelsen afferma che "l'unico significato attribuito al termine efficacia del diritto è che il comportamento effettivo degli uomini si conforma alle norme giuridiche". Da ciò capiamo che la teoria dell'efficacia in Kelsen, porta diverse ambiguità che discendono dalla distinzione norme primarie - norme secondarie.

secondarie. Pensando ora all'efficacia dell'ordinamento giuridico nel suo complesso (e non di efficacia della norma singola), perché possa essere applicato il diritto, è necessario presupporre che ciò che prescrivono le norme secondarie sia in generale obbedito; è necessario quindi presupporre l'efficacia in generale delle norme secondarie, ossia pensare al comportamento effettivo.

L'effettività. Nella dottrina kelseniana, la validità è tenuta distinta dall'efficacia. Della prima se ne occupa la giurisprudenza normativa; della seconda, la giurisprudenza sociologica. Ma fino a che punto devono essere tenute distinte? Kelsen afferma che validità ed efficacia sono due aspetti diversi del diritto, ma entrambi si trovano in un determinato rapporto reciproco, basta pensare che non si può parlare di ordinamento valido se non sul presupposto che lo stesso ordinamento sia nel suo complesso efficace. Secondo Meneghelli,

In questo modo Kelsen fa coincidere i due concetti di efficacia e validità. In Kelsen vi è un duplice concetto di efficacia: concetto di efficacia della singola norma (lo intende come un comportamento difforme dal suo contenuto che però non pregiudica in alcun modo la sua normale validità) e concetto di efficacia complessiva dell'ordinamento (lo intende come una serie di comportamenti che costituiscono una condizione della validità della norma fondamentale).

Secondo Meneghelli, perché si abbia un ordinamento non basta dire che il sistema di norme di cui è composto, è nel suo complesso osservato. Bisogna infatti chiedersi, perché è osservato. Se è osservato perché l'osservanza, anche quando non si condividono i fini fondamentali cui esso è ispirato, dà un significato alla propria esistenza nel senso che legarantisce la sicurezza dei rapporti economici, la certezza dei rapporti familiari.

le libertà dell'azione, diremo che l'ordinamento giuridico è affettivo ed ha possibilità di durata. Se invece è osservato solo per paura, o per l'assoluta incapacità di reagire ad esso, non si può parlare di pace, non si può dire che l'ordinamento, oltre che esistere è anche capace di durare. Proprio per questo motivo, Meneghelli distingue l'efficacia dall'effettività. Per efficacia dell'ordinamento si intende il fatto empiricamente verificabile che esso è stato osservato e applicato. Per effettività dell'ordinamento giuridico si intende la capacità che esso ha di durare, di garantire un assetto stabile e duraturo di rapporti politici e sociali. L'effettività è da considerarsi una qualità del sistema normativo. Per il Kelsen il significato dato all'effettività pare una forzatura del suo pensiero. Il problema dell'effettività.investe anche il comportamento del giudice. Egli deve accertare se esistano i valori fondanti dell'ordinamento e anche esprimere un giudizio sulla capacità di durata dell'ordinamento. Un problema è quello di un ordinamento esistente, ma non effettivo. Qui il giudice è chiamato ad applicare un ordinamento che egli ritiene ingiusto. Secondo Piovani, esistono alcune condizioni dell'effettività: - Esistenza di un raggruppamento di persone conviventi. - Esistenza di un governo che le diriga. - Il governo è obbedito senza discontinuità. - Il governo è obbedito in maniera palese, non clandestina. L'effettività: le motivazioni del comportamento Secondo il Bobbio, effettività dovrebbe essere attributo di "potere"; efficacia, attributo di "norma". Potere effettivo è quello che riesce a ottenere il risultato preposto; norma efficace è la norma osservata e seguita; i due termini però sonosinonimi perché l'efficacia dinorme dipende dall'effettività del potere e questo dipende dal fatto che le norme sono efficaci. L'effettività è la condizione fondamentale della validità dell'ordinamento giuridico. Ma quali sono le condizioni dell'effettività? Dice Meneghelli che, secondo il Kelsen, condizione dell'ordinamento effettivo è non solo la realizzazione dell'ordine, ma quella della pace che è diverso dall'ordine perché mente questo può essere il frutto esclusivo della forza di condizionamento del potere, la pace invece porta con sé le idee di un certo compromesso, stabilità di rapporti, ossia un ordine conforme ad un certo criterio di giustizia. Il giudizio sul fatto - efficacia della norma singola ci indica se le norme siano realmente osservate. Il giudizio sul fatto - effettività dell'ordinamento, ci indica perché l'ordinamento

è osservato.Il pensiero di Meneghelli si articola sui seguenti punti:

  • Presenza dei concetti "ordine e pace" nel pensiero di Hans Kelsen, come condizione dell'effettività.
  • Distinzione tra l'esistenza dell'ordinamento e l'effettività dello stesso.
  • L'esistenza dell'ordinamento è determinata dal giudizio di efficacia, che accerta se le norme sono osservate.
  • L'effettività dell'ordinamento è determinata dal giudizio di effettività, che accerta perché le norme sono osservate.
  • La validità dell'ordinamento è determinata dall'effettività e non dalla mera esistenza dell'ordinamento.

Critiche al Meneghelli. Riguardo al primo punto, in realtà il Kelsen, sancisce che indispensabile per l'ordinamento è l'ordine, ma qualunque esso sia e comunque sia ottenuto, anche con la forza, perciò condizione

ma per convinzione e rispetto delle norme stabilite. In questo caso, l'ordinamento sarà considerato valido e dotato di carattere giuridico. Inoltre, Meneghelli sostiene che l'effettività dell'ordinamento non è sufficiente per garantire la pace sociale. Infatti, anche se un ordinamento è rispettato e osservato dai cittadini, ciò non implica automaticamente l'esistenza di una società pacifica. La pace dipende da molti altri fattori, come la giustizia, l'uguaglianza e il rispetto reciproco. In conclusione, secondo Meneghelli, l'effettività dell'ordinamento è importante, ma non è l'unico elemento determinante per la realizzazione della pace. È necessario considerare anche altri aspetti, come la validità dell'ordinamento e i valori che lo sostengono.né per coercizione, ma perché direttamente o indirettamente, aderiscono ai suoi fini fondamentali e generali. Quello che non si riesce a capire è perché il Meneghelli afferma che i fini della sicurezza dei rapporti economici, la libertà dell'azione, ecc., debbano realizzarsi attraverso il criterio di effettività. Il realismo giuridico XX sec. Parliamo di realismo giuridico quando ci troviamo dinanzi a teorie che tendono ad esaltare, all'interno, del fenomeno giuridico, il ruolo di consociati. Queste teorie sono dette realistiche perché si passa dalla norma astratta, ad un qualcosa di concreto, ossia un comportamento indifferenziato di tutti i consociati, o di certi determinati consociati (giuridici), oppure in un comportamento più particolare. Il realismo giuridico è un fenomeno culturale molto importante nel mondo angloamericano, tanto è vero che si parla di realismo giuridico americano o comportamentismo.rappresentanti di questo fenomeno sono il giudice Holmes, Frank, Gray, ecc. Il realismogiuridico americano è quel movimento che identifica in generale la validità con l'effettività. Ma si badi bene che l'effettività si deve cogliere solo nei comportamenti dei giudici. Quindi il diritto è solo ed esclusivamente il diritto che si applica nei tribunali. Il comportamento è rappresentato dall'azione e dalla decisione del giudice, tanto è vero che il movimento viene definito anche "decisione giudiziaria". Infatti, all'interno del realismo americano, vi è uno svuotamento del concetto di legge: non esiste nessuna legge in materia fino a che una Corte non abbia emesso la sua decisione su certi fatti. Secondo Frank, ogniqualvolta un giudice decide un caso, egli fa il diritto. In questo tipo di movimento, il valore della certezza viene attenuato. Esso consiste nel fatto che il cittadino deve in anticipo conoscere.quali sono le conseguenze giuridiche della propria azione, del proprio comportamento. Nella nostra cultura, definita codicistica, tale principio è fondamentalissimo, infatti, nel settore penalistico è stato positivizzato il principio dell'irretroattività della legge penale, che significa che nessuno può essere punito per un fatto che al momento della commissione non era considerato, da una legge precedente, reato. Quindi nel sistema americano viene costruita una figura di giudice molto differente da quella delineata nelle Costituzioni europee. Questo comunque non significa che il giudice all'interno del sistema codicistico, sia un automa (cioè che agisce senza volontà propria); vi è sempre una certa discrezionalità. Il realismo americano viene definito anche realismo acritico, perché identificando in generale il comportamento sociale con il comportamento dei giudici, oltre a svuotare di significato il concetto di legge, nonne la teoria del decisionismo giuridico, che sostiene che la decisione del giudice sia basata esclusivamente su criteri di opportunità e discrezionalità, e la teoria del positivismo giuridico, che sostiene che la decisione del giudice debba essere basata unicamente sulle norme di legge. La questione è se sia possibile separare completamente la decisione del giudice dal suo retroterra psicologistico. Alcuni sostengono che la decisione del giudice sia inevitabilmente influenzata dalle sue esperienze personali, dalle sue convinzioni e dai suoi pregiudizi. Altri, invece, ritengono che il giudice debba essere in grado di prendere decisioni oggettive e imparziali, basate esclusivamente sulle norme di legge. La formattazione del testo potrebbe essere la seguente:

Si pone il problema del rapporto tra la decisione del giudice e il retroterra di natura psicologistica che giustifica la decisione stessa. Ecco allora che si contrappone la teoria del decisionismo giuridico, che sostiene che la decisione del giudice sia basata esclusivamente su criteri di opportunità e discrezionalità, e la teoria del positivismo giuridico, che sostiene che la decisione del giudice debba essere basata unicamente sulle norme di legge.

La questione è se sia possibile separare completamente la decisione del giudice dal suo retroterra psicologistico. Alcuni sostengono che la decisione del giudice sia inevitabilmente influenzata dalle sue esperienze personali, dalle sue convinzioni e dai suoi pregiudizi. Altri, invece, ritengono che il giudice debba essere in grado di prendere decisioni oggettive e imparziali, basate esclusivamente sulle norme di legge.

Dettagli
Publisher
A.A. 2007-2008
31 pagine
6 download
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze giuridiche Prof.