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JOHN LOCKE

Tutto ciò che Locke afferma richiama implicitamente il pensiero di Hobbes, anche se non verrà mai

nominato nei suoi scritti. . Il suo pensiero, così come quello di Hobbes, non è astratto ma si

instaura profondamente nel processo storico dello stato. Locke, così come Hobbes, vive in un

periodo storico caratterizzato dalle guerre civili inglesi che porteranno poi alla Gloriosa

Rivoluzione. Dalle guerre civili, secondo l’autore, non bisogna uscire attraverso l’istituzione di un

potere assoluto ma attraverso l’istituzione di un potere che garantisca i diritti dei singoli individui.

Egli a differenza di Hobbes sostiene che il potere assoluto sia illegittimo.

Nel 1690 scrive “I due trattati sul governo” di cui il secondo risulta essere il principale. Locke non fa

una critica interna al pensiero di Hobbes, che ritiene logicamente coerente, ma critica le sue

premesse a partire dal fondamento delle sue teorie cioè sulla concezione dell’uomo. Confondere lo

stato di natura con lo stato di guerra è infatti un errore poiché sono due aspetti concettualmente

diversi. Locke ha una visione pacifica dello stato di natura mentre per Hobbes lo stato di guerra è

lo stato che si ha in assenza del sovrano; per il suo successore lo stato di guerra è lo stato in cui

viene utilizzata la forza contro altri senza averne il diritto. La visione benevola dello stato di natura

nasce da una concezione diversa dell’uomo; mentre per Hobbes l’uomo è caratterizzato da un

principio di autoconservazione, per Locke l’uomo non ha solo il diritto ma anche il dovere di auto

conservarsi in quanto l’uomo ha ricevuto la vita da un creatore al quale deve gratitudine. Questa

concezione teologica serve a dire che l’uomo non ha un potere assoluto poiché questo richiede di

cedere tutto ciò che gli appartiene, compresa la vita. L’uomo però non può cedere la sua vita in

quanto non gli appartiene: non può cedere ciò che non possiede. Il principio di autoconservazione

ha un valore morale che implica anche la conservazione degli altri.

Locke è l’unico che parla di uno stato di natura che è realmente esistito. Inoltre non è convito che

l’ordine esista senza sanzione, ovvero che sia spontaneo. Gli elementi primari che permettono

l’autoconservazione nello stato di natura sono il diritto alla vita, il diritto alla libertà e il diritto di

proprietà. Nello stato di natura questi diritti vengono garantiti e rispettati. L’autoconservazione

propria e degli altri non riguarda solo la salute ma anche i beni che Locke chiama diritti. Per quanto

riguarda il diritto alla libertà, gli uomini nello stato di natura sono liberi e uguali. La libertà non è più

intesa come assenza di legge, che causa violenza, ma come presenza di legge. La libertà ha

bisogno della legge e per espanderla occorre espandere la legge a tutte le azioni. Nello stato di

natura non vi legge positiva ma vi è la legge naturale che gli individui sono completamente in

grado di conoscere e applicare grazie alla facoltà della ragione. Gli individui dotati di ragione sono

in grado di cogliere l’essenza della ragione. Per quanto riguarda invece il dritto alla proprietà, esso

è un diritto naturale che è presente già nello stato di natura. L’uomo per possedere non ha bisogno

della concessione del sovrano e l’elemento dinamico che caratterizza il diritto alla proprietà è il

lavoro, che permette di trasformare la natura. Secondo Locke è illegittimo e inutile che qualcuno

possiede più di ciò che gli spetta; la natura permette a tutti di avere ciò che gli serve per una

sopravvivenza dignitosa, né più né meno. Nello stato di natura nascono però le disuguaglianze a

causa dell’invenzione della moneta.

Questi diritti sono efficaci soltanto se sono accompagnati dalla sanzione in caso di violazione. Vi è

un sistema di sanzioni stabilite dagli uomini che possono punire i trasgressori impedendo una

nuova violazione di diritti. Tutte le leggi che riguardano gli uomini hanno infatti bisogno delle

sanzioni. La sanzione prevista da Locke è diffusa ovvero non è concentrata nelle mani di uno solo

ma è controllata da tutti. Nello stato di natura si è in qualche modo sottomessi ad un’azione

coercitiva.

Necessariamente bisogna passare dallo stato di natura alla società civile poiché lo stato di natura

caratterizzato dalla sanzione diffusa è fragile. La fragilità dello stato di natura dipende dal suo

sistema necessario a garantire i diritti naturali e cioè il farsi giustizia da soli. La sanzione diffusa

non garantisce la sicurezza della pena. Il sistema dei diritti secondari (punizione) vanifica il sistema

dei diritti primari (diritti naturali). La società civile serve non a negare lo stato di natura, ma a

renderlo stabile. Essa nasce per garantire i diritti primari. Infatti nella società civile l’uomo non deve

cedere i diritti primari ma per garantire questi ultimi deve cedere i diritti secondari al sovrano. Il

governo non ha perciò alcun diritto sui diritti individuali. Di fatto lo stato è limitato.

La società civile è vista come una società caratterizzata da traffici economici, che creano al’interno

di essa, una molteplicità di relazioni e rapporti. Il fondamento del potere politico è il consenso degli

uomini, i quali lo esprimono attraverso il contratto. Locke rifiuta dunque il patriarcalismo e lo fa nel

primo trattato sul governo. Tutti i rapporti che si creano tra gli individui e il governo sono

caratterizzati dal consenso. La legge non è la volontà del sovrano ma la capacità di esso di

garantire i diritti degli individui; il suo potere è dunque limitato. Il contratto è un patto di soggezione

in cui il governo si impegna a rispettare e garantire i diritti, senza avere il potere di crearli. Prima

del patto di soggezione vi è però il patto di unione che da vita al governo e dopo del quale cessa lo

stato di natura. Inoltre il potere di vita o di morte non spetta al governo poiché non è un diritto che

appartiene al cittadino, ma ad una forza divina alla quale spetta la decisione di vita o di morte.

Al di là delle forme di governo, secondo Locke, deve esserci una netta distinzioni tra le funzioni di

governo, che sono il potere legislativo, il potere esecutivo - giudiziario e il potere federativo, ovvero

la capacità di stipulare trattati di pace o di operare una guerra. Separare i poteri rende meno

probabile l’abuso di potere. Anche per Locke non ha valore la distinzione tra forme di governo

buone e forme di governo corrotte: non si può pensare ad un governo corrotto poiché esso non è

da definirsi come governo ma soltanto come violenza. Un altro motivo per cui non possono

esserci le forme corrotte è che la nascita della società civile è comune sottomissione alla legge per

cui laddove qualcuno si sottrae alla legge non vi è un governo ma un potere illegittimo.

Gli individui hanno il dovere di ribellarsi al sovrano se questi si mette contro i suoi cittadini. Nelle

controversie tra cittadini ci si appella al sovrano; nelle controversie tra cittadini e governo ci si

appella a dio. Si parla di un vero e proprio diritto di resistenza cioè il diritto di appello al cielo

poiché non vi è un giudice. Si tratta di un diritto di ribellione. Vi sono quattro diverse ragioni,

suddivise in due gruppi, per le quali gli individui possono ribellarsi e fare appello al cielo: il primo

gruppo riguarda un difetto del titolo che si ha quando vi è un’assenza di potere legittimo a

governare ovvero il governatore non è colui al quale ho voluto cedere i miei diritti e al quale ho

prestato il mio consenso. Fanno parte di questo gruppo l’usurpazione e una situazione nella quale

la città è stata conquistata da un paese straniero. Il secondo gruppo riguarda un difetto

nell’esercizio di potere: quando si ha una tirannide ovvero quando l’esercizio del potere viola i diritti

degli individui, e quando si ha una dissoluzione del governo cioè quando le varie istituzioni del

governo si mettono le une contro le altre e non riescono più a garantire la stabilità. L’appello al

cielo riporta allo stato prima del patto e non allo stato di natura. Esso è l’insieme delle azioni che

fanno eliminare il governo illegittimo e instaurare il governo legittimo. Locke non definisce però

quali siano gli strumenti precisi per esercitare l’appello al cielo. Questa teoria non indebolisce in

alcun modo il governo. Infine non basta violare i diritti del singolo per poter fare appello al cielo ma

devono essere violati i diritti di un’intera cittadinanza. Inoltre i governanti sapendo che il popolo ha

la possibilità di fare appello al cielo, agiscono in modo più attento verso i principi che devono

rispettare. Di conseguenza chi si appella al cielo starà molto attento a farlo quando serve

realmente poiché andrà in contro ad un giudizio dal quale non potrà sottrarsi. Infatti al popolo non

piacciono le rivoluzioni di governo per questo ricorrerà all’appello al cielo soltanto in situazioni

gravi.

BARUCH SPINOZA

Lo stato di natura non deve essere negato nella società civile, anzi la società civile è propria dello

stato di natura stesso, portato alle estreme conseguenze. Vi è perciò una totale continuità tra stato

di natura e società civile. La differenza tra Spinoza e Hobbes è proprio questa: mentre Hobbes

appoggia la dissoluzione totale dello stato di natura nella società civile, Spinoza mantiene integro il

diritto naturale nella società civile.

“Trattato teologico – politico” il potere non possiede un diritto che deriva da un contratto ma tale

diritto può essere esercitato come diritto di natura. Non vi è differenza tra come viene esercitato il

potere nella società civile e tra come viene esercitato il diritto naturale nello stato di natura.

L’antropologia di Spinoza sostiene che il filosofo debba guardare all’uomo come è realmente e non

a come dovrebbe essere, così come fece Machiavelli nel realismo politico. L’uomo con le sue

caratteristiche possiede una sua potenza che costituisce il suo diritto. Il diritto di natura è infatti il

diritto di mettere in atto tutto ciò che l’individuo è in potere di fare. Il diritto coincide con la potenza ,

ovvero con la forza (es. il pesce grande ha il diritto di mangiare il pesce più piccolo in quanto

possiede più potenza).

Come si può uscire dallo stato di natura? Le caratteristiche comuni degli individui permettono l

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher seresimo94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Greco Tommaso.